
Sommario: Sergio Botta, Tessa Canella, Alessandro Saggioro, Editoriale. Sezione monografica / theme section: Geografie del mondo altro. Prospettive comparative sugli spazi sacri e l'aldilà. Otherworld Geographies. Comparative Perspectives on Sacred Spaces and the Afterlife- Tessa Canella, A partire dai luoghi sacri. Riflessioni preliminari sul rapporto fra spazio sacro, luoghi dei morti e mondi ultraterreni- Lorenzo Verderame, Aspetti spaziali nella costruzione dell'immaginario infero dell'antica Mesopotamia- Angelo Colonna, La collina, l'acqua e l'albero ovvero immaginare la tomba di Osiride. Forma e struttura di uno spazio mitico- Marianna Ferrara, Strategie di demarcazione e di controllo nelle rappresentazioni vediche dei luoghi oltre la morte- Stephan Feuchtwang, Envisaging the Invisible. Two Regimes of Visibility in Depicting the Courts of Purgatory in China and Western Europe- Andrea De Benedettis, Microcosmi in pietra. Spazio funerario e percezione dell'aldilà nella necropoli di Ji'an (RPC)- Giuseppina Paola Viscardi, Erro lungo la casa dall'ampia porta di Hades. Configurazioni mitiche dello spazio oltremondano nella rappresentazione greca: il cosmo di Hades come luogo di negoziazione dei significati- Rachele Dubbini, Il Santuario della stele nell'agora di Corinto. Luogo di culto pubblico per spiriti insoddisfatti?- Marta Miatto, L'ambito marino e la sfera infera nella grecità antica. Riflessioni su alcune correlazioni spaziali e simboliche- Arduino Maiuri, Acherusia templa...
Tre racconti, sospesi tra ricordi personali, ricostruzioni storiche (l'eccidio di Caiazzo del 1943) e testimonianze (tra tutte, quella di Lello Perugia, il "Cesare" de La Tregua di Primo Levi), conducono il lettore a rivivere una delle pagine più buie del XX secolo: la seconda guerra mondiale e la tragedia della Shoà. Fulvio Canetti in quegli anni era solo un bambino. Un bambino ebreo. A distanza di tanti anni ha scelto di raccontare la sua storia, nei lunghi mesi che lo videro rifugiarsi, insieme alla famiglia, sulle colline nei dintorni di Montecassino: i giochi spensierati e le avventure con i coetanei, nonostante i drammi del mondo degli adulti; l'esperienza della fame e delle privazioni; l'incontro ravvicinato con la crudeltà dei nazisti, per sempre indelebile nella sua memoria di uomo; la prigionia dello zio in un lager polacco e il suo ritorno a casa, quasi irriconoscibile; la morte del padre. "Scrivere di queste cose è stato per me durissimo, e allora perché farlo? Per ricordare. Chiunque volti le spalle o chiuda gli occhi di fronte alla Shoà offende non solo la memoria delle vittime, ma l'uomo stesso creato a immagine di JHWH".
«La storia – si dice – la scrivono i vincitori, ma il problema è capire chi sono i vincitori». Anche se questo è un campo che si presta ai paradossi, è ben vero che molto dipende dalla periodizzazione che si adotta: cioè dal senso che si attribuisce a determinati eventi, dalla lettura che se ne dà nonché dalla comparazione di differenti, possibili, analogie. L’analogia come strumento principe della conoscenza storica è al centro di questo libro, il cui tema dominante è come si pensano i fatti storici, ed il cui interlocutore costante è il revisionismo storiografico. Perciò il lettore si imbatte dal principio alla fine nei due eventi archetipici della nostra storia, la Rivoluzione francese e la Rivoluzione russa, posti sul banco di prova della comprensione analogica e degli andirivieni mentali del revisionismo.
