
L'intervento militare americano in Iraq ha messo a nudo l'impotenza dell'Onu. Conoscerne le ragioni vuol dire comprendere i conflitti che dividono il nostro mondo. Lo fa in questo libro, documentato e scevro da pregiudizi, ricco di testimonianze inedite, uno dei più lucidi corrispondenti italiani da New York. Paolo Mastrolilli ha conseguito un Master in Giornalismo alla Columbia University di New York grazie a una borsa di studio della Commissione Fulbright e una del Rotary International.
Gli specchi di Galeano, proprio come quello di Alice tornata dal Paese delle Meraviglie, sono capaci di mostrarci non solo il mondo alla rovescia, ma proprio tutto un altro mondo. Dalle guerre romane a Cristoforo Colombo, dalla "fondazione" del machismo all'invenzione della democrazia, questo racconto offre una ricostruzione della storia dell'umanità impossibile da trovare nei libri o sui giornali, dove di solito si legge la versione dei vincitori.
Un manuale di geografia finalmente all’altezza dei tempi in cui viviamo. Un testo che si propone di superare le impostazioni ottocentesche di una disciplina che è tornata a essere di grande attualità nell’epoca delle paure e delle incertezze globali.
Negli ultimi trenta anni il nostro pianeta ha attraversato un vorticoso processo di trasformazione che ha modificato radicalmente i tradizionali rapporti di forza tra i continenti. In tutto questo, la geografia, ovvero la disciplina che studia il rapporto tra l’uomo e lo spazio che lo circonda, è tornata ad avere un ruolo centrale. Da umile ancella al servizio dello Stato moderno e delle sue vocazioni imperiali, forse per prima ha cercato di interpretare i mutamenti epocali che stiamo vivendo. Grazie ai suoi metodi e ai suoi strumenti, ha compreso che il potere, ovvero il rapporto tra società e spazio, ha assunto un carattere frastagliato e molteplice. Dunque, a differenza di altri strumenti didattici che hanno scelto un approccio più tradizionale, questo manuale ha scelto di compiere una scelta innovativa. Ovvero di trattare assieme aspetti politici e geopolitici, economici e demografici proprio per dare meglio conto di questa nuova fase. Migrazioni, cambiamenti climatici, sostenibilità ambientale, guerre: temi e concetti fino a ora poco affrontati dalla geografia, vengono presentati in forma originale e didatticamente efficace.
Un manuale di geografia finalmente all'altezza dei tempi in cui viviamo. Un testo che si propone di superare le impostazioni ottocentesche di una disciplina che è tornata a essere di grande attualità nell'epoca delle paure e delle incertezze globali. Negli ultimi trenta anni il nostro pianeta ha attraversato un vorticoso processo di trasformazione che ha modificato radicalmente i tradizionali rapporti di forza tra i continenti. In tutto questo, la geografia, ovvero la disciplina che studia il rapporto tra l'uomo e lo spazio che lo circonda, è tornata ad avere un ruolo centrale. Da umile ancella al servizio dello Stato moderno e delle sue vocazioni imperiali, forse per prima ha cercato di interpretare i mutamenti epocali che stiamo vivendo. Grazie ai suoi metodi e ai suoi strumenti, ha compreso che il potere, ovvero il rapporto tra società e spazio, ha assunto un carattere frastagliato e molteplice. Dunque, a differenza di altri strumenti didattici che hanno scelto un approccio più tradizionale, questo manuale ha scelto di compiere una scelta innovativa. Ovvero di trattare assieme aspetti politici e geopolitici, economici e demografici proprio per dare meglio conto di questa nuova fase. Migrazioni, cambiamenti climatici, sostenibilità ambientale, guerre: temi e concetti fino a ora poco affrontati dalla geografia, vengono presentati in forma originale e didatticamente efficace.
La marcia del neofascismo italiano verso l'atlantismo più radicale incominciò subito dopo la stipula del patto politico-militare tra gli Stati Uniti e il governo franchista spagnolo. Questo confortevole contesto, collaudato da oltre settant'anni, spiega la naturalezza con cui gli eredi del Movimento sociale italiano (MSI), mutate le denominazioni, giunsero tempestivamente a far parte del governo italiano sin dai primi anni Novanta e, nei mesi scorsi, al vertice di esso. Con quanta dedizione ai fondamenti della Repubblica si può arguire dalla definizione datane da Giorgio Almirante nel gennaio 1988: «Repubblica bastarda». Le premesse remote di questo idillio vanno ricercate nel modo in cui, conclusasi la seconda guerra mondiale, prontamente decollò la guerra fredda. La cui conclusione - crollo del mondo 'socialista' e trionfo dell'alleanza atlantica - ha determinato un ampio schieramento di poteri e di opinioni pubbliche che riconnette la remota contrapposizione 'o Roma o Mosca' agli sviluppi tuttora in atto: all'insegna del «dunque avevamo ragione».
Nel suo significato moderno, la sovranità indica la pienezza del potere dello Stato e comporta l'affermazione dei seguenti principi: l'autonomia del politico, come luogo della decisione in ultima istanza; la sua egemonia sulle alte sfere della vita sociale ed economica; il dominio del destino di un popolo; l'esistenza della legittimità democratica in relazione alla nozione di sovranità popolare. La crisi odierna dello Stato-nazione, nella sua dimensione interna come nella nuova realtà delle relazioni mondiali, mette oggi in discussione il concetto stesso di sovranità.
