
L'Italia ha partecipato alla Seconda guerra mondiale perché costretta dall'alleato nazista? I soldati mandati in guerra dal fascismo hanno combattuto con coraggio e sono stati sconfitti a causa della sovrabbondanza di uomini e mezzi di inglesi, russi e americani? È stata, dunque, solo la 'sfortuna' a piegare la volontà guerriera del fascismo? In realtà, Mussolini fu un pessimo leader militare circondato da una casta militare connivente che ne assecondò i progetti imperiali nel Mediterraneo e nei Balcani. Il regime aveva sognato di trasformare il nostro Paese in una grande potenza, sovvertendo l'ordine mondiale assieme agli alleati tedeschi e giapponesi. Alla prova dei fatti, questo sogno si rivelò per quello che era in realtà, ovvero una fantasia evanescente, come mostrarono presto sconfitte, fame e bombardamenti. Senza una chiara strategia e frustrate, le forze armate fecero ricorso, nei territori occupati, alla violenza contro i civili e a crimini di guerra. A mancare non furono la fortuna o il valore ma la capacità di fare quella guerra verso cui il fascismo aveva teso per vent'anni.
Le guerre totali del Novecento, con il sempre più massiccio coinvolgimento della popolazione civile, esposero decine di migliaia di italiane alla perdita del compagno, anche quando questo non indossava l'uniforme: fu il caso delle vedove civili di guerra. Il volume indaga la loro condizione e cosa fecero (o non fecero) l'Italia fascista e poi quella repubblicana per sostenerle, in una situazione in cui l'intervento dello Stato era sollecitato non solo dalla politica ma anche dall'associazionismo delle vittime civili, dal cui archivio storico emerge una documentazione sino ad oggi ignorata. Lo studio di queste vicende consente così di comprendere come le vedove affrontarono la loro condizione e come reagirono a situazioni sociali, economiche e legali che rischiavano di ricacciarle nel "recinto domestico". Emergono così narrazioni, petizioni e battaglie legali delle capofamiglia create dal dramma della guerra, inscrivibili nella cornice più ampia della mobilitazione delle italiane di quegli anni.
Dopo la vittoria nella grande guerra, per vent'anni gli ammiragli della Regia Marina coltivarono il sogno di costruire una flotta abbastanza potente da dominare il Mediterraneo. Il fascismo diede loro l'illusione di poter realizzare questo progetto. Attraverso questa via, l'istituzione navale rischiò di sottomettersi alla logica totalitaria del regime. Finora la Marina italiana ha sempre orgogliosamente rivendicato la propria natura "regia", indipendente e autonoma rispetto al fascismo e alla sua politica. Il libro dimostra come gli ammiragli costruirono con Mussolini e con il regime una relazione strettissima che arrivò a determinare scelte decisive negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale. Fascismo e Marina furono più vicini di quanto sinora si fosse pensato e fu attraverso il loro legame che si preparò il terreno per la sconfitta dell'Italia sul mare, quando l'Europa fu trascinata nuovamente nella spirale della guerra. Questa è la storia di come quel sogno nacque, di come si sviluppò nei venti anni della dittatura e di come fallì nei primi mesi della seconda guerra mondiale mondiale.