
"In forma strisciante o in forma aperta, per molte generazioni, la guerra civile era, nelle città greche, "lo stato abituale, regolare, normale: si è nati, si vive, si morrà in essa. Non vi è atto, ambizione o pensiero che non si rapporti ad essa". Riconoscere che un conflitto è stato una guerra civile, cioè una guerra "tra cittadini", dipende dal vincitore. È il vincitore che concede, o non concede, al vinto tale riconoscimento. Che non significa annullare la distinzione tra torti e ragioni. Gli Ateniesi non compirono mai questo sforzo. Nel loro calendario ufficiale l'anno della guerra civile (404/3) era indicato con una formula quasi surreale: "non governo". Come se quell'anno non fosse mai esistito." Ripercorrendo l'opera storiografica di Senofonte, che di quei fatti fu protagonista, Luciano Canfora fa riaffiorare gli snodi drammatici che segnarono il sanguinoso epilogo fratricida della trentennale guerra contro Sparta: dall'elezione dei trenta "tiranni" alla riscossa dei "partigiani democratici" di Trasibulo fino alla violazione del patto di amnistia con l'eccidio di Eleusi. Un "diario" fazioso e apologetico, quello senofonteo, che va dunque raffrontato con le testimonianze di segno opposto, ma non per questo meno prezioso nel restituirci in presa diretta la crisi di un sistema in cui la manipolazione demagogica del consenso e il conflitto tra interessi di ceto, ideali e Realpolitik (temi di sorprendente attualità) aprirono crepe insanabili.
Nessun personaggio storico, se si esclude, forse, Adolf Hitler, ha mai goduto di così cattiva stampa come Nerone. Alcuni autori cristiani ritennero che fosse addirittura l'Anticristo. In realtà, Nerone fu un grandissimo uomo di Stato. Durante i quattordici anni del suo regno l'Impero conobbe un periodo di pace, di prosperità, di dinamismo economico e culturale quale non ebbe mai né prima né dopo di lui. Certamente fu un megalomane, un visionario, un esibizionista, un inguaribile narciso e, con tutta probabilità, uno psicolabile schiacciato prima da una madre autoritaria e castratrice e poi dall'enorme peso che, a soli diciassette anni, per le ambizioni di Agrippina, gli era stato scaricato sulle spalle, mentre lui avrebbe forse preferito dedicarsi alle arti predilette. Quel che comunque è certo è che questo imperatore chitarrista, cantante, poeta, attore, scrittore, auriga, curioso di scienza e di tecnica, fautore delle più ardite esplorazioni, fu un unicum non solo nella storia dell'Impero romano. Pensando "in grande stile", e cercando di modellare il mondo sulle proprie intuizioni e immaginazioni, fu un monarca assoluto che usò del proprio potere in senso democratico: non governò solo in nome del popolo, come voleva l'ipocrisia augustea, ma per il popolo contro le oligarchie che lo opprimevano e lo sfruttavano. E per avere il consenso del popolo - oltre che, beninteso, progettare e attuare misure molto concrete inaugurò quella che oggi chiameremmo la politica-spettacolo.
Il volume offre un panorama assai ampio e innovativo su cosa abbia significato e come si sia sviluppata la politica internazionale del papato in età moderna. Oltre a precisare le istituzioni e gli uomini che ne furono i protagonisti, i saggi qui riuniti mettono a fuoco gli obiettivi che il papato si propose rispetto al mondo cattolico, al mondo riformato, ai cristiani delle zone di frontiere con il mondo russo-ortodosso e in Medio Oriente e rispetto agli “infedeli” in Asia e in America.
Tutta la complessità del rapporto papato/politica internazionale è qui fotografata, esaminata, spiegata, compreso il suo essere determinata tanto dal carattere multiplo della sovranità papale e dall’evoluzione dei dibattiti intorno ad essa, quanto dal mutare della concezione della sovranità degli Stati e dalla trasformazione dei rapporti di forza internazionali.
È tramontata l'epoca di re e imperatori, ma non quella delle grandi dinastie: le "case regnanti" della nostra epoca sono i Grimaldi di Monaco, ma soprattutto si chiamano Agnelli, Rockfeller, Hilton, Kennedy, Chaplin, Onassis, Gucci... Protagonisti dell'economia, finanziaria o industriale, della politica, della moda, dello spettacolo e dell'arte, i loro membri sono attori di vicende che fanno piangere o sognare. Sempre al centro di vortici di denaro, potere, fascino, genio, scandali e tragedie. Come si sono create, spesso partendo dal niente, le grandi fortune delle famiglie più in vista del nostro tempo, dai Versace ai Trump, ai Bush? Questo volume racconta i protagonisti di un secolo di gossip da un'ottica rigorosamente storica, offrendo al lettore una serie di intriganti biografie dei membri delle venticinque famiglie più influenti del XX secolo che, tutte assieme, dipingono il ritratto in chiaroscuro di un'intera epoca.
