
Stampato per la prima volta nel 1955 in migliaia di copie e tradotto in moltissime lingue, I miei sette figli è un documento fondamentale dell'epopea partigiana italiana. Mai nella storia di un popolo, neppure nelle sue leggende, si era avuto il sacrificio di sette fratelli caduti nello stesso istante e per la stessa causa.
La vicenda di Alcide Cervi e dei suoi sette figli è quella di una famiglia contadina che guarda avanti, piú avanti degli altri, e comprende come per rendere piú produttiva la terra sia necessario appropriarsi di tecniche piú moderne. Ma è anche la vicenda di una famiglia partigiana che, grazie a una conquistata coscienza culturale e politica, intraprende una tenace lotta contro le ingiustizie sociali e il regime fascista fino alla scelta estrema di imbracciare le armi. Intensa, ma purtroppo troppo breve, la Resistenza dei Cervi si conclude il 28 dicembre 1943, quando i sette fratelli vengono trascinati di fronte al plotone di esecuzione. Sopravvissuto allo sterminio dei figli, il vecchio Alcide torna a coltivare di nuovo la terra con le donne e i nipoti superstiti, e ci lascia, con la saggezza che viene dal dolore e da una grande fede nella vita, un'indimenticabile testimonianza dell'inesauribile forza dei valori della Resistenza.
Questa edizione contiene una introduzione di Luciano Casali che, oltre a contestualizzare la storia della famiglia Cervi, racconta soprattutto le vicende legate alla nascita del libro e agli interventi apportati alla seconda edizione del 1971.
Se si leggono le ricostruzioni che storici e giornalisti fanno degli anni di piombo, sembra che i brigatisti rossi e i loro stretti parenti siano sempre stati considerati dei folli, isolati da tutto il resto del Paese. Sembra che il progetto di una società comunista, da realizzare attraverso una rivoluzione, sia stata una pazza idea nelle menti di pochi. Ma non andò così. Per una decina d’anni, diciamo dal 1968 in poi, l’estremismo di sinistra poté godere della benevolenza, del consenso, e a volte della complicità della maggior parte dei giornali e del mondo della cultura ufficiale. Ci volle il cadavere di Moro fatto trovare a metà strada fra le sedi della Dc e del Pci per interrompere una mistificazione che i mass media conducevano dal tempo della scoperta dei primi covi delle Brigate Rosse. Per dieci anni gli italiani furono ingannati dai nove decimi della stampa nazionale, che chiamò «sedicenti» le Brigate Rosse e nascose e negò qualsiasi episodio di violenza e di estrema sinistra. Perché accadde tutto questo? Molti giornalisti agirono per fede politica. Ma molti altri, più semplicemente, si accodarono seguendo il vento, che in quel momento sembrava portare a un immancabile trionfo del marxismo. Così, legioni di cronisti «borghesi» si misero l’eskimo, confermando una vecchia battuta di Leo Longanesi, e cioè che lo stemma al centro della bandiera italiana dovrebbe essere la scritta: «Ho famiglia».
Questo libro, il cui titolo è entrato a suon di edizioni nell’immaginario collettivo come la sintesi più efficace di un dato periodo di giornalismo italiano, riporta fra virgolette che cosa scrissero i giornali sui principali episodi di violenza dell’estrema sinistra. Il lettore della presente nuova edizione rivista e aggiornata, a distanza di tanti anni dalla prima del 1990, continuerà a stupirsi, incredulo.
La vicenda dell'Italia Unita è una storia politica ma anche sociale e culturale, il cui risultato sarà il farsi dell'Italia come nazione e degli italiani come popolo. La narrazione scorre lungo un duplice filo di eventi e problemi: l'itinerario storico-politico che l'Italia compie per giungere all'unificazione e le questioni che dovrà affrontare nel lungo cammino culminato nella proclamazione del Regno d'Italia nel 1861 e nella presa di Roma nel 1870. Il nostro Risorgimento è stato un'impresa collettiva che ha visto gli italiani combattere per l'indipendenza della nazione e per liberarsi da secoli di servitù a potenze straniere: un'indipendenza conquistata in nome della libertà. La storia del nostro Risorgimento non è dunque da intendersi come un monolitico percorso dall'esito scontato, ma come una pluralità di storie che determinano un processo di unificazione segnato dal persistere di differenze e di squilibri.
DESCRIZIONE
Racconta Tallemant des Réaux che due gentiluomini architettarono il primo tour gastronomico di Francia per cogliere le specialità di ogni provincia nella stagione più propizia. Si era in pieno Seicento. Da allora il turismo gastronomico ne ha fatta di strada. Anche questo Mangitalia è un tour:ma che unisce al gusto per il palato quello per la storia.
