
Criticare ed essere criticati, un destino che pare inesorabile, quanto sgradevole. Nella vita di tutti i giorni ci ritroviamo a volte a lamentarci o a sparlare alle spalle altrui, anziché rivolgerci all'interlocutore in modo aperto e obiettivo. Oppure esplodiamo e ci lasciamo andare a modi e parole bruschi, maleducati o rabbiosi. Qualcuno preferisce ingoiare sempre il rospo, rinunciando a rivelare ciò che lo irrita pur di evitare tensioni, o di trovarsi a borbottare in continuazione come la classica pentola di fagioli. E quando poi arriva il nostro turno di essere criticati? La prendiamo sul personale, lasciandoci colpire profondamente dalle critiche che ci vengono rivolte, incapaci di coglierne i lati costruttivi. In un modo o nell'altro una cosa è certa: questi approcci alla critica non portano a nessun risultato. In questo piccolo manuale, Barbara Berckhan, la "Signora della comunicazione" e autrice di "Piccolo manuale di autodifesa verbale", vi insegna a comunicare all'altro, anche ai più suscettibili, cosa vi disturba o non funziona. Contemporaneamente, vi aiuta ad accettare ed elaborare, a vostra volta, le critiche che vi verranno rivolte. Comprovate strategie preparano, passo per passo, ad affrontare in futuro situazioni problematiche, senza che degenerino in un litigio, stimolandovi a trovare lo stile personale più adatto a voi.
Noi genitori amiamo i nostri bambini, ma non sempre il loro comportamento. E talvolta neppure la nostra reazione al loro comportamento. Così ci sforziamo di trovare modi o strategie per far sì che facciano esattamente ciò che ci aspettiamo, o desideriamo o riteniamo più giusto per loro, spesso con risultati scarsi o nulli, o a costo di conflitti e sensi di colpa. E se il problema fosse che, per riuscire a disciplinare i nostri bambini, fossimo noi per primi a dover imparare autodisciplina e autocontrollo? A dover modificare il nostro comportamento nei loro confronti? È quanto sostiene la dottoressa Bailey, che, con il suo inusuale approccio all'educazione dei bambini fino all'età scolare, ha reso migliaia di famiglie più felici e più sane. Attraverso il racconto di aneddoti divertenti, numerosi esempi pratici, situazioni concrete e quotidiane, Bailey mostra quanto sia controproducente tentare di disciplinare un bambino attraverso la logica della punizione e della ricompensa o, al contrario, del permissivismo senza regole, proponendo l'alternativa di una "guida amorevole", che i genitori devono prima fare propria per poterla esercitare. Basato su oltre 25 anni di lavoro con bambini di tutte le età, "Facili da amare, difficili da educare" aiuta per primi noi genitori a diventare consapevoli di come ci comportiamo e quale linguaggio usiamo, poiché il modo in cui esercitiamo disciplina su noi stessi trova corrispondenza in come educhiamo i nostri bambini.
La struttura a spirale che caratterizza il circolo vizioso fa sì che le nostre premesse errate si automantengano ricorsivamente. Per orgoglio, o per paura, non è facile riuscire a guardare fuori e rompere gli schemi. Non immaginiamo che la vita reale abbia in serbo per noi una storia più bella. Il nostro piccolo delirio privato è una proiezione distorta ma molto credibile, che ci impedisce di contattare il vero sé. Ed è un peccato. Perché questa parte più profonda e luminosa di noi ha la forza e i mezzi per farci deviare da percorsi costruiti dall'abitudine, dai pregiudizi o dalle aspettative altrui. Se solo imparassimo a riconoscerla, ne scopriremmo l'inaspettata potenzialità di farci vivere davvero felici e presenti, seguendo la meravigliosa spirale evolutiva del circolo virtuoso. Ognuno di noi si racconta una storia tutta sua, spesso senza lieto fine: la vittima della sfortuna, il guerriero sempre sconfitto, la donna invisibile. Sembra un destino senza alternative, che la nostra vita non fa che confermare ogni giorno. Infatti, viviamo intrappolati in una trama fatta di convinzioni basate su presupposti falsi, di prigioni più mentali che reali, di abitudini acquisite in modo irriflesso. Olga Chiaia ci guida per mano verso il superamento di pensieri ricorsivi, dei circoli viziosi, di ciò che ci fa intestardire su posizioni involutive, per portarci a riscoprire il coraggio della libertà, soprattutto da noi stessi, e una nuova possibilità di azione.
