
Quello dei Cavalieri di Cristo è stato il più enigmatico e controverso esercito di Santa Romana Chiesa. Nati nel 1119 per vegliare sui pellegrini in Terra Santa, i Templari hanno affrontato il Saladino e i Mamelucchi, combattuto battaglie, garantito servizi finanziari a principi e sovrani, costruito imponenti fortezze e straordinarie cattedrali, fino a diventare il più potente ordine monastico degli occidentali. Ma la loro travolgente ascesa si è interrotta sul rogo che il re di Francia fece preparare per Giacomo Molay, l'ultimo maestro del Tempio. E quel drammatico epilogo non cessa di far discutere.
Il peggiore di tutti i peccati o la massima espressione di libertà, una vendetta privata nei confronti di chi ci ha fatto torto o un'arma potente contro i nemici del proprio popolo, la difesa dell'onore di un eroe sconfitto o l'atto di fedeltà di una sposa virtuosa verso il marito defunto: sono alcuni esempi di motivazione al suicidio e dei significati attribuiti a questo gesto nel corso dei secoli da parte di uomini e donne appartenenti a culture diverse. Nel volume Barbagli ricostruisce l'andamento dei tassi di suicidio in Europa, India, Cina e Medio Oriente, componendo un grande affresco storico comparato che privilegia gli aspetti culturali e fa emergere le differenze tra Oriente e Occidente. Nel mondo occidentale il cristianesimo introduce un fortissimo vincolo etico all'"omicidio di se stessi", finché a partire dal '600 comincia a farsi strada una nuova concezione dell'individuo che via via scardina tale freno. In Asia si registra invece una pluralità di forme di suicidio che vanno dagli elaborati riti del "sati" indiano al suicidio "per far male agli altri" di cui è ricca la storia cinese. Il diffondersi in epoca moderna di forme di autoimmolazione aggressiva - dal monaco buddhista che si diede fuoco a Saigon nel 1963 alle missioni suicide di Hezbollah - segnala infine un'inedita combinazione tra elementi culturali tradizionali e nuove forme di lotta politica.
"Il più importante libro sulla sociologia del suicidio che sia stato scritto da un secolo a questa parte" (Randall Collins)
Il peggiore di tutti i peccati o la massima espressione di libertà, una vendetta privata nei confronti di chi ci ha fatto torto o un'arma potente contro i nemici del proprio popolo, la difesa dell'onore di un eroe sconfitto o l'atto di fedeltà di una sposa virtuosa verso il marito defunto. In un grande affresco storico comparato il volume fa luce sul suicidio come fenomeno socio-culturale illustrando le motivazioni che ne stanno alla base e i significati che ha assunto nelle diverse culture.
Marzio Barbagli insegna Sociologia nell'Università di Bologna. Tra le sue pubblicazioni con il Mulino: "Sotto lo stesso tetto" (II ed. 2002), "Omosessuali moderni" (con A. Colombo, II ed. 2007), "Immigrazione e sicurezza in Italia" (2008) e "La sessualità degli italiani" (con G. Dalla Zuanna e F. Garelli, 2010).
Il 16 giugno 1743 sulla strada per Siena un giovane servitore in fuga d'amore con la sua bella viene raggiunto dagli inseguitori; ferito da un'archibugiata, morirà pochi giorni dopo. Componendone le spoglie, all'ospedale fanno una scoperta stupefacente: quel garzone già in fama di donnaiolo impenitente è in realtà una donna. Un medico famoso si appassiona al fatto e ne ricostruisce la storia. Caterina Vizzani, questo il suo nome, per otto anni si era finta uomo per poter seguire, al riparo di un'identità maschile, la sua allora illecita inclinazione per le donne. Prendendo le mosse dal circostanziato racconto di questo caso il libro traccia la storia dell'amore fra donne durante gli ultimi tre secoli: di come è stato vissuto ma anche di come è stato interpretato e giudicato dalla religione, dalla scienza, dal diritto.