Piemonte: Le saghe del cioccolato; Valle d’Aosta: Fontina, una e trina; Lombardia: Cotoletta e zafferano; Trentino Alto Adige: Il ritorno delle «persecche»; Friuli Venezia Giulia: I celti alla sfida dell’oca; Veneto: Gnocco inflazionato; Liguria: Il cappon magro; Emilia Romagna: Un Plutarco per il salame rosa; Toscana: Zuppe contro bistecche; Marche: Ciaùscolo; Umbria: La rivoluzione dell’olio; Lazio: Carote e porchetta; Abruzzo: La panarda; Molise: Lo scippo di Venafro; Campania: Menesta mmaretata; Puglia: La cicoria di Orazio; Basilicata: La podolica negata dal computer; Calabria: Stoccafisso contro spada; Sicilia: La disputa del cappero; Sardegna: Nasce la salumeria ovicaprina.
L'AUTORE
CORRADO BARBERIS, professore emerito di Sociologia, ha dedicato una vita allo studio delle trasformazioni delle campagne italiane. Presiede l’Istituto nazionale di sociologia rurale.
Trieste ’45, confine orientale. Su un piccolo fazzoletto di terra si sovrappongono due guerre – quella che viene dall’est e quella che viene dall’ovest –, due occupazioni – jugoslava e angloamericana – e due liberazioni, concorrenziali l’una all’altra. È la prima crisi internazionale del dopoguerra, annuncio di future rivalità continentali, mentre sul campo, dopo anni di tensioni ma anche di collaborazione contro il nemico comune, un movimento resistenziale, quello jugoslavo, fagocita l’altro, quello italiano, cui ha cercato di imporre obiettivi e modelli di lotta. L’urto dividerà a lungo le memorie di una società in cui già da tempo convivono aspirazioni nazionali e politiche antagoniste. Trieste ’45, laboratorio privilegiato, non solo per la politica internazionale e per le relazioni fra movimenti di liberazione, ma anche per il complicato rapporto fra il PCI e il partito comunista jugoslavo, perché dietro la crisi sui confini si gioca la più ampia partita dello scopo finale – democrazia o rivoluzione? – da proporre alla Resistenza in Italia. Trieste ’45, luogo storico della tragedia delle foibe: variante locale a danno degli italiani di un processo generale che coinvolse tutti i territori in cui il movimento partigiano comunista jugoslavo prese il potere in quel maggio di sangue e del quale solo ora risultano più netti i contorni. Finalmente Raoul Pupo affronta temi e interrogativi che riguardano l’Italia intera, ma che per lungo tempo sono stati discussi quasi esclusivamente all’ombra di quella ‘periferia scontrosa’.
Indice
Nota dell’Autore - Sigle e abbreviazioni - I. L’incubo della Mitteleuropa - II. Le ambiguità dei comunisti - III. Le incertezze alleate - IV. L’impotenza italiana - V. L’ultimo inverno - VI. Liberazioni - VII. In bilico - VIII. Prigionieri - IX. I giorni della paura - X. Vincitori e vinti - XI. Verso il dopoguerra - Fra storia e storiografia - Note - Indice dei nomi
Questo non è solo un bel libro di storia. C’è la zampata dello studioso di genio.
Franco Cardini
È noto che, come diceva Croce, si fa sempre storia del presente. In questo buon uso del passato Alessandro Barbero è un campione sempre pronto allo scatto. Barbari è un libro affascinante.
Silvia Ronchey, “Tuttolibri”
«Un mondo che si considera prospero e civile, segnato da disuguaglianze e squilibri al suo interno, ma forte di un’amministrazione stabile e di un’economia integrata; all’esterno, popoli costretti a sopravvivere, minacciati dalla fame e dalla guerra, e che sempre più spesso chiedono di entrare; una frontiera militarizzata per filtrare profughi e immigrati; e autorità di governo che debbono decidere volta per volta il comportamento da tenere verso queste emergenze. Potrebbe sembrare una descrizione del nostro mondo, e invece è la situazione in cui si trovò per secoli l’impero romano di fronte ai barbari.»
