
Si spengono le luci.
È il momento di andare in scena.
Sì, questo è il mio mondo.
E quando l’ho capito è stato per sempre.
Eleonora Abbagnato sembra un angelo e nasconde su di sé un angelo: il tatuaggio che si è fatta a suggello di una grande storia d’amore. Un angelo la saluta tutte le mattine dalla cupola del Sacré-Coeur, a Parigi; una collezione di angioletti affolla il suo salotto; angeli d’oro la osservano dal soffitto mentre si allena prima di andare in scena all’Opéra, dove è prima ballerina: l’ultima tappa di un percorso in punta di piedi cominciato quando ancora piccolissima, a Palermo, frequenta la scuola di ballo sopra il negozio di sua madre. La piccola sala col parquet scricchiolante ha quell’odore di pece, l’odore inconfondibile che ritroverà nei grandi teatri del mondo. Ostinata, ribelle, decisa, Eleonora brucia le tappe e vince concorsi. A dodici anni il grande salto, la scuola di Montecarlo; il primo spettacolo importante, la Bella Addormentata di Roland Petit; poi la scuola di Cannes e, finalmente, Parigi. All’inizio all’Opéra è durissima: le ragazzine francesi sono tutte bellissime e bravissime. Ma ancora una volta la sua determinazione vince, riesce a zittire anche la nostalgia di casa. Eleonora cresce, affronta esami, entra nel corpo di ballo del teatro, lavora con grandi coreografi, diventa prima ballerina. L’angelo è arrivato in vetta, la danseuse nota in tutto il mondo conosce altri artisti come Claudio Baglioni ed Eros Ramazzotti, entra nel mondo della moda e dello spettacolo, si innamora.
Spontanea, ironica, intensa, in queste pagine Eleonora Abbagnato ci racconta la sua vita di ieri e di oggi, un percorso straordinario, costruito con passione e perseveranza, che l’ha portata proprio dove voleva essere.
Tenera melanconia, tramonti, ricordi. Un passato bellissimo vissuto in un mondo scomparso, quello delle Colonie. Un'epoca lontana vista con infinita nostalgia dagli occhi di una donna. Anni trascorsi in paesi stupendi come erano allora: Etiopia, Eritrea, Kenya, Somalia. In Maldafrica tutto è reale ma una verità ne sovrasta ogni altra: per quanti danni l'uomo possa fare alla terra non riuscirà mai a rovinare un tramonto forse perché il sole che scompare ha un significato ben più profondo di una semplice giornata che finisce. Nel racconto il tramonto si identifica con la vita che scappa e se ne va, scivolando tra le dita di una ragazza, come la sabbia rosa che raccoglieva sulle spiagge delle isole Bajuni. Gioie, dolori, emozioni, vittorie, sconfitte, malattie, amori, come nella pellicola di un vecchio film, lentamente si sfuocano e finiscono per scomparire. Piccola come un fotogramma, la scintilla di speranza è nascosta in quel tramonto che di ogni giornata è il momento più bello ma inevitabilmente diventa anche il più triste.
A stretto contatto con alcune delle figure centrali della nostra storia contemporanea, da Tambroni a Craxi, da Berlusconi a Ratzinger, don Gianni Baget Bozzo è stato un autentico profeta dello scandalo. Un profeta "posseduto" da Dio, un intellettuale eretico che ha attraversato da interlocutore e ispiratore privilegiato del potere la Prima e la Seconda Repubblica servendo Cristo e la Chiesa in ciò che gli riusciva meglio: pensare. Dal 1994 fino alla sua recente scomparsa, Baget Bozzo ha svolto il ruolo di precettore dei giovani del centro destra, coloro i quali egli stesso aveva identificato come Berlusconi Generation. Dagli scontri di Genova del '60 alla battaglia contro il compromesso storico tra democratici cristiani e comunisti, dal travaglio della Chiesa tra Pio xii e Giovanni xxiii fino al grande Pontefice polacco e al suo successore tedesco, don Gianni ha accompagnato le stagioni più difficili e importanti della recente storia d'Italia. L'incontro con Bettino Craxi, l'uomo del Concordato del 1984 capace di ingaggiare nel nome della libertà una battaglia a viso aperto con i comunisti, fu centrale nella vita di questo sacerdote consacrato alla politica. Convinto del valore dell'azione politica craxiana, sfidò la Chiesa candidandosi nelle file del Psi e subendo così una decennale sospensione a divinis. Tenace oppositore dell'unità politica dei cattolici attorno alla Democrazia Cristiana, a 69 anni scese nuovamente nell'agone politico, questa volta al fianco di Silvio Berlusconi, di cui fu per sedici anni ascoltato e autorevole consigliere.