Fra lo scoppio della Rivoluzione francese e la vigilia della Grande Guerra, l'Europa subì una radicale trasformazione. Alla fine del XIX secolo, la stessa carta geografica del continente presentava un aspetto diverso: erano crollati imperi ed erano emersi nuovi Stati nazionali. Molti Stati si trasformarono, assumendo funzioni sociali moderne. I mutamenti economici non furono meno eclatanti. Ma come cambiò, in realtà, la vita della gente? Questo volume analizza l'influenza che i mutamenti economici e politici hanno avuto sui modi in cui le famiglie si formarono e si ruppero, sui matrimoni, sui rapporti di autorità e affetto e mostra le enormi differenze fra i vari Paesi europei. Differenze del passato che ci aiutano a capire quelle del presente.
Una puntigliosa anatomia dei documenti sulla morte di Antonio Canepa: ecco il contenuto principale di questo volume che porta come sottotitolo "Un assassinio di Stato?". La fine di Antonio Canepa, creatore dell'Esercito Volontario per l'Indipendenza Siciliana, avvenne in una tranquilla domenica d'estate, il 17 giugno del 1945, con circostanze mai chiarite pienamente: cadde in un conflitto a fuoco con una pattuglia di tre carabinieri nella strada che da Cesarò porta a Randazzo. Con Canepa morirono due giovani indipendentisti, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, un altro, Nando Romano, rimase ferito, due riuscirono a fuggire. Da anni si parla di quell'episodio, ma è stato come girare attorno con il timore di rimanere scottati. Adesso, con questo nuovo libro, Salvo Barbagallo non mette la parola "fine" alla storia del "professore guerrigliero", ma lascia ampio spazio, a chi vuol sapere, per capire cosa sia veramente accaduto.
IL LIBRO
Francesco Barbagallo è stato il primo a raccontare il potere della camorra come potere imprenditoriale quando nessuno osava farlo, ancorandolo a un passato indispensabile per interpretare il presente. Storia della camorra è un libro fondamentale perché frutto degli studi di uno dei più grandi storici italiani, di un intellettuale che declina le dimensioni economica, criminale e imprenditoriale della camorra, attraverso il tratto umano che le è proprio e che la condannerà all’estinzione. Dalle catastrofi – dice Barbagallo – per fortuna si può emergere. Roberto Saviano
Soffusa di racconti e leggende sulle sue origini, sulle sue forme organizzative e sui riti di accesso, a distanza di quasi due secoli dalla sua nascita nei vicoli di Napoli, la storia della camorra non è mai stata raccontata per intero. Questa è la prima ricostruzione complessiva dall’ 'onorata società' dell’Ottocento alla criminalità globalizzata di oggi. Francesco Barbagallo descrive i suoi costumi, le regole, la mentalità, gli affari, gli intrecci con la politica e le altre organizzazioni criminali, necessari per tessere la rete con cui oggi gestisce un patrimonio enorme. Al tempo dei Borboni, quando inizia la sua attività delinquenziale e si dà un’organizzazione, la camorra controlla le estorsioni su quasi tutte le attività produttive, i mercati, le case da gioco, la prostituzione. Si rappresenta come una sorta di aristocrazia della plebe ed entra nel vivo del tessuto sociale, praticando una forma di amministrazione, privata e illegale, della fiscalità, della sicurezza, della giustizia. La storia sembra non scalfirla, nonostante le repressioni postunitarie e l’impegno dei grandi intellettuali che hanno lottato per portare la questione meridionale al centro dell’interesse del nuovo Stato unitario, nonostante ogni tentativo di farle terra bruciata attorno. Nel corso degli anni non cessa di evolversi tra corruzione e clientele, accaparrando nuovi spazi di azione e nuove forme ben più consistenti e di più ampio respiro rispetto ai suoi tratti storici. Oggi la camorra è attiva su scala mondiale, ha circa 6000 affiliati, i suoi utili sono calcolati in 13 miliardi di euro, in un quindicennio il suo fatturato si sarebbe quintuplicato. Manovra le tecnologie più avanzate, sa sfruttare al meglio le garanzie di impunità di mercati sempre meno controllati, è parte integrante della finanza globale. Chi la pensa come il frutto del sottosviluppo, prende un abbaglio.
