
Si è soliti ripetere la celebre affermazione di Raymond Queneau che «i popoli felici non hanno storia». Questo sentire comune non solo è storicamente falso ma è il vero risultato del genio elvetico, capace di convincere il mondo di essere un popolo senza storia, giustificando così la propria esistenza come eccezionale, al di sopra delle parti e al di fuori del tempo. In realtà, la Svizzera ha, forse più di molti Stati, un'appassionante storia europea fatta di violenti conflitti che si manifestano nell'attuale eterogeneità del paese. Proprio queste lacerazioni hanno portato nei secoli all'invenzione di una tradizione e di un'identità comuni, di cui la neutralità permanente è progressivamente divenuta il collante. Così un popolo aggressivo e brutale, 'armatissimo' (come scrive Machiavelli) e bravo come nessun altro in Europa a fare la guerra, muta pelle e si immagina come una placida isola di pace. Posta di fronte a decisioni capitali per la sua stessa esistenza, la Svizzera conosce un conflitto per il controllo del passato che diventa il campo di battaglia privilegiato e la posta in gioco essenziale per ipotecare le scelte future. La Svizzera attuale non pare infatti più in grado di uscire dall'immaginario eterno che lei stessa ha creato.
Che cos'è la salute? Come si tutela questo bene fondamentale della persona? Si può avere un sistema sanitario equo ed efficace? Con il doppio registro dell'analisi politica e del racconto della propria esperienza di governo, Rosy Bindi affronta uno dei nodi cruciali della riforma del Welfare e ripercorre i cambiamenti che hanno investito il Servizio sanitario nazionale negli ultimi decenni. L'autrice della riforma sanitaria dell'Ulivo mette in guardia dai rischi di una strisciante privatizzazione dei sistemi di solidarietà pubblica e affronta le nuove emergenze della sanità italiana: dalla devolution all'invecchiamento della popolazione. Firma la prefazione Romano Prodi.
"In fondo la critica più radicale al potere assoluto e al cesarismo si trova nel Vangelo, perché a Cesare si restituisce la moneta e non si consegn mai la persona, la sua libertà e la sua dignità". Rosy Bindi racconta il suo impegno di cattolica che ha scelto la politica e va al cuore del principio di laicità. In un colloquio franco e diretto affronta le questioni cruciali della nostra democrazia. Scommette sul dialogo tra credenti e non credenti per superare reciproche scomuniche e afferma l'attualità del cattolicesimo democratico. Rilancia la dimensione etica della politica come servizio e ricerca del bene comune.
Il confronto violento che caratterizza lo scenario politico è ormai dilagante anche sul piano comunicativo. Stampa, televisione e social network riflettono questa aggressività in un crescendo che è diventato un modo abituale di esprimersi. All'interno del quadro politico italiano si sente spesso parlare di democrazia incompiuta, in gran parte attribuita proprio a una conflittualità permanente tra le parti: chiunque sia al governo o all'opposizione, la nota dominante è sempre la violenza sistematica del confronto. Per recuperare credibilità e consenso nell'opinione pubblica, occorre quindi riscoprire le virtù politiche essenziali che garantiscano un dialogo efficace e un confronto costruttivo. Serve una rivoluzione per tornare a vivere valori come l'affidabilità, la moderazione, la sobrietà. Perché se la politica è la forma più alta di carità, allora è dalla carità che la politica deve ricominciare. La buona politica ha bisogno di speranza e di fiducia nelle riserve di bene che ci sono nel cuore della gente, malgrado tutto.
La crisi ha prodotto effetti drammatici sul tessuto economico e sociale dei paesi europei. L'aspetto economico, pur rilevante è solo il sintomo di un problema più ampio di natura politica che investe la capacità delle democrazie occidentali di risolvere problemi accumulati da oltre un ventennio. Chi è eletto democraticamente fa fatica a prendere decisioni impopolari che possono compromettere la sua rielezione. L'emergenza diventa così il motore dell'azione politica e il modo di giustificarla di fronte agli elettori, con la conseguenza che la cura - tardiva e varata sotto la pressione dei mercati diventa ancor più dolorosa e impopolare.
