
C’era una volta la Democrazia Cristiana, il partito dei cattolici. C’erano i cattolici e i comunisti, due entità opposte e inconciliabili. E c’era la Politica. Ci sono oggi i cattolici in quel che resta dei partiti, su più fronti e senza riuscire a farsi sentire con una voce comune, se non con l’intervento diretto della Chiesa. Ci sono i comunisti, ma spostati sempre più ai margini di una sinistra che è un’altra cosa. La politica è uno show da vivere sui social, con il risultato che il primo partito è quello del non voto. Settant’anni dopo le elezioni politiche che aprirono la cosiddetta Prima Repubblica può essere utile allora fare un passo indietro, al clima appassionato e ideologico che caratterizzò il 1948, l’anno in cui l’Italia si divise, si schierò in maniera netta da una parte o dall’altra. Democrazia Cristiana e Fronte Democratico in campo in quella che veniva considerata la madre di tutte le battaglie: perché in gioco c’erano la costruzione del nuovo corso istituzionale, i valori fondanti della società e le alleanze nello scacchiere internazionale. Cattolici contro comunisti. Comunisti contro cattolici. In un confronto che si giocava nelle piazze, con i comizi, e attraverso manifesti, radio e giornali. Quella calda stagione elettorale viene qui riletta attraverso un punto di vista particolare, le pagine di due testate, le più vicine alla Chiesa: il quotidiano vaticano L’Osservatore Romano e la rivista quindicinale dei padri gesuiti, La Civiltà Cattolica.
Hisham Matar ha diciannove anni quando suo padre Jaballa, fiero oppositore del regime di Muammar Gheddafi, viene sequestrato nel suo appartamento del Cairo, rinchiuso nella famigerata prigione libica di Abu Salim e fatto sparire per sempre. Ventidue anni più tardi il figlio Hisham, che non ha mai smesso di cercarlo, può approfittare dello sprazzo di speranza aperto dalla rivoluzione del febbraio 2011 per fare finalmente ritorno nella terra della sua infanzia felice. Quel viaggio verso un presente ormai sconosciuto non è che lo spunto per un itinerario storico e affettivo ben più vasto. Visitando i luoghi e incontrando i parenti e gli amici che hanno condiviso con Jaballa decenni di prigionia nel «nobile palazzo» di Abu Salim, Hisham può recuperare un passato che risuona in lui con un'eco mai sopita e ritagliare i contorni di un padre che, in assenza di un corpo, risulta privo di confini. Le tappe del viaggio privato s'intersecano con la storia libica del ventesimo secolo, dalla resistenza all'occupazione italiana al flirt di Gheddafi con l'Inghilterra di Tony Blair. Ma anche all'antro più buio, all'orrore più raccapricciante, segue, in queste pagine, la luce di un dipinto di Manet, la melodia di un alam: la consolazione dell'arte e della bellezza come autentica espressione dell'uomo. E anche quando della speranza di ritrovare un padre vivo «non rimangono che granelli sparsi», lo sguardo di Matar continua a puntare risolutamente in avanti: «Mio padre è morto ed è anche vivo. Non possiedo una grammatica per lui. E nel passato, nel presente e nel futuro. Ho il sospetto che anche coloro che hanno sepolto il proprio padre provino la stessa cosa. Io non sono diverso. Vivo, come tutti viviamo, nell'indomani».
La notizia del matrimonio colse quasi tutti di sorpresa. All'amico Cordiè, Delio scrisse l'11 febbraio 1936: «Ho anch'io questa volta la mia novità di carattere personale e privato, che servirà a giustificare il mio lungo silenzio: cioè, fra due settimane circa mi sposo: guarda un po', il Gatto si sposa: che te lo saresti immaginato?». Il nome di Emma Cantimori (nata Mezzomonti) suona familiare a quanti ne hanno apprezzato le qualità di traduttrice della classica e fortunata edizione italiana del Manifesto di Marx e Engels, pubblicata nel 1948 e tuttora in circolazione. Poco nota è invece la sua storia precedente a quell'impresa editoriale, al tempo del Ventennio e sotto l'occupazione tedesca a Roma. In quegli anni Emma ebbe una doppia vita, fu un'infiltrata del Partito comunista fra gli intellettuali fascisti, all'Enciclopedia italiana e all'Istituto di studi germanici, dove venne a contatto con personaggi come Giovanni Gentile e, soprattutto, Delio Cantimori, che sposò nel 1936. Nella vita di Emma e del marito il lavoro sull'edizione del Manifesto, tra il 1944 e il 1948, coincise con l'uscita allo scoperto dopo un lungo periodo di clandestinità. Il libro racconta per la prima volta la sua attività segreta protetta dalle rigide regole cospirative, ricostruendo così uno spaccato di storia della resistenza all'oppressivo regime fascista.