INDICE
1. La camorra al tempo dei Borbone - 2. Alle luci della ribalta, tra Garibaldi e l’Italia - 3. “Questione di Napoli”, “questione meridionale”, bassa camorra e clientele borghesi - 4. La città ammodernata, la “camorra” amministrativa, l’inchiesta Saredo - 5. Successo e disfatta della camorra nella “belle époque” - 6. Dai camorristi ai guappi, tra il fascismo e la repubblica - 7. La nuova criminalità organizzata in Campania - 8. Le guerre tra le nuove camorre - 9. Le imprese economiche dei clan e la politica degli anni ’80 - 10. Camorra, società e politica nei primi anni ’90 - 11. La criminalità campana verso il terzo millennio - 12. L’espansione globale di un sistema criminale moderno - 13. Gli ultimi anni: il potere della camorra, lo sfacelo dei rifiuti - Conclusioni - Bibliografia - Cartine - Indice dei nomi
La fine dell'"ancien regime" e i recentissimi eventi di un panorama internazionale dominato dalla globalizzazione e da nuove e violente tensioni segnano, rispettivamente, il termine "a quo e ad quem" di due secoli in cui l'identità del mondo contemporaneo assume i suoi connotati peculiari e spesso contraddittori. Con un quadro di riferimento mondiale, l'autore mostra le interazioni tra i processi internazionali e le realtà nazionali e locali, pur privilegiando le vicende europee e italiane. Pensato come testo base per l'insegnamento della storia contemporanea nelle nuove lauree triennali, il volume ripercorre l'intero arco degli eventi e dei problemi che hanno attraversato l'età contemporanea. In questa nuova edizione dedica particolare attenzione agli eventi degli ultimi anni, dall'11 settembre 2001 alle guerre irachena e afgana, dalla forte crescita delle economie asiatiche e dei paesi emergenti all'ultimo quindicennio italiano.
Dopo 150 anni di unità nazionale, da più versanti vengono messe in discussione sia la validità che la prospettiva del processo unitario. Già la fine del sistema politico italiano nato con la Repubblica ha prodotto, sul finire del Novecento, sentimenti e riflessioni che ponevano in dubbio la saldezza del vincolo nazionale in una crisi acuta delle istituzioni, della rappresentanza politica, delle relazioni sociali. In un panorama tempestoso, solcato da processi disgreganti, può essere utile allontanarsi per un momento dall'informazione in tempo reale e tornare a riflettere sui tempi e le forme che hanno caratterizzato la formazione e l'evoluzione dello Stato nazionale italiano. Per provare a capire meglio, se possibile, qualche vecchia ragione dei problemi attuali. Poi, visto che la contrapposizione Nord-Sud pare l'unico punto capace di saldare una discorde concordia nazionale, si può tornare anche su tale questione, che molti hanno dato per superata e risolta trent'anni fa. Ma non è così. La centralità del Mezzogiorno nella storia dell'Italia unita non è stata una invenzione dei meridionalisti, tanto meno dei meridionali. Non per caso, il Sud è stato al centro della politica nazionale per tutto il quindicennio del dopoguerra, che ha visto l'Italia emergere dalla disfatta nazionale e ascendere tra i paesi più sviluppati del mondo. Oggi il Mediterraneo non è più un mare di retorica, ma è di nuovo al centro dei traffici globali.
L'immagine predominante di Napoli, tra il 1860 e i1 1915, è quella di ex-capitale di un grande regno, 'città regià' in decadenza incapace di trasformarsi in 'città borghese', metropoli tra le più popolose d'Europa, il cui fascino è compromesso dalle miserabili condizioni di vita della gran parte dei suoi abitanti. Ma Napoli, fino alla grande guerra, non è solo questo: è anche una metropoli europea moderna, una città dall'elevato livello culturale dove si realizzano esperienze di rilievo sul piano professionale, sul terreno commerciale, nel conflitto sociale tra industriali, per lo più stranieri o settentrionali, e operai organizzati sindacalmente. La Belle Époque napoletana non è solo fatta di luminosi café chantant ma di iniziative economiche e progetti politici e delle prime originali forme della cultura di massa. Le classi dirigenti hanno, per lo più, una loro dignità e si preoccupano degli interessi pubblici. Questa fase di grande fervore e di grande vitalità si interromperà con lo scoppio della prima guerra mondiale. La guerra, infatti, si sarebbe rivelata un pessimo affare per la città e per tutto il Mezzogiorno, sempre più sfavoriti dalla spesa pubblica rivolta al Nord. Fino al 1915 Napoli è ancora una capitale europea. Dopo non lo sarà più.