La famiglia Lorio tra la fine del Quattrocento ed i primi trent'anni del Seicento diede vita a una vera e propria dinastia impegnata nel mondo del libro. Originari di Portese (nei pressi di Salò), ricoprirono infatti diversi ruoli: da librai ad editori, da traduttori di testi greci a produttori di carta, a tipografi, svolgendo la loro attività tra Udine e Venezia. Lo studio affronta in particolare la figura di Lorenzo Lorio, editore nella città di San Marco tra il 1514 e il 1528, che fu certamente il più importante finanziatore delle opere di Erasmo da Rotterdam uscite in Italia nei primi trent'anni del Cinquecento. Di questo personaggio viene qui offerta una descrizione puntuale dell'intera produzione editoriale.
Il volume traccia una storia politica del Libano contemporaneo dal mandato francese ai giorni nostri evidenziando lo stretto legame fra la struttura confessionale del paese e le sue complesse vicende interne e internazionali. Le istituzioni democratiche libanesi hanno sempre convissuto con il sistema comunitario, che le ha profondamente permeate secondo le proprie esigenze istituzionali, politiche e religiose. Il comunitarismo di stampo confessionale è stato il minimo comune denominatore che ha influenzato le dinamiche socio-politiche, potendo prevenire, tramite un continuo processo di mediazione e contrattazione, le spinte autoritarie o contribuire a esacerbare le tensioni portando allo scontro e al conflitto. Ancora oggi al centro di complesse dinamiche internazionali e regionali, il Libano dovrà tenere conto, come in passato, delle spinte comunitarie e della loro interazione con il sistema politico.
Tra i monasteri e gli eremi delle Solovki – l’arcipelago del Mar Bianco, nell’estrema parte nord-occidentale della Russia, al largo di Archangel’sk – fu creato il primo campo di concentramento sovietico, il laboratorio di quella rete di 476 campi divenuti tristemente famosi con il nome di «Gulag». Apartire dal 1923 e fino al 1939 i bolscevichi vi deportarono i «nemici» del comunismo: aristocratici, preti, «borghesi », contadini, operai, intellettuali, funzionari, artisti, quadri del Partito caduti in disgrazia. «Inventato» da Trockij, adottato da Lenin e perfezionato da Stalin, il campo delle Solovki arrivò a ospitare 70.000 detenuti e nel solo 1937 furono eseguite 2000 fucilazioni. Il modello delle Solovki (e, più in generale, il Gulag) influenzò profondamente la costruzione della società sovietica: si calcola che in quei decenni un adulto su sette trascorse almeno alcuni mesi in un campo. L’esperienza penitenziaria serviva a distruggere le «strutture» dell’epoca imperiale, a livellare le classi sociali e, soprattutto durante lo sforzo bellico, a fornire la manodopera necessaria all’industrializzazione del paese. L’«armata del lavoro» teorizzata da Trockij nel 1918, che avrebbe dovuto fare le fortune dell’Unione Sovietica, non consistette in altro che in migliaia e migliaia di esseri umani ridotti in schiavitù, mutilati e uccisi (anche mediante l’uso, sempre negato dalle autorità, di armi batteriologiche).
Costruito sulla scorta di una vasta documentazione originale, resa in gran parte accessibile dall’apertura degli archivi dell’ex Unione Sovietica, e con l’ausilio di molte testimonianze inedite di prigionieri sopravvissuti e dei loro familiari, questo libro di Francine-Dominique Liechtenhan è un contributo di eccezionale valore alla conoscenza della verità e un omaggio alla memoria delle vittime del comunismo, ancora oggi dolorosamente neglette, in Russia come in Occidente.
L'AUTORE
Francine-Dominique Liechtenhan è nata nel 1956 a Basilea e si è laureata in Storia moderna e contemporanea e in Filologia russa a Parigi, città nella quale risiede e dove insegna all’università della Sorbonne-Paris IV e all’Institut Catholique. È autrice, oltre che di numerosi saggi pubblicati in riviste, dei volumi Les trois christianisme et la Russie. Les voyageurs occidentaux face à l’Eglise orthodoxe russe (XVème-XVIIIème siècle) ed Elisabeth Ière de Russie. L’autre impératrice.