Quelle di Gramsci e di Moro sono due storie diverse: un comunista e un cristiano; un rivoluzionario sconfitto e un democratico che guida il partito al governo da trent’anni; due tempi diversi; due mondi diversi. Ma analogie e comparazioni possono aiutarci a vedere cose nuove, rivelano connessioni nascoste. La luce proiettata su una storia si riflette sull’altra, le due esperienze si illuminano a vicenda. Questo saggio di storia comparata le racconta entrambe, come due vite parallele. Dei due prigionieri offre un ritratto, un’analisi del contesto storico e un’interpretazione dei testi che scrissero nel carcere: Quaderni e lettere di Gramsci, Memoriale e lettere di Moro.
Sollecitati dalle questioni fatte filtrare abilmente da compagni di partito e dai familiari o nel dialogo drammatico con i carcerieri-inquisitori, i due prigionieri scrivono lettere, appunti e "memoriali" in cui cercano di interpretare e risolvere la situazione tragica che si è creata. Così, nelle dure condizioni di prigionia, prosegue la loro riflessione sulle crisi del Novecento italiano – il fascismo, la rivoluzione, il comunismo, la democrazia. E diventa, per certi versi, addirittura più acuta.
GLI AUTORI
MASSIMO MASTROGREGORI (Roma, 1962) insegna Storia contemporanea all'Università di Roma "La Sapienza". Dirige la rivista internazionale «Storiografia» (Fabrizio Serra editore, Roma-Pisa) e la «International bibliography of historical sciences» (K.G. Saur, München). Ha pubblicato numerosi volumi e saggi sulla storia culturale del Novecento. Tra questi: Il genio dello storico (1987), Il manoscritto interrotto di Marc Bloch (1996), Introduzione a Marc Bloch (2001). Ha curato l'edizione critica di scritti di Benedetto Croce (Il carattere della filosofia moderna, 1990) e numerosi lavori sulla storiografia e la memoria, tra cui Il potere dei ricordi (1998).
"Ogni punto della terra - ha scritto Antonio Gramsci - è est e ovest nello stesso tempo, però occidente e oriente sono fatti reali". In questa storia per frammenti, breve e appassionata, tratta da un corso di lezioni alla Sapienza di Roma, il lettore troverà un'esplorazione originale dell'universo ideologico occidentale contemporaneo. È il racconto di storie molto diverse tra loro, tutte ambientate alla frontiera tra oriente e occidente: da “Mimesis”, il capolavoro di Erich Auerbach sulla presentazione della vita quotidiana nella letteratura occidentale (1946), a “Lost in translation”, il film di Sofia Coppola sullo spaesamento di due occidentali a Tokyo (2003). Si parte dalla conquista italiana della Libia, esattamente cento anni fa, fotografata nella “Partenza” di Serra, nei giudizi di Croce, e nel "No! all'invasione" pronunciato alla Camera dall'orientalista Leone Caetani (1913); passando poi per il progetto cinematografico di Clint Eastwood sulla battaglia di Iwo Jima, la rivoluzione di Kemal Atatürk e l'occidentalizzazione della Turchia (è a Istanbul che Auerbach scrive il suo monumento di filologia occidentale), e rifacendo il viaggio a ritroso, da oriente a occidente, dall'Egitto agli Stati Uniti, di Edward Wadie Said, l'autore di “Orientalismo” (1978), che ha legato per sempre immagine europea dell'oriente e conquista coloniale. Per arrivare, provvisoriamente, alla teoria della traduzione di San Gerolamo, a “Ghost dog” di Jarmusch (1999), al suicidio rituale di Yukio Mishima (i giapponesi sono occidentali?) e alle torri gemelle, colonne d'Ercole della modernità. È un percorso a zig zag, imprevisto e accidentato, nel cantiere rumoroso dell'occidente come ideologia, sempre in movimento e indescrivibile, alla ricerca di confini e di mappe, per orientarci nella terra di nessuno in cui ci troviamo.
