
«Raggiungeremo l'ordine democratico solo con la partecipazione di tutti in quanto persone, il che corrisponde alla realtà umana. E l'uguaglianza di tutti gli uomini, "dogma" fondamentale della fede democratica, dovrà essere uguaglianza tra persone umane, non tra qualità o caratteri, perché uguaglianza non significa uniformità. È, al contrario, il presupposto che permette di accettare le differenze, la ricca complessità umana e non solo quella del presente, ma anche quella dell'avvenire. È la fede nell'imprevedibile. Sarà un'utopia pensare che quest'ordine, invece di escludere delle realtà, le possa includere piano piano tutte quante?»
Se la pratica e la teoria del socialismo sono oggi messi in crisi dai fallimenti tragici, le sue idee, i partiti che ne furono espressione,i suoi riflessi sociali e morali hanno fatto parte della realtà dell'Italia e dell'Europa in modo non marginale per più di un secolo. Zangheri ha voluto studiare il socialismo oltre ogni restrizione di partito o dottrina, ricostruendo una storia in cui hanno ugualmente posto libertari e autoritari, massimalisti e riformisti, socialisti liberali e comunisti.
In meno di cinquant'anni l'Unione Europea è diventata il secondo attore globale dopo gli Stati Uniti d'America, e con l'adozione definitiva del Trattato costituzionale da parte delle istituzioni europee, firmato a Roma nell'ottobre 2004, essa ha assunto anche un'identità politica che potrà giocare un ruolo rilevante nella struttura del mondo del XXI secolo. In questo processo le questioni riguardanti l'istruzione e l'educazione hanno naturalmente un peso rilevante. Il volume presenta le problematiche educative che nel corso degli anni sono entrate gradualmente nell'agenda delle istituzioni europee, a partire dagli anni '60 fino alle ultime decisioni adottate il 31 dicembre 2004, e mette a fuoco l'impegno profuso in questo campo dai pedagogisti di ispirazione cristiana e dal Magistero della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II ad oggi, nella consapevolezza che le sfide educative lanciate dalla società complessa e dal pluralismo culturale e religioso e le prospettive di lavoro che da esse derivano richiedono anche per il futuro, sia alle istituzioni civili che a quelle ecclesiastiche, un'attenzione ancora più adeguata e significativa.
Il Vecchio Continente pare avvitato su sé stesso. L'unità politica è lontana, la finanza ha preso il sopravvento in una palese spinta antidemocratica, la deriva turbocapitalistica sta minando lo stato sociale. L'immigrazione viene vissuta come minaccia, le spese militari si impennano. L'Europa come l'avevano sognata i suoi fondatori non c'è. Ci sarà? Un missionario, che dall'Africa è tornato nel cuore dell'Europa, traccia un cammino di rinascita del sogno europeista: meno finanza e più beni comuni, maggior impegno eco-solidale e meno austerità.
Deportazioni, torture, pulizia etnica, esecuzioni di massa: solo nel XX secolo la comunità internazionale ha progressivamente elaborato norme per affermare che certi comportamenti sono crimini e per disporre la punizione dei responsabili. L'autore del volume illustra tutto il percorso che, a partire dal processo di Norimberga, ha condotto al passaggio da una logica di emergenza alla istituzionalizzazione della giustizia penale internazionale.
Sergio Zavoli riprende il cammino inaugurato da quel "Viaggio intorno all'uomo" che come scrisse Carlo Bo, "mette a prova il pensare e il sentire su questioni che vanno sempre più al fondo della nostra presenza nel mondo, affrontandone lucidamente gli aspetti cruciali: la creazione e il caos, la natura e la storia, la ragione e la fede, la scienza e l'etica, l'ideologia e la morale". Un testimone del nostro tempo guida il lettore nel complesso scenario della nostra storia recente e attraverso una serrata interrogazione, la percorre dal secondo conflitto mondiale a oggi, con quell'11 settembre 2001 che ha mutato il volto delle vicende umane, segnando mentalità e politiche, costumi e destini, e non solo di una generazione. E come se queste pagine fossero state pensate e scritte nel desolato spazio di Ground Zero, per celebrare una sorta di processo epocale alle nostre stoltezze e concluderlo affrontando il più grave dei pericoli, cioè la mancanza di percezione del pericolo. Non è più vero che, come disse Abraham Lincoln, "il futuro arriva solo un giorno alla volta": la velocità con cui ci viene incontro è tale che sembra già nella nostra storia. Questa urgenza smaschera la pochezza del relativismo. Ciascuno deve tornare a misurarsi con la millenaria lezione dell'etica per definire e regolare la disputa tra Bene e Male, tra lecito e illecito, da sottrarre a ogni fondamentalismo e da affrontare, invece, con la più inquietante delle saggezze, quella del dubbio.
Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato, è noto, il modo di far politica, disegnando un quadro sicuramente innovativo e, per molti versi, allarmante. Tra falsi profili, propaganda selvaggia, disinformazione e problemi di sicurezza, la nuova politica digitale riveste oggi un ruolo centrale in ogni Stato. In questo libro sono affrontati i temi dell’uso spregiudicato dei big data, del "governo tramite gli algoritmi", della politica smart attraverso l’utilizzo di app e di grandi piattaforme consultive, della profilazione politica di tutti i cittadini (mostrato al mondo dal clamoroso caso di Cambridge Analytica), del "giocare sporco" online diffondendo fake news e attacchi gratuiti agli avversari e della sicurezza informatica dei dati e delle attività dei politici.
L'episodio biblico dal quale trae ispirazione il titolo di questo libro è quello in cui il profeta Giona si indigna con Dio perché non distrugge Ninive, città nemica di Israele, sterminandone gli abitanti dapprima minacciati da Dio per i loro peccati ma poi salvati perché convertitisi. Il libro di Giona viene richiamato nel dialogo tra il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, figura tra le più eminenti e popolari del cattolicesimo contemporaneo, e Paola Ziccone, operatrice del Diritto da decenni impegnata nel mondo carcerario e nella pratica della mediazione penale. Il resoconto di questo dialogo, che costituisce la parte centrale del volume, si è svolto in alcuni incontri avvenuti durante il periodo del lockdown della primavera 2020: un momento di sofferenza e paura planetaria, che ha condotto miliardi di persone a vivere contemporaneamente un'esperienza di separazione, segregazione, costrizione, com'è quella del carcere.
L'Unione Europea prometteva di assicurare la prosperità attraverso l'integrazione, ma è diventata simbolo di austerità, di conflitto, di perturbazioni sociali e politiche scaturite dalla crisi economica che non è riuscita ad arginare. Pensare un nuovo modello di integrazione che guardi oltre le regole di bilancio e i problemi di leadership è un'esigenza che non possiamo più rinviare. Se l'Unione Europea può fallire, l'integrazione deve proseguire. Zielonka ci incita a pensare con coraggio e creatività un'unità radicalmente diversa da quella attuale. La sua proposta è un nuovo modello di integrazione: funzionale, polifonico, democratico, efficace.
In tutta Europa è in atto una vera e propria contro-rivoluzione che attacca i fondamenti liberali del continente. Alcuni dei 'controrivoluzionari' sono neofascisti, altri sono neocomunisti; alcuni sono contro l'austerità, altri contro i musulmani; alcuni sono secessionisti, altri nazionalisti; alcuni sono moderati, altri estremisti. Ma tutti hanno una cosa in comune: sono contrari all'ordine liberale e ai suoi progetti chiave come l'integrazione europea, il liberalismo costituzionale e l'economia liberista. In tutta l'Europa il sistema liberale pare sgretolarsi. Non solo a Varsavia o Budapest, ma anche a Londra, Roma, Atene e Parigi. I cittadini europei si sentono arrabbiati e in pericolo. La violenza politica è in aumento. Come è possibile che un continente prospero e pacifico stia andando in pezzi? Jan Zielonka, liberale di lungo corso, riflette in modo critico e autocritico sulla caduta del liberalismo e sulla nascita di movimenti populisti in tutto il continente partendo da un dato: i populisti guadagnano voti perché i liberali hanno completamente screditato il loro nobile progetto. La lista delle colpe dei liberali dal 1989 è lunga: le diseguaglianze sono drammaticamente cresciute, l'evasione fiscale si è diffusa, i tagli alla spesa sociale sono ben noti. I liberali non hanno davanti una strada facile: quanto prima capiranno il senso di quel che sta accadendo, tanto maggiori saranno per loro le possibilità di rendere di nuovo credibile il loro progetto.
Le prospettive per il futuro sono piuttosto fosche: nonostante i progressi scientifici, la pandemia ha fatto morire milioni di persone; despoti come Vladimir Putin uccidono innocenti e minacciano l'annientamento nucleare; il degrado ambientale va avanti; la disuguaglianza ha raggiunto livelli senza precedenti; il capitalismo passa da una crisi all'altra. Il futuro è sempre più cupo perché la politica democratica non si presta a maneggiare il tempo e lo spazio in modo tale da proteggere gli interessi delle generazioni future e da travalicare i confini nazionali. È ovvio che per restituire significato al futuro e renderlo desiderabile abbiamo bisogno di politici con una visione ampia del tempo e dello spazio. Abbiamo bisogno di riformare e forse persino di reinventare la democrazia e di mettere in atto un nuovo sistema di governance globale, meno concentrata sull'adozione e sull'applicazione di leggi rigide e più aperta alla mediazione, al coordinamento. Insomma, possiamo ancora recuperare il futuro perduto e farlo nostro.