
Nel Medioevo cristiano la morte è onnipresente. Il primo motivo strutturale è di ordine demografico e riguarda l'estrema fragilità dell'esistenza umana nelle società dell'Ancien Régime. Il secondo è rappresentato dal cristianesimo e dalla centralità della morte e della risurrezione di Gesù. I defunti sono continuamente presenti nella preghiera dei vivi e nel paesaggio rurale e urbano, in particolare nei luoghi in cui la giustizia innalza le forche e nei cimiteri, spazi fisici e simbolici che consentono la nascita dei villaggi. La pietà dei laici e, in particolare, delle donne di alto rango si dota di un nuovo testo di preghiera, il Libro delle ore, che permette di rivolgersi alla Vergine, al Cristo della Passione e alla Trinità, ma soprattutto di meditare sulle "ore della morte", sempre evocate. Anche il testamento diviene un obbligo di natura spirituale, oltre che giuridica: regola la successione in favore delle persone più vicine, serve a chiedere perdono a coloro a cui si è fatto torto e permette di fare un'ultima volta e massicciamente la carità ai poveri e ai malati.
Fate benefiche, visioni di fantasmi dell'aldilà, raduni di streghe nelle notti di luna piena, riti magici, folletti dell'abbondanza e della miseria: figure dell'immaginario e dell'inconscio collettivo indagate nel momento in cui presero forma. Il racconto curioso e ricco di fascino di quella cultura alternativa del sacro, condannata come superstiziosa dalla Chiesa e tuttavia sempre riemergente.
"Da quando festeggiamo il nostro compleanno? La domanda è dovuta sembrare troppo aneddotica agli storici, visto che non se la sono posta mai, o a fatica. Questo libro invita il lettore a scoprire, non senza stupore, il carattere tardivo della celebrazione del compleanno. Marco Polo la scoprì con sorpresa presso il khan e una miniatura di epoca successiva ci restituisce questa fastosa celebrazione. Nel XIV secolo, i re di Francia, come Carlo V, si preoccupano del giorno e dell'ora della loro nascita a fini astrologici, per i quali scrivono commenti e tracciano immagini di oroscopi. Cosi il medioevo, che era tradizionalmente poco preoccupato del giorno della nascita e dell'età esatta degli individui mentre si occupava del giorno della loro morte, ha operato progressivamente un ribaltamento ricco di conseguenze, dalla morte alla vita, dall'anniversarium funerario a quello che i testi dell'epoca chiamano "natalità". Jean-Claude Schmitt rintraccia il lento costituirsi della pratica del compleanno, dei suoi riti - auguri, canzoncina, dolcetti, regali, candeline - soprattutto negli ambienti aristocratici dell'epoca moderna, nella borghesia del XIX secolo e infine, ma non prima del XX secolo, negli ambienti popolari.
Lungi dall'essere istintivo ed estemporaneo, il gesto è qualcosa di assai complesso perché pieno di storia. Fare una 'storia del gesto' vuol dire, infatti, occuparsi delle relazioni sociali, elemento costitutivo della società umana. Pur mutando e trasformandosi di epoca in epoca, la gestualità intesa come 'uso sociale del corpo' trasmette un codice di valori e di significati preciso e duraturo, che il grande storico Jean-Claude Schmitt ci aiuta a riconoscere e a comprendere con grande ricchezza di esemplificazioni concrete. Un libro sorprendente che ci fa entrare nella tradizione culturale della tarda Antichità e del Medioevo, intrecciando storia sociale, storia della cultura e della mentalità, antropologia storica, sociologia, semiotica teatrale.
Essere un uomo politico nell'Atene del V secolo significava senz'altro essere presente tanto nell'assemblea che in guerra. Ma se Aristide, Temistocle, Cimone, Pericle, Nicia e Alcibiade sono diventati uomini illustri è anche perché hanno saputo costruire un'immagine pubblica in cui i loro stili di vita erano parte del loro agire politico. Plutarco ci racconta come sono cresciuti nella fama, sono stati amati, celebrati, invocati: Cimone, dopo una gioventù dissipata, apre i suoi giardini al popolo di Atene e diventa uno dei leader della vita politica. Alcibiade ama giovinetti e fanciulle in uguale misura, seduce l'assemblea, conduce la flotta e guida le processioni. Sono comportamenti che, se ora ci sorprendono, erano perfettamente integrati in un'immagine complessiva del politico dalle molte sfaccettature, spesso emotive. La storia politica della Grecia antica considera, nelle fonti antiche relative ai leader, solo alcune delle loro attività: i discorsi all'assemblea, la gestione della guerra, le proposte di legge, i conflitti con gli altri leader per l'esercizio del potere. L'autore studierà i loro costumi, o meglio: i modi in cui si comportavano, nascevano, crescevano, abitavano, pregavano, si vestivano, mangiavano, si sposavano, morivano.
Essere un uomo politico nell'Atene del V secolo significava senz'altro essere presente tanto nell'assemblea che in guerra. Ma se Aristide, Temistocle, Cimone, Pericle, Nicia e Alcibiade sono diventati uomini illustri è anche perché hanno saputo costruire un'immagine pubblica in cui i loro stili di vita erano parte del loro agire politico. Plutarco ci racconta come sono cresciuti nella fama, sono stati amati, celebrati, invocati: Cimone, dopo una gioventù dissipata, apre i suoi giardini al popolo di Atene e diventa uno dei leader della vita politica. Alcibiade ama giovinetti e fanciulle in uguale misura, seduce l'assemblea, conduce la flotta e guida le processioni. Sono comportamenti che, se ora ci sorprendono, erano perfettamente integrati in un'immagine complessiva del politico dalle molte sfaccettature, spesso emotive. La storia politica della Grecia antica considera, nelle fonti antiche relative ai leader, solo alcune delle loro attività: i discorsi all'assemblea, la gestione della guerra, le proposte di legge, i conflitti con gli altri leader per l'esercizio del potere. L'autore studierà i loro costumi, o meglio: i modi in cui si comportavano, nascevano, crescevano, abitavano, pregavano, si vestivano, mangiavano, si sposavano, morivano.