Indice
Prefazione Trent’anni dopo - Nota - I. L’analogia come forma della comprensione storica - II. Macroanalogia, microanalogia, narrazione «orientata» - III. Analogia e politica: l’analogia diagnostica - IV. «Pensare» la Rivoluzione francese: la tolleranza e la virtù - V. Tra i barbari e l’impero: analogia o cliofilia? - VI. Il filantropo e il politico - Appendice - Conclusione L’inquietante mestiere dello storico - Indice dei nomi
Il libro costituisce il primo volume - dedicato ai secoli I-XV - di una ricerca sulle relazioni tra il cristianesimo, la Chiesa e la corruzione, dalle origini alle soglie del XXI secolo, un rapporto complesso e a tratti contraddittorio, ma che rivela modi diversi di giudicare la corruzione e di reagirvi nel corso del tempo. A partire dai trenta denari di Giuda, il fenomeno della corruzione accompagna lo sviluppo del cristianesimo e della Chiesa. Tuttavia, fino ad oggi, il tema è stato poco studiato o, peggio, trattato con un taglio scandalistico. Il volume, invece, intende affrontare in maniera rigorosa l'argomento, offrendo di ogni avvenimento considerato una esatta ricostruzione e una corretta contestualizzazione. Ne nasce così un'analisi storica ampia e articolata che non solo permette di conoscere gli eventi e le reazioni che essi determinarono, ma aiuta anche a leggere e a meglio comprendere i fenomeni corruttivi del nostro presente. Dai diversi contributi emerge sempre più nitidamente come la corruzione assuma il valore di un confine immaginario che separa l'essere cristiano dal suo opposto. Un confine mobile, che continuamente si rimodella ed evolve con il trasformarsi della società e dei costumi, ma che proprio per questo continuamente necessita, in seno alla realtà cristiana, di essere oggettivato, descritto, declinato. La corruzione si rivela così, per lo storico, uno straordinario punto di osservazione per comprendere le modalità secondo cui il cristianesimo percepisce e rappresenta se stesso e il mondo che lo circonda, il modo cioè in cui rielabora e continuamente ridefinisce la propria identità.
Si levano voci che chiedono di emarginare gli antichi, per esempio a scuola. Sarebbe una amputazione sciocca. Lo studio degli antichi costituisce invece una potente risorsa per comprendere quel che ci accade intorno: il rapporto libertà-dipendenza, la lotta per la cittadinanza, la competenza come requisito della politica. Problemi oggi cruciali che già percorrevano le società antiche. Esse seppero affrontarli, talvolta scegliendo risposte non consolatorie.
In che misura i testi antichi greci e latini che noi leggiamo in copie confezionate almeno un millennio dopo che quelle opere erano state scritte, le rispecchiano fedelmente e quali modifiche hanno subìto? È una questione storica, che ne comporta una più operativa: quando si tenta l'edizione di una di quelle opere, quali procedure ci consentono di muoverci in direzione degli originali? È di questo che si occupa la filologia classica, una disciplina coltivata già nell'antichità, fin dal tempo della Grande Biblioteca di Alessandria nel III e II secolo a.C., e poi affinatasi principalmente come studio della tradizione. In questo volume Luciano Canfora si propone di familiarizzare i lettori con i concetti fondamentali di questa disciplina (variante, archetipo, stemma e soprattutto errore), grazie anche al ricorso ad esempi concreti. Se nei manoscritti a noi giunti non ci fossero errori, i filologi sarebbero disoccupati. Per fortuna ci sono, e perciò gli studiosi da secoli si affannano al fine di ricostruire gli «originali»: e prendono spunto proprio dalle difettose copie che abbiamo tra mano. Questo libro tenta di raccontare successi e sconfitte, delusioni e delizie, di tale incessante lavoro.
"In forma strisciante o in forma aperta, per molte generazioni, la guerra civile era, nelle città greche, "lo stato abituale, regolare, normale: si è nati, si vive, si morrà in essa. Non vi è atto, ambizione o pensiero che non si rapporti ad essa". Riconoscere che un conflitto è stato una guerra civile, cioè una guerra "tra cittadini", dipende dal vincitore. È il vincitore che concede, o non concede, al vinto tale riconoscimento. Che non significa annullare la distinzione tra torti e ragioni. Gli Ateniesi non compirono mai questo sforzo. Nel loro calendario ufficiale l'anno della guerra civile (404/3) era indicato con una formula quasi surreale: "non governo". Come se quell'anno non fosse mai esistito." Ripercorrendo l'opera storiografica di Senofonte, che di quei fatti fu protagonista, Luciano Canfora fa riaffiorare gli snodi drammatici che segnarono il sanguinoso epilogo fratricida della trentennale guerra contro Sparta: dall'elezione dei trenta "tiranni" alla riscossa dei "partigiani democratici" di Trasibulo fino alla violazione del patto di amnistia con l'eccidio di Eleusi. Un "diario" fazioso e apologetico, quello senofonteo, che va dunque raffrontato con le testimonianze di segno opposto, ma non per questo meno prezioso nel restituirci in presa diretta la crisi di un sistema in cui la manipolazione demagogica del consenso e il conflitto tra interessi di ceto, ideali e Realpolitik (temi di sorprendente attualità) aprirono crepe insanabili.