Una galleria di ritratti in parte nuova, ispirata a un principio antico, enunciato dallo stesso Pericoli: «una biografia diversa da quella ufficiale, una sintesi visiva, una sorta di faccia-riassunto» – un volto che «somiglia, certo, al volto vero, ma che è ancora più vero perché ne racconta la storia».
«Un famoso critico d’arte del secolo scorso aveva elaborato un metodo per attribuire i quadri. Credeva che la personalità di un pittore si rivelasse soprattutto nei piccoli particolari fisici che sfuggono alla sua coscienza. Botticelli o Giorgione o Raffaello o Michelangelo dipingevano le orecchie, le sopracciglia e il dito mignolo del piede in modi completamente diversi tra loro. Esiste l’orecchio secondo Botticelli o secondo Giorgione o secondo Raffaello. Credo che si possa riconoscere un vero Tullio Pericoli dai piccoli particolari».
PIETRO CITATI
Cinque Parigi-Dakar, la presidenza della Maison Valentino, l'acquisizione della celebre casa di moda francese Vionnet; undici gare di sci di fondo Vasaloppet; il fidanzamento con Naomi Campbell; duemila ore di volo in elicottero; direzioni generali e consigli di amministrazione; la presidenza dell'Enit, la vicepresidenza della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica... Nato in una delle più importanti famiglie imprenditoriali italiane, omaggiato dalla natura di fascino ed eleganza, per Matteo Marzotto la vita potrebbe sembrare una strada costantemente in discesa. Eppure in queste pagine Matteo dimostra che non c'è mai quiete per chi decide di alzare ogni volta la posta in palio, di volare sempre un po' più in alto. Ecco allora che questa raccolta di riflessioni sui suoi quarant'anni diventa una sorta di parabola, il simbolo di un modo, intraprendente e vincente, di vivere. E gli aneddoti raccontati, esilaranti a volte, talvolta toccanti, sembrano incitare a spostare sempre un po' più in alto l'asticella della vita: nel lavoro, cercando una propria strada oltre a quella segnata dalla discendenza. Negli affetti, con un commovente ricordo della amatissima sorella Annalisa, morta a soli trentun anni di fibrosi cistica. Nello sport, con una sfida continua ai propri limiti che diventa scuola di etica. Nella vita privata, con un curriculum di fidanzate invidiato da ogni uomo. Fino a scoprire che lo scapolo d'oro più ambito d'Italia è senza dubbio un ragazzo che ha stoffa.
La stesura di questa biografia procede parallela con l'ascesa sfolgorante di Antonio Di Pietro. Il risultato è una ricognizione completa e meticolosa della carriera di un personaggio che resta, tra i più noti nell'Italia di questi anni, quello di cui in assoluto si conosce meno. Poco è stato raccontato circa un passato che lo stesso Di Pietro tende misteriosamente a dissimulare: dai pascoli molisani all'emigrazione in Germania, dalla sorveglianza di armamenti Nato a una laurea conseguita in soli trentadue mesi, dal ruolo di presunto agente dell'antiterrorismo a quello di viaggiatore in scenari da spionaggio internazionale, dalla stretta amicizia con una combriccola di potenti al suo averli passati per le manette uno per uno. Poco è stato raccontato, in realtà, anche di un presente che il leader dell'Italia dei Valori lascia regolarmente nell'ombra: l'autoritarismo, il familismo, il partito fondato sull'obbedienza al capo, la disinvoltura nell'incassare e gestire il finanziamento pubblico, gli accordi sottobanco col "regime" berlusconiano, lo spettacolare trasformismo, l'esibita duttilità di chi sembra disposto a tutto pur di realizzare la sua seconda rivoluzione e punta così a inasprire ogni conflitto istituzionale, delegittimare ogni baluardo di riferimento, dipingere un paese svuotato di democrazia.
