
Eroina di un breve libro di soli quattro capitoli, Rut può essere definita la Cenerentola della Bibbia perché la sua storia sviluppa un tema del folclore universale dalle infinite variazioni, quello di una ragazza di modesta origine che trova un marito ricco e potente, il "principe azzurro" di tante fiabe popolari. Poiché è povera, vedova, straniera e senza figli, cioè nella peggiore condizione per una donna del mondo antico, gli ostacoli che la separano dal matrimonio con il facoltoso Booz si accumulano. Tuttavia, la generosità della protagonista e la sua nobiltà di cuore le attribuiscono i titoli che le consentono di salire nella scala sociale e che le permettono di ottenere, anche se straniera, l'equivalente del "diritto di cittadinanza". Sotto un'apparente semplicità, il breve libro biblico rivela una grande ricchezza di significati e attribuisce a Rut il compito di impersonare la presenza di Dio e di divenire strumento della sua grazia. Con il testo integrale del libro di Rut dalla Bibbia di Gerusalemme.
Con l'affermazione che il magistero della Chiesa non è al di sopra della Sacra Scrittura, ma al suo servizio, la Riforma protestante accende un dibattito che ha conseguenze sull'intero cristianesimo occidentale e sulla cultura europea della prima età moderna. Lo sforzo di procedere nel solco della teologia medievale, il vigoroso tentativo umanistico di privilegiare la Bibbia alle cerimonie e ai riti esteriori e l'applicazione pratica del principio del sola scriptura come unica fonte della rivelazione e norma della fede non sono tuttavia né semplici né pacifici. Se in campo cattolico questo tema diviene la prima questione teologica di peso affrontata al Concilio di Trento, con dibattiti accesi e prolungati, in ambito protestante si verifica un processo di identificazione tra Scrittura e Parola di Dio che produce l'effetto di considerare la Bibbia un libro ispirato persino nell'apparato di vocalizzazione del testo ebraico. L'insolita "battaglia delle vocali" che ne deriva scuote le Chiese riformate per oltre mezzo secolo e mostra i limiti e la grandezza del protestantesimo del Seicento nel mezzo di una transizione epocale dall'aristotelismo al cartesianesimo.
Le missioni organizzate dai gesuiti nei territori dell'impero portoghese nella seconda metà del '500 sollevano inedite questioni di carattere morale. Casi di coscienza e interrogativi sull'amministrazione dei sacramenti si inquadrano nel tentativo di stabilire un nuovo ordine in grado di replicare ai Tropici, anche con modalità aggressive e intransigenti, i principali caratteri delle società europee. Attorno al rito del battesimo si elaborano le teorie di legittimazione del colonialismo, al matrimonio si attribuisce il compito di integrare coloni e popolazioni locali, mentre la confessione si dimostra lo spazio privilegiato per colmare la distanza fra codici e norme dell'Europa cristiana e quelli di un mondo che si presenta all'espansionismo lusitano nella sua multiforme, sorprendente differenza.
"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio". Pur composto di soli 18 versetti, il prologo del quarto Vangelo, che la tradizione della Chiesa attribuisce all'apostolo Giovanni, è da sempre un luogo privilegiato di interpretazione esegetica, teologica e filosofica. Il saggio prende in esame le letture proposte da tre autori, uno di tradizione riformata, uno di estrazione ortodossa e uno di area cattolica. La prima voce è di Schelling (1775-1854), esponente dell'idealismo tedesco; la seconda di Solov'ëv (1853-1900), filosofo, teologo, poeta e critico letterario russo; la terza di Edith Stein (1891-1942), religiosa e filosofa tedesca, morta nel campo di concentramento di Auschwitz e proclamata santa nel 1998.
L'antico libro biblico dei Proverbi si conclude con un poema dedicato al sorprendente ritratto di una donna eroica, perfetta, "di valore". Non sappiamo se si tratta di una figura reale, della destinataria di un elogio funebre o della personificazione della Sapienza. Il poema, infatti, non descrive il suo aspetto fisico, non esalta la sua bellezza, non menziona sentimenti d'amore, ma si concentra sull'attività delle sue mani, delle sue braccia, dei suoi fianchi, sulla saggezza delle sue valutazioni e delle sue decisioni. Contro l'idea di perfezione femminile celebrato nella poesia erotica diffusa nelle corti reali e negli harem del Vicino Oriente antico, il poema biblico del libro dei Proverbi glorifica una donna impegnata in normali affari famigliari e sociali che realizza con decisione anche ciò che, nel mondo antico, è normalmente di competenza dell'uomo.
