
In questo volume, che è il più importante, ricco, avanzato che l'autore abbia pubblicato da oltre un decennio a questa parte e rappresenta la summa aggiornata del suo pensiero politico, il grande linguista e politologo Noam Chomsky affronta le più attuali questioni di politica internazionale: dal terrorismo che sconvolge l'Occidente alle tensioni mediorientali, con particolare attenzione al conflitto israelo-palestinese e alla "minaccia" iraniana, dalla situazione potenzialmente esplosiva al confine tra NATO e Russia al riallacciarsi delle relazioni tra Usa e Cuba, all'espansione cinese, alla liberazione dell'America latina... Lo fa costringendoci a guardare quello che è davanti ai nostri occhi ma che noi ci rifiutiamo di vedere, assuefatti al "discorso ufficiale" e prigionieri di una "memoria autorizzata" che troppo dimentica. Con la competenza e la caparbietà di un osservatore (e attivista) impegnato da più di cinquant'anni nello studio dei "sistemi di potere" e nella denuncia dei crimini perpetrati dai "padroni dell'umanità", ancora una volta ci indica le costanti del modo di agire di chi governa il mondo. E ancora una volta emerge la follia di un'umanità votata alla catastrofe, che marcia spedita verso l'autodistruzione. Ma la logica stringente e impietosa su cui si fonda il discorso lucidissimo di Chomsky non conduce alla disperazione e alla resa. Bensì a un appello.
Come comunica la politica? Quanto è stata contaminata dal marketing? Politici leader o politici follower? Sono queste le domande a cui il libro cerca di dare una risposta tramite la voce dei protagonisti degli ultimi trent'anni. Come nasce il primo manifesto di Silvio Berlusconi, l'arrivo di Renzi, la rivoluzione digitale di Grillo e Casaleggio, lo scontro tra Trump e Nike sono solo alcune delle storie raccontate attraverso la testimonianza di chi le ha vissute in prima persona. Un libro di riflessioni, dialoghi e narrazioni di donne e di uomini, di brand e di politica che spesso si sovrappongono. Un capitolo speciale è dedicato alla comunicazione politica in tempo di guerra. Dialogo con Mykhailo Podolyak, consigliere del Presidente Zelensky. Prefazione di Tommaso Labate. Postfazione di Paolo Iabichino.
Dal sogno della "Canzone popolare" di Ivano Fossati, l'inno dell'Ulivo, ai centouno che a volto coperto hanno eliminato Romano Prodi dalla corsa per il Quirinale. Dalla democrazia dei cittadini alla palude delle larghe intese. È il risultato di una guerra civile a sinistra durata vent'anni. Una catena di ambizioni personali, rivalità tra capi, logiche di conservazione degli apparati che ha spezzato la speranza di un partito nuovo e ha condotto a sconfitte disastrose. Una debolezza culturale, istituzionale, perfino etica, che si è conclusa con una catastrofe. Questa è la prima storia del centrosinistra della Seconda Repubblica, in presa diretta. Un diario personale e politico. Con le voci di quattro protagonisti, Romano Prodi, Massimo D'Alema, Walter Veltroni, Arturo Parisi, e di un testimone d'eccezione, Nanni Moretti. Le vittorie, le cadute, i duelli. I leader e i personaggi minori, le loro debolezze e i voltafaccia, le rivelazioni di un traditore. Ma anche il racconto del popolo dell'Ulivo, che si muove come un fiume carsico e irrompe a sorpresa. I movimenti, i girotondi, le file ai gazebo delle primarie che spesso capovolgono i risultati già scritti: un'incredibile riserva di passione e di militanza nei tempi delle appartenenze liquide e dell'anti-politica crescente. Il ritratto di una, due generazioni che non ci stanno a farsi tradire da chi ha sbagliato più forte.
