
Osservata attraverso dieci figure esemplari - il povero, il contadino, il soldato, l'insegnante, la donna, l'uomo d'affari, il vescovo, il funzionario, l'imperatore, l'uomo santo - la civiltà bizantina si delinea come un universo di tradizione e di individualismo. Esasperata nel conformismo degli atteggiamenti mentali e delle azioni, nell'assolutismo del potere imperiale, la tradizione si configura infatti come l'unico rifugio di un mondo che avverte dolorosamente la precarietà. A Bisanzio - diversamente che in Occidente - la crisi del mondo antico lascia l'individuo solo di fronte a Dio, all'imperatore, al potere. Solo il santo, che ha instaurato un rapporto privilegiato con Dio, conquista la certezza della salvezza eterna.
28 aprile 1945: Benito Mussolini e Claretta Petacci vengono fucilati a Giulino di Mezzegra. Il giorno dopo, i loro corpi - con quelli degli altri gerarchi fascisti uccisi a Dongo - sono esposti a Milano, in piazzale Loreto. La morte di Mussolini chiude tragicamente il ventennio fascista e segna al tempo stesso la fine di una gigantesca caccia all'uomo. Sono in molti a voler catturare il duce, primi tra tutti gli americani, che vorrebbero sottoporlo a un regolare processo. Bruciati dall'azione dei partigiani comunisti, più veloci di loro a mettere le mani sulla colonna in fuga, i servizi segreti statunitensi vogliono capire subito come e perché il loro piano è fallito e incaricano uno dei loro più abili agenti, Valerian Lada-Mocarski, di ricostruire la disperata fuga e la fine di Mussolini. Pochi giorni di indagine sul campo e di colloqui con i testimoni e, dopo una prima relazione più approssimativa, il 30 maggio 1945 l'agente numero 441 dell'OSS è in grado di inviare al suo capo, Allen Dulles, un rapporto definitivo. Ora questo materiale è tornato finalmente alla luce. È un documento in presa diretta, scritto a caldo, che racconta con precisione e uno stile essenziale ma vivido l'episodio più drammatico e significativo della recente storia italiana. Soprattutto, il rapporto di Lada-Mocarski fa piazza pulita, una volta per tutte, delle fantasiose ipotesi sulla fine di Mussolini, a cominciare dalle reticenti ricostruzioni del Partito comunista italiano.
L'obiettivo del volume non è stato solo la ricostruzione della storia della scuola italiana dall'Ottocento ai giorni nostri, ma sì è altresì cercato di delineare come l'istituzione scuola si sia costituita nella civiltà occidentale e mediterranea e si sia concretata come formazione della persona e del cittadino, e non solo come una semplice trasmissione di conoscenze giudicate fondamentali. Sotto tale profilo, l'istituzione educativa, dai gradi minori fino all'università, si è rivelata determinante per il processo di civilizzazione sino a quando ha saputo coniugare insieme lo spirito dell'educazione e la validità dei contenuti, influendo sulla storia della Penisola e, a sua volta, recependone le svolte e i rivolgimenti. La storia dell'istituzione scolastica si è manifestata allora un tutt'uno con la storia civile. In particolare, nel volume non sono mancate le illustrazioni legislative sì che il lettore possa comprendere i programmi e gli intenti legislativi soprattutto dall'Unità ai giorni nostri.
Nel dicembre del 1943 Sofia Schafranov, medico di origine russa, in servizio presso un sanatorio in provincia di Sondrio, viene arrestata. Dopo alcuni giorni di prigionia nel carcere di San Vittore – insieme alla madre e ad altri 1200 ebrei, stipati in carri-bagaglio ermeticamente chiusi – dalla stazione centrale di Milano iniziano il triste viaggio di «deportati» verso i campi di Auschwitz.