Il libro presenta terribili testimonianze di vita, direttamente raccolte nelle carceri, nelle comunità di recupero, per le strade, da giovani violenti. Contro la frequente e comune rimozione sociale che accompagna il proliferare dei comportamenti giovanili violenti, criminali, devianti, Paolo Crepet tenta di comprendere, e far comprendere, da dove traggano origine tali condotte e, al di là del contesto degradato, suggerisce quanto anche il decadimento delle nostre relazioni affettive e l'indisponibilità all'ascolto possano influire sulla diffusione della criminalità tra i giovani.
Il nostro approccio all'affettività può evolvere favorevolmente se tentiamo di rivisitare parole suggestive come speranza, rimpianto, istinto, attesa, lontananza... Perché il modo in cui parliamo di ciò che sentiamo e sperimentiamo - stati d'animo, slanci del cuore, relazioni, paure - ci porta troppo spesso a seguire modelli stereotipati, a comportamenti che in fin dei conti non sono i nostri e a interpretazioni sbagliate delle dinamiche relazionali. Si tratta quindi di cercare nuove strade, altri modi per indicare le nostre emozioni, rendendo più "fine" il nostro linguaggio, dandoci chiavi di lettura più profonde degli eventi. È questa la sfida raccolta da Ivana Castoldi, che in questo libro compone, una parola dopo l'altra, un piccolo dizionario per rimetterci in discussione, per pensare a soluzioni e per riconsiderare le nostre relazioni con gli altri, con i nostri figli, con noi stessi. Dall'autrice di "Meglio sole", un dizionario fuori dagli stereotipi, una parola per ciascuna lettera dell'alfabeto, per riflettere, tentare di uscire dagli schemi. E, così, cambiare la nostra vita.
Lo splendore di un figlio consiste nel suo segreto, che si sottrae alla retorica dell'empatia e del dialogo oggi conformisticamente dominante. Un figlio è un'esistenza unica, distinta e irriducibile a quella dei suoi genitori. Contro ogni autoritarismo e contro una pedagogia falsamente libertaria che vorrebbe annullare la differenza simbolica tra le generazioni, Recalcati afferma il diritto del figlio a custodire il segreto della sua vita e del suo desiderio. Il confronto tra due figure mitiche di figlio - quella dell'Edipo di Sofocle e quella del figlio ritrovato della parabola lucana, alle quali fanno eco quelle di Isacco e di Amleto - offre una prospettiva particolare attraverso la quale osservare il segreto del figlio. Edipo resta imprigionato in un destino che non gli lascia scampo, dove tutto è già scritto sin dall'inizio: il tentato figlicidio del padre si rovescia nel parricidio e nell'incesto del figlio. Diversamente, il figlio ritrovato di cui Gesù narra la vicenda è colui che sa, pur nell'erranza e nel fallimento, distinguersi dalle sue origini. L'abbraccio del padre, in questo caso, non vuole soffocare o punire il figlio, ma riconoscerlo nella differenza incomprensibile e incondivisibile di una vita diversa.
Perché una richiesta formulata in un certo modo viene respinta, mentre una richiesta identica, però presentata in maniera leggermente diversa, ottiene il risultato voluto? Cialdini ha scoperto che alla base delle migliaia di tattiche usate quotidianamente dai persuasori ci sono sei schemi fondamentali; in questo libro ne rivela tutti i meccanismi di funzionamento.