"In forma strisciante o in forma aperta, per molte generazioni, la guerra civile era, nelle città greche, "lo stato abituale, regolare, normale: si è nati, si vive, si morrà in essa. Non vi è atto, ambizione o pensiero che non si rapporti ad essa". Riconoscere che un conflitto è stato una guerra civile, cioè una guerra "tra cittadini", dipende dal vincitore. È il vincitore che concede, o non concede, al vinto tale riconoscimento. Che non significa annullare la distinzione tra torti e ragioni. Gli Ateniesi non compirono mai questo sforzo. Nel loro calendario ufficiale l'anno della guerra civile (404/3) era indicato con una formula quasi surreale: "non governo". Come se quell'anno non fosse mai esistito." Ripercorrendo l'opera storiografica di Senofonte, che di quei fatti fu protagonista, Luciano Canfora fa riaffiorare gli snodi drammatici che segnarono il sanguinoso epilogo fratricida della trentennale guerra contro Sparta: dall'elezione dei trenta "tiranni" alla riscossa dei "partigiani democratici" di Trasibulo fino alla violazione del patto di amnistia con l'eccidio di Eleusi. Un "diario" fazioso e apologetico, quello senofonteo, che va dunque raffrontato con le testimonianze di segno opposto, ma non per questo meno prezioso nel restituirci in presa diretta la crisi di un sistema in cui la manipolazione demagogica del consenso e il conflitto tra interessi di ceto, ideali e Realpolitik (temi di sorprendente attualità) aprirono crepe insanabili.
Chi sono gli oligarchi, sono loro il motore della storia? O la massa dei molti? È questo forse il dilemma principale per chi si cimenti nella ricerca storica. Per Luciano Canfora scrivere storia vuol dire lottare contro gli effetti del progressivo allontanamento dai fatti: in tale lotta "il pathos narrativo, la partecipazione emotiva, non il volgare patetismo, non sono un cascame del lavoro storiografico ma al contrario l'indizio della perdurante vita del passato dentro di noi". Compito dello storico è dunque quello di districarsi tra i documenti e le invenzioni letterarie, in bilico sul limitare di congetture che tentano di scrutare ciò che le fonti non dicono. In queste pagine l'autore interroga l'antichità a proposito di grandi questioni sempre vitali, se non addirittura pungenti, come la giustizia, la cittadinanza, la libertà, il falso: ricordandoci che l'aver avuto ragione "è esso stesso un elemento storico, cioè soggetto al mutamento".
Chi sono gli oligarchi, sono loro il motore della storia? O la massa dei molti? È questo forse il dilemma principale per chi si cimenti nella ricerca storica. Per Luciano Canfora scrivere storia vuol dire lottare contro gli effetti del progressivo allontanamento dai fatti: in tale lotta "il pathos narrativo, la partecipazione emotiva, non il volgare patetismo, non sono un cascame del lavoro storiografico ma al contrario l'indizio della perdurante vita del passato dentro di noi". Compito dello storico è dunque quello di districarsi tra i documenti e le invenzioni letterarie, in bilico sul limitare di congetture che tentano di scrutare ciò che le fonti non dicono. In queste pagine l'autore interroga l'antichità a proposito di grandi questioni sempre vitali, se non addirittura pungenti, come la giustizia, la cittadinanza, la libertà, il falso: ricordandoci che l'aver avuto ragione "è esso stesso un elemento storico, cioè soggetto al mutamento".
La trama intricata delle "cause" che hanno portato alla Grande Guerra è un vero laboratorio per lo studioso di storia. Partendo dalla scintilla dell'attentato di Sarajevo, lo storico Luciano Canfora svolge un'analisi che offre al lettore una prospettiva nuova. Accanto alla discussione dei fatti, delle circostanze e delle interpretazioni, è qui condotto un esame (acuto com'è proprio della scienza del filologo Canfora) delle parole che allora furono dette, e furono mortifere. Questa vivace sintesi si svolge attraverso i principali nodi storiografici: le diverse interpretazioni di parte; i comportamenti delle forze in campo; il rapporto tra i sistemi politico elettorali e i meccanismi delle decisioni; gli "scivolamenti progressivi" che condussero al conflitto; la "colpa tedesca" o la "responsabilità collettiva"; la "guerra degli spiriti" dei grandi intellettuali e degli accademici; la "reazione a catena" delle alleanze; i "falsi di guerra".

