
"Una rivoluzione copernicana. Finora per parlare di Dio si mettevano in campo argomenti molteplici, questo libro ne fa piazza pulita. Finora per parlare di Dio c'era bisogno di punti d'appoggio, questo libro non ne ha. Finora per parlare di Dio si pensava al plurale, questo libro pensa al singolare. La fede, finora fondata su motivazioni esteriori, assume un volto nuovo. Il lettore si ritrova al centro di una rivoluzione che lo libera dalle protezioni e dai legami che lungo i secoli gli sono stati posti lungo il cammino. Il libro è un invito alla solitudine dell'anima e ai misteri che vi sono nascosti."
I cinque interventi che compongono il volume, tutti risalenti al 2007, hanno il loro filo conduttore nello sguardo rivolto ai grandi mutamenti del nostro tempo. Strettamente collegati tra loro, affrontano l'approfondita ricerca di ciò che è "bene" per l'uomo anche e nonostante i contrastanti aspetti della cultura moderna. La sintetica lettura del Gesù di Nazareth di Benedetto XVI, che completa il volume, è ancora una forte indicazione per l'orientamento a Cristo in ogni azione umana.
Sono circa 8000 al giorno i bambini che nel mondo nascono con una forma di handicap, quasi 3 milioni ogni anno. Se la sorgente della vita umana è Dio, che senso ha tanto dolore inflitto alle creature più innocenti? Da sempre gli uomini si pongono questa domanda, alla quale le diverse fedi e filosofie, nel corso dei secoli, hanno dato molteplici risposte. Oggi, però, la rivoluzione scientifica ha reso insostenibili le soluzioni del passato, e la questione è stata, di fatto, rimossa. In questo saggio Vito Mancuso affronta il tema delicato dell'handicap dal punto di vista filosofico e teologico, in dialogo con la scienza e le religioni non cristiane. Un percorso di riflessione, il suo, affrontato sempre con rigore, scavando a fondo nella storia dello spirito e della cultura occidentali. Ne scaturisce un messaggio arduo e poetico, che parte dalle contraddizioni laceranti della vita ma anche dalla sua "bellezza incandescente", e non offre facili consolazioni. Recensendo questo libro Giuseppe Pontiggia ebbe a scrivere: "Raramente un titolo delinea, come questo, la mappa degli interrogativi in cui la mente, protesa a dare un senso religioso e filosofico all'handicap, si è sempre persa. Basta che il lettore segua l'autore nella grandiosità del suo disegno e nella ricchezza dei suoi percorsi. Ne trarrà una luce durevole".
Una delle domande di fondo poste dall'attuale dibattito sull'identità culturale dell'Europa è se il cristianesimo, storicamente radicato in un Occidente sempre più secolarizzato e sollecitato dal problematico incontro con altre fedi e civiltà, riuscirà a conservare la sua dimensione profetica, e se l'Occidente laico potrà ancora riconoscere nella parola di Gesù un punto di riferimento etico e spirituale privilegiato. Sul futuro della democrazia e sul ruolo del cristianesimo - e, in Italia, della Chiesa cattolica - due acuti osservatori del nostro tempo, lo storico Ernesto Galli della Loggia, di formazione laica, e il teologo Camillo Ruini, si confrontano in un serrato contraddittorio ricco di spunti di riflessione e acute intuizioni. Un sintetico excursus dall'illuminismo ai giorni nostri, necessario per individuare i momenti più significativi nell'evoluzione dei rapporti tra società civile e istituzione ecclesiastica, introduce all'analisi della situazione del nostro paese, dove il cattolicesimo ha trovato la sua massima espressione politica nei quarant'anni di governo della Democrazia cristiana e dove il Concordato rappresenta tuttora un motivo di scontro ideologico. Nella discussione entrano inevitabilmente questioni decisive per la nostra epoca, e spesso oggetto di roventi polemiche, come i limiti da porre alla scienza e alla tecnologia nella manipolazione della natura, o le istanze etiche che discendono da concezioni della vita e della morte agli antipodi.
Antonietta Potente è una suora domenicana, ma non bisogna immaginarsela nel chiuso di un convento, immersa tutto il giorno nella tranquillità della preghiera. Vive in Bolivia, insieme a una famiglia indigena, e ha sviluppato una riflessione teologica tra le più profonde e originali, che parte da un ripensamento totale della vita religiosa alla luce di una spiritualità ancorata al presente, capace di unire la mistica alla politica e all’impegno per la salvaguardia dell’ambiente. In questo libro, accostando i temi dell’etica all’immagine familiare di una casa e delle sue stanze, l’autrice avvicina tutti, credenti e non, ai grandi quesiti che ci pone la contemporaneità.
Una delle azioni più importanti del Pontificato di Benedetto XVI è stato, nel 2010, lo sviluppo di una cosiddetta “nuova evangelizzazione”. Un’espressione che ha le sue radici nel Concilio Vaticano II, utilizzata per la prima volta da Giovanni Paolo II nel 1979 per significare la volontà di proporre il messaggio cristiano con maggior incisività e freschezza.
