
La fede - e la teologia che interpreta la fede - hanno ancora un futuro? A quali condizioni possono uscire dalla marginalità o dall'irrilevanza? Oggi la riflessione teologica, se vuole frequentare lo spazio pubblico come presenza significativa, all'altezza della situazione, è chiamata a ricalibrare la sua capacità di ascoltare i diversi saperi, di abitarli e di interagire con loro, accettandone le regole del gioco. Lo esige il suo compito, lo esige la condizione di postcristianesimo. Dotolo invita allora alla riscoperta di uno stile teologico in dialogo con le altre scienze (in particolare le neuroscienze), con il pluralismo religioso e con la ricerca di nuove spiritualità. Esercitare un'epistemologia interdisciplinare è la scelta più congrua a una riflessione sulla condizione umana, sulla nostra instancabile ricerca di senso, sulla fatica di individuare un orientamento negli scenari socioculturali contemporanei. Con una consapevolezza: che il magistero della realtà chiede continue sensibilità interpretative e un pensare che non sia ammaliato ideologicamente da letture univoche. Comunicare l'esperienza della fede è infatti un processo che instaura una tensione con la cultura e con la storia. Comunicare l'esperienza della fede vuol dire sviluppare una dimensione teoretica ed etica, ma anche elaborare linguaggi e pratiche capaci di provocare i vissuti degli uomini e di indurli a interpretarli entro una prospettiva differente: sollecitando in loro una risposta, un percorso di crescita.
Il volume raccoglie la documentazione piu significativa del dibattito suscitato dal libro La Chiesa" di Hans Kung. "
Trenta teologi delineano la loro prospettiva teologica nel contesto della cultura americana.
Il volume documenta in modo ampio e articolato la fase di formazione della teologia della liberazione, collocabile tra il 1968 e il 1975.
La misericordia divina è il nucleo e la sintesi della rivelazione biblica su Dio. Il presente libro unisce alla riflessione teologica profonde considerazioni spirituali, pastorali e sociali, sollevando svariate questioni che toccano la prassi cristiana, ecclesiale e sociale. Il card. Kasper invita così ad approfondire le conseguenze pratiche che derivano dalla “misericordia”, al fine di conferire dei chiari lineamenti alla svolta teocentrica nella teologia e nella vita della chiesa.
Descrizione
Riflettere teologicamente sulla misericordia induce a porsi le questioni fondamentali della dottrina su Dio: la misericordia divina costituisce il nucleo e la somma della rivelazione biblica su Dio.
Alla riflessione teologica il presente libro unisce considerazioni spirituali, pastorali e sociali, perché il tema della misericordia solleva molte questioni riguardanti la prassi cristiana, ecclesiale e sociale. Invita così ad approfondire sempre di nuovo la dottrina cristiana su Dio e le conseguenze pratiche che ne derivano, al fine di conferire dei chiari lineamenti alla svolta teocentrica nella teologia e nella vita della chiesa, oggi considerata come necessaria e urgente.
«Il messaggio della misericordia di Dio – tutt’altro che una teoria lontana dal mondo e dalla prassi – non si limita a evocare sentimenti di compassione. Comporta delle conseguenze per la vita di ogni cristiano, per la prassi pastorale della chiesa e per il contributo che i cristiani devono dare a una strutturazione umanamente degna, giusta e misericordiosa dell’ordine sociale» (cardinal Walter Kasper).
Preghiera fondamentale dei cristiani, il Padre nostro ci indica che cosa significa essere e diventare cristiani. Ci ricorda che cosa sollecita e anima i seguaci di Cristo. Ci dice quale è la speranza visionaria che ricolma il loro animo e, mettendoli in cammino, li spinge a “investire” se stessi in quel progetto.
Spiegando le parole e le domande del Padre nostro, senza evitare le sfide che esse pongono oggi come ieri a chi le fa proprie, Jürgen Werbick introduce alla preghiera e alla fede cristiana: dischiude la realtà personale-sovrapersonale di Dio, la cui volontà buona può diventare sperimentabile per gli esseri umani come compito e promessa della loro vita.
Il Padre nostro ci introduce infatti nel desiderio della salvezza, nella speranza orante, e ci insegna a vivere “in Dio” con uno stile corrispondente a tale speranza. I figli adottivi di quel Padre celeste si sanno davvero al sicuro nella potenza vitale e amorosa, creativa e inesauribile, di Dio.
Un trattato che propone un'indagine storico-fenomenologica e che offre un'opportunità di ripensamento per la pratica e la vita spirituale dei ministeri ordinati.