«Sovranità: disprezzarla, o deriderla»: è l’imperativo politicamente corretto delle élite intellettuali mainstream. Chi evoca quel concetto che sta al cuore della dottrina dello Stato, del diritto pubblico, della Costituzione e della Carta dell’Onu, è ormai considerato un maleducato, un troglodita: compatito e schernito come chi cercasse di telefonare in cabine a gettoni, quando non demonizzato come fascista. Sovranità è passatismo o tribalismo, nostalgia o razzismo, goffaggine o crimine. E sovranismo è sinonimo di cattiveria. Queste pagine autorevoli ci mostrano che le cose non stanno così, che per orientarsi si deve uscire dai luoghi comuni e dalle invettive moralistiche. E che il ritorno della sovranità è il segno dell’esigenza di una nuova politica.
Carlo Galli insegna Storia delle dottrine politiche nell’Università di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato fra l’altro «Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno» (20102), «Spazi politici. L’età moderna e l’età globale» (2001) e «Marx eretico» (2018). Dirige la rivista «Filosofia politica».
Chi sono i sovranisti e che cos'è davvero il sovranismo, l'ideologia alla quale dicono di ispirarsi? Come hanno fatto a diventare così importanti tanto che in Paesi come l'Italia o la Francia non si può accendere la televisione o leggere un giornale senza sentir parlare di loro? Di solito la risposta cambia moltissimo a seconda delle persone a cui si fa questa domanda. Per i suoi sostenitori, il sovranismo è un movimento politico che rivendica l'importanza di tornare a pensare agli «affari di casa propria» in un mondo che è diventato sempre più globale e interconnesso e che rischia di dimenticare le sue radici. Per i suoi avversari, il sovranismo è soltanto un elegante sinonimo di nazionalismo e i sovranisti non sono altro che politici cinici e spregiudicati che alimentano la xenofobia e sfruttano la paura del diverso per ammassare facile consenso. In questo libro si spiega perché tutti questi aspetti sono legati, andando a fondo, punto per punto, nella verità storica e nell'analisi dell'attualità politica. Per capire cosa c'è di vero in quel che dicono i sovranisti e i loro nemici e cosa invece è soltanto propaganda politica.
Il 20 ottobre del 2011 Muammar al Gheddafi veniva catturato e ucciso. Dalla fine del regime instaurato dal Colonnello e dalla sua 'Rivoluzione Verde' per la Libia è cominciata un'agonia senza conclusione. Quante bugie sono state dette per giustificare l'intervento occidentale in Libia? Perché l'Italia ha partecipato all'attacco appena due anni dopo aver firmato il Trattato di amicizia con Tripoli? Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Italia, Qatar, Emirati Arabi Uniti e poi Egitto, Russia, Turchia, con la partecipazione straordinaria dello Stato Islamico: tutti i protagonisti della guerra e del dopoguerra hanno sempre proclamato di avere motivazioni solenni, a partire dall'interesse della popolazione locale. Ma esaminandoli uno per uno e guardando alle scelte operative e al risultato odierno, è evidente che al centro dell'attenzione c'erano sempre e soltanto i giacimenti. In tutto questo, il ruolo dell'Italia non è secondario. Grazie ai legami storici e alla posizione geografica, il nostro Paese controlla i principali luoghi di estrazione e le raffinerie in Tripolitania e in Cirenaica. Ma quali sono i prezzi che paghiamo per tutelare i nostri interessi? Giampaolo Cadalanu utilizza testimonianze esclusive, racconti di esperienza diretta, analisi di specialisti e confronto di dati per mostrare che a smuovere l'Occidente, molto più della tutela dei libici, sono stati e sono ancora oggi gli interessi concreti: le risorse del sottosuolo e gli equilibri di potere.
Nella palude. La fase attuale della politica italiana potrebbe essere efficacemente riassunta così: da una parte il populismo di territorio di marca leghista, dall'altra il populismo del sogno berlusconiano. Nel mezzo una sorta di populismo giustizialista, marcato dai segni inquietanti dell'invidia sociale… L'ascesa del populismo della paura è ormai una grande ombra sull'Europa del XXI secolo. Questo libro continua a cercare una politica della speranza. È un messaggio rivolto a un centro sinistra che però non ha saputo ancora rinnovare le categorie con cui stare nel magma sociale.
Il libro
Nella palude. La fase attuale della politica italiana potrebbe essere efficacemente riassunta così: da una parte il populismo di territorio di marca leghista, dall'altra il populismo del sogno berlusconiano. Nel mezzo una sorta di populismo giustizialista, marcato dai segni inquietanti dell'invidia sociale. Il tratto comune di questi fenomeni sta nel rinserrarsi cieco nei propri egoismi territoriali, nelle invidie di vicinato, nel gossip televisivo…
Mai come ora c'è stato bisogno di politica, in grado di ripensare i comportamenti collettivi nel contesto di spaesamento prodotto dalla globalizzazione. Rancore, cura, operosità sono metafore sociali che indicano i modi differenti in cui i soggetti si relazionano di fronte alle difficili sfide poste dalla vita quotidiana.
C'è un grave pericolo che bisogna evitare: la saldatura politica tra la “comunità del rancore”, con le sue paure già quotate da tempo al mercato della politica, e le preoccupazioni e le angustie degli “operosi” che pur con mille difficoltà fanno impresa nella globalizzazione.
Solo coniugando insieme la "comunità di cura" figlia del welfare e fatta di operatori, medici, insegnanti, impresa sociale, volontariato, che quotidianamente si impegnano sul territorio per produrre inclusione sociale, con il mondo degli "operosi" si potrà costruire una società aperta. Sta in questo corno la sfida della fase attuale.