Indice
Introduzione Frontiere e mobilità umana nell’impero romano - I. Deportazioni e immigrazione sotto il principato - II. L’arruolamento di stranieri nell’esercitofino agli Antonini - III. Una svolta: l’epoca di Marco Aurelio - IV. Esercito e cittadinanza nell’età dei Severi - V. La crisi del III secolo - VI. Ripopolamento e reclutamento sotto la tetrarchia - VII. L’età di Costantino - VIII. Immigrazione e reclutamento sotto la dinastia di Costantino - IX. Ideali umanitari e sfruttamento degli immigrati sotto Valentiniano e Valente - X. Teodosio e il tentativo di assimilare i Goti - XI. Truppe limitanee e impiego di barbaria difesa delle frontiere XII. Una leggenda storiografica: i «laeti» - XIII.L’esercito come «melting-pot» - XIV. Il fallimento dell’integrazione gotica Conclusione Note - Bibliografia - Indice dei nomi
Uno dei massimi storici dell’arte rinascimentale racconta l’irripetibile stagione della Roma di Paolo III, Michelangelo, Giulia Farnese, prima dell’avvento letale della Controriforma. Massimiliano Panarari, “Il Venerdì di Repubblica”
Con una narrativa avvincente e appassionata che non cede all’acquiescenza culturale – e parla anche dell’oggi, cosa credete? – il restauratore e studioso racconta come, a metà del ’500, franino le aspirazioni a una cristianità meno avida di potere qual era quella spietata e perversa dei papi. Un affresco accurato e accorato per rammentarci come non si possa mai dare per assodato l’essere uomini liberi. Stefano Miliani, “l’Unità”
Con vivace vena narrativa e sapiente ricostruzione storica, che sintonizza il segreto della creatività su trame biografiche anche affannate e misere, Forcellino fa rivivere, in 1545, figure di artisti, letterati, nobildonne, e voci popolari di sberleffo. Giuseppe Amoroso, “Corriere della Sera”
La Sardegna: un luogo animato da figure e storie avvolte ancora da un’aura di mistero. Vicende del passato senza risposte certe ed episodi tuttora impenetrabili si succedono, offrendo interrogativi che non sempre trovano soluzione. Dalla vita quasi sconosciuta del popolo nuragico alle molteplici ipotesi sulla costruzione dei loro “castelli” di nuda pietra, che il tempo riesce appena a scalfire, fino alle ipotesi sulla presenza di Dante sull’isola. Le storie di affascinanti donne mitiche come l’ultima femina agabbadóri, il misterioso e irrisolto caso di sangue di Donna Francesca Zatrillas e il destino incerto della “giudicessa” Eleonora d’Arborea. La serie degli enigmi si chiude con la “Mano di Marini”, vicenda narrata ma anche studiata alla luce delle più avanzate tecnologie e che consegna al lettore una domanda: può un corpo umano mantenersi integro attraverso i secoli? Con una penna dal tocco delicato che sa far convivere con eleganza l’elemento storico e quello favolistico, Franco Fresi ci guida alla scoperta di una terra e dei suoi protagonisti dal sapore antico e dal fascino inesauribile.
Dalla partenza del primo soldato italiano nel luglio 1941 al ritorno dell'ultimo prigioniero nel febbraio del '54, Arrigo Petacco riunisce per la prima volta in questo libro le quattro fasi della campagna di Russia: la corsa vittoriosa verso la riva del Don, l'eroica resistenza durante il contrattacco sovietico, la rotta disastrosa e infine l'allucinante marcia dei meno fortunati verso i lager sovietici dai quali torneranno vivi in poco più di diecimila su ottantacinquemila.
Bernard Lewis, uno dei più celebri e autorevoli studiosi della civiltà mediorientale, propone in queste pagine una visione unitaria della multiforme vicenda del mondo musulmano e dei suoi problematici rapporti con l'Occidente: quindici secoli di guerra e coesistenza pacifica, di regni illuminati e regimi dittatoriali, di vette di eccellenza scientifica e letteraria e abissi di mise e terrore sanguinario. Con maestria divulgativa e spaziando dall'organizzazion della propaganda sotto la dinastia abbaside ai tragici fatti dell'11 settembre 2001, l'autore restituisce un affresco vivo e accessibile degli aspetti materi sociali, artistici e religiosi dell'Islam e ci guida nella difficile impresa di fare i conti con alcune delle domande più urgenti degli anni in cui viviamo Perché se, dopo l'attentato alle Torri Gemelle e le guerre in Afghanistan e in Iraq, la questione mediorientale è diventata di bruciante attualità, non si può pensare di risolverla senza prima calarla nel suo reale contesto storico, geografico, religioso e culturale.
L'opera, di lettura affascinante, ha innovato profondamente la nostra visione della vita europea e mediterranea nel Cinquecento: allo schema tradizionale della crisi sopraggiunta come conseguenza delle nuove vie di navigazione atlantica, Braudel contrapponeva - con la forza di convinzione che derivava da una conoscenza precisa di fonti sterminate - la visione di un mondo ancora pieno di traffici e di contrasti, di tensioni e scambi, di cui erano partecipi, direttamente o indirettamente, non solo i paesi rivieraschi, ma anche Stati lontani. In altre parole, la vitalità dell'area mediterranea risultava dirompente ed essenziale, per le civiltà del vecchio mondo, ancora per tutto il XVI secolo. Lo studio della storia visto come connessione di tre momenti diversi - la storia di lento svolgimento e di lente trasformazioni, secolari o addirittura millenarie, la storia ritmata in cicli piú brevi, ma pur sempre pluridecennali, e infine la storia «secondo la dimensione dell'individuo» - mostrava, attraverso questa indagine, la sua efficacia e il suo valore di strumento per l'analisi delle grandi età del passato.