
La storia dell'antica Roma e del suo gigantesco impero colpiscono ancora oggi per due aspetti: in primo luogo per la forza di un esercito che fece di un villaggio sui colli del Lazio la prima superpotenza mondiale, assoggettando popoli diversissimi per lingua, storia, cultura, religione, costumi, tradizioni... E poi perché il secondo straordinario successo di Roma fu quello di unire e amalgamare all'interno di un'unica cultura condivisa diversi milioni di cittadini, dalle fredde coste del Mare del Nord alle pianure mesopotamiche, dalle rive del Mar Nero alla costa atlantica di quello che oggi è il Marocco. In questo saggio, Boris Johnson, che prima di diventare giornalista e uomo politico di successo ha studiato Antichità Classica a Oxford, ci spiega come Roma sia riuscita prima a imporsi con la forza delle armi; e poi a costruire un sistema politico - e soprattutto una civiltà - in grado di unire moltissime differenze. È una ricostruzione storicamente impeccabile, ma anche brillante e ricca di curiose sorprese. E offre indicazioni utili: perché, ci ricorda Boris Johnson, per certi aspetti la sfida che dovette affrontare l'antica Roma non è così diversa da quella che deve affrontare oggi l'Europa, alle prese con i problemi dell'immigrazione e dell'integrazione.
Attraverso il cibo l'uomo entra in relazione col mondo: il passato e il presente di ogni civiltà si leggono nella cucina, dagli ingredienti alle influenze, dall'agiatezza o povertà dei contesti alle relazioni sociali. La storia del cibo è dunque, per eccellenza, storia culturale. Armesto ripercorre questa vicenda millenaria secondo una prospettiva globale, incentrata sulle grandi rivoluzioni che, nei secoli, hanno modificato il rapporto dell'uomo con ciò che mangia: il passaggio dal crudo al cotto; l'attribuzione di significati rituali all'assunzione del cibo; l'introduzione dell'agricoltura; la trasformazione degli alimenti in simbolo che marca le diseguaglianze sociali; i cambiamenti introdotti dall'industria globale; l'emergenza ecologica. Questo viaggio scopre approcci al tema dell'alimentazione diversi nel tempo e nello spazio ma, soprattutto, svela rapporti inattesi e prospettive nuove, mostrando come, nel cibo, storia della civilizzazione, storia della scienza e storia della società si incontrino.
Nel cuore del Messico, Montezuma, sovrano azteco orgoglioso e potente, onorato come un dio e profondamente temuto, a capo di un impero di 15 milioni di persone, aspetta, con curiosità e trepidazione, l'arrivo preannunciato di un misterioso straniero sbarcato da poco sulle coste del Continente. È Hernán Cortés, l'avventuriero spagnolo audace e ambizioso che passerà alla storia come il Gran Conquistador. Partito da Cuba con una piccola armata di furfanti e mercenari in cerca di oro e potere, superando vulcani ancora attivi e immense montagne, aridi altipiani e intricate foreste, imbattendosi in tribù indigene da soggiogare e convertire in nome del re di Spagna, Cortés raggiunge la Valle del Messico sul finire del 1519, varcando infine le maestose porte della capitale fino ad allora inviolata, la città dei sogni, Tenochtitlán. Il condottiero spagnolo e l'imperatore azteco si fronteggiano, protagonisti di un epocale incontro fra culture, affascinati e sconvolti dalla loro stessa diversità. Che quello straniero barbuto, dallo sguardo arrogante e dalla parola suadente, rappresenti il profetico ritorno del dio Quetzalcoatl? Dall'alto del piramidale Templo Mayor, luogo di preghiere e sacrifici umani, Montezuma interroga àuguri e sacerdoti per scoprire il destino del suo impero. Due anni dopo, di quella civiltà ricca ed evoluta non sarà rimasto più niente.
In questo libro Gigi Di Fiore racconta la liberazione del Sud Italia mostrandone il volto meno glorioso e più truce, dimenticato nei resoconti oleografici, non solo ufficiali, degli Alleati salvatori. Pensiamo ai paesi della Ciociaria, prima vessati dai tedeschi, poi bombardati dagli americani e infine liberati dai soldati marocchini del contingente francese: proprio per il coraggio dimostrato nello sfondare la linea Gustav, i marocchini ebbero in premio tre giorni di impunità, usati per saccheggiare le case e stuprare donne, uomini e ragazzi. A questa terra e ai suoi abitanti Gigi Di Fiore dedica il suo nuovo libro: una contro storia della risalita degli Alleati dopo lo sbarco in Sicilia che ha segnato l'intera storia dell'Italia meridionale.
Il volume raccoglie una serie di articoli del Direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, pubblicati dal quotidiano della Santa Sede, "L'Osservatore Romano", fra il 2008 e il 2011. L'autore propone qui un percorso inusuale attraverso la storia dell'arte, offrendo la particolare prospettiva che può avere il Direttore di uno dei musei più grandi e importanti del mondo. Seguendo così le molteplici occasioni che la propria esperienza quotidiana gli propone (una mostra, un restauro, una scoperta scientifica) il Prof. Paolucci porta il lettore, che sia un esperto studioso o un semplice appassionato, a condividere la curiosità, lo stupore, il gusto che sono alla base del rapporto con l'opera d'arte, guidandolo al tempo stesso alla ricerca di un metodo che renda capaci ad interpretare l'arte.
