
L'economia di mercato - osserva il card. Marx - porta gradualmente a un miglioramento economico per tutti, ma solo in assenza di guerre e rivoluzioni politiche, cioè in condizioni tipiche ideali. Nel breve termine, invece, la sua "distruzione creatrice" colpisce con tutta forza, in determinati contesti, sotto forma di disoccupazione e di fallimenti per singoli individui e per interi gruppi. C'è quindi bisogno non solo di regole del gioco, ma anche di istituzioni forti, senza le quali non può esserci alcuna economia di mercato eticamente responsabile. "Abbiamo a che fare con varie persone che seguono ciascuna i propri interessi e, quando i loro interessi e il loro vantaggio sono predominanti, questo non porta al bene comune, ma solamente all'arricchimento di pochi". La tesi dell'autore è che nel processo di globalizzazione la morale non solo è una possibilità, ma è indispensabile per la sopravvivenza del mondo. Ed è un comandamento della ragione a suggerircelo.
Sin dall'inizio l'idea olimpica fu un'idea politica in grado di coniugare l'enorme capacità dello sport di agire come «parafulmine sociale» - quindi come elemento di distensione e di identificazione collettiva - e di misurare la stima di una nazione e della sua economia nel contesto internazionale.Coubertin mutuò dall'antica religione olimpica soltanto il rituale che gli serviva, e non le divinità: il luogo dei giochi doveva diventare un territorio sacro; l'entrata degli atleti una processione; il comitato olimpico un collegio di sacerdoti; il giuramento un rito di purificazione; le onoranze ai vincitori un omaggio delle nazioni. Una moderna religione in cui l'uomo celebra, invoca, sacrifica e premia se stesso. In tanti discorsi solenni - osserva Moltmann in questo breve saggio scritto dopo le Olimpiadi di Seul, alla fine degli anni Ottanta - si coglie facilmente la regia dei giochi «e si ha quasi l'ironica impressione che l'autore fantasma sia stato Ludwig Feuerbach e che il copione lo abbia scritto Karl Marx, perché è vero che questa moderna religione olimpica è un'immagine del desiderio, una fabbrica di sogni e oppio per il popolo».
«In cosa posso servirla?», chiese l’angelo.«Davvero vendete di tutto, come è scritto sull’insegna?», chiese incuriosito il giovane.«Certamente. Tutto quello che desidera!».«Allora vorrei che i bambini non soffrissero più, che la gente non dovesse soccombere sotto il peso delle schiavitù. Vorrei un po’ di pace, vorrei che gli uomini non fossero più gli uni contro gli altri. Vorrei più misericordia e meno giudizi, più dialogo e meno opposizioni. Vorrei che il mondo non fosse più diviso tra chi ha tutto e chi non ha niente, vorrei…».Ma l’angelo gli portò la mano alla bocca come per fermare le richieste e gli sussurrò all’orecchio: «Guardi, credo che lei abbia frainteso: noi non vendiamo frutti, qui si vendono solo semi!».
Ci sono cose che abbiamo sempre sotto gli occhi, ma il loro valore si rivela solo quando le perdiamo. Quando tocchiamo con mano l'evaporare progressivo del senso di comunità. Di fronte ai terremoti e alle catastrofi naturali ci interroghiamo su Dio, ma dovremmo chiederci dov'è l'uomo, in che modo si confronta con la sua fragilità e dove si è rifugiata la sua responsabilità. Anche Dio, del resto, è fragile, debole e indifeso. Perché ama. E l'amore rende vulnerabili. Il Dio debole è il Dio crocifisso che costituisce, insieme alla risurrezione, il cuore della rivelazione cristiana.
Tre grandi modelli hanno espresso ed esprimono ancora oggi il rapporto dei cristiani con il mondo. Il primo è quello della «differenza profetica», che nasce nel contesto di una comunità perseguitata o trattata con ostilità. Il secondo è quello della «sistemazione nel mondo», che prende le mosse dalla condizione di pace religiosa. Il terzo, forgiato dal concilio Vaticano II, è quello della collaborazione leale e critica, che recupera dalle antiche fonti cristiane l’idea della relativa autonomia della sfera spirituale e di quella temporale. Recuperando le metafore evangeliche del sale e della luce, richiamate più volte dal magistero di papa Francesco, l’autore offre un’originale riflessione sul rapporto dei cristiani con la società e la politica.
Sommario
Introduzione. Tre modelli. I. La differenza profetica. II. La sistemazione nel mondo. III. La collaborazione leale e critica. IV. Il sale e la luce.
Note sull'autore
Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, ha insegnato Teologia sistematica alla Facoltà teologica dell'Emilia Romagna dal 1989 al 2010. Dal 2009 al 2015 è stato parroco a Forlì e si è occupato, in particolare, di animazione vocazionale e giovanile e di formazione dei diaconi.
La fase di transizione alla seconda metà della vita è un momento critico. Si è normalmente impreparati e si rischia di esserne travolti fino a smarrire il filo unitario della propria esistenza. Per poter affrontare e attraversare questo periodo di passaggio occorre dunque riconoscere i sintomi e nominare i disagi che lo caratterizzano. Solo così esso potrà rivelarsi non solo come oscurità, ma anche come luce, non solo come minaccia e pericolo, ma anche come opportunità di crescita e di maturazione. La crisi dell'età di mezzo segna l'irrompere della morte nella vita: conoscerne i sintomi e individuare le reazioni che può suscitare aiuta a coglierla positivamente come passaggio vitale a una fase più matura dell'esistenza.