In quest’epoca di crisi culturale e ideologica dell’Occidente la Chiesa ha il compito delicatissimo di guidare l’uomo e la società verso una salvezza individuale e collettiva, verso una vita più vicina alla parola di Cristo. A questo scopo Benedetto XVI ha creato un nuovo dicastero dedicato specificamente al mondo occidentale, alla cui guida è stato posto monsignor Fisichella. In questo saggio, che è un manifesto religioso e culturale, monsignor Fisichella ci spiega in che cosa consiste il grande compito a cui lui e la Chiesa sono chiamati: proporre la centralità della famiglia, favorire l’etica della finanza, riqualificare la presenza dei cattolici in politica e soprattutto invitare le persone a non perdersi nella solitudine e nell’indifferenza.
RINO FISICHELLA (Cologno 1951), vescovo ausiliare di Roma, è rettore della Pontificia Università Lateranense e, dal 2010, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. È uno dei più importanti teologi a livello internazionale. Ha pubblicato numerose opere, tradotte in diverse lingue, fra cui da Mondadori: Nel mondo da credenti (2007) e Identità dissolta (2009).
Nell'autunno del 1959 Piergiorgio Odifreddi varcò la soglia del Seminario di Cuneo. La sua intenzione era quella di diventare un giorno papa, e benedire da una finestra di Piazza San Pietro la folla estasiata. Ma presto imparò che "il cammino che porta al soglio pontificio è più accidentato e tortuoso di quanto un bambino avesse ingenuamente potuto immaginare". E, soprattutto, che "per poter un giorno comandare bisognava iniziare subito a obbedire" e a essere rispettosi: cosa che già allora non gli piaceva particolarmente. Cinquant'anni dopo, il matematico impertinente ricorda quei tempi e, contenendo per una volta il suo abituale tono urticante e provocatorio, scrive con grande rispetto e sincerità a chi papa lo è diventato per davvero. Anche se, da scienziato, non abiura al dovere intellettuale di rimanere saldamente ancorato ai fatti della realtà fisica, storica e biologica. Ed è dunque costretto a confutare punto per punto il teologo Joseph Ratzinger, che crede invece in ciò che va "oltre" la realtà e sconfina nella metafisica, nella metastoria e nella metabiologia. In questa lettera si confrontano così due metodi, due atteggiamenti, due visioni del mondo. Da un lato il "comprendere per credere", che accetta prudentemente di dar credito soltanto a ciò che si capisce e si conosce. E dall'altro il "credere per comprendere", che si azzarda a scommettere su ciò che ancora non si capisce o non si conosce, nella speranza che tutto poi si chiarificherà o giustificherà.
La crisi economica, l'amore, la morte, la politica, l'immigrazione, il '68, la scuola, la famiglia, il governo della Chiesa. Il rapporto tra Stato e Chiesa, tra scienza e dottrina, tra fede e ragione. La vita e il suo senso. Da quasi dieci anni, un uomo di punta della Chiesa italiana, il cardinale Angelo Scola - prima patriarca di Venezia, poi arcivescovo di Milano - e una firma del "Corriere della Sera", Aldo Cazzullo, dialogano sull'attualità politica e i temi ultimi dell'esistenza. Da queste conversazioni, che sono state discusse, commentate, criticate, difese da parte di politici, religiosi e laici, sono emerse parole-chiave divenute lessico comune del dibattito pubblico, come "meticciato di civiltà e culture" - agli antipodi sia dei retori del relativismo culturale sia dei nemici della società multietnica - e "nuova laicità": quasi un manifesto del modo della Chiesa moderna di stare nella società e partecipare alla discussione e alle decisioni politiche. Per quanto ogni dialogo faccia storia a sé, e sia stato pensato come fine a se stesso, a rileggerli ora, ricomposti in un'unica sequenza, risulta evidente come ognuno rappresenti il tassello di un sistema di pensiero autonomo, che il cardinale Scola tratteggia, saldamente ancorato nel deposito della fede e della dottrina cattolica e nella lettura che ne è stata data dai papati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma con tratti di libertà in sintonia con la tradizione della diocesi di Milano, che ora è stato chiamato a reggere
Cos'ha detto Gesù a proposito del paradiso e della vita eterna? I cristiani si chiedono mai come sarà il paradiso? Le domande che si pone Pippo Corigliano, da quarant'anni portavoce dell'Opus Dei in Italia, hanno lo scopo di illuminare uno degli aspetti più pregnanti e meno conosciuti delle Sacre Scritture. Mentre, infatti, dell'inferno e del purgatorio si discute spesso e talvolta a sproposito, del paradiso e di ciò che ci attende dopo la vita terrena si parla poco e male. E, invece, mai come oggi l'uomo ha bisogno di sentirsi dire che il paradiso c'è e ci sta aspettando. Con uno stile chiaro e limpido, l'autore analizza i passi più suggestivi offerti dalla lettura dei Vangeli, con particolare attenzione al tema della vita eterna che Gesù affronta più volte insieme ai suoi discepoli. Argomenti come la fede, la vita interiore dopo la morte e l'esistenza di un aldilà dove possa inverarsi l'atteggiamento del buon cristiano di fronte al mondo diventano elementi di riflessione positiva da applicarsi alla vita quotidiana, sia che si parli di amicizia, di amore, di lavoro o di affetti verso il prossimo. Un libro stimolante e pieno di fiducia nelle virtù dell'uomo, per conquistare il paradiso.
