
"Cari zingari, cari nomadi, cari gitani, venuti da ogni parte d'Europa, a voi il nostro saluto." Con queste parole il 26 settembre 1965 papa Paolo VI inizia il suo discorso in un grande raduno che viene considerato oggi il punto di partenza per nuove strategie pastorali verso rom e sinti. Il libro analizza il modo in cui la Chiesa cattolica contribuisce alla metamorfosi dei "nomadi" nell'Italia (e in parte nell'Europa) della seconda metà del Novecento attraverso quelle nuove strategie pastorali. Si tratta di strategie che portarono decine di preti, suore e laici a vivere con i "nomadi" in nome della condivisione in Cristo, che svilupparono un'editoria cattolica rivolta ai "nomadi" o riguardante i "nomadi", che favorirono la traduzione in romanes di testi ezvangelici e liturgici e che portarono agli onori degli altari, per la prima volta nella storia, un "nomade". Ma le strategie pastorali non appaiono sempre omogenee e concordi all'interno della Chiesa, né nei rapporti con i "nomadi", né nei rapporti con le autorità diocesane e parrocchiali. Partendo dalle esperienze etnografiche dell'autore, il volume analizza tali rapporti, tenendo in considerazione le storie di vita di singoli missionari e attivisti religiosi che hanno vissuto per decenni nei campi nomadi o nei quartieri rom della Penisola.
La conoscenza e la definizione dell'esperienza mistica ci pongono di fronte a un paradosso. Nella sua natura più profonda essa è sprofondamento nell'abisso dell'interiorità, incontro o unione con Dio fino al totale svuotamento di sé. Eppure non c'è per noi altra via d'accesso alla sua conoscenza che il linguaggio. Lo studio dei modi espressivi attraverso i quali essa si rende conoscibile è dunque obbligatorio. Non di rado, del resto, la scrittura mistica ha raggiunto i più alti risultati poetici: basti pensare a un san Giovanni della Croce, a un Angelus Silesius. Ma se si vuole attingere il nucleo più intimo di questa esperienza non ci si può arrestare alla pura dimensione letteraria: qual è dunque lo specifico del linguaggio mistico?
Quest'opera di Dobschütz rappresenta un lavoro importante per quanto riguarda le raffigurazioni di Cristo e i significati profondi che si nascondono dietro di esse nel corso dei secoli. Partendo dalle immagini degli dèi greci "non fatte da mano umana", ma cadute miracolosamente dal cielo, l'autore spiega come attributi di statue e dipinti di divinità pagane, primo fra tutti il potere di proteggere la città che li possiede, si trasferiscano in epoca cristiana alle icone di Cristo, di Maria e dei santi. Dobschütz descrive nei minimi dettagli, servendosi di numerose testimonianze, le leggende legate alle più famose immagini sacre, da quella dell'antica città di Camuliana al famoso panno di lino in cui Gesù lasciò l'impronta del proprio volto per donarlo ad Abgar, sovrano di Edessa. Le varie leggende, tra cui quella della Veronica, s'intrecciano e si sovrappongono, creandone a loro volta di nuove. Un classico che spazia dall'archeologia alla storia del culto, dall'agiografia all'arte, dalla storia del teatro alla teologia. Lo scopo principale di questo studio di religione è l'analisi della "psicologia religiosa del popolo" che si esprime molto meglio nella leggenda che negli atti di un concilio o in opere di teologia.
Ernst Benz, grazie a un'onnivora erudizione e non senza una certa spregiudicatezza intellettuale che sfocia talvolta nell'audacia, riscrive in sintesi la storia della scienza e dei suoi rapporti con Dio e il trascendente, prendendo come termine di confronto l'elettricità. Prima di Benz, i rapporti tra teologia e scienza si erano limitati per lo più alla riflessione sulla forza gravitazionale, relegando elettricità e magnetismo in un capitolo marginale del sapere e della cultura, una sorta di bizzarria, quando non proprio una ciarlataneria, che nel nome del famigerato Mesmer, l'ideatore del magnetismo animale, aveva trovato il suo campione e nel "mesmerismo" la sua pseudoscienza. Da Keplero a Newton, fino agli illuministi, l'energia elettrica è reinterpretata come forza di Dio: il creatore non è più soltanto l'animatore di un'azione a distanza; l'elettricità e il magnetismo diventano un capitolo decisivo per interpretare teologicamente il mondo naturale. Prefazione Guido Vitiello.
