
La dubbia fama di Nerone per due millenni è stata fondata su una serie di gesti pubblici stravaganti, in genere scandalosi, spesso repellenti. Assassinò sua madre, dopo esserci forse andato a letto, uccise in un accesso di rabbia la moglie incinta, castrò e sposò un giovane liberto che gliela ricordava, calcò le scene nei panni di un eroe impazzito e di una partoriente, suonò la cetra mentre Roma bruciava, trasformò i cristiani in fiaccole per illuminare la notte. Senza tentare di riabilitare il mostro che la storia ci ha consegnato, Edward Champlin, professore alla Princeton University, mette in luce la determinazione con cui Nerone plasmò la propria storia sui miti greci e romani, uomo di pubbliche relazioni in anticipo sul suo tempo.
Prima della caduta del Muro di Berlino, le città non avevano mai pensato alla visibilità internazionale: i gemellaggi rispondevano alla necessità del secondo dopoguerra di ricostruire relazioni e avevano una vaga impostazione ideologica, erano infine per lo più limitati alla sfera culturale. Negli anni di Albertini si riuscì a dare una significativa svolta allargando l’orizzonte di una attività internazionale ricca di nuovi temi e contatti. Con il venire meno della contrapposizione ideologica, esplode il fenomeno della globalizzazione e una città come Milano, capitale economica d’Italia, diviene un appetibile interlocutore dal punto di vista economico e, a seguire, istituzionale. Più di 40 sono stati i Capi di Stato e di Governo che hanno visitato Milano; le delegazioni ministeriali hanno superato quota cento; innumerevoli i Sindaci e Governatori; decine i gemellaggi firmati o consolidati così come le mostre internazionali, i roadshow, le tournée teatrali patrocinate. Il libro racconta queste vicende attraverso episodi curiosi, ritratti di protagonisti inediti e piccanti, osservazioni originali e divertenti sul serioso scenario della "politica internazionale"...di una città nel mondo.
Prefazione di Antonio Ferrari
La morte di Moro rappresenta la tappa più tragica della storia repubblicana. Da prigioniero Moro propone lo scambio di prigionieri, ricollegandosi a una visione della politica che a ben vedere contraddistingue tutto il suo percorso. Fin dal dopoguerra Moro matura il concetto di allargamento della base democratica del Paese. Un progetto di ampio respiro, con l'obiettivo di rendere matura la democrazia italiana. Un progetto interrotto, che l'autore ricostruisce unitariamente, per ricordare Moro non solo come la più illustre vittima del terrorismo. Apre il volume una riflessione di Walter Veltroni sull'attualità di Moro. In appendice un ampio contributo di Marco Follini fa riemergere la profondità del pensiero dello statista pugliese.
Altiero Spinelli è stato un politico anomalo: prima militante comunista, poi dopo la guerra profeta dell'unità federale dell'Europa, combattente indomito, quasi sempre controcorrente, oggi egli appare sempre più una delle figure di rilievo assoluto del Novecento italiano. Della sua vita privata e pubblica Spinelli ha lasciato testimonianze numerose: le memorie, i diari e un ricchissimo archivio. Ponendo a frutto questi documenti e una paziente ricerca condotta in archivi europei e americani, l'autore traccia in questo volume un profilo completo della vita e dell'azione politica di Spinelli, soffermandosi in maniera speciale sui decenni dell'impegno federalista e del lavoro nelle istituzioni europee.
Rossini fu un grande musicista del XIX secolo, che a vent'anni era già ricercato e famoso. Il "cigno di Pesaro" ha continuato ad attirare l'interesse dei lettori di pari passo con la grande popolarità a teatro delle sue opere, dal "Barbiere di Siviglia" alla "Cenerentola, al "Guglielmo Tell". Negli ultimi anni la Fondazione Rossini e il "Rossini Opera Festival" pesarese hanno inaugurato una nuova stagione di attenzione e di studio su Rossini, di cui la biografia di Emiliani raccoglie i frutti. Seguendo con minuzia le vicende rossiniane, Emiliani compone un quadro vivace e affollato, pieno di dettagli sconosciuti, in cui tratteggia la vita del compositore nel più largo contesto storico e culturale che si trovò ad attraversare.
Nasce a Busseto nel 1686, Buonafede Vitali, ma da lì parte e visita mezzo mondo, dall'Inghilterra alla Lapponia. Giovane istruito, si arruola nel Reggimento dei Dragoni come chirurgo militate, viene ferito in battaglia, lascia l'incarico e, con il soprannome dei senza nome, l'Anonimo, inizia a confezionare farmaci e a viaggiare, compiendo ricerche ed esercitando sulle pubbliche piazze l'onorato mestiere di medico saltimbanco. Buonafede è un commediante nato. Ha la medicina nel cervello, la chirurgia nelle mani, il teatro nel sangue e per attirare le folle, prima e dopo l'offerta dei suoi miracolosi medicinali, recita e fa recitare commedie. Questo gli procurerà notorietà e apprezzamento, ma anche l'ostilità e l'invidia di tanti colleghi. Eppure della sua arte si fidano i popolani e i potenti e le sue preparazioni, prescrizioni e operazioni non sono poi molto diverse da quelle praticate dai suoi contemporanei. Tuttavia una cosa c'è che distingue Vitali dalla medicina dell'epoca. Per la prima volta i suoi preparati a buon mercato rendono democraticamente accessibile a tutti ciò che è sempre stato monopolio di pochi: la cura.