Sofia riuscirà a sopravvivere ai due anni di prigionia nei lager e in queste pagine l’autore (suo cognato) le cede la parola perché sia lei a narrare, quasi con rassegnata indifferenza, l’orrore vissuto: i viaggi massacranti, il freddo, la fame, le selezioni, i maltrattamenti, le percosse, le umiliazioni, il tifo, gli aguzzini, le stragi, il servizio medico presso il Revier o lazzaretto di Birkenau, dove cinquecento «cadaveri viventi» combattevano tra la vita e la morte, senza una reale possibilità di fare qualcosa per loro.
Un orribile calvario durato fino al 15 maggio 1945, quando grazie all’arrivo degli americani, si può riassaporare la libertà.
Forte testimonianza in difesa della memoria contro i crimini nazisti, nei campi di concentramento. La prima pubblicazione (Sorzogno 1945), molto vicina come data ai tragici fatti raccontati, rende il volume un prezioso «documento»-testimonianza.
il volume esce in occasione della Giornata della memoria (27 gennaio).
Destinatari
Largo pubblico
Autore Alberto Cavaliere, giornalista, poeta e scrittore, nato a Cittanova Calabra il 19 ottobre 1897, morto a Milano, il 7 novembre 1967, ha pubblicato tra gli altri La chimica in versi, riedita recentemente da Mursia. Ha collaborato alla radio come sceneggiatore e conduttore, in particolare per il Gazzettino Padano. È stato deputato della Repubblica tra il 1953 e il 1958.All’epoca di questa pubblicazione (1943) era redattore del Marc’Aurelio, il bisettimanale umoristico romano.
La Resistenza è stata la dimostrazione del meglio di cui gli italiani fossero capaci: un'assunzione di responsabilità, una volontà di riscatto che non riguarda solo la storia del fascismo e della partecipazione italiana alla Seconda guerra mondiale. Si affrontano qui alcuni problemi controversi della storia della Resistenza senza cedere alla sacralità o alla strumentalizzazione politica: si ricostruisce infatti una narrazione anti-eroica, senza aggettivi, ma ricca di colori. L'obiettivo è cercare una via d'uscita alternativa alla ricostruzione spesso rancorosa degli eventi. Non una storia di fatti sanguinosi, di efferatezze, di morti e di corpi violati, ma un tentativo di individuare le motivazioni profonde di un periodo di grandi speranze e di crescita collettiva. E di cogliere le ragioni di una storia, ma anche le ragioni della vita. Un libro per le giovani generazioni che cerca di dare risposte esaurienti a quesiti difficili e spesso trascurati.
«Noi studiamo il mutamento perché siamo mutevoli», scriveva il grande storico dell'età classica Arnaldo Momigliano. «A causa del mutamento la nostra conoscenza non sarà mai definitiva: la misura dell'inatteso è infinita». Questo libro affronta il rapporto mutevole fra ebrei e cultura italiana in un arco cronologico inconsueto: dalla Restaurazione al cinquantenario delle leggi razziali, quando si chiude una stagione e se ne apre un'altra, quella dell'uso pubblico della storia nella quale siamo tuttora immersi. I capitoli ruotano intorno a quei personaggi che sono stati capaci di oltrepassare la siepe nei rari momenti in cui il salto fu loro consentito: il primo sionismo, il modernismo, l'antifascismo e i conti con il fascismo, la battaglia per la libertà religiosa dopo il Concordato e l'art. 7 della Costituzione.
Nel complesso fenomeno della deportazione e dello sterminio degli ebrei durante l'ultima guerra, l'episodio che Alberto Cavaglion ha ricostruito, e ci racconta in queste pagine, degli ebrei rifugiati a St. Martin Vésubie e poi internati al campo di Borgo San Dalmazzo (settembre-novembre 1943), per essere infine avviati ad Auschwitz può apparire, ma certamente non è, secondario, quasi marginale. Sono vicende che, pur nella tenuità delle loro dimensioni e nella brevità della loro durata, riflettono un'immensa tragedia storica. Piace in queste pagine la nessuna indulgenza a particolari raccapriccianti ed esasperazioni drammatiche; e forse proprio per questo tono asciutto, per questa lucida e precisa visione dei fatti, il racconto prende alla gola, con quel sapore di autenticità assoluta che tutto lo pervade.
