
Gilda Zazzara ricostruisce il profilo di una leva di studiosi di storia che, nel secondo dopoguerra, ha introdotto in ambito universitario nuovi settori di ricerca di argomento otto-novecentesco, in particolare la storia del movimento operaio e della Resistenza. Lavorando tra università, mercato culturale e centri di ricerca 'militanti' (sostenuti da partiti e circuiti politici socialisti, comunisti e azionisti) questa generazione di storici è stata mossa da una parte dallo sforzo di legittimare la storia contemporanea come disciplina scientifica a pieno titolo e dall'altra dalla convinzione che la conoscenza del passato prossimo fosse un elemento imprescindibile della rialfabetizzazione democratica degli italiani. Il libro presenta gli storici di quella generazione - giovani intellettuali cresciuti sotto il Regime, spesso allievi prediletti dei più prestigiosi accademici degli anni Trenta per poi passare a esaminare alcuni centri di ricerca (Biblioteca Feltrinelli e Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione di Milano; Fondazione Granisci di Roma) dove era possibile avere un costante confronto con dirigenti politici e testimoni degli eventi recenti e soprattutto era possibile accedere alle prime raccolte documentarie. Dopo l'analisi di decenni importanti per la ricerca e il consolidamento istituzionale e di rinnovamento metodologico della disciplina, si arriva agli anni Settanta quando gli intellettuali italiani devono confrontarsi con la contestazione giovanile.
Accanto al Mazzini risorgimentale c'è anche un Mazzini letterato (curò gli inediti di Ugo Foscolo) che nel carteggio con Marie d'Agoult, reduce dalla tempestosa relazione con Franz Liszt, svela il suo lato umano, in uno scambio di fermenti letterari, passioni politiche, spleen e progetti culturali (pp. 160).
Un uomo alto due metri, massiccio, con una folta barba rossa, vestito alla turca, entra per primo, dopo tremila anni, nella tomba di Sethi I. Ha trentanove anni e una vita romanzesca alle spalle. È nato a Padova, ha fatto il barbiere, ha studiato idraulica, lavorato in teatro a Londra e in giro per l'Europa. Si chiama Giovanni Battista Belzoni, ma nel vecchio continente tutti lo conoscono come «The Great Belzoni». È senza dubbio il primo grande archeologo italiano in Egitto, forse uno dei più grandi in assoluto nell'età più avventurosa della «corsa» al Paese dei faraoni, a cavallo tra Settecento e Ottocento, l'età della spedizione napoleonica e delle scoperte di Champollion. Questa biografia porta alla luce uno dei personaggi centrali nella storia dell'incontro fra Europa ed Egitto: dalle esibizioni sulla ribalta come «Sansone Patagonico» al recupero della testa di Ramses II e al dissabbiamento del tempio di Abu Simbel, dalla soluzione dell'enigma della piramide di Chefren fino alla morte solitaria in Nigeria, nel tentativo di raggiungere la mitica Timbuctu. Grazie a numerosi documenti inediti, Marco Zatterin ricostruisce le gesta rocambolesche e le fondamentali scoperte archeologiche del «gigante del Nilo» e indaga sulle rivalità che il suo attivismo suscitò nei «concorrenti» e sulla successiva esclusione dall'empireo dell'egittologia.
"Una storia delicata, struggente, nutrita di saggezza, condita di affetto e di umorismo" (Elena Loewenthal)
"Un libro tragico, appassionante, delizioso. Sì, anche delizioso (addirittura capace di farci sorridere)" (Angelo Guglielmi)
Per un ebreo italiano classe 1933 come Aldo Zargani il periodo che va dal varo delle leggi razziali fasciste nel 1938 al 1945 ha inevitabilmente un carattere duplice: sono gli anni della persecuzione e della paura ma anche gli anni favolosi dell'infanzia, anni fatali e fatati. In questo libro Zargani ripercorre le traversie sue e della sua famiglia in quei "sette anni di guai": la perdita del lavoro del padre violinista, l'esclusione dalle scuole, l'espatrio fallito, la fuga da Torino attraverso il Piemonte, l'arresto dei genitori, il collegio, la deportazione dei parenti; ma se quell'esperienza si incide nella carne del bambino come una ferita immedicabile, la memoria che la rivisita sa tuttavia estrarne anche quella galleria di personaggi e situazioni comiche o grottesche che comunque abita l'infanzia, donde l'impasto impossibile di un "amarcord" ilare e luttuoso, di un "giornalino di Giamburrasca" che racconta una storia di spavento e dolore. Una prova di virtuosismo narrativo, certo, ma anche un modo vitale per liberarsi del peso di quell'esperienza e di trasmetterne la memoria: magari, da nonno a nipote, come una favola un po' divertente e un po' paurosa.
Aldo Zargani dal 1954 al 1994 ha lavorato alla RAI, prima a Torino e poi a Roma. Negli anni Cinquanta e Sessanta è stato attore con il Centro del Teatro Popolare e il Teatro delle Dieci di Torino. Con il Mulino ha pubblicato anche "Certe promesse d'amore" (1997). "Per violino solo" è stato tradotto in tedesco, francese, spagnolo e inglese.