Küng e Ricoeur si addentrano nella parte oscura delle religioni, anzi ne affrontano forse l'aspetto più eclatante e anche indagato: la violenza. Perché le religioni generano così spesso contrapposizione, scontro, guerre, morte? Si tratta di un fenomeno inevitabile, perché "il pericolo della violenza è alla base di ogni convinzione forte" (Ricoeur)? Come fare per superarlo (Küng si diffonde qui sul "Manifesto per un'etica planetaria", elaborato dal Parlamento delle religioni del mondo a Chicago nel 1993)? Domande che moltissimi altri studiosi, filosofi e teologi e capi religiosi, hanno affrontato: a testimonianza - se non altro - della realtà e dell'urgenza del problema. Se si vuole, non tanto risolvere, ma almeno affrontare il nodo della violenza "religiosa" nonché degli altri mali derivati dalle fedi, bisogna anzitutto riconoscere che le religioni - tutte - sono espressioni fallibili e incomplete, ed esiste un "oltre" che nessuna casta sacerdotale possiede e nessun dogma esprime appieno. Per vincere la violenza, e gli altri mali delle religioni, bisogna insomma che con uno sforzo radicale di autocritica ogni religione accetti di andare oltre se stessa. Prefazione di Roberto Beretta.
"Il poeta tedesco Schiller nel trattato 'Sull'educazione estetica dell'uomo' non esitava a scrivere che 'l'uomo gioca soltanto quando è uomo nel significato più pieno del termine ed egli è interamente uomo solo quando gioca'. In questa luce si riesce a capire perché la cosiddetta 'analogia ludica' sia diventata nella teologia, non solo recente, un modello per parlare di Dio (pensiamo alla Festa dei folli di Harvey Cox o all'Homo ludens di Hugo Rahner). La stessa Bibbia non ha imbarazzo nel raffigurare la Sapienza divina creatrice come una fanciulla che sta danzando divertendosi nell'orizzonte di quel mondo che sta fiorendo dalle sue mani (Pro 8, 30-31). Il creare, quindi, come divertirsi: ne sanno qualcosa gli artisti. Anzi, persino Gesù si lascia catturare incuriosito dal divertimento, sia pure fallito, di un gruppo di ragazzi che giocano sulla piazza di un villaggio e che non s'accordano sul tipo di gioco da adottare: alcuni vorrebbero mimare una festa di nozze ballando al suono del flauto, altri desidererebbero invece imitare un funerale piangendo e lamentandosi. Dopotutto già nell'Antico Testamento l'era messianica era vista anche attraverso il bambino che si diverte con gli animali e che, travolto dalla curiosità che accompagna il gioco, infila la manina nella buca della vipera (Is 11,8). Oppure si sognava una Gerusalemme le cui piazze 'formicolavano di ragazzi e di ragazzi che giocavano divertendosi' (Zac 8, 5). La stessa rappresentazione escatologica nell'immaginario di secoli e secoli di arte ha sognato sempre un 'paradiso' di festa, di musica, di danze." (Gianfranco Ravasi)
Nei giorni dal 15 al 18 settembre 2016 si celebra a Genova il XXVI Congresso Eucaristico nazionale, che ha come tema L'Eucaristia sorgente della missione: "Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro". Tale importante appuntamento si colloca all'interno dell'anno giubiliate che papa Francesco ha indetto per invitare i singoli e le comunità ad aprirsi in modo più convinto e generoso al dono della misericordia di Dio, sorgente inesauribile di ogni rinnovamento personale e comunitario.
Il caso del processo al cardinale Becciu, dopo essere deflagrato all'inizio provocando una gogna anche mediatica di proporzioni planetarie, col passare del tempo ha suscitato una attenzione meno intrisa di pregiudizi. Ed è finito sotto la lente di osservatori non prevenuti, intellettuali, giornalisti che amano documentarsi e ricercare puntigliosamente la verità, studiosi di diritto canonico, storici. Il risultato? Hanno paragonato il caso Becciu a due altre vicende di ingiustizia e di gogna gratuita e ingiusta: il caso Dreyfus e il caso Tortora. Nel caso Becciu, in particolare, sono state ravvisate molte anomalie (nel libro se ne trova un lungo elenco): tra queste il cambio, per quattro volte!, delle regole processuali mentre si svolgeva il processo. E la forte impressione di una sentenza già scritta, dato che non era stato riservato alcuno spazio alle circostanze risultate favorevoli al cardinale e comprovanti la sua innocenza. In questo libro, che ha anche risonanze letterarie perché si evocano situazioni e atmosfere da romanzo, pullula una miriade di personaggi. A cominciare dal Papa, fino ai protagonisti di questa vicenda ancora tutta da definire.

