
Il piacere e la pratica del dubbio, l'Occidente e l'Oriente, il Vietnam e l'Afghanistan, il carcere e la pena di morte, la militarizzazione della politica internazionale, gli Usa e il comunismo raccontati da Pietro Ingrao in un intenso dialogo con Claudio Carnieri. La storia di un percorso di vita vissuto da protagonista, un libro "scomodo" in cui non si risparmiano critiche severe, analisi lucide e appassionate del secolo rifuggendo sia dalla retorica politica, sia da giudizi sommari.
Nel clima di crisi globale, anche in Italia stanno venendo alla ribalta questioni come l'impoverimento del ceto medio e le disuguaglianze crescenti, e tuttavia il racconto prevalente continua a rassicurare sulla tenuta complessiva del nostro Paese, sia dal punto di vista economico che sociale.
Marco Revelli ha un'opinione diversa. Utilizzando le statistiche ma anche le storie di cronaca, raccontando la difficile realtà dell'economia e della povertà ma anche le emozioni che corrono sotto la superficie visibile sui mass media, in questo libro Revelli ci mostra un'Italia terribilmente fragile, in cui molti, caduta la speranza di migliorare le proprie condizioni, cercano un effimero risarcimento a danno degli ultimi, spingendoli sempre piú giú, sempre piú ai margini. Un Paese in cui i fondamenti della convivenza civile e forse della stessa democrazia sono erosi dalle disuguaglianze e dal modo in cui la politica, invece di attenuarle, cavalca i risentimenti e il rancore da esse generati. Un Paese in cui «forse per la prima volta nella storia il motto del Boccaccio: "Solo la miseria è senza invidia", non è piú valido».
Dall’antico grido di libertà del gladiatore e schiavo ribelle Spartaco alle nuove lotte nelle fabbriche moderne: secoli di storia della povertà. Di quei poveri che si auto-organizzano per liberarsi dallo sfruttamento, per il potere dei poveri, dei proletari, fino a uccidere e uccidersi tra loro, come testimonia la storia. I conflitti dei poveri sono descritti attraverso le storie di insurrezioni medioevali, rivolte, manifestazioni, proteste, di atti di pace e dialogo ed episodi come le guerre dei contadini durante la Riforma protestante tra fine Quattrocento e Cinquecento, le dinamiche dei rivoluzionari del 1789 a Parigi, dei proletari nella Russia del 1917. Non una sola storia, ma differenti interpretazioni. L’analisi viene condotta alla luce delle scienze umane: vengono descritti i complessi meccanismi della psicologia politica e dei raccordi con la sociologia nei processi di urbanizzazione e secolarizzazione, con la genesi antropologica del “capro espiatorio”.
Paolo Sorbi, sociologo laureatosi a Trento alla fine del’68, è stato tra i protagonisti del movimento di lotta antiautoritario degli studenti di Sociologia. Professore straordinario di Sociologia, per quasi quindici anni, all’Università Europea di Roma, dirige il CRIPPEG (Centro di Ricerche di psicologia politica e geopolitica) di quell’Università con una sede anche a Gerusalemme. Tra i suoi testi: Emergenza antropologica. Per una nuova alleanza tra credenti e non credenti (con P. Barcellona, M. Tronti e G. Vacca, Guerini, 2012). Collabora con «Avvenire» e «Vita e Pensiero» sui temi della globalizzazione e dell’ebraismo contemporaneo.
L'idea di democrazia, ha scritto Hans Kelsen, implica l'assenza di capi.
In un paese come l'Italia che ha conosciuto il fascismo, l'idea stessa del capo quale espressione della volontà popolare è un'insidia micidiale per il futuro della democrazia.