Le manovre intorno a Telecom Italia, il crac della Parmalat di Tanzi, l'ascesa dei nuovi finanzieri e non solo: il libro racconta la storia sotterranea del "capitalismo di rapina". I percorsi occulti del denaro, un sottobosco poco illuminato dagli articoli dei giornali, che secondo gli autori spesso non vanno oltre i semplici verbali d'interrogatorio o le intercettazioni telefoniche. Gli autori seguono le tracce dei soldi, entità resa ormai sempre più astratta, tra conti bancari e giochi di sponda in Borsa, fino a ipotizzare complicità ad altissimo livello nelle grandi banche, nelle istituzioni, nel mondo politico, nelle autorità di controllo. Un'affollatissima galleria di personaggi: Fazio, Fiorani, Ricucci, Coppola, Gnutti, tutti finiti sotto i riflettori dei media per effetto delle inchieste giudiziarie, alle cui spalle vive e lavora una folla di banchieri, avvocati, fiduciari. Sono loro a essere definiti come i gran sacerdoti del capitalismo di rapina.
Nel libro vengono pubblicati per la prima volta i documenti relativi al procedimento per frode fiscale a carico di Silvio Berlusconi. Un'inchiesta che si legge come un romanzo e che ha impegnato per anni magistrati e investigatori.
Era un piccolo gruppo di intellettuali e sindacalisti cattolici, poca cosa se si guarda al numero degli iscritti, ma ha contribuito a introdurre alla politica ben due presidenti del Consiglio: Romano Prodi ed Enrico Letta. La Lega democratica nasce nel 1975, dopo la mobilitazione dei "cattolici per il "no"" contro l'abrogazione del divorzio. Per un decennio agisce come gruppo di pressione "a sinistra" della Democrazia cristiana, ma sempre divisa tra due ipotesi di fondo: quella ribadita di continuo da Pietro Scoppola, di impegno nel partito cattolico, per rinnovare dall'interno la politica italiana; e quella di Achille Ardigò, più lontana dai partiti, per un lavoro di formazione politica rivolto alla società civile. Tra il rapimento Moro, l'Assemblea degli esterni e la crisi della Prima Repubblica, la Lega non risolve mai l'ambiguità tra impegno politico e impegno culturale, fino allo scioglimento nel 1987. Ma per tutta la sua esistenza il gruppo contribuisce a formare una nuova classe dirigente cattolica, unendo il pensiero di Sturzo, De Gasperi e Moro all'eredità di Maritain e Dossetti.
Negli ultimi venti anni la Lega si è affermata e consolidata andando ben al di là di un semplice movimento di protesta contro la partitocrazia. Ha mantenuto una sostanziale coerenza con la propria identità originaria, unita a una grande capacità di trasformarsi, cogliendo spesso in anticipo i cambiamenti e i nuovi fenomeni emergenti in Italia o nel contesto internazionale. È riuscita a far avanzare il progetto di accrescere l'autonomia delle regioni del Nord assumendone la rappresentanza politica e a stabilire con le comunità territoriali di riferimento un rapporto 'vero', quale gli altri partiti non sono più in grado di avere. Ha avuto la capacità di far diventare patrimonio del centrodestra molti dei suoi temi privilegiati e in molte situazioni di sostituire i partiti di sinistra nella rappresentanza politica dell'elettorato popolare, in particolare degli operai. Se fino a qualche anno fa i leghisti erano stigmatizzati perché accusati di orientamenti razzisti, oggi il Carroccio è non solo legittimato ma per molti un modello da imitare. Partendo da una ricostruzione delle ragioni dei suoi successi elettorali, Roberto Biorcio affronta i molti interrogativi aperti dalla parabola politica leghista e dalla capacità del partito di Bossi di anticipare e condizionare le trasformazioni della politica italiana.