La strada verso l'integrazione in Europa sembra, in questi anni, sempre meno percorribile e la sensazione è che questo paese, dotato di un'economia in forte crescita e sempre piú importante e attivo sul piano internazionale, si stia allontanando. C'è insomma, il rischio che l'Europa perda la Turchia: ma è solo colpa delle istituzioni e dei governi europei se ciò sta avvenendo? Non ci sono altrettante forze e spinte all'interno della nazione turca che cercano di allontanarsi dall'Occidente? Marco Ansaldo ha voluto, con questo libro, togliere il punto interrogativo alla domanda «Chi ha perso la Turchia?», «l'ipocrita punto di domanda sempre privo di risposte, e tentare un'individuazione del problema e l'incarnazione dei suoi responsabili. Qui si fanno i nomi. Di uno schieramento e dell'altro». Un viaggio nella storia, nella geografia e nella società di un paese cruciale, che forse l'Europa non può permettersi di tenere fuori dalla porta.
Il 7 gennaio 2015 la strage terroristica nella sede del settimanale satirico "Charlie Hebdo" ha traumatizzato la Francia e scosso l'Europa. Pochi giorni dopo, il ministro dell'Interno Angelino Alfano era accanto ai suoi colleghi europei nel corteo che ha percorso le vie di Parigi per dire no alla violenza e rivendicare il diritto alla libertà di opinione e a non avere paura. La risposta delle istituzioni non poteva farsi attendere, ed era necessario che alle emozioni si sostituisse l'azione legislativa, sempre nel rispetto di un principio cardine esemplarmente espresso dall'arcivescovo di Parigi: "Nessuno identifichi qualche fanatico con una religione intera". Sotto accusa, infatti, non sono né l'Islam né le sue centinaia di milioni di fedeli, bensì quegli ideologi e adepti del terrore islamista che, per giustificare il sangue versato e le teste mozzate, si fanno scudo del nome di Dio. In queste pagine Alfano traccia la "mappa del terrore" (dalla genesi dell'autoproclamato "Stato islamico", che da mesi sconvolge l'opinione pubblica mondiale con la brutalità dei suoi attacchi militari e la macabra esecuzione di ostaggi inermi, all'attività dei nuclei di al-Qaeda, all'addestramento dei mujaheddin in Afghanistan, all'esplosiva situazione in Israele), arricchita da un glossario in cui compaiono tutti i personaggi, le organizzazioni e i concetti che alimentano la minaccia jihadista.
Sono passati quindici anni dalla terribile estate che, con i due attentati di Punta Raisi e di via d'Amelio, segnò forse il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell'antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un'onestà senza compromessi. Ma per Giuseppe Ayala, che di entrambi fu grande amico, oltre che collega, i due magistrati siciliani sono anche il ricordo commosso di dieci anni di vita professionale e privata, e un rabbioso e mai sopito rimpianto. Ayala rappresentò in aula la pubblica accusa nel primo maxi-processo, sostenendo le tesi di Falcone e del pool antimafia di fronte ai boss e ai loro avvocati, interrogando i primi pentiti (tra cui Tommaso Buscetta), ottenendo una strepitosa serie di condanne che fecero epoca. E fu vicino ai due magistrati in prima linea quando, dopo questi primi, grandi successi, la reazione degli ambienti politico-mediatici vicini a Cosa Nostra, la diffidenza del Csm e l'indifferenza di molti iniziarono a danneggiarli, isolarli. Per la prima volta, Ayala racconta la sua verità, non solo su Falcone e Borsellino, che in queste pagine ci vengono restituiti alla loro appassionata e ironica umanità, ma anche su quegli anni, sulle vittorie e i fallimenti della lotta alla mafia, sui ritardi e le complicità dello Stato, sulle colpe e i silenzi di una Sicilia che, forse, non è molto cambiata da allora.
Il mondo non cambia da sé e di per sé. Eppure ogni giorno, ossessivamente, ci sentiamo ripetere che alcune scelte economiche sono obbligate, che costi sociali pesanti e ingiusti sono necessari, che perfino i provvedimenti politici da adottare non possono che seguire linee già tracciate. Quasi che i cambiamenti, i rapporti e le logiche di cui si parla siano privi di autori e costituiscano una sorta di stato di natura. Per contrastare questa logica dobbiamo capire gli interessi che hanno guidato i cambiamenti degli ultimi trenta anni e i motivi per cui essi hanno prevalso. Dobbiamo capire come delocalizzazione, impiego di informatica e robotica, spostamento dei capitali verso i mercati finanziari abbiano portato i profitti a un punto mai raggiunto in un recente passato spostando i livelli di forza a danno del lavoro. E che il risultato di questa vera e propria controffensiva è stata la riduzione dei diritti senza che ad essa siano seguiti progressi sia economici che sociali.
