
La "Vita Mathildis", poema epico-storico composto dal monaco Donizone all'inizio del sec. XII, è una delle testimonianze letterarie più importanti della coscienza nobiliare europea dei secoli centrali del medioevo. Sotto il titolo "La memoria di Canossa" si presentano qui sette saggi che costituiscono altrettanti percorsi di interpretazione del poema, volti a ricostruire i suoi immediati contesti sociali di produzione e di ricezione. Tali saggi si propongono al contempo di ribadire ed esemplificare la ricchezza dei testi letterari come fonti, da un lato accettando le sfide lanciate all'interpretazione storica dalla cultura postmoderna e dall'altro cercando di non cadere nelle insidie tese dai "nuovi realismi".
In queste pagine è raccontato il depistaggio di via D’Amelio alla luce delle nuove acquisizioni e sentenze: il protagonismo dei servizi segreti e la continuità storica con le deviazioni che hanno caratterizzato la storia delle stragi in Italia, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna.
Questa è la storia di un giudice ucciso due volte: da una Fiat imbottita di tritolo e da una clamorosa macchinazione di Stato che ha coperto i veri responsabili della sua morte. È la storia dell’indagine affidata illegalmente al Sisde di Bruno Contrada e consegnata al gruppo investigativo di Arnaldo La Barbera, che si è trasformata nella più grande mistificazione giudiziaria della Repubblica. C’è solo da leggerla, reprimendo la rabbia e l’indignazione, e raccontarla ad altri, e poi ad altri ancora, perché nessuno possa dimenticare cosa è successo in questo paese e quel che resta oggi delle indagini inquinate: un processo a tre pesci piccoli e tante domande senza risposta, nel trionfo dell’omertà istituzionale. Ventisette anni di falsi testimoni e false verità: colloqui investigativi “anomali”, ritrattazioni ignorate, sopralluoghi mai verbalizzati, investigatori a caccia di colpevoli fasulli, magistrati “distratti” e guerre tra apparati. In queste pagine è raccontato il depistaggio di via D’Amelio alla luce delle nuove acquisizioni e sentenze: il protagonismo dei servizi segreti e la continuità storica con le deviazioni che hanno caratterizzato la storia delle stragi in Italia, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna.
La storia propone una serie di questioni che investono la teologia, la filosofia e l’epistemologia. I suoi contenuti esigono un’oggettività garantita dai documenti e dalle testimonianze, e la validità e l’imparzialità della cronaca relativa agli eventi trattati non sono separabili dalla prospetticità interpretativa degli storici. Il discorso narrativo che la riguarda è sempre sospeso tra la storia vera e propria e l’ipotesi storiografica che la illustra. Il presente volume affronta l’argomento in due parti, la prima di carattere teoretico riferita ai temi, ai problemi e alle prospettive della filosofia della storia, la seconda concernente le narrazioni storiche che dalle origini ad oggi caratterizzano il pensiero occidentale. In quest’ultima parte sono centrali gli autori che nell’ambito filosofico hanno problematizzato la storia stessa dando origine ai modelli storiografici. L’interesse della trattazione è dato dalla prospettiva narrativista, che sposta il problema dalla ricerca veritativa dei fatti al racconto, mediante il quale l’umanità prende coscienza di sé medesima nell’avventura costituita dallo sviluppo delle sue civiltà. Raccontare la storia significa nel contempo prendere coscienza degli eventi vissuti e tramandarne ai posteri il senso e il significato che li anima.
Silvana Procacci si è laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Filosofia e scienze umane, proseguendo, accanto alla docenza nella scuola superiore, la sua attività di ricerca come studiosa di filosofia della natura e di filosofia della storia. A tale riguardo ha sviluppato le prospettive sistemiche e olistiche in rapporto alla filosofia, alle scienze e alla teologia, con particolare attenzione al pensiero di P. Teilhard de Chardin, partecipando a numerose attività di ricerca e a progetti nazionali ed internazionali. Ha collaborato con varie riviste, sia nazionali sia internazionali. Tra i libri pubblicati si possono ricordare: Alle radici dell’olismo. Filosofia della natura in J. C. Smuts, ESI, Napoli 2001 e Comunicare la storia. La filosofia della storia nel pensiero occidentale, Morlacchi, Perugia 2005.