I poteri, lasciati senza limiti e controlli, tendono a concentrarsi e ad accumularsi in forme assolute: a tramutarsi, in assenza di regole, in poteri selvaggi. Di qui la necessità non solo di difendere, ma anche di ripensare e rifondare il sistema delle garanzie. Solo un rafforzamento della democrazia costituzionale, attraverso l'introduzione di nuove e specifiche garanzie dei diritti politici e della democrazia rappresentativa, consente infatti di salvaguardare e di rifondare sia l'una che l'altra. L'idea elementare che il consenso popolare sia la sola fonte di legittimazione del potere politico mina alla radice l'intero edificio della democrazia costituzionale. Ne derivano insofferenza per il pluralismo politico e istituzionale; svalutazione delle regole; attacchi alla separazione dei poteri, alle istituzioni di garanzia, all'opposizione parlamentare, al sindacato e alla libera stampa; in una parola, rifiuto del paradigma dello Stato costituzionale di diritto quale sistema di vincoli legali imposti a qualunque potere.
Il diario, anche autocritico, dell'ex direttore del "Corriere della Sera" e del "Sole 24 Ore". Oltre quarant'anni di storia del nostro paese e del mondo vissuti da uno speciale punto di osservazione. Scena e retroscena del potere in Italia, dalla finanza alla politica e alle imprese, dai media alla magistratura, con i ritratti dei protagonisti, il ricordo di tanti colleghi, episodi inediti, fatti e misfatti, incontri, segreti, battaglie condotte sempre a testa alta e personalmente: per la prima volta Ferruccio de Bortoli, un punto di riferimento assoluto nel giornalismo internazionale, racconta e si racconta. Con molte sorprese. "I buoni giornalisti, preparati, esperti, non s'inventano su due piedi. Ci vogliono anni. Cronisti attenti che vadano a vedere i fatti con i loro occhi, non fidandosi dell'abbondanza di video, sms, tweet e post su Facebook. Che vivano le emozioni dei protagonisti, le sofferenze degli ultimi, le ragioni degli avversari e persino dei nemici. Che non siano mai sazi di verifiche, ammettano gli errori inevitabilmente frequenti, e conquistino la fiducia dei loro lettori e navigatori ogni giorno, ogni ora. Giornalisti indipendenti, con la schiena dritta, che non cedano alla comoda tentazione del conformismo. Dimostrandosi utili alla società e al loro paese non facendo mancare verità scomode e sopportando sospetti e insulti di chi non le vorrebbe sentire. È accaduto molte volte. Una classe dirigente responsabile affronta per tempo e al meglio i problemi seri che un giornalismo di qualità solleva. Certo, è scomodo, irritante. Qualche volta apparentemente dannoso. Ma quanti sono i danni di ciò che non abbiamo saputo o non abbiamo voluto vedere. Un buon giornalismo, in qualunque era tecnologica, rende più forte una comunità. Quando tace o deforma, la condanna al declino. Negli ultimi anni in Italia, salvo poche eccezioni, è successo esattamente questo."
In oltre vent'anni non è ancora stato chiarito il mistero della morte di Roberto Calvi. Affrontando spese altissime e con l'aiuto di investigatori privati, il figlio Carlo ha condotto indagini in tutto il mondo, raccogliendo materiale ritenuto prezioso dagli inquirenti e che ora viene messo a disposizione del pubblico. In questo libro racconta senza remore i risultati della sua ricerca e formula varie considerazioni sui nuovi "poteri forti" e l'ascesa dell'Opus Dei. Ne ha raccolto la testimonianza Ferruccio Pinotti, giornalista de "L'Arena di Verona" e collaboratore di diverse testate nazionali.
Al pari di tante altre, la parola “potere” viene utilizzata nella comunicazione di tutti i giorni. Ognuno di noi la pronunzia e l’ascolta senza lasciare trasparire dubbi di sorta. Ma si tratta di una parola che evoca molte cose e che delimita un territorio della cui identità non siamo affatto certi. Questo volume svolge una funzione chiarificatrice. Con appropriata scelta metodologica, il fenomeno del potere viene “scomposto” e ridotto ai suoi elementi più semplici. L’analisi prende avvio dal rapporto intersoggettivo. È così che viene individuato il momento in cui, conferendo agli attori differenziati gradi di autonomia, la sovraordinazione e la subordinazione prendono corpo. Quel che viene dapprima “decifrato” è quindi il potere infrasociale, quello che nasce dalle relazioni interindividuali. Il che costituisce la base per giungere al potere pubblico, che è il potere esercitato dai governanti sui governati. Il suo processo generativo viene “disaggregato”. Con l’aiuto di una letteratura sovente trascurata, vengono isolati i “fotogrammi” indispensabili alla comprensione del fenomeno. Ne emergono ragioni, abusi e mistificazioni. Tutti gli orpelli che rivestono il potere vengono in tal modo strappati, il suo volto oscuro illuminato. È all’opera una teoria tramite cui le posizioni sociali conseguite mediante il confronto (e quanto sappiamo fare per gli altri) vengono nettamente separate da quelle occupate per mezzo della simulazione e il sostegno delle strutture coercitive. Ciò rende possibile “misurare” ogni situazione storico-sociale, dare evidenza ai fenomeni di «sfruttamento politico», smascherare l’inganno presente nella promessa totalitaria di “riplasmare” la condizione umana. Ed è possibile identificare gli accorgimenti istituzionali attraverso cui limitare il potere dell’uomo sull’uomo. Il volume è uno strumento di difesa degli indifesi, una straordinaria fonte di apprendimento. Ne è stata già annunziata l’edizione inglese e spagnola.