“La nostra storia è stata fatta da noi,
rispecchia i nostri vizi e le nostre virtù.
Non possiamo accettarne soltanto alcuni
pezzi perché ne siamo tutti, anche se
in misura diversa, responsabili.
Ha molte brutte pagine, ma anche momenti
di cui possiamo andare legittimamente
orgogliosi.”
Una storia comune degli italiani non esiste più. A quasi 150 anni dall’unità nazionale si è frantumata in tante piccole schegge, ognuna delle quali rispecchia l’ideologia, le passioni, le radici familiari dei cittadini. Uno scollamento che si riflette nei quesiti contenuti nelle undicimila lettere che giungono ogni mese nella redazione del “Corriere della Sera” alla rubrica di Sergio Romano. Le risposte “non formano una ‘storia d’Italia’, ma ciascuna di esse descrive una persona, un evento, un problema, segna un punto su una immaginaria carta cronologica della storia nazionale”. In questo modo vengono messe in luce proprio le costanti e i temi ricorrenti che continuano ad appassionare (e dividere) gli italiani: dal rapporto tra Stato e Chiesa agli scandali che periodicamente scuotono il mondo politico, dalla collocazione dell’Italia sullo scacchiere internazionale alle tante fratture mai sanate (tra Nord e Sud, fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti). Sotto la guida esperta di Romano, unendo un punto all’altro, il lettore comporrà un disegno – per una volta unitario – e scoprirà non la storia “scientifica” dei libri degli studiosi, “ma quella dei monumenti e delle targhe commemorative, dei riferimenti alla nazione nei discorsi delle ‘autorità’, delle conversazioni quotidiane degli italiani. È una storia più modesta, ma è stata fatta da noi, rispecchia i nostri vizi e le nostre virtù”.
Il 1914 segnò la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova era. Di colpo l'Europa sprofondò in un conflitto di portata e intensità tali da determinare il tramonto della civiltà della borghesia e del capitalismo liberale che aveva dominato per tutto il XIX secolo. Dopo la Grande Guerra il mondo non fu più lo stesso: un senso di crisi morale e civile sostituì l'ottocentesca fiducia nel progresso; gli Stati Uniti sottrassero il primato culturale ed economico al Vecchio continente; un'idea di Stato forte prevalse a discapito dei principi liberali, aprendo la strada all'affermarsi di totalitarismi di destra e di sinistra. In queste pagine lo storico Hew Strachan descrive il sistema di relazioni internazionali e le trame diplomatiche che furono all'origine della Prima guerra mondiale, ripercorre gli avvenimenti militari e politici che ne segnarono le svolte fondamentali, analizza gli elementi sociali ed economici che furono i fattori realmente determinanti per il crollo degli imperi centrali. Avvalendosi di un nutrito apparato fotografico in gran parte sconosciuto, l'autore offre al grande pubblico un valido e aggiornato compendio di una delle pagine più cruciali e drammatiche della storia moderna.
L'immagine dell'Impero britannico oscilla nella Storia. A seconda del continente e dell'epoca che vengono presi in esame, cambiano l'immagine e i criteri d'interpretazione. Troppo diversi furono i territori e i popoli dominati in modi diversi dagli inglesi. Pirati in cerca di bottino, mercanti spassionati, intrepidi navigatori e scopritori, sfruttatori nelle piantagioni e mercanti di schiavi, militari ottusi e missionarie idealiste, malviventi deportati dal suolo londinese e infaticabili allevatori, politici visionari e semplici funzionari di distretto contribuirono tutti insieme a plasmare progressivamente, nel corso dei secoli, uno dei piú grandi domini della storia mondiale contrapponendosi o collaborando con i sudditi che, a loro volta, fornirono un contributo decisivo nell'edificazione dell'impero.