Su quel granellino sperduto nello spazio che chiamiamo terra passano miliardi di persone: solo di pochissime resta, sui libri di scuola, qualche traccia. Tutte le altre sprofondano nella notte della dimenticanza. Eppure si tratta, spesso, di esistenze che - come lucciole - interrompono per qualche momento il buio del nonsenso e lasciano intravedere la filigrana del mondo. per ridurre, sia pur minimamente, l'insopportabile sperpero di così prezioso patrimonio, si sono volute fissare alcune storie: attraverso la registrazione di colloqui diretti, altre volte attraverso brevi profili biografici. Il lettore potrà così incontrare, o riconoscere, volti - pìiù o meno noti nel nostro paese - di laici particolarmente impegnati nel mondo della cultura, della politica e del lavoro sociale, sia uomini (Francesco Lo Sardo, Lucio Schirò D'Agati, Giorgio La Pira, Peppino Impastato, Sergio Cipolla, Giovanni La Fiura, Luigi Lombardi Vallauri, Franco Cassano, Pietro Barcellona) che donne (Candida Di Vita, Simona Mafai, Amelia Crisantino); di preti cattolici (Don Pino Puglisi, Don Cosimo Scordato, Don francesco Michele Stabile, Don Carlo Molari, P. Ortensio da Spinetoli, Don Baldassare Meli, Don Vincenzo Sorce) e di pastori protestanti (Pietro Valdo Panascia).
Il cristianesimo è compatibile con il modo di pensare e di vivere dei mafiosi? Perché le chiese cristiane nel Meridione italiano albergano e nutrono questo male? Vescovi, preti, frati, suore, laici impegnati in associazioni cattoliche, membri di chiese derivate dalla Riforma protestante, movimenti evangelicali... talora praticano dolorose collusioni, talatra testimoniano coraggiosa contrapposizione, spesso - purtroppo - mostrano illusoria indifferenza. Per avere dei materiali scientificamente attendibili, sull'ultimo secolo e mezzo di queste alterne vicende, vengono qui proposti alcuni fra i testi più significativi, con particolare attenzione a eventi e personaggi degli ultimi decenni. Nella speranza che una ripresa convinta e coerente del messaggio originario di Gesù induca i credenti a spezzare ogni compromesso con il dominio mafioso.
Tra le grandi svolte della storia umana, la Rivoluzione Neolitica, è una delle più determinanti; è l’inizio delle prime manipolazioni prodotte dall’uomo sul proprio ambiente naturale, il che è direttamente all’origine della potenza attuale della nostra specie. Analizzare questa metamorfosi, nelle sue condizioni e nelle sue cause, è dunque un’operazione necessaria per chi si interessa del divenire della civiltà. Questo avvenimento si è verificato inizialmente nel Vicino Oriente, prima di raggiungere direttamente altre regioni del mondo o di dare luogo a imitazioni più tardive. Il v. è la sintesi delle ricerche recenti sul Neolitico del Vicino Oriente, qui considerato con i confini designati dall’Unesco, ovvero la penisola anatolica (attuale Turchia) e il Levante, cioè Siria, Libano, Israele, Giordania. Il periodo considerato dal 12.000 al 6.300 a.C. è quello durante il quale, in questa parte del mondo prima che in qualsiasi altro luogo, si verificò il passaggio per tappe dalle comunità preistoriche di cacciatori-raccoglitori a quelle dei primi contadini e dei primi allevatori, con tutti i cambiamenti tecnici e ideologici che accompagnano e talvolta precedono questo processo. L’a. è direttore di ricerca presso il CNRS. Dal 1958 ha dedicato il suo lavoro al comparire dei primi villaggi, all’agricoltura e all’allevamento nel Vicino Oriente.