"Lady non stop è un taccuino di bordo, un libro di viaggio, un'odissea tra il degrado, la miseria, la violenza, la morte, nell'Africa depredata, nell'Asia vittima delle sue terribili contraddizioni, nel Sudamerica incapace di fare giustizia con le sue immense ricchezze, ma anche nell'Europa contemporanea e tra i nuovi poveri di un'Italia che è riuscita a sedersi al tavolo dei paesi più ricchi, e tuttavia non è stata capace di eliminare le sacche di miseria.
Un periplo, dunque, alla ricerca degli "ultimi" da aiutare ma, anche, alla scoperta di se stessi, nel desiderio di trovare una strada che può portare fino al "senso della vita".
Le persone che ho imprigionato in questo libro, come fossero fotografie - io sono una fotografa -, sono persone che oggi posso solo ricordare e altre che ancora confortano, con la loro stessa presenza, i miei giorni. Sono le persone che ho incontrato nei miei viaggi e nelle mie missioni: mi hanno aiutato nel servizio umanitario o hanno contribuito alla formazione della mia personalità.
La mia tensione umanitaria si è accresciuta quando mi sono persuasa che la solidarietà è fondamento imprescindibile della pace e dello sviluppo globale, e non può più essere intesa semplicemente come sostegno da assicurare ai più poveri. In un pianeta che si è fatto piccolo e interdipendente, nessun paese può chiudersi nel suo egoismo.
Ora, che sono passati sessantasei anni da quando ho cominciato a percorrere la strada che conduce agli "ultimi" in ogni angolo del mondo, si fa in me sempre più pressante l'interrogativo: perché? Perché la ricchezza della terra è nelle mani di pochi privilegiati? Perché ogni giorno muoiono di fame trentamila bambini? Perché ci sono terre incolte e terre che non si vogliono coltivare, mentre due miliardi di esseri umani non hanno da mangiare?
Ho ritenuto di fare la mia parte, per lenire alcune sofferenze, per restituire qualche sorriso ai bambini poveri del mondo. Non potevo certo ardire di pensare che avrei potuto asciugare ogni lacrima, soddisfare ogni bisogno. Eppure, mi sembra di sentire rimorso per quello che non ho potuto fare. Ho davanti a me ancora tempo, non mi farò vincere dalla tentazione di voltarmi indietro. Continuerò a passo svelto il cammino, il popolo dei sofferenti mi aspetta ancora."
Il volume traccia un profilo sintetico quanto informato dell'imperatore normanno-svevo Federico II (1194-1250), una delle figure più discusse del Medioevo europeo. La prima parte è dedicata alla storia politica di Federico, segnata dalla lotta con il Papato e i Comuni; la seconda si occupa dell'uomo, della sua sfera famigliare, dei suoi interessi filosofici e scientifici, e del suo entourage, di cui facevano parte anche studiosi ebraici e arabi; la terza segue la formazione del mito di Federico attraverso i secoli fino ai giorni nostri. Pur essendo un uomo del suo tempo e non, come volle dirlo un grande storico dell'Ottocento, "il primo uomo moderno sul trono", Federico II con i suoi interessi multi-culturali e il suo tentativo di dialogo con il mondo arabo-musulmano, insoliti per un imperatore medievale, affascina ancora oggi.
Hubert Houben insegna Storia medievale nell'Università del Salento a Lecce ed è membro del Consiglio scientifico dell'Istituto Storico Germanico di Roma. Ha pubblicato, fra l'altro, "Ruggero II di Sicilia, un sovrano tra Oriente e Occidente" (Laterza, 1999; Premio Basilicata 2000) e "Normanni tra Nord e Sud: immigrazione e acculturazione nel Medioevo" (Di Renzo, 2003).