Come sempre e ovunque nella Storia, a fronte dei successi dei vincitori e dei guadagni degli approfittatori stanno i destini delle innumerevoli vittime, gli sconfitti e gli sfruttati, gli indigeni perseguitati fino all'annientamento fisico come gli indiani dell'America settentrionale o gli abitanti della Tasmania, i milioni di schiavi neri, ma anche i soldati britannici che perirono di febbre gialla e altre malattie tropicali a Santo Domingo, tra il 1793 e il 1798.
Peter Wende, specialista di storia inglese di fama internazionale, offre al lettore una vasta e sfaccettata rappresentazione della storia politica, commerciale, militare dell'Impero inglese, dall'ascesa della Gran Bretagna a potenza navale e commerciale nella prima età moderna al consolidamento di un impero coloniale esteso su tutto il globo tra il XVIII e il XIX secolo, alla sua dissoluzione e trasformazione in Commonwealth dopo la fine della prima guerra mondiale.
La storia del Novecento europeo è punteggiata di stati che crollano: dalla fine pressoché contemporanea dei Romanov, degli Asburgo e degli Hohenzollern, al termine della Grande Guerra, alla dissoluzione della Terza Repubblica francese nel giugno 1940, allo sfascio italiano del settembre 1943, fino alla dissoluzione dell'Urss e del suo impero europeo. Macry ricostruisce e discute questi "ultimi giorni". Nei palazzi del potere e sulle piazze cittadine è un affollato teatro di avvenimenti individuali e corali. Di decisori che cercano di reagire al ritmo eccezionale assunto dalle cose. Di apparati di controllo che si sfaldano e rinunciano a usare la propria forza. Di comunità urbane che reagiscono al terremoto delle istituzioni che collassano, della quotidianità che si sbriciola sotto i piedi, dei valori pubblici e privati che si capovolgono. Con l'evidenza vivace della cronaca, gli ultimi giorni mostrano il cumularsi, come in un circolo vizioso, di errori politici, inefficienze amministrative, delusioni e antagonismi collettivi, smarrimenti psicologici. Ma nulla sembra predestinato. A Pietroburgo come a Vienna, a Berlino come a Mosca, nel 1917-18 come nel 1989-91, il gioco è aperto fino all'ultima mossa. Le partite della storia non sono mai un destino già scritto.
In breve
Dalle rivoluzioni settecentesche al 1914, un sapiente intreccio fra analisi politico-economica e racconto delle esperienze sociali e culturali in un continuo dialogo fra testo, fonti scritte, immagini, cartine e grafici.
Il manuale affronta, da un lato, i profondi mutamenti nel modo di commerciare, consumare e produrre, che spingono l’Occidente fuori dagli equilibri economico demografici propri delle tradizionali economie agrarie; dall’altro, le trasformazioni nel modo di concepire la sovranità politica, avviate in modo traumatico dalle due rivoluzioni politiche di fine Settecento (quella americana e quella francese) fino ad arrivare alla definizione dei tratti fondamentali delle nascenti società di massa. Seppure interesse precipuo sia l’Occidente, due capitoli del volume sono interamente riservati alla descrizione delle trasformazioni vissute dai mondi fuori da Europa e Stati Uniti, dalla fase del colonialismo e dell’imperialismo europeo, ai revival religiosi che attraversano i paesi islamici, così come l’India, la Cina, il Giappone, alla nascita dei primi movimenti anticoloniali, nei quali si fondono identità religiose originali e spinte antioccidentali. Uno spazio adeguato è riservato anche alla descrizione delle ragioni della crisi politica, amministrativa e religiosa dell’Impero ottomano, seguita dall’inizio Ottocento fino al crollo finale dei primi anni del XX secolo.
