
Un ex-ragazzo di oggi, figlio di un padre strappato alla vita, racconta la vicenda di quel padre, Aldo, partigiano con i suoi sette fratelli nella banda Cervi, per rivendicare la sua storia e, al tempo stesso, per rivendicare di essere figlio di un uomo, non di un mito pietrificato dal tempo e dalle ideologie. Una vicenda racchiusa tra due fotografie. La prima, degli anni trenta: una grande famiglia riunita, sette fratelli, tutti con il vestito buono, insieme alle sorelle e ai genitori. La seconda, dopo la fucilazione dei sette fratelli da parte dei fascisti: solo vedove e bambini, soli di fronte alle durezze del periodo, alla miseria, ai debiti, anche alle maldicenze. C'è tutto un mondo da raccontare in mezzo a quelle due foto, con la voce di un bambino che ha imparato a cullarsi da solo, perché suo padre è morto troppo presto e sua madre ora è china sui campi.
Gianni Cervetti è un universitario nella Milano del dopoguerra che sogna di fare il medico. Ben presto però la sua passione politica lo avvicina al PCI e nel 1956 viene inviato a Mosca per studiare da quadro del partito. Sono anni decisivi tanto per la sua formazione politica e intellettuale quanto per la sua vita personale; qui comincia il lungo percorso che lo porterà a diventare, nei decenni, un grande conoscitore di cose, ambienti e personaggi russi. Nel 1961 torna a Milano e continua il suo impegno nel partito fino ad approdare nel 1975 alla segreteria nazionale con Berlinguer. In una ricostruzione vivida dei fatti salienti della sua epoca, Gianni Cervetti non solo ci restituisce il clima politico di quegli anni di speranze e disillusioni, ma ci offre personalissirni ritratti umani e aneddoti sui suoi protagonisti: da Giorgio Napolitano a Bettino Craxi, da Concetto Marchesi a Luigi Longo, Emilio Sereni, Giancarlo Pajetta, Emanuele Macaluso e molti altri.
Michel de Certeau è stato un punto di riferimento per la sua comprensione dei meccanismi dell'ideologia, mentre è spesso rimasto incompreso il matrimonio da lui consumato tra pensiero storico filosofico e antropologia culturale e religiosa. Matrimonio impossibile per i maitres à penser della Parigi dell'epoca da Althusser a Bettelheim, da Derrida a Lacan. L'impossibilità era dell'ambito delle pratiche del sapere e de Certeau aveva rotto il politically correct di tali pratiche.
Chi non ha mai sentito parlare dei cavalieri templari, della loro tragica fine, dell'inesauribile leggenda e del loro favoloso tesoro? Eppure, l'esuberante bibliografia sui "Poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone", nati a Gerusalemme nel 1120, ha pressoché tralasciato la storia della loro nascita. Attraverso gli indizi storici, filologici, codicologici, testuali che si trovano nei nove manoscritti superstiti della regola del Tempio, Simonetta Cerrini ricostruisce l'ideale che animò la prima comunità templare, con l'obiettivo di sfatare le leggende fiorite nel corso dei secoli, di abbandonare i luoghi comuni storiografici e soprattutto di intraprendere nuove vie di ricerca. Proprio quando si era ormai affermata la separazione tra chierici e laici, e i chierici avevano assunto il monopolio del sacro, i templari sostennero la loro piena appartenenza al mondo dei chierici pur restando assolutamente laici. Al di là dell'impegno militare nell'esercito crociato, questa loro autonomia spirituale - di cui ancora non si sapeva nulla - si attuerà nella diffusione della cultura religiosa in lingua volgare e nel confronto con altre esperienze religiose, come l'islam o il cristianesimo d'Oriente.
Nel XIII secolo i templari consegnarono a un affresco di grande forza simbolica, dipinto sulla controfacciata della chiesa perugina di San Bevignate, il compito di delineare i tratti salienti e più enigmatici del loro ordine religioso. Dipingendo un itinerario immaginario dalla terra al cielo, i frati del Tempio rappresentarono, in quattro scene sovrapposte, ciascuna contrassegnata da un animale il cuore della loro missione e visione del mondo: la battaglia contro gli avversari del Santo Sepolcro, la sfida al nemico interiore dello spirito, il legame con la Chiesa di Cristo e la prospettiva apocalittica. Simonetta Cerrini, studiosa dei templari, assume l'affresco di San Bevignate come bussola narrativa per addentrarsi nei territori inesplorati della loro storia. Affidandosi a molteplici strumenti d'indagine, l'autrice ricostruisce le imprese della prima congregazione di religiosi laici in armi della cristianità, che mosse i suoi passi in un'età permeata dall'ansia della fine dei tempi. Il lettore affronterà così il deserto degli eremiti, ritroverà le tracce della reliquia più prestigiosa, la Sindone, dopo aver recuperato in Spagna quella di Bevignate, il misterioso santo templare. E con il cuore e gli occhi alla Città Santa non potrà restare insensibile all'attesa escatologica che non abbandonò mai i cavalieri dalla veste bianca, capaci di immaginare un "nuovo mondo" dopo la cocente disillusione seguita al fallimento delle ragioni ideali delle crociate.
