
La prematura scomparsa di Antonio Menniti Ippolito – docente dell’Università di Cassino e importante collaboratore di questa casa editrice e dell’Istituto della Enciclopedia Italiana – ha duramente colpito tutto il mondo universitario e intellettuale che ne aveva condiviso gli interessi.
Questo volume intende dare conto del ruolo dell’amico e collega nello studio della storia moderna e in particolare nell’approfondimento dello sviluppo di Roma e delle principali città italiane nei secoli passati. A tale scopo i saggi qui raccolti disegnano i confini della ricerca e dell’insegnamento di Menniti Ippolito e provano a suggerire come sia possibile ampliarli, stimolando nuovi lavori sui temi a lui più cari. Non si tratta quindi soltanto di un doveroso e sentito omaggio, ma della perimetrazione di un settore assai importante della vicenda culturale e storiografica italiana.
Dopo la vittoria nella grande guerra, per vent'anni gli ammiragli della Regia Marina coltivarono il sogno di costruire una flotta abbastanza potente da dominare il Mediterraneo. Il fascismo diede loro l'illusione di poter realizzare questo progetto. Attraverso questa via, l'istituzione navale rischiò di sottomettersi alla logica totalitaria del regime. Finora la Marina italiana ha sempre orgogliosamente rivendicato la propria natura "regia", indipendente e autonoma rispetto al fascismo e alla sua politica. Il libro dimostra come gli ammiragli costruirono con Mussolini e con il regime una relazione strettissima che arrivò a determinare scelte decisive negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale. Fascismo e Marina furono più vicini di quanto sinora si fosse pensato e fu attraverso il loro legame che si preparò il terreno per la sconfitta dell'Italia sul mare, quando l'Europa fu trascinata nuovamente nella spirale della guerra. Questa è la storia di come quel sogno nacque, di come si sviluppò nei venti anni della dittatura e di come fallì nei primi mesi della seconda guerra mondiale mondiale.
L'Italia ha partecipato alla Seconda guerra mondiale perché costretta dall'alleato nazista? I soldati mandati in guerra dal fascismo hanno combattuto con coraggio e sono stati sconfitti a causa della sovrabbondanza di uomini e mezzi di inglesi, russi e americani? È stata, dunque, solo la 'sfortuna' a piegare la volontà guerriera del fascismo? In realtà, Mussolini fu un pessimo leader militare circondato da una casta militare connivente che ne assecondò i progetti imperiali nel Mediterraneo e nei Balcani. Il regime aveva sognato di trasformare il nostro Paese in una grande potenza, sovvertendo l'ordine mondiale assieme agli alleati tedeschi e giapponesi. Alla prova dei fatti, questo sogno si rivelò per quello che era in realtà, ovvero una fantasia evanescente, come mostrarono presto sconfitte, fame e bombardamenti. Senza una chiara strategia e frustrate, le forze armate fecero ricorso, nei territori occupati, alla violenza contro i civili e a crimini di guerra. A mancare non furono la fortuna o il valore ma la capacità di fare quella guerra verso cui il fascismo aveva teso per vent'anni.
II Giappone, lontano per tradizioni ma vicino per linguaggio tecnologico, una delle nazioni più industrializzate e avanzate del mondo e una delle più ricche nonostante la crisi degli anni novanta, dalla quale sta finalmente uscendo, gode di un sistema politico democratico (anche se qualcuno ha parlato di pseudo-democrazia), di un accesso generalizzato al reddito e al mercato, ma nello stesso tempo permangono al suo interno limitazioni e sperequazioni sociali, aspetti di controllo sulla società che sembrano affondare le loro radici in un'organizzazione pilotata dall'alto risalente al periodo feudale e a quello della modernizzazione Meiji. Una breve esposizione delle caratteristiche politiche e sociali del Giappone deve necessariamente mettere in evidenza i caratteri specifici dell'evoluzione storica nipponica, chiarendone le differenze rispetto allo sviluppo avvenuto in Europa.
«In questo palazzo Renato Guttuso visse e dipinse» è soltanto una delle tante epigrafi che riempiono i muri di Roma; centinaia di storie che raccontano la città attraverso il passaggio di scrittori, filosofi, scultori, architetti, pittori, incisori, orafi, scienziati, teologi, attori, registi, musicisti, poeti, politici, religiosi, santi, eroi delle più svariate nazionalità insieme a quelle di sconosciuti cittadini che anche per un attimo hanno scritto la Storia. Un modo singolare di raccontare lo splendore di una città attraverso oltre 300 epigrafi.