Con le scoperte portoghesi del XV secolo, il mondo atlantico si trasforma, progressivamente, nel luogo in cui Europa, Africa e America s'incontrano e costruiscono le loro relazioni asimmetriche. Questa convergenza senza precedenti dà origine a diversi fenomeni: il colonialismo, lo sviluppo economico e commerciale, ma anche significative migrazioni, volontarie o forzate, e la formazione di scambi inediti. L'Atlantico diventa così uno spazio unico di circolazione, di commerci e interazioni, sia pacifiche che violente. Questo libro offre un quadro completo delle trasformazioni avvenute nel mondo atlantico nei quattro secoli successivi alle scoperte portoghesi, fino ai movimenti rivoluzionari della fine del XVIII secolo, e illustra il formarsi e l'evolversi di una nuova identità.
Quando Colombe Schneck aspetta il suo primo bambino, la madre Hélène le chiede di chiamarlo Salomé, in ricordo di sua cugina morta durante l'Olocausto. Colombe non sa nulla di questa bambina, il cui nome non è mai stato evocato prima di allora. Ma il figlio che nasce è un maschio, e la questione viene dimenticata. Quando qualche anno più tardi Colombe è di nuovo incinta, un'amica le suggerisce il nome di Salomé e in quel momento le torna alla memoria la strana richiesta di sua madre, che nel frattempo è morta. Inizia cosi una ricerca delle proprie origini che porterà l'autrice dalla Francia in Lituania, negli Stati Uniti e in Israele, e un'inchiesta attraverso segreti e dolorosi non detti famigliari. Mary, la bisnonna dell'autrice, aveva quattro figli: Ginda, Raya, Masa e Nahum. La famiglia era originaria di un piccolo borgo lituano, Panèvezys. Quando Mary e tre dei suoi figli vengono deportati nel ghetto di Kaunas, Ginda, la nonna di Colombe Scneck, si salva perché negli anni Venti aveva deciso di emigrare in Francia. Il fratello e le sorelle di Ginda sopravvivono alla selezione e alla deportazione mentre Mary, i cognati e i loro figli muoiono. Raya e Masa dopo la guerra si risposeranno con altri sopravvissuti all'Olocausto, che avevano a propria volta perso le mogli e i figli. E altri bambini nasceranno. La domanda che nessuno osa porsi è questa: com'è possibile che Salomé, la figlia di sette anni di Raya, e Kalman, il bambino di soli tre anni figlio di Masa, siano morti e le loro madri no?
Il presente testo venne pubblicato negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale, quando la Zona d'operazione Litorale Adriatico, istituita nel 1943, era divenuta teatro di uno dei confronti più duri e cruenti fra l'esercito tedesco e i partigiani italiani, sloveni e croati ed era ormai segnato l'esito del conflitto per le forze d'occupazione tedesche. Il libro testimonia lo sforzo di comprensione e adattamento dei soldati della Wehrmacht al particolare tipo di controguerriglia richiesta dal territorio di confine della Venezia Giulia.
In quanto potenza politica egemonica, Roma incideva in grande misura sugli sviluppi culturali e religiosi nel suo impero, tanto più che nella visuale della religione propria dei romani la loro dominazione si doveva alla benevolenza degli dei. Anche per tali ragioni in questo libro si presta particolare attenzione alla politica religiosa dei romani e ai suoi rapporti con le posizioni religiose adottata dalle comunità giudaiche e da quelle cristiane della prima ora. In questa prospettiva, da una parte non si è trascurata alcuna delle problematiche fondamentali e della letteratura corrispondente; dall'altra si è mirato a formulare e documentare in termini chiari una problematica che è di primaria importanza anche per la questione della cosiddetta «separazione» delle strade.
Dai ghetti moravi alla corte imperiale di Vienna, dalle salmodie cabbalistiche agli idilli pastorali, dal traffico d'armi ai club giacobini, dalle logge massoniche alla ghigliottina: le tappe della vita avventurosa di Moses Dobrushka si leggono come altrettanti capitoli di un romanzo d'appendice, prodigo di colpi di scena, oscuri complotti, immense ricchezze e atroci miserie. Spia al soldo delle potenze reazionarie, sincero rivoluzionario, ebreo convertito (ma senza rinunciare alla fede frankista) o semplice avventuriero? Poeta e uomo d'affari, iniziato e citoyen, Dobrushka era imparentato con lo scandaloso pseudomessia Jacob Frank e, prima di salire sul patibolo, durante il Terrore, era stato in predicato di ereditare il comando dell'equivoca e strampalata corte di Offenbach, sulla quale regnava la figlia di Frank, Eva, che aveva ricevuto i favori e gli omaggi dell'imperatore Giuseppe II e dello zar Alessandro I. Gershom Scholem, affascinato da questa figura enigmatica, esemplare della parabola dell'ebraismo moderno alle soglie dell'emancipazione, illumina le tracce confuse che ce ne restano, riuscendo a far convergere in un saggio gli strumenti dello storico e l'interrogativo metafisico.