Indice
Introduzione - 1. Nuovi modi di commerciare, consumare, produrre - 2. La Rivoluzione americana - 3. La Rivoluzione francese - 4. La Francia e l’Europa - 5. Napoleone - 6. La Restaurazione - 7. Tornano le rivoluzioni (1820-31) - 8. Il Risorgimento italiano - 9. Le rivoluzioni del 1848-49 - 10. Un progresso che sembra non avere ostacoli - 11. Le classi sociali - 12. Passioni e sentimenti - 13. Il modello parlamentare: il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda - 14. La Francia del Secondo Impero e l’Unità d’Italia - 15. L’unificazione tedesca e le sue conseguenze - 16. Gli Stati Uniti e la Russia - 17. Globalizzazione e dominio coloniale - 18. Popolazione e produzione - 19. Studiare, lavorare, comprare, amare - 20. Il «Sole dell’avvenire» - 21. Nazionalismo e razzismo - 22. La politica in Occidente - 23. La politica in Italia da Depretis a Giolitti - 24. L’Occidente alla conquista del mondo - 25. Alleanze e contrasti fra le grandi potenze - Indice dei nomi
La complessa vicenda del divorzio in Italia è ricostruita da Giambattista Scirè attraverso lettere inedite e interviste ai protagonisti, articoli dell’epoca, documenti ufficiali dei partiti e della Chiesa, dichiarazioni dei gruppi della società civile e degli intellettuali, restituendoci l’atmosfera di un’Italia in trasformazione, sospesa tra la crisi del miracolo economico e le mancate riforme di struttura, tra le novità del Concilio Vaticano II, la secolarizzazione e l’onda lunga del Sessantotto. È con la battaglia per il divorzio che la società civile irrompe sulla scena politica italiana, dimostrando di essere ben più avanti della propria classe politica nel considerare l’acquisizione dei diritti civili come un fondamentale termometro del livello di democrazia di un paese. Uno sguardo al recente passato per comprendere i cambiamenti della nostra società e la fase di modernizzazione e secolarizzazione che sta attraversando.Durante l’età moderna, l’area mediterranea è segnata dalla guerra da corsa e dalla pirateria, su cui prosperano intere città, cristiane e musulmane; il conflitto per mare assume i toni dello scontro religioso, quasi da crociata contro gli infedeli. Quanti cadono in mano dei corsari, ridotti in schiavitù, attendono di essere riscattati o scambiati, e in cattività danno origine a un’intricata storia di abiure e conversioni – dall’islam al cristianesimo e viceversa.
L’analisi dell’autrice, basata su ricche e talvolta inesplorate fonti documentarie, mostra il forte coinvolgimento delle istituzioni laiche ed ecclesiastiche in questa nuova dimensione della contesa politica internazionale e offre un quadro significativo sulle condizioni di vita dei captivi, in bilico tra la vecchia fede religiosa e l’esigenza di inserirsi in un diverso tessuto sociale. L’efficacia nell’evangelizzazione degli schiavi ha come risultato più eclatante la canonizzazione di santi neri, quali Antonio Etiope e Benedetto il Moro, ma si spinge sino in terra africana, dove Juan de Prado guadagna la palma del martirio, mettendo in luce inediti aspetti del ruolo politico dell’attività missionaria degli ordini religiosi nel regno del Marocco.
Nell’introduzione alla Storia dell’umanità , pubblicato per la prima vola nel 1921, l’autore racconta di quando, da ragazzo, si arrampicò fino in cima alla vecchia torre di una chiesa di Rotterdam; anni dopo, quell’episodio gli ispirò la metafora della storia come «torre dell’esperienza, costruita dal tempo fra gli sterminati campi delle epoche passate». Da allora in poi, intere generazioni di lettori di tutte le età hanno visto la storia attraverso gli occhi e le parole di van Loon. Considerato uno dei più geniali storici divulgatori di fama internazionale del Ventesimo secolo, conduce il lettore sulla scena degli eventi, raccontando con semplicità, passione e saggezza le vicende umane e mettendo in luce i legami tra arte, pensiero, cultura e realtà quotidiana. In uno stile caldo e personale, vivace e appassionante, l’autore costruisce un percorso dall’alba dell’era dell’uomo fino agli avvenimenti che hanno segnato il secolo appena trascorso: una storia ricca di dettagli e di brillanti divagazioni che infondono vita ai personaggi e trasformano i fatti in un meraviglioso racconto d’avventura.