La favola di Cappuccetto rosso, una tra le più celebri del mondo, è giunta a noi in due versioni: quella seicentesca di Perrault, dove il lupo divora la bambina, e quella ottocentesca dei fratelli Grimm, dove un cacciatore apre la pancia della bestia e ne fa uscire nonna e nipotina sane e salve. La tradizione letteraria ha tuttavia completamente ignorato i temi che appartengono alle versioni popolari e orali della storia, che qui vengono proposte e commentate. Una delle varianti rimaste in ombra riguarda la domanda che il lupo rivolge alla bambina: "Dimmi, Cappuccetto, quale strada prenderai: quella degli aghi o quella delle spille?", indicando con la prima il lavoro di cucito e di ricamo e con la seconda la cura in funzione del corteggiamento. I due oggetti, entrambi puntuti e pronti a ferire, rinviano al sangue e alla pubertà femminile, oltre che alla contrapposizione tra seduzione e cura domestica, tra giovani ragazze e donne mature. Un elemento presente in tutte le versioni orali riguarda proprio la contrapposizione generazionale, che porta inconsapevolmente Cappuccetto rosso a mangiare un pezzo della nonna, vero e proprio "pasto sacrificale" in cui la giovane incorpora la vecchia. In questa prospettiva, la favola tratteggia un percorso iniziatico tutto femminile, legato ai temi e ai riti della crescita, alla capacità di fare figli e alle tecniche - cucire e sedurre -che consentono di addomesticare la società tradizionale e maschile. Prefazione di Augusto Palmonari.
«Chiamate, vi prego, il mondo "la valle del fare anima"»: a queste parole del poeta John Keats si ispirò James Hillman quando, negli anni Settanta, rivoluzionò i dogmi della psicologia e della psicoterapia junghiana con la sua "psicologia archetipica". Da lui stesso definita "movimento culturale", questa "re-animazione" della psicologia analitica intendeva oltrepassare l'ambito degli studi clinici e i modelli scientifici per collocarsi più diffusamente nel solco della cultura dell'immaginazione occidentale, tessendo legami con le arti e la storia della società. Ma a differenza delle principali psicologie del XX secolo, che hanno le loro fonti - la lingua tedesca e la Weltanschauung monoteistica ebraico protestante - nell'Europa del Nord, la revisione di Hillman ha origine in quel Sud, in quel mondo mediterraneo che, oltre a essere luogo geografico, culturale, etnico, è anche luogo simbolico, con le sue immagini e i suoi riferimenti, la sua umanità sensuale e concreta, i suoi dei e i loro miti, le cui metafore sono i principali veicoli espressivi degli archetipi, le forme primordiali e irriducibili della psiche. Con un saggio di Silvia Ronchey.
In passato oggetto di aspre critiche, i test riscuotono oggi un crescente successo; non vi è infatti rivista che non proponga più o meno seriamente un test, e diverse sono le opere che sostengono di svelarne i segreti. Questo volume, nell'intento di presentare il tema da un punto di vista scientifico, analizza i test di intelligenza nei diversi aspetti: dalla nascita del concetto di intelligenza e dai primi tentativi di misurarla, alla definizione di test e delle sue proprietà, alla descrizione dei reattivi di intelligenza più diffusi, fino all'applicazione dei test di intelligenza nei diversi ambiti, clinico, educativo e lavorativo. Una guida introduttiva di grande utilità per tutti coloro che a diverso titolo sono interessati alla definizione di intelligenza e alla sua misurazione.
Migliorare le prestazioni delle persone nelle organizzazioni, motivarle all'impegno, promuovere le competenze e la consapevolezza di possederle: sono i punti chiave dell'intervento di coaching, uno dei più recenti contributi della psicologia applicata alla gestione delle risorse umane. Concetti, metodi, strumenti, aspetti operativi e prospettive future: il libro offre una panoramica completa di questa particolare relazione di aiuto che mira a favorire un ambiente di crescita e di sviluppo personale e professionale.
Neuroeconomia, neuromarketing, neuroestetica, neuroteologia...: si affacciano oggi sulla scena nuove e sempre più fantasiose discipline frutto del cortocircuito tra saperi antichi e scoperte recenti sul funzionamento del cervello. Sui media proliferano articoli divulgativi, corredati da foto a colori del cervello, che ci mostrano il luogo preciso dove si sviluppa un certo pensiero o una certa emozione, facendoci credere che sia possibile vedere direttamente, senza mediazioni, il cervello al lavoro. Ma le cose stanno veramente così? Questo volume, scritto da due studiosi di psicologia e neuropsicologia, discute alcuni luoghi comuni associati alla relazione mente-corpo, cervello-psiche, natura-cultura, mettendoci in guardia dalle ricadute culturali che un uso distorto delle possibilità aperte dalle nuove e potenti tecnologie di neuroimmagine può comportare.