Nel 2013 si sono celebrati due anniversari importanti per la collettività di studiosi italiani impegnati nelle ricerche sul Giappone: il cinquantesimo anno dall’inaugurazione del Nihon Bunka Kaikan di Roma e il quarantesimo anno dalla fondazione dell’Associazione Italiana di Studi Giapponesi. Le due istituzioni, unite da produttive collaborazioni e da tappe parallele, sono state al centro dell’attività scientifica di diverse generazioni, e si è quindi deciso di dedicare alla coincidente ricorrenza il presente volume, composto di saggi accomunati dalla volontà di proporre riflessioni aperte e aggiornate su tematiche relative a vari ambiti e periodi. Protagonista ne è la riflessione, declinata attraverso cinque sezioni non tagliate su criteri temporali o campi tematici standard. La varietà e l’eccellenza dei contributi proposti, oltre a offrire degli interessanti risultati di ricerca, testimonia allo stesso tempo l’importanza di un’attiva comunità scientifica che si riunisce intorno alla propria associazione di riferimento.
Dalla tomba in cui sono sepolti, i cittadini di una piccola cittadina americana svelano i segreti della loro vita. In versi sciolti, ma quasi regolari, con una ironia pungente, evocano la vita del villaggio che, al di sotto della spesse coltre puritana, in realtà nasconde concupiscenza e vizio. Il motivo principale del libro sta nella trasformazione dell'amore nel suo opposto, la lussuria. Tutto si deforma e i sogni appassiscono. La raccolta comprende diciannove storie che coinvolgono un totale di 248 personaggi che coprono praticamente tutti i mestieri umani. L'opera di questo cantore dell'Illinois è riuscita, nel nostro paese più che in altri, a scavare nei cuori di generazioni di lettori. È forse l'attrazione costante per la morte a donare vita alla poesia di Edgar Lee Masters. Ed è attorno alla morte che si gioca l'intreccio di storie di questo canovaccio vitale e funereo al tempo stesso. In Italia il successo di questo libro, profondamente liberatorio e libertario, fu dovuto alla traduzione di Fernanda Pivano (con il supporto di Cesare Pavese) e alla vicenda che la portò in carcere proprio per aver tradotto il libro, inviso al regime fascista. Infine, ulteriore fama al libro di Lee Masters fu data dall'interpretazione di Fabrizio De André, che assieme a Nicola Piovani, diede alla luce nel 1971 un album straordinario come Non al denaro non all'amore né al cielo.
Brigate rosse, Gladio, Aldo Moro: sono nomi che evocano alcune tra le pagine più drammatiche del nostro recente passato, su cui tanto è stato scritto. "Cuore di Stato" offre tuttavia una prospettiva inedita: quella della Legge, di chi ha dedicato buona parte della propria vita alla difesa delle Istituzioni e ha indagato con tenacia la criminalità politica nel suo retroterra logistico, morale, ideologico. Attraverso il racconto in prima persona delle numerose inchieste condotte dal giudice Mastelloni, emergono verità dirompenti: strategie occulte e intrecci istituzionali che hanno pesantemente condizionato la nostra vita democratica. Indagare sulle Brigate rosse e sull'assassinio di stampo politico ha infatti significato ampliare il raggio della ricerca a tutti coloro che all'epoca rivestirono un ruolo di primo piano e al contesto generale della politica italiana degli anni Settanta: ecco allora le inchieste sulla tragica vicenda di Aldo Moro e di numerose altre vittime della lotta armata e la minuziosa ricostruzione delle attività del Superclan, l'organizzazione clandestina costituita da Corrado Simioni, i cui componenti poi confluirono nella scuola di lingue Hyperion di Parigi. Tuttavia, come afferma l'autore, «il crimine in cui ci si imbatte può rappresentare la punta di un iceberg, il semplice sintomo di un fenomeno ben più vasto»: e così, l'inchiesta sui rapporti tra Br e Olp - che condusse Mastelloni a incriminare Yasser Arafat - ha fatto emergere misteriose triangolazioni di armi congegnate dallo Stato italiano; mentre le indagini sulla caduta nel 1973 dell'aereo Argo 16 si sono rivelate utili alla lettura da un lato dei segreti protocolli del nostro governo con l'Olp (il cosiddetto «Lodo Moro»), dall'altro del meccanismo della struttura segreta Stay-Behind/Gladio nonché dell'operato, anche sul nostro territorio, dei Servizi segreti israeliani. L'obiettivo di Carlo Mastelloni è quello di aiutare a capire meglio la ragione del susseguirsi dei delitti perpetrati dalle varie organizzazioni eversive di estrema sinistra contro il «cuore dello Stato» e al contempo di illustrare gli aspetti più occulti del «cuore dello Stato» e le difficoltà in cui ci si imbatte nell'affrontare verità scomode per il potere politico, che spesso rispose a tali inchieste opponendo il segreto di Stato. Una storia dell'Italia sconosciuta ai più, che non mancherà di suscitare nuovi interrogativi.