È un bene o un male per la nostra democrazia che esista un movimento come quello promosso e guidato da Beppe Grillo? Siamo alla riedizione di un'avventura qualunquistica? A una vera alternativa al sistema dei partiti? Per lungo tempo considerato come una stravaganza semifolkloristica, in questo libro il Movimento 5 Stelle viene analizzato con rigore e competenza politologica. È così possibile ripercorrere la storia dei suoi passi falsi e delle sue imprese di successo, ricostruire il profilo dei suoi attivisti, dei suoi simpatizzanti, dei suoi elettori, evidenziare gli elementi positivi e negativi nell'impostazione politica e nell'organizzazione interna. Beppe Grillo è riuscito a coagulare attorno a sé un vero movimento politico, giocando contemporaneamente su tre componenti che in Italia non si erano mai combinate insieme: l'utilizzo nell'arena politica di una notorietà da uomo di spettacolo, la capacità di organizzare un'efficace comunicazione sulla Rete e di usarla come base per la presenza sul territorio, la raccolta e la gestione della protesta contro i partiti e la "casta". Ma perché Grillo e il M5S sono diventati così forti in così poco tempo? "Le soluzioni a queste questioni offerte dalle pratiche sperimentate dal M5S non sono esenti da difficoltà e contraddizioni: ma vanno considerate con molta attenzione, come esplorazioni di possibili vie per il cambiamento della politica italiana, per superare la continua oscillazione fra rabbia, frustrazione e sentimenti di impotenza".
Una profonda trasformazione politica e sociale ha investito il nostro paese negli ultimi vent’anni. Un cambiamento che non poteva non coinvolgere il mondo dell’associazionismo, la parte più attiva e sensibile della società civile. Impegnate in molteplici attività, le reti associative favoriscono la diffusione della cultura democratica e della solidarietà sociale, rafforzando i legami fra le persone e l’efficacia delle politiche pubbliche. Fino agli anni novanta, la loro azione era strettamente intrecciata con quella di altri attori politici, in primo luogo i partiti. Il crollo che li ha travolti avrebbe dovuto trascinare con sé anche le associazioni; al contrario, ci si è rivolti alla società civile come alla principale risorsa per rinnovare la politica, cooptando gruppi dirigenti e mettendola al centro del dibattito pubblico. In un contesto del tutto nuovo, sono cresciute le responsabilità delle associazioni, indotte ad andare oltre le tradizionali funzioni di «scuola di democrazia», per supplire in modo diverso ad alcuni dei compiti storicamente svolti dai partiti e dalle istituzioni pubbliche. Questo libro, frutto di un lavoro collettivo, ricostruisce la storia della partecipazione associativa in Italia, da Tangentopoli a oggi, considerando in particolare un’area molto ricca di reti associative come quella lombarda. Lo fa con un approccio sociologico, che scava nei pensieri e nei comportamenti dei singoli cittadini impegnati in gruppi, comitati, club, centri sociali, cooperative, movimenti e associazioni. Speciale attenzione è dedicata alle disuguaglianze di genere, alla dimensione religiosa e al rapporto dei volontari con la cultura politica della sinistra. Interviste, sondaggi e osservazioni raccolti nel corso di vent’anni sono usati per delineare il profilo, le differenze e le trasformazioni nel tempo degli attivisti di tutti i settori associativi. Ne emerge una storia unica della partecipazione sociale, e di ciò che ha offerto alla democrazia in Italia.
Segreti, tradimenti e passioni di chi comanda oggi in Italia. Per la prima volta nella storia della Repubblica, a comandare in Italia è una donna. Giorgia Meloni ha fondato un partito, ha vinto le elezioni ed è decisa a imporre una nuova classe dirigente, anche a costo di scontentare alleati, colleghi di partito e pezzi di apparato burocratico e dei servizi segreti. Ma cosa sta succedendo realmente all'interno dei Palazzi del potere? Luigi Bisignani e Paolo Madron, in un'incalzante conversazione, raccontano la lotta in corso per entrare nelle stanze dove si decidono le sorti del paese e per sedersi ai tavoli che contano davvero: senza fare sconti a nessuno svelano i retroscena, i complotti, i patti stretti più o meno alla luce del sole per accaparrarsi le poltrone migliori nei ministeri, nei consigli di amministrazione delle partecipate, nelle segreterie. Nel raccontare la traiettoria politica che ha condotto una giovane militante delle sezioni della destra romana fino alla presidenza del Consiglio, "I potenti al tempo di Giorgia" disegna una mappa imprescindibile per individuare, nome per nome - da Elly Schlein a Marina Berlusconi -, quali sono i sorprendenti vincitori e quali i furiosi sconfitti di questa guerra all'ultimo sangue nei primi anni dell'era Meloni.