Aurelio Rizzacasa è docente ordinario di Filosofia morale presso l’Università di Perugia. Accanto alle tematiche inerenti alla storia, ha approfondito, con particolare attenzione, anche tematiche etico-filosofiche ed etico-politiche dominanti nel pensiero del Novecento. Coordina il gruppo di ricerca per il dialogo tra scienza e teologia Etruscan Local Group, promosso dalla John Templeton Foundation. Ha pubblicato numerosi saggi su varie riviste filosofiche nazionali e internazionali. Tra i libri pubblicati si possono ricordare: Kierkegaard. Storia ed esistenza, Studium, Roma 1984; L’eclisse del tempo. Il fine e la fine della storia, Città Nuova, Roma 2001; La sentinella del nulla: riflessioni sul pensiero di E. M. Cioran, Morlacchi, Perugia 2007.
Qual'e la percezione del tempo da parte degli uomini? Cosa pensavano dello scorrere delle giornate e degli anni nei tempi passati? Un saggio stimolante tra filosofia e storia delle culture e delle scienze.
Cosa rimane delle rivolte scoppiate spontaneamente nei principali Paesi della sponda Sud del Mediterraneo? Tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011 la "Primavera araba" per mesi ha inondato di notizie i media di tutto il mondo. E la caduta dei regimi sembrava coincidere con l'inizio di un periodo di ritrovata stabilità. Oggi, però, lontano dalle telecamere, l'area del Maghreb continua a mutare in modo caotico. Le giovani e fragili democrazie vengono minate da continui eventi drammatici - come, di recente, l'uccisione in Tunisia di Chokri Belaid - che ci obbligano a non chiudere gli occhi. Un caos con inevitabili ripercussioni anche sull'Europa. Dove sta andando il Mediterraneo? Quale ruolo avrà l'Italia nello scacchiere del Mare nostrum? E come dovrà guardare, d'ora in poi, l'Europa il proprio passato coloniale, al cospetto di un mondo - l'Africa, innanzitutto - da cui inaspettatamente sono spirati nuovi venti di rivolta? L'attenta penna di Franco Rizzi, tra i massimi esperti di storia del Mediterraneo, risponde a tutte queste domande, lasciando intravedere cosa sarà dell'intero assetto geopolitico dell'area.
Nel II secolo avanti Cristo i Greci iniziarono la loro più grande avventura nella lontana India, guidati da un giovane e valoroso re che aveva raccolto l'eredità di Alessandro Magno, pronto a spingersi in terre misteriose e lontane che le falangi macedoni non avevano mai nemmeno sentito nominare: questo giovane re era Menandro. Figlio di umili coloni, Menandro scalò il potere grazie alle proprie doti di guerriero, ma seppe passare alla storia grazie anche alla sua curiosità e umanità, che lo portarono a una conversione al Buddhismo, foriera di grandi sviluppi letterari e filosofici e che lo resero il protagonista di uno dei capolavori della letteratura orientale, Le domande di re Menandro. Seguendo la sua stupefacente parabola ricostruiamo per la prima volta in una biografia le vicissitudini di questo grande stratega, ricorrendo alle fonti più disparate (storici greci e romani, annalisti cinesi, filosofi indiani) per tentare di fare luce sul cammino e l'eredità di questo grande, ma poco conosciuto, protagonista del passato.
Il piccolo Ruben è un "giudeo cacasotto": così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma. Meglio le lezioni private di clarinetto dal professor Nussbaum, uno che suonava con i Wiener Philarmoniker prima che lo cacciassero perché ebreo. Meglio gironzolare per le strade della città. Meglio starsene a casa, nonostante il clima in famiglia si faccia ogni giorno più cupo e agitato. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c'è tempo, alla stazione c'è un treno che aspetta. Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ruben. Il ragazzo viene salvato da un ufficiale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale. Il militare lo prende sotto la sua protezione, gli dà una certa libertà all'interno del lager, lo ospita nell'ospedale del campo. Ruben vive così una prigionia dorata e Klausemberg diventa per lui una specie di padre, protettivo e prodigo di consigli, oltre che un amico con cui suonare il prediletto Mozart. La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e sospetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti, che, al momento della liberazione, si trasformeranno in un lutto assai difficile da elaborare. Solo due decenni più tardi, rivivendo attraverso un diario postumo la tragedia di Auschwitz, Ruben potrà scacciare i fantasmi.