
Antonio Meucci è il geniale ideatore del telefono che non riuscì a trarre alcun beneficio dalla sua invenzione. A più di un secolo di distanza, si può dire che la sindrome di Meucci abbia colpito l'Italia intera. Mentre tutto il mondo scopre l'importanza della qualità di vita e della dimensione estetica, mentre i grigi computer si trasformano in oggetti di design, mentre perfino gli inglesi imparano a mangiar bene, da noi si parla di declino irreversibile. Nel nuovo capitalismo culturale, sostiene l'autore, gli italiani dovrebbero muoversi con la sicurezza di tanti piccoli Scarface, anziché arrovellarsi in una crisi che è prima di tutto psicologica e culturale.
A quindici anni dalla sua fatidica "discesa in campo", Silvio Berlusconi continua a dividere l'Italia. E non solo tra elettori di destra e di sinistra, ma anche trasversalmente all'interno dei rispettivi schieramenti. Amato e odiato in ugual misura, considerato da una parte come il salvatore della Patria e dall'altra come un pericolo per la democrazia, il Cavaliere spacca l'opinione pubblica nazionale in due grandi partiti contrapposti: i filoberlusconiani e gli antiberlusconiani, tanto fanatici i primi quanto irriducibili i secondi. Campione di un moderno populismo mediatico, e a dispetto di un macroscopico conflitto d'interessi senza uguali al mondo, "l'uomo di Arcore" ha alterato il senso comune degli italiani, compresi quelli che non votano per lui, modificando nel bene o nel male i loro valori e stili di vita: il berlusconismo - inteso come un impasto di individualismo esasperato, edonismo e iperconsumismo - ha finito per contagiare perfino i suoi avversari e oppositori. È la Sindrome di Arcore che - come quella di Stoccolma - induce il popolo dei teledipendenti, prigionieri del tiranno mediatico, a innamorarsi del loro carceriere. Ma ora la crisi economica globale minaccia di mettere fuori gioco il berlusconismo, con tutti i suoi miti e le sue false illusioni.
Il libro racconta la storia di simboli politicamente decisivi. Alcuni, come il fascio littorio, la falce e il martello, il guerriero di Pontida o la croce di Lorena, si legano ad esperienze collettive che hanno segnato il Novecento. Altri, come il biscione lombardo o i quattro mori sardi, hanno rappresentato per secoli l’espressione di un’identità regionale, mentre la donna turrita è stata figura di un insieme difficile da impersonare, l’Italia. Altri ancora, infine, come il berretto della libertà, hanno interpretato la resistenza alla tirannide e la difesa dei propri diritti. Tutti hanno assunto un significato che andava al di là di un più o meno casuale riferimento culturale. Sono stati oggetto di amore e di odio, di investimenti emotivi e di passioni intellettuali, di violenza cieca e di dedizione spinta fino al sacrificio.
Come si spiega questo protagonismo dei simboli e quale senso ha ripercorrerne la storia? E qual è la ragione della loro capacità di mutare, di adattarsi a diversi contesti, di rimanere attivi entro nuovi quadri culturali? A queste domande il libro cerca di rispondere, ricostruendone passo per passo la storia e la mutevole ed agitata vita terrena, alla ricerca del segreto della loro forza e della funzione che hanno svolto, e che svolgono, nella vita politica.
Francesco Benigno insegna Storia moderna all’Università di Teramo.
Luca Scuccimarra insegna Storia delle dottrine politiche all’Università di Macerata.
C'è un tema negletto gonfiato dalla retorica e sottovalutato nella pratica: i simboli politici. Se tutta la realtà fosse scoperta davanti ai nostri occhi, non avremmo bisogno di loro. I simboli, quelli della politica in particolare, servono invece per accedere al mondo, reale ma astratto, dei rapporti tra noi anche in assenza di contatti concreti e perfino in assenza di una conoscenza diretta. Proprio perché la vita collettiva è fatta in larga parte di relazioni impersonali inadatte ad essere descritte come se fossero tangibili, abbiamo bisogno della simbolica politica. Per interpretare, specie nella grande trasformazione in corso, bisogni e aspirazioni, attrarre forze, produrre concretamente fiducia in vista di un futuro che non sia semplice ripetizione del presente.
Nella sua breve vita, la seconda Repubblica ha riservato molte sorprese. La vittoria inaspettata del Cavaliere nel 1994, nel pieno del ciclone di Mani pulite. La rivincita ulivista del 1996. La stagione di transizione dal 1998 al 2001. La nuova vittoria di Berlusconi nel 2001, e il governo con la maggiore durata della storia repubblicana. Le strane elezioni del 2006, finite con un quasi perfetto pareggio. La crisi post-voto del centrosinistra, il tramonto del prodismo e l'ascesa temporanea di Veltroni. E poi la netta, schiacciante vittoria berlusconiana del 2008, che ha innescato la parabola discendente del leader del Pd e la crisi del suo partito, sempre meno capace di attirare consensi. Fino alla disfatta di Soru in Sardegna, che ha costretto il Walter nazionale a gettare la spugna. Alessandro Amadori è tra i principali studiosi italiani di psicopolitica, disciplina che ha applicato nel volume "Mi consenta", fornendo un'analisi originale e innovativa del fenomeno Berlusconi. Questo nuovo libro interpreta gli avvenimenti della seconda Repubblica e i comportamenti elettorali in una duplice prospettiva. Da un lato, evidenziando i punti di forza del Cavaliere, la personalità di gran lunga dominante la scena politica nazionale. Dall'altro smascherando le debolezze del centrosinistra italiano e spiegando le ragioni di una crisi che sembra destinata a durare. "Silvio, tu uccidi una sinistra morta!" è un essenziale sunto di storia italiana contemporanea.