Qui si raccontano storie che si sono svolte tra il 1954 e il 1965 nel cuore di Roma, tra piazza Navona e castel Sant'Angelo. Storie di artigiani e "stracciaroli", preti e assistenti sociali, osti e maestri di scuola. E di una famiglia povera come tante: un padre imbianchino, una madre sballottata dagli eventi, una bambina che sogna svezzando i fratellini, la realtà che incombe. Attraverso gli occhi dei fanciulli rivive un paesaggio di edifici cadenti, muri scrostati, vicoli umidi e maleodoranti. Un mondo misero dove la speranza è fede religiosa, l'assistenza è opera di carità. Ma in pochi anni molte cose cambiano: arrivano la Tv, la plastica, l'automobile per (quasi) tutti. A via dei Coronari esplode la febbre dell'antiquariato. Spuntano decine di negozi di mobili antichi, e altrettante botteghe di restauratori. Le chiese cominciano a svuotarsi, i vecchi abitanti emigrano nei quartieri moderni, quelli con l'acqua calda nelle case. È la società dei consumi. Tutto questo è raccontato miscelando storie orali, ricerche sui giornali, documenti originali, frammenti di antiche emozioni. Ne è venuto fuori qualcosa che non è romanzo né saggio né semplice cronaca. È, semplicemente, l'eco della vita di un popolo che non c'è più.
Il 9 marzo 1916, truppe irregolari al comando di Pancho Villa attaccarono Columbus, nel Nuovo Messico, e il locale distaccamento del 13° reggimento di cavalleria statunitense, uccidendo 18 uomini e dando alle fiamme la città. Sei giorni dopo, il generale John J. "Black Jack" Pershing guidò in Messico una forza di spedizione di 4.800 uomini per catturare il comandante guerrigliero. Seguì una serie di scontri, battaglie e cacce nel selvaggio territorio messicano. Questa campagna, durante la quale i militari nordamericani utilizzarono per la prima volta veicoli a motore, fu anche la prima esperienza di combattimento di un giovane tenente, George S. Patton. Il libro ricostruisce le fasi dell'impresa, ripercorrendo le marce polverose e rievocando gli aspri scontri a fuoco nelle strade delle cittadine di frontiera, e analizzando i successi e i fallimenti di una spedizione unica nel suo genere.
È dal 1967 che, con i suoi rapporti annuali, il Censis fotografa la realtà italiana, fornendo al pubblico uno strumento qualificato e completo per analizzare e interpretare i fenomeni, i processi, le tensioni e i bisogni del paese. Per Giuseppe De Rita, fondatore e presidente del Censis, ripercorrere il lavoro svolto in questi cinquant'anni non è solo ricordare quello che è avvenuto, ma anche «fare memoria» e fare autocoscienza collettiva di quel che siamo stati e di quel che siamo. È l'autocoscienza collettiva l'obiettivo principale di un istituto di ricerca da sempre privato, autonomo e indipendente. Uno scopo esplicitato soprattutto in quelle Considerazioni generali che hanno aperto ogni rapporto annuale del Censis: agili saggi, innovativi nel lessico e immaginifici nell'uso di metafore memorabili, che offrono le chiavi di lettura dei fatti raccontati dai dati statistici e dei processi sociali di lunga durata. Questo volume raccoglie in un testo organico e completo le Considerazioni scritte da De Rita nell'arco di mezzo secolo: scorrono tra le pagine gli anni della contestazione e del terrorismo, il sommerso e l'esplosione della piccola impresa, la crescita del ceto medio e la vitalità di una società «molecolare» il cui sviluppo si è propagato «dappertutto e rasoterra», tra la fine di un secolo e l'inizio di quello nuovo.
A lungo si è parlato di congiura del silenzio in merito alla morte di Giordano Bruno, a causa della scarsità di documenti relativi al suo rogo, nonché del dominio quasi esclusivo di una testimonianza, la più controversa di tutte: una lettera di Kaspar Schoppe a Konrad Rittershausen, pubblicata per la prima volta nel 1621 in un pamphlet dal titolo «Machiavellizatio», inserito in seguito nell'«Index librorum prohibitorum».Tuttavia, a partire dalla fine del XIX secolo - dopo l'affaire Campo de' Fiori - e fino agli anni più recenti, sono stati pubblicati ulteriori documenti sulla morte del Nolano, di cui il volume intende offrire una ricognizione. L'analisi di tali fonti consente di ricostruire quanto avvenne dopo la condanna del filosofo da parte del Tribunale dell'Inquisizione e dimostra che l'eco della morte di Bruno fu certamente più ampia di quel che si crede.