"Chi è Stato?". Chi sono gli uomini che rappresentano al meglio lo Stato e "fanno funzionare l'Italia"? Quale il loro itinerario di formazione umana, intellettuale e professionale? Quali sono gli aspetti cruciali di alcune funzioni chiave dello Stato? Quale è il rapporto tra la carenza diffusa di senso dello Stato, la decadenza della politica, la crisi delle classi dirigenti e la caduta del senso civico? Cosa sta alla base di fenomeni come la guerra alla "Casta" e il "grillismo" e come reagire? Quali sono gli effetti dell'abbattimento del valore del merito e della concorrenza e quali sono le risposte possibili? Sono queste alcune delle domande cui il libro decisamente unico nel panorama editoriale italiano - offre risposte nuove e molto significative. Un libro un po' saggio, un po' pamphlet, un po' manuale, scritto con linguaggio plastico, a volte tagliente ma sempre lineare e comprensibile al largo pubblico, che accompagna il lettore fino al "cuore dello Stato" e alla scoperta dei nuovi fermenti della società italiana.
Una pericolosa estremista di sinistra; il braccio politico delle corporation americane; una donna cinica, fredda e bugiarda, pronta a tutto pur di conquistare il potere. Pochi personaggi mondiali hanno suscitato opinioni così fortemente contrastanti. Sulla scena da decenni, da sempre discussa, per molti versi Hillary Clinton resta una figura ambigua ed enigmatica. Questo volume ne ripercorre le tappe fondamentali: dall'infanzia in un sobborgo bianco e conservatore di Chicago alla maturazione nei turbolenti anni Sessanta, tra università d'elite e attivismo; dall'incontro "fatale" con Bill al trasferimento nel remoto Arkansas; dal lavoro come corporation lawyer alla costruzione di una carriera politica intrecciata a quella del marito, che la porterà a essere la prima first lady con ruolo attivo di governo, fino alle polemiche per l'affare Whitewater, gli scandali, il caso Lewinsky. E poi il percorso "oltre Bill": senatrice di New York, candidata alla presidenza sconfitta da Obama, sua Segretario di Stato, e ancora candidata alla Casa Bianca, sempre tra accuse e polemiche. Ma la ricostruzione di Bergamini analizza anche la Hillary Clinton politica, la sua visione della società e il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, i suoi rapporti con le lobby economiche e il suo operato nell'arco di decenni, dal tentativo fallito di riformare la sanità al voto per la guerra in Iraq e alle sue battaglie per i diritti femminili.
Nella primavera del 1945 l'Europa, benché sconvolta dall'immane catastrofe del secondo conflitto mondiale, si sente rinata. Rinata perché la guerra è finita e perché è reduce dalla vittoria contro un nemico dell'intero genere umano: il nazifascismo. In Italia e in Francia tale successo è stato ottenuto anche grazie all'azione e al sacrificio delle donne e degli uomini che hanno dato vita alla Resistenza, ed è proprio in questi due paesi che si sviluppa con maggior vigore lo spirito costituente, cioè la volontà del popolo di stabilire regole di convivenza civile e un assetto istituzionale che scongiurino per sempre il ritorno agli orrori del recente passato. Fausto Bertinotti ricostruisce la genesi della nostra Carta repubblicana e il ruolo che ha avuto nei "trent'anni gloriosi" seguiti alla promulgazione. Alla luce di alcuni suoi articoli, essa appare agli occhi dell'autore come uno dei punti più alti del diritto costituzionale di tutti i tempi, poiché il suo destinatario non è più il cittadino indifferenziato, reso tale dalla legge, ma la persona così come storicamente si è andata definendo attraverso il suo lavoro, cioè la lavoratrice e il lavoratore in carne e ossa. Oggi le Costituzioni democratiche europee sono seriamente minacciate dalla "globalizzazione" e si registrano forti pressioni affinché vengano progressivamente sostituite da costituzioni materiali, che non sono frutto di assemblee costituenti ma di processi reali, le cui finalità spesso non sono neppure dichiarate.