"In fondo, chi può stabilire se questi tempi siano o meno tristi? Ovviamente: chi li vive. Chi li attraversa e li valuta. In questo caso, la mia tristezza dipende e deriva dalla 'mia' difficoltà ad accettare quel che mi avviene intorno. Faccio fatica e anzi non riesco a riconoscermi in questo territorio informe, in questa plaga immobiliare per me senza senso; dove le relazioni personali sono povere e rarefatte, dove le persone si chiudono e si isolano, comunicano attraverso i cellulari, internet, i social network, dove le paure sono le lenti degli occhiali con cui guardiamo gli altri e il mondo, dove il mondo e gli altri arrivano nelle case e agli occhi delle persone attraverso i media, dove la politica è antipolitica, dove i partiti non sono più idee e associazioni ma leader e oligarchie, senza idee e senza associazioni; e vivono a pieno tempo nei telesalotti. Fatico a orientarmi dove gli stranieri appaiono nemici, dove anche gli altri appaiono nemici. Perché tutti diventano stranieri - e potenzialmente nemici, altri da noi - in un mondo e in un territorio che non conosciamo e in cui non ci riconosciamo. Per questo ho - e, forse, abbiamo - bisogno di bussole. Per procedere e orientarsi nella nebbia, cognitiva ed emotiva, prodotta dal nostro tempo. Almeno ai nostri - miei - occhi."
Il diario politico del 2011 raccontato dal più corrosivo e implacabile tra i giornalisti italiani. Un appuntamento che ogni lunedì tiene incollate al video migliaia di persone, in diretta sul seguitissimo blog di Beppe Grillo. In molti l'hanno capito, è l'occasione unica per informarsi davvero, rompere con il sistema addomesticato dell'informazione televisiva ed entrare direttamente dentro la cronaca, gli scandali e l'attualità politica. Finalmente senza filtri. Ruby e i festini di Arcore; P2, P3 e P4; Berlusconi e i processi; i referendum e il crollo dei partiti; le elezioni regionali e la sconfitta del Pdl; lodi e leggi ad personam... Tutto quello che dovevate sapere e che nessuno ha raccontato. Anzi, in molti l'hanno nascosto. Ogni intervento di Marco Travaglio è una ricostruzione minuziosa dei fatti e un atto d'accusa contro il potere che pensa solo a se stesso, mai ai cittadini e ancora meno al bene comune.
"In Sicilia non si ammazza più, e questo è il termometro per capire che le cose per la mafia vanno bene. Tutti pensano che dopo qualche arresto eccellente la mafia sia stata sconfitta. Ma lo sanno anche i bambini che quando c'è troppo silenzio è perché gli affari tirano. Le bande hanno imparato la lezione: lavorano a compartimenti stagni e se uno si pente può fare arrestare cinque persone, non più cento come prima. Negli ultimi dieci anni noi inquirenti non abbiamo fatto che quello che ci dicevano i pentiti, perdendo il contatto con il territorio, con i confidenti, con la strada, e adesso è di nuovo il buio. Ci vorranno anni prima di capire che sta accadendo, cosa fa la nuova mafia. Le loro parole d'ordine oggi sono riciclaggio, investimenti, alberghi. E poi la borsa, la ripresa dell'edilizia, i grandi appalti, e soprattutto la politica. La mafia può essere il ragazzo che ti pianta la pistola in faccia, ma più spesso è un tizio con la cravatta, e nella giacca solo la penna per firmare assegni e atti notarili. Io su questo avrei una storia da raccontare. Ho quasi quarant'anni, sono un poliziotto, ma questa non è una biografia. Solo un pezzo di Sicilia, e di me, e di tutti noi. Sono un poliziotto. Non proprio uno dei tanti: uno scomodo, così dicono". Gianni Palagonia è il nome falso di un poliziotto vero. Una voce che racconta di grandi appalti e di affari sporchi, di stragi e di morti ammazzati. Una storia di rabbia e ostinazione, che mostra il volto della mafia di ieri e di oggi.
Quasi 600 morti e 5000 feriti. E in più il calvario dei loro familiari. È il costo umano di una guerra dichiarata non solo contro lo Stato. Questo libro dà voce a chi non l'ha mai avuta. Anzi, a coloro cui è stata, in mille modi, negata. Solo i carnefici sono stati chiamati a testimoniare su quei terribili anni. L'Italia, allora, rischia di essere l'unico paese al mondo dove paradossalmente la storia la si lascia scrivere dagli sconfitti, dagli ex terroristi. Avvicinando le vittime (scampati o sopravvissuti a stragi e ad attentati) e i loro familiari, mostrando loro interesse e facendoli parlare, si ascoltano racconti di delusioni, di solitudine e di disinteresse da parte delle istituzioni.
I corsi tenuti da Foucault negli anni 1977-1979 sviluppano un tema di riflessione unitario, che ne giustificano la pubblicazione contemporanea. Al centro dell'indagine sono le trasformazioni delle forme di potere che a partire dal Settecento e parallelamente all'affermarsi di un'economia di mercato portano ai governi di tipo liberale del Novecento. L'analisi prepara e rende possibile la riflessione sullo statuto di libertà all'interno della governabilità liberale che sarà oggetto del corso immediatamente successivo, "Nascita della biopolitica" (1978-1979).
A partire da una definizione ampia e approfondita del concetto di sicurezza, gli autori svolgono un'analisi sistematica delle minacce che caratterizzano il sistema internazionale contemporaneo. Oltre al fenomeno "classico" della guerra fra stati, sono presi in considerazione pericoli nuovi, reali o potenziali, di tipo economico, ambientale e sociale. Superando un'impostazione tradizionale - stato-centrica e militare - della sicurezza, il volume si propone come un moderno e aggiornato manuale di "security studies".

