Il libro raccoglie ventisette catechesi sulla preghiera pronunciate da Papa Francesco tra maggio 2020 e marzo 2021. Si tratta di testi nati nel corso della pandemia di Covid-19 in cui spesso il pontefice riflette sui gravi effetti dell’emergenza sanitaria nella nostra società e sulla necessità di prepararsi al futuro.
L’introduzione e il commento alle catechesi sono a cura della Comunità ecumenica di Taizé.
Intercedere per chi soffre è un’opera di misericordia. Per Papa Francesco, una delle più belle forme di evangelizzazione: è proseguire l’azione di liberazione Gesù nella storia, il quale abbraccio e guarì il dolore, la malattia, il lutto, il peccato.
Possiamo esercitare questo ministero? Come e con chi farlo? In quali contesti? Con quale metodo e dentro quali limiti?
Partendo dal fondamento biblico della preghiera d’intercessione nell’Antico e nel Nuovo Testamento, l’Autore affronta le dinamiche del dolore fisico e spirituale; il pericolo di affidarsi alle sette, all’esoterismo, al satanismo, alla negromanzia; alcuni aspetti sensibili, alle volte controversi, come le terapie non convenzionali, la guarigione dell’albero genealogico, l’imposizione delle mani, il ruolo dei laici.
Alla luce del Magistero della Chiesa, si offre una proposta per una pastorale integrata dell’intercessione, attraverso la via sacramentale, carismatica e comunitaria. Grazie anche all’esperienza sul campo del Rinnovamento nello Spirito Santo, il testo prova a rispondere, senza improvvisazioni e regole precostituite, all’invito di Papa Francesco a che la Chiesa, tutta, sia davvero un “ospedale da campo”.
Com'è possibile fare esperienza del Dio che si è rivelato in Gesù? Questa domanda, che Karl Rahner considerava fondamentale, ritorna oggi di grande attualità. Il mondo occidentale, infatti, da lungo tempo ha messo Dio "ai confini-, relegandolo ai margini della vita e costringendo la fede cristiana all'irrilevanza. Tuttavia, è la stessa rivelazione di Dio che ci situa lungo il confine. In Gesù, Dio si manifesta infatti come Colui che si coinvolge nella vicenda umana, "lasciando" i cieli per varcare la soglia della storia; così, Egli abita il confine tra il divino e l'umano, accogliendo in sé le frontiere più fragili dell'esistenza, spesso segnate dalla povertà e dalla sofferenza. Il presente volume si preoccupa allora di offrire una riflessione iniziale sulla Rivelazione, sugli sviluppi che hanno portato fino al Concilio Vaticano II e sui principali modelli di teologia della rivelazione del Novecento; al contempo, mette a fuoco una "teologia dei confini", che assume una prospettiva ospitale e dialogica rispetto alle sfide del nostro tempo, capace di generare approcci, visioni e pratiche credenti che aprono la via verso il "Dio senza confini" della rivelazione cristiana.
In un mondo dinamico e in continuo divenire, caratterizzato sempre più dal processo della globalizzazione, è importante lo sforzo che deve fare la teologia, disciplina impegnata a coniugare la Tradizione e la realtà sociale, per pensare i dati di fede per l'uomo e la donna di oggi. A fornire un interessante e originale contributo al riguardo è il presente lavoro di Francesco Asti: una sorta di manuale di teologia in grado di aiutare il lettore nell'essere consapevole del cambiamento dei tempi. L'Autore, Ordinario di teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, evidenzia l'importanza della fede in Dio e il prezioso ruolo dello Spirito per camminare tutti insieme, indicando un preciso metodo teologico da seguire: quello sinodale, in cui la spiritualità del popolo emerge con forza. Asti compie, dunque, lo sforzo di ascoltare le voci che provengono dal «basso», con l'intento di evangelizzare attraverso una teologia della santità e della fraternità, capace di scaldare cuori e proporre legami di solidarietà. La priorità, quindi, è «che tutto il Popolo di Dio si prepari ad intraprendere "con spirito" una nuova tappa dell'evangelizzazione» (papa Francesco).
Nel tempo postmoderno della ''morte di Dio'', le domande che il volume si pone sono le seguenti: in quale Dio non crede l'ateo postmoderno? È possibile che il suo ateismo abbia origine da un'immagine di Dio negativa e distorta che non nutre la sua immaginazione e le sue speranze più nascoste? E dinanzi ad un simile ateismo è ancora adeguata l'apologetica classica con la sua forte impronta razionale e il ricorso alle prove argomentative sull'esistenza di Dio? DALL'INDICE - Dire Dio nell'era della postmodernità: la ''morte di Dio'' come cifra del presente e come domanda - Alle origini della postmodernità: Nietzsche e la ''morte di Dio'' - Il cristianesimo e Nietzsche: il pensiero cristiano dinanzi alla ''morte di Dio'' e le istanze di rinnovamento - Cristianesimo, immaginazione e immagini di Dio. Oltre la ''morte di Dio'' FRANCESCO COSENTINO ha conseguito il dottorato in Teologia Fondamentale alla Pontificia Università Gregoriana presso la quale è Assistente.