Chi non ha mai sentito parlare dei cavalieri templari, della loro tragica fine, dell'inesauribile leggenda e del loro favoloso tesoro? Eppure, l'esuberante bibliografia sui "Poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone", nati a Gerusalemme nel 1120, ha pressoché tralasciato la storia della loro nascita. Attraverso gli indizi storici, filologici, codicologici, testuali che si trovano nei nove manoscritti superstiti della regola del Tempio, Simonetta Cerrini ricostruisce l'ideale che animò la prima comunità templare, con l'obiettivo di sfatare le leggende fiorite nel corso dei secoli, di abbandonare i luoghi comuni storiografici e soprattutto di intraprendere nuove vie di ricerca. Proprio quando si era ormai affermata la separazione tra chierici e laici, e i chierici avevano assunto il monopolio del sacro, i templari sostennero la loro piena appartenenza al mondo dei chierici pur restando assolutamente laici. Al di là dell'impegno militare nell'esercito crociato, questa loro autonomia spirituale - di cui ancora non si sapeva nulla - si attuerà nella diffusione della cultura religiosa in lingua volgare e nel confronto con altre esperienze religiose, come l'islam o il cristianesimo d'Oriente.
Sorto nel 1120 a custodia della Gerusalemme conquistata dai crociati, l'ordine dei cavalieri del Tempio rivoluzionò il modo di vivere la spiritualità cristiana, unendo in una sola persona il chierico e il laico, l'orator e il bellator. Incapaci però di adattarsi agli importanti cambiamenti sociali e politici della fine del Medioevo, i templari andarono incontro, all'inizio del Trecento, a una inattesa quanto drammatica fine. Cosa spinse il re Filippo il Bello ad annientare fisicamente e spiritualmente l'intera comunità templare di Francia? Perché papa Clemente V non riuscì a fermare l'ingranaggio che portò centinaia di templari alla morte, in prigione, sotto tortura o sul rogo? E questa la vicenda ancora misteriosa che Simonetta Cerrini racconta, seguendo il testo della bolla papale di soppressione dell'ordine, la "Vox in excelso" del 1312, come una vera e propria "passione", una Via Crucis in ventitré stazioni destinata a chiudersi non sul Golgota ma all'estremità dell'Ile de la Cité, a Parigi, con il rogo celeberrimo di Jacques de Molay, ventitreesimo e ultimo gran maestro del Tempio.
«Sulla prima linea del fronte non ci sono atei», dice monsignor Jan Sobilo, vescovo ausiliare della diocesi di Kharkiv-Zaporizhzhia. In questo libro l'autrice, inviata di «Famiglia Cristiana» in Ucraina, ha raccolto le storie di uomini e donne, laici e religiosi, che raccontano la fede cattolica vissuta al tempo della guerra, sotto i bombardamenti: vescovi e sacerdoti, profughi, soldati, studenti, insegnanti, operatori sociali, politici e amministratori locali, compresa la voce di semplici cittadini, anche di fede ortodossa, a proposito del dramma che stanno vivendo. Da Zaporizhzhia, città del Sudest ucraino sede della centrale nucleare più grande d'Europa, a Chernihiv, vicina al confine con la Bielorussia; da Leopoli, frontiera dell'Europa e culla del cattolicesimo ucraino, alla capitale Kyiv, un viaggio nell'Ucraina devastata dalla guerra.
Da una delle penne più provocatorie del giornalismo italiano nasce una nuova inchiesta sul tema più controverso per gli italiani. Il volume racconta come il fascismo sia rimasto impresso nella nostra identità, tanto da essere tutt’ora un elemento dominante non solo dei discorsi politici, ma della vita di tutti i giorni. Cerno propone un’analisi del passato per comprendere la formazione dell’Italia di oggi. Con un ritmo incalzante, ma basato su un’accurata ricerca storica, il titolo è un’acuta e originalissima lettura della nostra storia e del nostro presente, che ci fa capire chi siamo stati, chi ci ha governato e ci governa. E soprattutto chi siamo, noi italiani.
Una raccolta di testimonianze sulle vicende dell'Agusta di Cascina Costa, nei pressi di Gallarate, in provincia di Varese, la fabbrica di elicotteri che ha iniziato la sua produzione dopo la guerra costruendo su licenza i primi apparecchi nel 1953. La storia di una grande industria italiana che ha determinato le vicende di migliaia di lavoratori. La memoria dei testimoni si focalizza su alcuni eventi salienti che scandiscono le stagioni aziendali, restituendo un quadro composito dell'azienda e del lavoro, mettendo in evidenza dinamiche affettive, passioni e tensioni.
Quando c'era Lui, il Duce, non solo i treni arrivavano in orario, ma si poteva lasciare aperta la porta di casa, perché l'ordine e la legalità erano così importanti da valere persino il sacrificio della libertà... L'immagine di un potere incorruttibile, costruita da una poderosa macchina propagandistica, ha alimentato fino a oggi il mito di un fascismo onesto e austero, votato alla pulizia morale contro il marciume delle decrepite istituzioni liberali. Ma le migliaia di carte custodite nei National Archives di Kew Gardens raccontano tutta un'altra storia: quella di un regime minato in profondità dalla corruzione e di gerarchi spregiudicati dediti a traffici di ogni genere. A Milano, Mario Giampaoli, segretario federale del Fascio, e il podestà Ernesto Belloni si arricchiscono con le mazzette degli industriali e con i lavori pubblici per il restauro della Galleria, coperti dall'amicizia col fratello di Mussolini. Il ras di Cremona Roberto Farinacci conquista posizioni sempre più importanti tramite una rete occulta di banchieri, criminali e spie. Lo squadrista fiorentino Amerigo Dumini tiene in scacco il governo con le carte sottratte a Giacomo Matteotti dopo averlo assassinato - che provano le tangenti pagate alle camicie nere dall'impresa petrolifera Sinclair Oil. Utilizzando i documenti della Segreteria Particolare di Mussolini e quelli britannici desecretati di recente, gli autori ricostruiscono l'intreccio perverso tra politica, finanza e criminalità nell'Italia del Ventennio.