Giulia Domna (170 ca.-218), nata in Siria da una dinastia di re-sacerdoti, divenne imperatrice di Roma in seguito al matrimonio con Settimio Severo. Alla morte del marito, accrebbe la propria autorità affiancando nel governo il figlio Caracalla, assecondandone il sogno di creare un Impero universalistico sull'esempio di Alessandro Magno. Nel corso della sua vita fronteggiò con successo gli intrighi del prefetto Plauziano e la rivalità della giovane nuora Plotilla, ma dovette assistere alla lotta fratricida tra i suoi due figli. Sostenne la politica di valorizzazione e integrazione nello Stato degli abitanti delle provincie, culminata nell'editto che concedeva la cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi dell'Impero. Donna colta e intelligente, imbevuta di cultura classica, aprì le porte della corte ai maggiori intellettuali del tempo e promosse forme di sacralizzazione del potere che anticipavano la teocrazia bizantina. Da Filostrato, uno dei letterati della sua corte, ricevette l'appellativo di "Giulia la Filosofa".
Una ricostruzione della vita di Lawrence Ferlinghetti, poeta americano nato nel 1919 e protagonista della grande stagione della beat generation. Giada Diano ha lavorato a stretto contatto del poeta, ma ha consultato anche i diari privati che le ha messo a disposizione, ha visitato amici, conoscenti e membri della famiglia. A partire da questo incrocio di notizie, la biografia ha preso una strada non canonica. L'autrice ha dato rilievo a episodi emozionali della vita di Ferlinghetti. Molti hanno a che fare con le esperienze europee del poeta e con l'influenza che la stagione culturale di cui Ferlinghetti è stato padre e nume tutelare ha avuto fuori dall'America. La vita di Ferlinghetti trae con sé stralci di altre esperienze: incrociamo Ginsberg e Pound, i gruppi anarchici italiani e i movimenti di avanguardia con cui il poeta ha avuto contatti. Ultimo testimone di un'epoca gloriosa, Ferlinghetti e la sua vicenda offrono un punto di vista sulla beat generation che rinverdisce e riattualizza, di quel movimento, le battaglie per i diritti civili, il clima di accesa tensione utopica e l'ansia di libertà professata nei fatti.
“Ho riscoperto la stessa emozione che, tanti anni fa, mi aveva imposto Se questo è un uomo di Primo Levi.”
dall’introduzione di Giampaolo Pansa
All’indomani dell’8 settembre 1943 il trentacinquenne tenente d’Artiglieria Giovannino Guareschi, da poco richiamato alle armi e di stanza in Alessandria, era catturato dai tedeschi e, avendo rifiutato di continuare a combattere nei ranghi del Grande Reich, veniva immediatamente spedito, insieme a centinaia di migliaia di altri militari italiani, in un campo di concentramento nazista. Ritornò a casa il 4 settembre del 1945, respingendo sempre e comunque le frequenti e pressanti proposte di “collaborazione”. Un autentico calvario, durante il quale “io avevo in mente di scrivere un vero diario e, per due anni, annotai diligentissimamente tutto quello che facevo e non facevo, tutto quello che vedevo e pensavo. Anzi, fui ancora più accorto: e annotai anche quello che avrei dovuto pensare…”. Comincia così, con le parole dello stesso autore, l’avventurosa e quasi incredibile storia di questo testo straordinario, poi proseguita e completata dai figli Alberto e Carlotta nelle Istruzioni per l’uso che precedono il volume. Il diario finì in un solaio, sistemato in una cassetta da uva, e vi rimase alcuni decenni. E ora, per volontà, appunto, dei fi gli e grazie anche al loro non lieve lavoro di decifrazione, nella ricorrenza del centenario della nascita del grande scrittore della Bassa viene finalmente alla luce. Contiene, innanzitutto, la cronaca della vita quotidiana dell’internato militare Giovannino Guareschi nei vari Lager in cui venne successivamente spostato, con notazioni sul tempo atmosferico, sulla salute, sull’umore, sulle razioni alimentari, sulle disparate attività culturali organizzate nei campi, sui suoi pensieri e i suoi sogni; raccoglie documenti di prim’ordine sull’universo dei Lager e relazioni ufficiali sulle condizioni di vita dei prigionieri; riunisce, infine, una serie di impressionanti testimonianze sul martirio senza fine di quanti erano avviati ai campi di sterminio. Tutto annotato, come si era proposto, “diligentissimamente”. Con tono pacato, sommesso – Guareschi affermerà di aver attraversato l’intero conflitto mondiale riuscendo a non odiare nessuno –, con un linguaggio essenziale, quasi scarno, ma di grande efficacia, dove nonostante tutto affiora l’inestinguibile vena di uno struggente umorismo che forse lo ha aiutato a sopravvivere, questo libro racconta l’orrore della notte più lunga e più buia d’Europa in pagine indimenticabili di altissimo valore letterario e umano. Giampaolo Pansa, nella sua splendida introduzione al volume, afferma tra l’altro: “… gli eredi di don Chisciotte non sono scomparsi del tutto. Per loro il Grande Diario di Guareschi sarà una lettura indimenticabile. Per quel che mi riguarda, ne sono rimasto soggiogato. Ho riscoperto la stessa emozione che, tanti anni fa, mi aveva imposto Se questo è un uomo di Primo Levi”.