Milano raccontata al centro della propria storia e del proprio sviluppo, dalle fondamenta antiche alla città di sant'Ambrogio, dalla capitale del ducato dei Visconti e degli Sforza fino alla stagione dell'Unità, della grande borghesia e del decollo economico. Un evocativo percorso lungo i secoli del capoluogo lombardo, attraverso i segni che il tempo ha depositato nel suo tessuto urbano. Il Castello Sforzesco, il Duomo, la Ca' Granda, il Teatro alla Scala, le università, le case editrici, le banche: i simboli delle diverse vocazioni di una metropoli che ha fatto della condivisione e dell'assimilazione i tratti distintivi della propria identità. Alcuni fra i più qualificati esperti di storia milanese ci guidano in un viaggio lungo le stagioni di una città dalla grande anima, alla scoperta di un patrimonio di idee sostenuto da una "acuta responsabilità civile e da una tenace e operosa fede religiosa", in dialogo tra loro: un codice genetico che ha permesso a Milano di ricoprire per molti anni il ruolo di guida del nostro Paese, un patrimonio umano a cui attingere per ritrovare un autentico senso di appartenenza e di cittadinanza. Prefazione di Lorenzo Ornaghi.
Vincitore del premio National Jewish Book
I racconti e le memorie inedite delle giovani vittime delle persecuzioni naziste
Questa commovente raccolta riunisce alcune incredibili storie scritte durante l’Olocausto da ragazzi tra i dodici e i ventidue anni. I protagonisti erano rifugiati o abitanti dei ghetti, o ancora giovani costretti a nascondersi dalla violenza delle leggi razziali. Sono pagine di diario, appunti, scritti in presa diretta, spontanei e toccanti, il cui valore di testimonianza ha pochi eguali nella storia. Quasi tutti i loro autori, infatti, morirono prima della Liberazione. Questo libro, vincitore del National Jewish Book Award, testimonia in modo vivido le impressioni e la sofferenza di chi visse sulla propria pelle lo sterminio nazista, compone il reportage inconsapevole di bambini e ragazzi alle prese con le difficoltà giornaliere dettate dalle persecuzioni. I loro pensieri, le loro idee e i loro sentimenti avvicinano il lettore a un livello più profondo di comprensione degli orrori dell’Olocausto.
Questa commovente raccolta riunisce alcune incredibili storie scritte durante l'olocausto da ragazzi tra i dodici e i ventidue anni. I protagonisti erano rifugiati o abitanti dei ghetti, o ancora giovani costretti a nascondersi dalla violenza delle leggi razziali. Sono pagine di diario, appunti, scritti in presa diretta, spontanei e toccanti, il cui valore di testimonianza ha pochi eguali nella storia. Quasi tutti i loro autori, infatti, morirono prima della Liberazione. Questo libro, vincitore del National Jewish Book Award, testimonia in modo vivido le impressioni e la sofferenza di chi visse sulla propria pelle lo sterminio nazista, compone il reportage inconsapevole di bambini e ragazzi alle prese con le difficoltà giornaliere dettate dalle persecuzioni. I loro pensieri, le loro idee e i loro sentimenti avvicinano il lettore a un livello più profondo di comprensione degli orrori dell'Olocausto.
"Fuga dalla Corea del Nord" nasce dalla testimonianza (anonima per questioni di sicurezza) di un'operatrice di un'organizzazione non governativa attiva nel Paese asiatico nel campo della tutela dei diritti umani. È lo spaccato doloroso di una dittatura sconosciuta ai più, definita dalle Nazioni Unite "un'unica grande prigione". In questo libro si racconta con tratto lieve ma deciso la vita tremenda, e la rocambolesca fuga, di un gruppo di ragazzi in una comune di rieducazione, che s'intreccia con la deificazione della famiglia al potere, quella dei Kim, l'onnipotenza dei militari e con lo strano caso di una rara famiglia occidentale che risiede a Pyongyang. "Certi libri hanno il potere di far entrare nella coscienza collettiva la consapevolezza di un luogo o di una problematica. Mi auguro che Fuga dalla Corea del Nord faccia prendere coscienza delle condizioni di vita del popolo nordcoreano, considerate dalle Nazioni Unite fra le peggiori al mondo". (Alex Zanardi)
Dall'antichità ai primi decenni del XVIII secolo le epidemie di peste coinvolsero ovunque tutti i possibili aspetti della vita economica, politica e sociale, con analogie impressionanti: la psicosi collettiva, la caccia ai potenziali untori, la negazione delle prime avvisaglie del contagio per timore degli effetti economici che avrebbero innescato; le devastanti conseguenze sul commercio e sull'economia (in primis la "crisi del '300"), dovute alle misure restrittive; i tentativi dei governi di sanare il deficit con prestiti, emissione di titoli del debito pubblico, nuove tasse, e di soccorrere con sussidi i disoccupati; gli assalti ai forni per paura della quarantena. È sconcertante come gli strumenti di prevenzione disponibili ai nostri giorni siano gli stessi elaborati nel '300, a partire dal Nord della Penisola, recepiti tardi dal resto dell'Europa (tardissimo dall'Inghilterra), e adottati con successo fino al 1720, quando l'ultimo cordone sanitario (a Marsiglia) debellò quasi del tutto il morbo dal Vecchio Continente. Il ricorso a forme di vera e propria "dittatura sanitaria" fu dal '300 al '700 il metodo comunemente adottato per cercare di far rispettare le misure restrittive.