Descrizione dell'opera
La pianta del cacao cresce solo in particolari condizioni climatiche e la sua zona d'origine è l'America centrale. Gli europei devono perciò attendere la scoperta del nuovo continente per gustarne il frutto, che compare sulla scena innanzitutto come bevanda, la cioccolata, e apre una singolare disputa che coinvolge la teologia e la medicina.
Due le posizioni che si confrontano nell'Europa del Sei e del Settecento: o la cioccolata è cibo e non la si può prendere fuori pasto nei giorni di digiuno ecclesiastico, oppure è bevanda e la si può bere quando si vuole perché le bevande non interrompono il digiuno. Vi è, però, una terza possibilità, cioè farla rientrare nella casistica esistente o come medicina o come electuaria, per esempio frutto candito o conserve da consumare di sera. In realtà, la disputa finisce col consentirne l'uso una volta al giorno, stabilita la quantità di cacao da mettere nell'acqua, anche se il dibattito si interseca con un'altra discussione, esclusivamente medica, sui benefici delle bevande calde.
Sommario
Introduzione. 1. La scoperta del cacao. 2. Le forme del digiuno. 3. La cioccolata in scena. 4. Un dibattito europeo. 5. Diatribe e ossessioni. 6. Un problema italiano. 7. La fine della disputa. Note.
Note sull'autore
Claudio Balzaretti è ordinario di Filosofia e Storia nei licei statali. Laureato in Lettere classiche e dottore in Scienze bibliche, ha pubblicato traduzioni e commenti a Esdra-Neemia, Cronache, Re e Maccabei. Per EDB ha pubblicato Il Papa, Nietzsche e la cioccolata. Saggio di morale gastronomica (2009).
La democrazia moderna è il risultato dell'esperienza politica di Atene e di quella morale di Israele. Il testo biblico, attraverso il diritto canonico, ha costituito una delle fonti principali della cultura giuridica occidentale e la tradizione giudaico-cristiana ha offerto alla riflessione etica e politica elementi per approfondire i concetti di uguaglianza, dignità umana e giustizia. È, in particolare, nel Decalogo - talvolta riduttivamente assunto come modello di formalismo e assolutismo - che prende forma il superamento delle differenze di ceto, di genere e di appartenenza etnica. Ai piedi del Sinai, dove si compie il processo di liberazione narrato nel libro dell'Esodo, si contrae, infatti, un patto tra Dio e la totalità del popolo, si istituisce il riposo del sabato anche per lo straniero e lo schiavo, si esprime una forte istanza etica che si traduce nella tutela della vita e in un modello di democrazia che non ha eguali nell'antico Medio Oriente. Il rapporto con la tradizione antica, spesso identificata con la sola filosofia greca e con l'esperienza della polis, si arricchisce in questo modo di contenuti ai quali la riflessione politica può attingere per approfondire la propria comprensione della democrazia moderna.
Johann Sebastian Bach trova nella tradizione luterana un'intelligenza teologica e spirituale che orienta in modo profondo il suo lavoro di musicista: accompagnare i fedeli dalla lettura delle Scritture all'ascolto della Parola rafforzando il legame tra ascoltare e credere e valorizzando l'udito rispetto alla vista, poiché Dio si è nascosto allo sguardo e si è sottratto allo "spettacolo" e all'artificio. Mentre la composizione di cantate, passioni e oratori faceva parte degli obblighi di Bach in quanto cantore della chiesa di San Tommaso a Lipsia, i mottetti - come Gesù, mia gioia (1723), analizzato nel volume - erano frutto di commissioni per occasioni specifiche, in particolare i servizi liturgici per i defunti (in questo caso per la sposa di un alto funzionario delle poste). La gioia alla quale il brano fa riferimento è segnata contemporaneamente dalla presenza e dall'assenza dell'amata, fenditura in cui si forma il desiderio mentre il cuore si angoscia e sospira. In questo spazio si genera un autentico combattimento spirituale, che cerca il faticoso equilibrio tra l'intelligenza e il cuore e che consente a Bach di superare la contrapposizione tra pietismo e ortodossia.