Da Qadesh, che segnò il trionfo del faraone Ramses II nel 1274 a.C, fino alla Desert Storm con la quale le forze statunitensi e la loro coalizione hanno liberato il Kuwait dagli invasori iracheni nel 1991, passando per le Termopili, Canne, Lepanto, Waterloo, Little Big Horn, Verdun, il D-Day: trenta battaglie che hanno abbattuto imperi secolari, fermato invasioni poderose, fatto trionfare idee rivoluzionarie. Gli autori del canale monotematico History raccontano gli scontri armati che hanno disegnato il mondo contemporaneo, con verve narrativa e una mole impressionante di dati documentari che rivelano anche molti retroscena inaspettati, come il fatto che durante la Prima guerra mondiale l'esercito tedesco si ispirava ai piani di Annibale. Ogni battaglia è analizzata sotto molteplici punti di vista, da quello tecnologico a quello tattico e strategico, fino alla personalità dei comandanti coinvolti, protagonisti della storia come Alessandro Magno, Napoleone, Churchill.
La storia mai raccontata dell'uomo che ha sdoganato il comunismo in Europa: Willi Munzenberg. Una vita straordinaria che si dipana tra spionaggio e raffinata propaganda. Il mistero di un uomo che è stato il motore del comunismo europeo.
Degli oltre 140.000 ebrei internati dai nazisti nella città-fortezza di Terezin (nell'attuale Repubblica Ceca) solo 17.247 mila sono sopravvissuti agli stenti, alle malattie e alla deportazione verso Auschwitz. Tra questi, il Rabbino Benjamin Murmelstein, che rivestì - in circostanze terribili ed eccezionali - un ruolo importante nella gestione della comunità dei prigionieri e fu, per questo, oggetto di campagne denigratorie e di accuse di collaborazionismo. Il testo che presentiamo offre ai lettori il suo racconto delle vicende del "ghetto modello" voluto da Adolf Eichmann. Una documentazione di grande rilievo storico, l'opera di un "testimone mai sentito" convinto che l'essere sopravvissuto debba tradursi in un contributo utile per la difesa dell'umanità.
Il post-classicismo è una tendenza trasversale dell'arte italiana. La animano alcuni tra i protagonisti dell'Arte Povera e della transavanguardia e solitarie personalità delle ultime generazioni. Sono artisti accomunati da precise intenzioni poetiche: il desiderio di radicare le loro opere in regioni lontane, il bisogno di riaffermare il valore della memoria, la volontà di guardare indietro in modo originale. Sottraendosi alle mitologie del nuovo, distanti dai citazionismi postmodernisti e da vaghe riproposizioni anacronistiche, i post-classici scelgono di frequentare le stanze della storia dell'arte. Pur con sensibilità differenti, pensano la loro pratica come un gesto fondato non sul creare dal niente, ma sul "ritrovare". In particolare, tornano ad attraversare i luoghi della classicità, intesa come archivio di icone e di categorie senza tempo: da reinventare, oltre ogni nostalgia. Non meta, ma "strumento" per misurarsi con i disorientamenti del presente. Patrimonio da rimodulare con disinvoltura. Spazio che può alimentare ansie e inquietudini. Territorio da sottoporre a infinite e continue riscritture, in un gioco di celebrazioni e di profanazioni. Costellazione che, per dirla con Italo Calvino, tende a relegare l'attualità al rango di un rumore di fondo di cui non si può fare a meno.
La "Vita Mathildis", poema epico-storico composto dal monaco Donizone all'inizio del sec. XII, è una delle testimonianze letterarie più importanti della coscienza nobiliare europea dei secoli centrali del medioevo. Sotto il titolo "La memoria di Canossa" si presentano qui sette saggi che costituiscono altrettanti percorsi di interpretazione del poema, volti a ricostruire i suoi immediati contesti sociali di produzione e di ricezione. Tali saggi si propongono al contempo di ribadire ed esemplificare la ricchezza dei testi letterari come fonti, da un lato accettando le sfide lanciate all'interpretazione storica dalla cultura postmoderna e dall'altro cercando di non cadere nelle insidie tese dai "nuovi realismi".
Il 30 gennaio del 1703, un gruppo di 47 uomini portò a compimento la più imponente incursione nella storia del Giappone. Obiettivo dei membri del commando - noti con il nome di "Ronin", cioè samurai rimasti senza padrone era vendicare la morte del loro signore, Asano Naganori, assaltando la residenza di colui che ne era ritenuto il responsabile, Kira Yoshihisa, e ucciderlo. All'origine della cruenta vendetta, pianificata a lungo e in clandestinità, e infine eseguita con i crismi di una spietata operazione militare, fu il cosiddetto "incidente di Ako", occorso due anni prima. L'episodio dei 47 Ronin, per le complesse implicazioni legate alle antiche tradizioni dell'onore samurai, assunse la forma delle leggenda. L'autore analizza la controversa storia secondo una prospettiva che mira a epurarla dalle inesattezze storiche (cui molto hanno contribuito resoconti romanzati come il Chushingura nonché talune interpretazioni distorte diffuse in Occidente), inquadrandola con accuratezza nella realtà sociopolitica nel Giappone feudale del XVIII secolo. Il libro costituisce un'attenta indagine filologica dell'articolata vicenda e ne esamina gli aspetti più propriamente tecnici.