«I letterati... sono i creatori di luoghi aperti, dove emergono problemi fondamentali, si spalancano finestre, balenano luci» (H.U. von Balthasar). La verità di questa affermazione ispira il contenuto del libro, che si accosta ai classici «novissimi» attraverso il confronto con autori che nelle loro opere hanno parlato di ciò che la teologia cattolica fa rientrare sotto la denominazione di «realtà escatologiche». Il testo è costituito da due ampie parti ed è arricchito dalle note a margine di Franco Rella, il quale condivide con l'autore la convinzione secondo cui «la letteratura, e l'arte in genere, abbia un rapporto profondo con la verità, tale che da esso non è possibile prescindere, a meno che non ci si voglia chiudere in un recinto di aride certezze». Gli autori presi in considerazione sono molto diversi fra loro ma sono accomunati dalla medesima preoccupazione di comprendere l'uomo, il senso - nonsenso - della sua esistenza e del suo mondo. Brancato parte dall'assunto che con i loro scritti essi offrano degli apporti preziosi perché «la verità di sempre sia espressa in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità» (Francesco, "Evangelii Gaudium"). La teologia ha imparato che «tutte le cose contraddittorie e storte che gli uomini avvertono sono chiamate la schiena di Dio. La sua faccia, invece, dove tutto è armonia, nessun uomo la può vedere». Sono le parole di Martin Buber, da cui è tratto anche il titolo del volume.
Il Dio vivente è a un tempo fonte di ispirazione e anelito della ricerca filosofica di Schelling e di Pareyson, due dei maggiori esponenti dell'idealismo tedesco e dell'ermeneutica contemporanea. L'autore indaga le loro riflessioni sulla libertà e il male, sull'Inizio e la Trinità, in un confronto continuo della filosofia con i propri limiti e con i significati della religione. L'esperienza dello stupore della ragione è il punto di contatto attraverso il quale una conoscenza rigorosamente razionale, consapevole della propria finitezza ma anche delle proprie potenzialità, diviene capace di ascoltare il pulsare di una realtà ancora più grande. In forma simbolica, secondo una rappresentazione tragica della libertà, i problemi del bene e del male, del pluralismo e dell'interpretazione, del dialogo e della verità, della morte e dell'escatologia possono essere affrontati con illuminante passione.
A fronte dell'assenza della dimensione regale del Popolo di Dio nelle pubblicazioni teologiche postconciliari, l'autore si è interrogato se il concilio presenti unicamente in termini funzionali la regalità, oppure, se e in che termini, essa possa esser rintracciata come dimensione del soggetto ecclesiale riscoperto dal Vaticano II quale Popolo di Dio. I risultati raggiunti in questa ricerca mostrano quanto ancora poco è stato fatto per porre al centro dell'ecclesiologia e della prassi ecclesiale l'esistenza cristiana, categoria attraverso la quale LG presenta la regalità. Uno sviluppo coerente della teologia del "Popolo di Dio" in prospettiva regale, infatti, implica una configurazione della sintassi ecclesiale propria dello "stile sinodale". Solo in esso il Popolo di Dio potrà essere restituito ad una soggettualità regale, nella quale la centralità riconosciuta alla vita teologale sosterrà anche quella sacerdotale e quella profetica.
L’agnosticismo è impraticabile: l’uomo non può vivere neanche in istante senza prender posizione su un problema che inesorabilmente lo sfida. Un sacerdote catanese, Francesco Ventorino, che ha speso la sua vita nell’educazione alla fede di tante generazioni secondo il metodo imparato da don Luigi Giussani, affronta l’ineludibile questione di Dio insieme a Pietro Barcellona, studioso di diritto e militante comunista con quarantacinque anni di insegnamento laico e di impegno politico sulle spalle. Questo libro, in due atti e un epilogo, affianca al saggio del teologo rigoroso il saggio dell’intellettuale inquieto e si conclude con un dialogo appassionato e appassionante tra loro. Non è una contrapposizione di teoremi, ma un paragone fra uomini; e riesce tanto più significativo in quanto sorge e si sviluppa sul terreno di un’amicizia.
“La questione dell’esistenza di Dio non è un itinerario pacifico che aspira al paradiso dopo l‘inferno della valle di lacrime del dolore e della sofferenza. È l’esperienza di un corpo a corpo feroce fra l’idea che io sia tenuto alla “carità” di una legge eterna e fuori dalla storia e l’esperienza di un doloroso tentativo di prendere sulle proprie spalle l’esperienza dello stare al mondo insieme ad altri uomini"