Sul tema del cattolicesimo e del concilio Vaticano II il volume raccoglie gli interventi di due personalità eminenti: un filosofo e un vescovo, entrambi membri dell'Académie française. I vangeli - osserva il prof. Michel Serres non escono dalla mano di accreditati sapienti e si rivolgono ai poveri riportando ingenue parabole, ma in modo così semplice, limpido e autentico che oggi sembra quasi impossibile scrivere nello stesso modo. Eppure, l'afflato universale delle pagine evangeliche e l'originale esperimento "autobiografico" degli Atti degli apostoli indicano la matrice, la radice, la forma originaria di un linguaggio che può liberare l'autenticità della scrittura sottraendola alle "formattazioni" tecniche e specialistiche del lessico accademico e di quello dei media. La stessa eredità del concilio Vaticano II (1962-1965), cioè lo sforzo di far dialogare la grande tradizione cristiana con il mondo contemporaneo, richiede di interrogarsi sul significato del "parlare di Dio" e "parlare a Dio" in un tempo di incertezza, di disincanto e di inquietudine, osserva mons. Claude Dagens. In questo contesto non si possono trascurare gli aspetti più paradossali e contraddittori dell'evangelizzazione: l'assunzione della solitudine, la solidarietà da esprimere, la fraternità da condividere, l'interrogativo sull'enigma del male - al tempo stesso sovraesposto e rimosso - e la possibilità di rinascita attraverso il mistero di Dio.
Quando nell'Europa moderna la Bibbia passa dal pulpito alla cattedra, dalla chiesa all'aula universitaria, dalla predicazione all'esame esegetico prende forma un approccio critico e scientifico ai testi che solleva vari interrogativi su fede e scienza e su Scrittura e Tradizione. Nel XX secolo il magistero cattolico reagisce alle innovazioni, ritiene di dover proteggere i fedeli dal razionalismo e dal modernismo, ma al tempo stesso favorisce la fondazione dell'École Biblique et Archéologique a Gerusalemme, della Pontificia Commissione Biblica e del Pontificio Istituto Biblico a Roma. Nel 1943, con l'enciclica Divinu Afflante Spiritu, Pio XII auspica una maggiore apertura degli studi biblici, ma la relazione, di fatto irrisolta, tra Scrittura e Tradizione riaffiora al Vaticano II e fa della costituzione dogmatica Dei Verbum uno dei punti caldi del dibattito conciliare. Il prezioso documento della Commissione biblica "L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa" (1993) sancisce infine che l'esegesi storico-critica è un metodo irrinunciabile per l'approccio esegetico ai testi biblici.
L'estrema complessità della teologia come "scienza" rischia di essere un ostacolo insormontabile per gli studenti che faticano a orientarsi nella pluralità delle discipline esegetiche e storiche, teoriche e pratiche. E l'oggetto proprio della teologia stessa, la fede in Dio, rischia di allontanarsi mano a mano che si penetra nel groviglio dei testi, delle correnti interpretative e delle teorie. Oltre a far comprendere l'unità interna di questa disciplina, è necessario - sostiene l'autore - attivare i legami con l'esperienza spirituale (direzione a cui conducono la riabilitazione post-moderna della nozione di "esperienza", l'interesse per la narratività e il concetto di "testimone") ed evidenziare la necessità di un approccio critico che si manifesta nella capacità di argomentare, oggi spesso soppiantata da un eccesso di narrazione e di volontà testimoniale. Al di là dell'oscillazione fra l'assenza di tradizione e la sua espressione folkloristica, che va di pari passo con una ripetizione sterile e una difesa integralista, la sfida dell'insegnamento è quella di illustrare la creatività culturale che il cristianesimo ha dimostrato volendo mantenere la sua unica e doppia fedeltà al ministero di Cristo e alle condizioni storiche dei destinatari del suo vangelo.
Come si presenta ai nostri occhi quella che oggi chiamiamo "sessualità" quando la osserviamo nei discorsi prodotti dalle istituzioni religiose in età moderna? L'oggetto ha contorni sfuggenti. Al suo interno si collocano, in maniere e misure mutevoli, aspettative e rinunce, possibilità e divieti, ragioni del corpo e dell'anima, dell'individuo e della collettività. Il saggio presenta un piccolo ventaglio di sessualità possibili "messe in parola" nei decenni che seguono due momenti cruciali della storia religiosa e sociale dell'Europa: la centralizzazione romana dell'Inquisizione e la sua dotazione di una capillare rete di organismi locali, a partire dal 1542, e la grande risistemazione dottrinale e istituzionale operata dalla Chiesa cattolica con il Concilio di Trento, fra il 1545 e il 1563. A partire dalla seconda metà del Cinquecento, sui comportamenti che implicano un uso della corporeità connessa con le tensioni desideranti e la generazione, già tradizionalmente oggetto di osservazione e di controllo, sembra accentuarsi, facendosi sistematico, l'interesse delle istituzioni religiose, impegnate in un'impresa di definizione dell'ortodossia e dell'eterodossia. In ogni ambito del vivere si rintraccia sia un potenziale luogo di realizzazione della perfetta cattolicità che uno spazio di annidamento dell'eterodossia. Il corpo chiuso del clero deciderà dei corpi moderatamente aperti dei coniugati e di quelli pericolosamente sciolti delle nubili e dei celibi.