Alcuni tra i maggiori storici contemporaneisti italiani riflettono su temi e problematiche che hanno accompagnato la costruzione dello Stato-nazione in Italia, cercando di mettere in luce gli aspetti politici, culturali, economici, sociali, istituzionali che hanno caratterizzato questo processo storico all'interno del più ampio contesto dell'Europa dell'Ottocento. Si tratta di partire da una rilettura della vicenda risorgimentale che tenga conto della complessità e della pluralità di istanze e dinamiche, a volte anche ambigue e contraddittorie, che hanno contribuito a connotare il paese all'indomani dell'Unità. Vengono dunque analizzati il passaggio dagli Stati dinastico-territoriali allo Stato-nazione, i legami tra Risorgimento e nuova realtà nazionale, il confine tra i concetti di razza e nazione, i rapporti con la Chiesa e la religione, quelli tra Nord e Sud, e tra centro e periferia, le tensioni e i conflitti, ma anche la cultura e i saperi messi in campo al servizio del nuovo Stato.
Per secoli bottino degli eserciti invasori, tra il 1940 e il 1945 le donne si ribellano alla cultura di guerra che usa lo stupro per umiliare il nemico sconfitto. Attraverso le lettere private del fondo Rai - "La mia guerra" e dell'Archivio della memoria delle donne di Bologna, il libro di Michela Ponzani ricostruisce la resistenza delle donne che vollero combattere la "guerra totale". Dietro la retorica del martire antifascista, la lotta armata al nazismo e al fascismo di Salò è per le partigiane un momento attraversato da tormenti interiori, da incertezze e paure. Ma è anche una guerra privata per l'emancipazione femminile, una sfida ai pregiudizi della società italiana e degli stessi compagni di banda. Oltre questo piccolo esercito che sceglie con coscienza la lotta antifascista, il libro ricostruisce le tattiche di sopravvivenza delle vittime della "guerra ai civili": sole con i mariti inviati al fronte, dispersi o deportati, le donne rompono il muro del silenzio sugli stupri di massa, commessi dalle truppe occupanti tedesche e dai marocchini nel Basso Lazio. Ma la guerra è fatta anche di "contatti tra nemici": molte donne s'innamorano del "tedesco invasore", da cui avranno anche dei figli. Considerate nel dopoguerra le "amanti del nemico", la loro storia sarà cancellata dalla memoria nazionale in nome del mito dell'eroina e madre, simbolo della nuova Italia democratica.
La storia dell'antico Egitto e della straordinaria civiltà che fiorì lungo le rive del Nilo potrebbe sembrare soltanto uno spettacolo meraviglioso costellato di eventi eccezionali: la costruzione delle piramidi, la conquista della Nubia, la rivoluzione religiosa istituita da Amenofi IV, il potere e la bellezza di Nefertiti, la vita e la morte di Tutankhamon, la crudeltà di Ramesse, l'invasione di Alessandro Magno e il fatale legame tra Cleopatra e Roma. Ma se i tremila anni della civiltà dei faraoni posseggono tutti gli ingredienti di un romanzo epico - splendide corti, lotte dinastiche, misteriosi omicidi e grandi battaglie, storie di eroismo e di intrighi, di trionfi e sconfitte, con donne al potere e tiranni -, il vero e proprio racconto storico è ancora più sorprendente e di gran lunga più interessante. Gli antichi egizi furono il primo gruppo di persone a condividere cultura, prospettive e identità comuni all'interno di un territorio geografico ben definito, governato da una sola autorità politica; vissero, cioè, secondo quei concetti di appartenenza a una nazione che ancora oggi dominano il pianeta. La storia dell'antico Egitto è dunque, soprattutto, la storia del tentativo di unire un regno molto vario e di difenderlo ossessivamente contro forze ostili interne ed esterne. Toby Wilkinson, grazie alle sue eccellenti doti di narratore e a una conoscenza approfondita dei geroglifici e dell'iconografia del potere, ci restituisce l'antico Egitto in tutta la sua complessità.
"Opera di grande giornalismo e di intensa testimonianza morale, 'ROma 1943' pubblicato per la prima volta nel 1945 - resta un modello inarrivabile di cronaca autentica, di verità essenziale che poco o nulla ha a che vedere con la tradizione spesso dissimulatrice del giornalismo italiano. Ne era consapevole lo stesso Monelli: 'Mi pare che da questa cronaca pur scarsa e lacunosa esca già una lezione terribile per tutti noi: spesso, scrivendo, mi pareva di fare un doloroso esame di coscienza'". Così, nella introduzione, Lucio Villari ci ricorda che questa consapevole onestà intellettuale è stata fondamentale per fare di "Roma 1943", a cinquant'anni dalla prima pubblicazione, un vero libro di storia. E, per il piacere del lettore, l'autore non dimentica, nel far cronaca, il gusto per l'ironia, senza lasciarsi sfuggire le situazioni paradossali che sempre si accompagnano ai drammi.
I testi raccolti per la prima volta in questo volume raccontano un aspetto essenziale, ma fondamentalmente sconosciuto, del grande storico dei Due corpi del re e dei Misteri dello stato.
L'avvento del Terzo Reich costrinse Kantorowicz - ebreo e soldato decorato della prima guerra mondiale - a rigiocare contro il regime nazista la propria posizione politica di conservatore e di appartenente al Circolo del poeta Stefan George, portandolo ad accettare l'esilio negli Stati Uniti all'indomani della Notte dei cristalli. Questo esilio, da cui non farà più ritorno, non implicò solo una cambiamento in senso esistenziale. Esso avrebbe segnato una svolta decisiva anche nel modo di concepire, leggere e raccontare la storia. Non a caso proprio in quegli anni tormentati e drammatici prese forma una riflessione sul senso della cultura europea, di cui Kantorowicz seppe essere un grande rappresentante e a cui offrì il suo sguardo lucido e intransigente.
Volume in 8° (cm. 15,5 x 21,5) di pagine 190 con oltre 50 illustrazioni tratte da antiche stampe e dipinti.