
Violante affronta il tema delle nuove geografie politiche nell'età della globalizzazione e dei profondi squilibri a queste connesse. Caduto il muro di Berlino, il pianeta è dominato dall'egemonia americana, dalle sue logiche economiche e dai suoi stili di vita. La contrapposizione frontale tra Occidente e Islam concorre a scardinare i precari equilibri costruiti nel tempo fra Occidente e paesi arabi moderati e ridà fiato agli ideali di una nazione islamica vittoriosa, dove politica e religione finiscono per istigarsi reciprocamente.
Qual è oggi il ruolo dei giudici nella società e nello Stato? La perdita di credibilità della politica e l'indebolimento dei valori morali hanno portato la sfera di influenza del diritto a espandersi a dismisura. La politica guarda con sospetto l'intraprendenza della magistratura, mentre i cittadini incoraggiano i giudici che colpiscono i politici, almeno finché non vedono toccati i propri interessi. Come evitare il conflitto permanente e garantire invece un ragionevole equilibrio tra politica e giustizia?
Contestare il fondamento stesso di indagini che possano delegittimare gli eletti dal popolo è sbagliato, ma alla magistratura si richiede una nuova responsabilità. Ai valori di uguaglianza e promozione sociale, che hanno portato nel tempo dall'età della legge all'età dell'interpretazione della legge, è opportuno affiancare i valori di unità e responsabilità, privilegiando nel quotidiano esercizio della propria funzione la certezza del diritto e della sua interpretazione. Non c'è altro modo per evitare il conflitto permanente con la politica e il rischio di delegittimazione della stessa magistratura.
Un Paese pregiudica la propria rispettabilità non solo quando i politici mentono, ma anche quando i cittadini tollerano quelle menzogne. Non raramente i cittadini tollerano la menzogna del politico sperando nella sua tolleranza verso le proprie menzogne: è il caso, ad esempio, dell'evasione fiscale. La società diventa così complice della cattiva politica. Le rivolte rancorose sono la risposta sbagliata; promuovono un nuovo inizio solo apparente e aprono un varco attraverso il quale le cattive abitudini passano, con vesti diverse, da una fase all'altra della storia del Paese. I cittadini devono sconfiggere la menzogna e i suoi corollari, chiedendo la verità ai politici, anche e soprattutto ai propri, esigendo che siano controllati, chiedendo conto delle scelte adottate, togliendo decisamente la fiducia quando vengono meno agli impegni.
La democrazia non si trova in natura: è un prodotto artificiale, frutto della ragione e del desiderio di libertà. Se non è curata, alimentata e potenziata, appare inevitabile la sua crisi di fronte all'apparente maggiore efficacia del dispotismo: oggi solo il 40 per cento della popolazione mondiale, una minoranza, vive in democrazia. Inoltre, stiamo vivendo un cambiamento d'epoca, segnato dalla crescita della globalizzazione e dalla digitalizzazione: le politiche pubbliche dei diversi Stati sono interdipendenti; l'infosfera ha compresso il tempo e lo spazio; le grandi migrazioni hanno messo in crisi il senso di identità di milioni di persone; la quarta rivoluzione industriale cambierà i processi produttivi e le relazioni sindacali; crescono le diseguaglianze; la sfiducia nelle élites esperte anima populismi e nazionalismi etnici. È dunque necessaria una nuova cultura politica per sostenere la democrazia.
Ricostruire la fiducia tra magistrati, politici e cittadini. Circuiti di potere chiusi in sé stessi finiscono per diventare tecnocrazie autoreferenziali che corrodono la democrazia. Ordinamento giuridico e politico confinano: all'arretramento dell'uno corrisponde l'avanzamento dell'altro. La stagione di Mani pulite e delle stragi di Palermo segna l'apice di uno squilibrio tra giustizia e politica i cui antecedenti erano ravvisabili già in precedenza e che vengono ripercorsi nel dialogo tra un osservatore di lungo corso della politica e un protagonista della magistratura prima e della politica poi. Nella crisi susseguitasi a quella destabilizzazione la dimensione del potere ha prevaricato quella del servizio. L'intreccio tra regole confuse, prassi arbitrarie, apatie professionali e insipienze politiche ha generato un inaccettabile disordine normativo che oggi fa barcollare il sistema giudiziario, rendendolo privo di legittimazione. Da qui la necessità di una ricomposizione su cui gli autori, ragionando con ampiezza di scenario, avanzano le proposte necessarie.
"Se la politica è l'arte del possibile, il compromesso è la sottile abilità della democrazia. D'altra parte respingere a priori ogni tipo di compromesso in nome della purezza politica costituisce la migliore garanzia della conservazione dello stato delle cose esistenti. La purezza politica non è certamente disdicevole, ma è in genere accompagnata dalla pericolosa convinzione di essere detentori di tutta la verità ed è perciò una caratteristica propria dei partiti, degli stati d'animo e dei regimi totalitari. Superare le fratture, comunicare fiducia, ricostruire una comunità nazionale è un dovere inderogabile per le classi dirigenti."
"Ricostruire la vicenda dei recenti rapporti tra mafia, politica e giustizia è impresa non da poco, soprattutto per i contrasti che oggi avvelenano il rapporto tra le istituzioni. Uno dei pochi in grado di farlo è Luciano Violante". (Daniele Rocca, L'Indice). "Tornare a mettere la lotta alla mafia al centro dell'iniziativa politica per il rinnovamento del paese. Tornare a osservare da vicino Cosa Nostra, non facendosi ipnotizzare dall'assenza dei delitti e delle stragi. Tornare a incalzare il governo su un tema che negli ultimi tempi è stato depotenziato se non addirittura occultato. Luciano Violante passa al setaccio dieci anni di criminalità organizzata e ci spiega perché la mafia è una questione ancora aperta". (Saverio Lodato, l'Unità)
Senza magistrati e senza forze dell'ordine con il senso del dovere, la sicurezza della persona e delle proprietà può solo degenerare nell'arbitrio dei violenti e della criminalità. Senza medici e personale sanitario con il senso del dovere, il diritto alla salute diventa una crudele finzione. Senza insegnanti con il senso del dovere, il diritto all'educazione e alla cultura rimane privilegio di pochi. Senza doveri, insomma, niente libertà. In un Paese in cui per molto tempo le battaglie sui diritti hanno offuscato la questione dei doveri e in cui sempre più spesso chi sceglie di opporsi alla discriminazione e all'individualismo politico e sociale viene bollato come "moralista", la vera sfida per tutti i cittadini, ma soprattutto per le élites politiche, imprenditoriali e intellettuali, è quella di battersi con forza per una rinascita civile a partire dalla fondamentale lezione sull'equilibrio tra diritti e doveri che ci viene dal Risorgimento, dalla Resistenza e dalla nostra Costituzione. In questo saggio ricco di esempi tratti dalla storia, dalla letteratura e dalla cronaca, Maurizio Viroli riflette non solo sulla bellezza e la dignità del senso del dovere, ma ci indica anche una strada, tanto difficile quanto necessaria, per riappropriarci di un valore dimenticato.