Dalla quarta di copertina:
Da quando la Lettera agli Ebrei ha illustrato la fine del sacerdozio antico grazie all’apparizione dell’unico sommo sacerdote, Cristo, la riflessione teologica non ha ancora trovato una comprensione del tutto soddisfacente del ministero ordinato. Anche le acquisizioni più recenti, che pretendono di rifarsi alla tradizione neotestamentaria, fluttuano tra due visioni fondamentali: l’una, più cristologica, vede nel ministero ordinato la riproposizione del ministero di Cristo di fronte alla Chiesa; l’altra, più ecclesiologica, vi vede invece l’attuazione più alta della ministerialità della Chiesa tutta. Le due visioni possono legittimamente richiamarsi sia agli scritti normativi delle origini cristiane sia agli interventi del Magistero cattolico sia alla tradizione teologica. Né l’una né l’altra riescono tuttavia a delineare in forma compiuta l’origine, il senso e la funzione del ministero ordinato.
Stante questa situazione, il trattato sul Ministero ordinato propone un’indagine storico-fenomenologica. Partendo dai problemi che l’attuale congiuntura ecclesiale e teologica pongono, si interroga la storia per cogliere le costanti di una comprensione e per mostrare che l’alternativa richiamata tra visione cristologica e visione ecclesiologica non ha ragion d’essere; come pure non trova giustificazione il rifiuto della dimensione sacerdotale del ministero. Se questa è stata dominante per molti secoli, fino ad apparire l’unica, grazie al Vaticano II essa è stata integrata, proprio grazie al riferimento cristologico in una concezione che, senza escluderla, la arricchisce e ne mostra pure la valenza spirituale.
Il testo che il lettore si trova tra le mani, se è pensato in primo luogo per la scuola, offre anche un’opportunità di ripensamento per la pratica e la vita spirituale dei ministeri ordinati.
In breve
«In queste pagine esamino l’autocomprensione che la chiesa cristiana ha assunto in quanto appartenente al mondo delle religioni. Ne deriva una grande quantità di elementi costitutivi di una teologia cristiana delle religioni».
Descrizione
È passato più di mezzo secolo da quando, al concilio Vaticano II, con la dichiarazione Nostra aetate, la chiesa cattolica ha presentato in modo coerente e totalmente nuovo la sua visione del mondo delle religioni. Da un lato, essa stessa fa parte di quel mondo. Dall’altro, essa possiede una propria vocazione e collocazione: in quel mondo deve accettarsi e presentarsi come una realtà fondata sul (e dal) Dio uni-trino.
Ciò che il concilio ha proclamato non ha assolutamente perso attualità. Anzi, oggi i cristiani incontrano dappertutto persone che appartengono alle religioni più diverse. Ed è ancor più necessario di ieri capirle, rispettarle, vivere con loro nella pace. Nel medesimo tempo i cristiani si sentono spronati a comprendere più in profondità il proprio percorso di fede come chiesa, per poterlo poi rappresentare in modo più convincente anche di fronte agli altri, in chiave di testimonianza.
Proprio dall’autocomprensione della chiesa cristiana come appartenente al mondo delle religioni derivano gli elementi costitutivi di una teologia cristiana delle religioni.
Perché chiedere, e perché chiedere a Dio? Tra l'atto della fede e il contenuto della fede esiste una imprescindibile reciprocità. Le questioni che ne emergono vengono qui dibattute focalizzandosi sulla preghiera di domanda. Il libro evidenzia le obiezioni della filosofia, delle scienze naturali e della teologia alle preghiere che esprimono richiesta o supplica, intercessione o invocazione, e cerca di trovare una loro legittimazione razionale. Nel far diventare la supplica a Dio un tema del pensiero, il teologo Böttigheimer tratta altresì questioni fondamentali della fede nel Dio cristiano e - alternando domande e tentativi di risposta - offre in chiave critica una chiarificazione di alcuni concetti correnti sulla natura del divino. A conferma che nella preghiera si acquista consapevolezza delle sfide e degli interrogativi del credere. Fino ad esclamare, con Karl Rahner: «Credo perché prego!».
La kénosi che Paolo attribuisce al Figlio è anche iniziativa del Padre e l’opera principale dello Spirito. Ora, se la fede è un’esperienza storica che si evolve, le nostre immagini di Dio sono chiamate a una costante revisione, sia personale sia comunitaria, alla luce dell’avventura umana eternamente nomade.
Descrizione
In quest’opera potente e audace Arnold ci invita a rinunciare radicalmente alle nostre immagini di Dio. Passando ciascuno dei nostri slanci di fede attraverso il setaccio della Kénosi, il monaco benedettino di stanza sulle Ande apre un percorso che conduce a una fede più matura, più danzante, più coerente con l’amore di Dio. Un Dio infinitamente più semplice di quello che i nostri cuori complicati tendono ad adorare.
«Nel corso della storia, questo Dio del dialogo tenta l’impossibile, integrando nel suo progetto l’ipotesi necessaria del fallimento. La creazione e la storia della salvezza mi sembrano solo una serie infinita di fallimenti e di errori corretti in continuazione, o riconvertiti in una creatività sconfinata, a misura dell’amore ostinato di un Dio affascinato dall’umano».
È Dio che assolutamente si denuda, certo. Ma è anche la nostra fede che viene spogliata – e che si risveglia gradatamente a immagini del divino più essenziali di prima, a una semplificazione progressiva di Dio stesso.