Storia Pocket: un progetto che si articola con temi di storia antica, medievale, moderna e contemporanea dove si avverte la forte impronta dell'autore nell'organizzazione della materia trattata e nella speciale capacità di presentare al grande pubblico eventi, personaggi e problemi della storia dell'umanità. Con precisione documentale e grande forza narrativa, questo libro traccia la biografia personale e politica di Lawrence d’Arabia, eroe romantico che appartiene a pieno titolo alla storia del XX secolo.
Che Italia è quella che assiste alla prigionia di Aldo Moro? Che volti ha? Che cosa pensa? Se la tragedia incombe, insieme con altri fatti drammatici - un gravissimo incidente ferroviario, due diciottenni uccisi a Milano, l'assassinio di Peppìno Impastato - la vita quotidiana scorre. Lo scudetto infiamma i tifosi, e così il mondiale di Formula 1, si guarda Portobello, si avvistano extraterrestri, si chiudono i manicomi, ci si strugge per Pinocchio, si fa l'amore da Trieste in giù, mentre dilaga la febbre del sabato sera. Un corto circuito culturale e antropologico scuote il paese, e queste pagine ce ne portano l'eco: alla voce dei telegiornali con le loro schegge di tragedia, fra comunicati e ultimatum, si sovrappongono le «emozioni da poco» e i «pensieri stupendi». Eterni «figli delle stelle», gli italiani dovranno ora affrontare un passaggio cui è impossibile sottrarsi. Come su un palcoscenico, nomi, storie, vicende in un racconto incalzante e vertiginoso, a comporre il ritratto di un paese che avrebbe preferito rimanere ancora una volta ignaro, nella sua atavica sospensione fra vitalismo e abulia.
Quando, il 10 giugno 1940, l'Italia entrò in guerra a fanco della Germania, la Regia Aeronautica godeva di un'alta reputazione in patria e all'estero, ma la dura realtà bellica non avrebbe tardato a evidenziare che l'equipaggiamento delle unità di prima linea non era all'altezza della fama acquisita. Ciononostante, oltre 100 piloti italiani guadagnarono lo stato di "asso" per aver ottenuto almeno cinque vittorie individuali, grazie alla determinazione con la quale si misurarono, sia pure in condizioni di inferiorità, con il nemico. Per la maggior parte, i loro successi furono conseguiti nei cieli dell'Africa settentrionale, durante le alterne avanzate e ritirate delle forze terrestri, ma anche nelle aspre battaglie aeree su Malta, fno alla disperata difesa del territorio nazionale prima dell'armistizio dell'8 settembre 1943. Gli aerei che utilizzarono in combattimento furono dapprima i biplani Fiat CR.42, poi i monoplani Fiat G.50 e Macchi C.200, e infne i Macchi C.202 e 205V, macchine fnalmente all'altezza di quelle degli avversari. Questi ultimi riconobbero unanimemente le capacità di volo acrobatico dei piloti italiani, spesso condizionati dalla limitata potenza dei loro motori.