Bollettino di Dottrina Sociale della Chiesa - Numero 4 anno IX, dedicato agli insegnamenti di Benedetto XVI sui temi legati alla Dottrina Sociale della Chiesa, e in particolare al rapporto tra impegno politico e coscienza religiosa.
Quali fattori rendono la "società libera", nelle sue rare incarnazioni storiche, così poco libera? Come mai il pensiero liberale ha prodotto descrizioni tanto insoddisfacenti della politica? Perchè il liberalismo ha sempre incontrato grandi difficoltà nel pensare la politica in modo realistico? Fra questi interrogativi esiste, secondo l'autore, uno stretto legame. Se, infatti, gli ostacoli a una più compiuta realizzazione della società libera sono di natura politica, l'incapacità del liberalismo di pensare la politica è parte integrante del problema. Un libro che tenta di comprendere meglio il rapporto fra potere politico e libertà individuale.
Dall’esercizio «muscolare» del potere a una politica di cooperazione internazionale fondata sull’assunzione collettiva di responsabilità. È il progetto politico di Obama, che, in netta rottura con l’era Bush, ricorda come l’America sia stata forte quando ha saputo unire il potere di comando (hard power) al potere di attrazione (soft power), nella sintesi dello smart power. Declinazione che mira a rilanciare, insieme a una nuova idea di leadership, il ruolo degli Stati Uniti nel mondo.
Il libro parte dalla constatazione che oggi, in Italia ma non solo, tra politica e potere c'è confusione e che da ciò la politica esce immiserita e ridicolizzata. C'è un attaccamento al potere, che fa da surrogato all'incapacità di agire efficacemente. Così, più che farne una questione morale, vengono qui indicate le mosse strategiche che fanno uscire dall'impotenza. In sintonia con un femminismo che ha preso le distanze dal potere, viene portata una lettura simbolica dei cambiamenti in corso, affrontando il corpo a corpo tra politica e potere attraverso una interrogazione del risvolto soggettivo, sentimentale e affettivo del nostro vivere la contraddizione tra questi due piani. Solo la politica, e non il potere, ha la capacità simbolica di aprire nel tessuto dei fatti un corso nuovo di eventi.
Arnaldo Forlani è stato per cinquant'anni protagonista della vita polìtica e istituzionale italiana. Le sue idee e la sua azione l'hanno segnata in particolare in due periodi. Il primo - tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70 - in cui si esauriva la politica di centro-sinistra avviata da Moro nel 1962. Il secondo negli anni '80, quando nella Dc Forlani è stato il più convinto sostenitore dell'alleanza strategica tra la Dc e il Psi di Craxi, al fine di creare anche in Italia le condizioni di un bipolarismo in grado di fare fronte ai nuovi, giganteschi problemi posti dalla fine della guerra fredda e dall'inizio della globalizzazione. Il racconto di fatti vissuti come protagonista da Arnaldo Forlani, e le sue valutazioni e giudizi su vicende e uomini che hanno inciso profondamente nella storia contemporanea dell'Italia, meritano dunque l'attenzione degli storici, dei politici e di quanti siano interessati a conoscere meglio le radici di vicende che spesso influenzano anche l'attualità politica e istituzionale.