A cinquantanove anni, trentotto dei quali trascorsi in cella, Renato Vallanzasca rimane nei ricordi di questo paese, nell'immaginario delle vecchie e delle nuove generazioni, il volto del bandito, l'emblema di una vita criminale "al massimo", l'icona violenta di una città e di un'epoca: l'inquieta e brumosa Milano degli anni Settanta. Di lui tanto si è detto e si è scritto, i contorni della cronaca sono presto sfumati nella leggenda, ed è proprio questo uno dei motivi che hanno portato l'uomo a guardarsi allo specchio, a frugare nel secchio della memoria, a incontrare Carlo Bonini per raccontare una volta per tutte la propria versione dei fatti, "la vera storia di Renato Vallanzasca". L'ex boss della Comasina ha rapinato, ha ucciso. "Per pudore" nei confronti delle sue vittime, spiega, non ha mai chiesto perdono. "Per lealtà con se stesso" e con il suo personale codice d'onore, ha sempre rifiutato di vestire i panni del collaboratore di giustizia. E con lo stesso rigore e la stessa lucidità ricostruisce il suo passato, senza cadere in compiacimenti, facili ipocrisie o repentine e sospette conversioni. È una storia di sangue, quella di Renato Vallanzasca, una storia non priva di sorprese, stravaganze e inediti retroscena, una storia che affonda le sue radici in un'infanzia ribelle, in quella che appare come una precoce vocazione al crimine.
Quando Dalila si mette in ascolto del cuore, ecco che esso le parla d’amore. Le racconta dell’affetto ricevuto e di quello regalato, nel corso di una vita vissuta con intensità, in ogni momento. Dagli innamoramenti giovanili – fatti di slancio e passione – alle relazioni più mature e coinvolgenti della donna divenuta ormai icona del cinema italiano, Dalila sceglie di raccontare le storie, gli incontri, gli affetti più cari di un’esistenza spesa a inseguire quella verità dei sentimenti capace di trasformare ogni giorno in un miracolo d’amore.
Accanto alle vicende vissute in prima persona, Dalila accosta altre voci: frammenti di storie semplici e discrete, confidenze raccolte da amici e conoscenti, noti e meno noti, ma ugualmente rappresentativi di quella grande avventura che è la vita di chi crede all’amore. Il tutto per dare vita al romanzo autobiografico di una scrittrice capace di coinvolgere, emozionare, commuovere.
Per ricordarci che l’amore è più forte di tutto. Sempre.
Senza una lira. Con le scarpe rotte. Armato solo di un diploma da geometra. Animato da un'ambizione bruciante. Così comincia, alla fine degli anni Cinquanta, l'avventura umana e imprenditoriale di Steno Marcegaglia, "lo zappaterra", come lo schernivano i suoi colleghi, che oggi, a 79 anni, è alla guida di un gruppo industriale attivo soprattutto nell'acciaio, e fondatore di un impero, le cui province si estendono dall'Italia al Brasile, alla Cina. Un'infanzia durissima, segnata dalla povertà e dall'abbandono: il padre falegname, emigrato in Eritrea, in cerca di fortuna. Il piccolo Steno, che per la sua insaziabile curiosità viene chiamato "bambino perché", cresce con la mamma che, durante la guerra, si stabilisce a Gazoldo degli Ippoliti, paesino nella provincia mantovana. Qui, nel cuore della pianura padana, assolutamente priva di qualsiasi tradizione siderurgica, nel 1959 Steno Marcegaglia in una sorta di "bugigattolo" comincia a produrre, in società con un amico e con l'aiuto di due operai, guide per tapparelle. Magmatico, eclettico, stravagante, istrionico, generoso, appassionato e intransigente: il ritratto dell'uomo si intreccia con la storia e con l'economia. E poi la storia di Emma, prima donna alla guida di Confindustria; di Antonio, il figlio maggiore, oggi vero e proprio pilastro del gruppo, e della moglie Mira, "la signora", come la chiamano in azienda.