Come possiamo avere certezza che Dio esiste? E se esiste, come possiamo essere sicuri che si interessa di noi? Fin dove possiamo spingerci con la nostra ragione e perché il Dio di Gesù Cristo dovrebbe essere la risposta più affidabile? Di fronte alla secolarizzazione e alla critica delle verità assolute che caratterizzano la nostra società, la questione di Dio, lungi dall'essere scomparsa, torna e si ripropone nella sua essenzialità, interrogando l'intelligenza e il cuore. Con Dio o senza Dio, infatti, cambia la nostra vita e il modo di concepire noi stessi e il mondo. In questa intervista, che in realtà è un libro organico e intellettualmente onesto, il cardinale Ruini - rispondendo alle domande di Andrea Galli - accompagna il lettore sulle tracce di Dio, tra storia, scienza e cultura, e propone una serie di percorsi per avvicinarsi al suo mistero partendo dalla realtà di cui abbiamo esperienza: dal semplice e primordiale stupore di fronte al fatto che esistiamo, alla natura di cui siamo parte e che allo stesso tempo riusciamo a leggere e governare, all'anelito di libertà insopprimibile in ogni uomo, alla sua capacità di riconoscere quel grande segno di Dio piantato nella storia che è Gesù Cristo. Il tutto senza eludere lo scandalo del male fisico e morale e della sua sconfinata ampiezza. Un libro che si propone come un itinerario per aiutare chi crede a essere più consapevole delle ragioni della propria fede e a fare così unità nella propria coscienza di credente.
Navigare è da sempre sinonimo di vivere e conoscere. Un'immagine che l'era informatica ha reso ancora più familiare e ricca di significati.
Più che mai incerta, tuttavia, si è fatta la rotta per un'umanità spaesata che «naviga nel mare di Internet come un Ulisse che non ha, però, alle spalle nessuna Itaca e, quindi, non sa dove volgere la prua della nave per puntare a una meta». Ha ancora senso, allora, inseguire un approdo o bisogna rassegnarsi a procedere a vista?
Gianfranco Ravasi ci propone un percorso di ricerca in cui una sapienza antica si confronta criticamente con i dubbi dell'uomo contemporaneo.
Il tragitto si snoda, in un crescendo emotivo e spirituale, lungo la direttrice che collega tre grandi porti: la «città secolare», la moderna metropoli, vorticosa e disincantata, che ha relegato il sacro fuori dai suoi confini e nella quale anche Dio, se dovesse presentarsi sulla sua piazza principale, «al massimo verrebbe fermato come un estraneo a cui chiedere di esibire i documenti d'identità»; la «città dell'uomo», «affascinante e scintillante di luci» ma spesso «devastata dalle sue scelte storiche», un luogo dal forte valore simbolico, che può diventare segno e anticipazione dell'incontro col divino o inaridirsi nell'illusione di bastare a se stessa; e infine «la città di Dio», il traguardo ultimo della nostra peregrinazione, che si può abbracciare solo con lo sguardo della fede.
La nave con cui l'autore ci invita a solcare l'oceano tempestoso della storia, infatti, «batte bandiera cristiana» e la sua bussola è la Bibbia, ma lungo l'itinerario si possono incrociare, anche solo per un attimo, compagni di viaggio provenienti dalle più svariate esperienze: scrittori e drammaturghi come Borges, Pirandello e Ionesco, filosofi come Pascal, Kierkegaard e Nietzsche, artisti come Gauguin e Chagall, cantautori come Guccini e De André, e altre grandi personalità che, in ogni epoca, hanno dato voce alle domande fondamentali sul nostro destino.
Con la consueta profondità intellettuale e la propensione al dialogo che la stessa cultura laica gli riconosce, Ravasi affronta anche gli scogli più insidiosi dell'attualità, come quello dei rapporti tra Chiesa e Stato o tra ricerca scientifica e religione, e immergendosi nell'inquietudine e nelle lacerazioni del nostro tempo disegna le coordinate per un viaggio ricco di suggestione, che coinvolgerà credenti e non credenti accomunati dal desiderio di continuare a interrogarsi.
"Dio dunque non sa di se stesso che cos'è, perché non è un "che cosa"." Questa frase sconcertante si legge verso la fine del Libro II del "Periphyseon" di Giovanni Scoto Eriugena. È la formulazione esplicita di quella "ignoranza divina" che costituisce uno dei temi principali di questo Libro: "il più labirintico dei cinque", pieno di digressioni, excursus, e persino di riflessioni sulla natura e le diverse specie di digressioni. Se infatti il suo tema centrale è la seconda divisione della natura - la natura che è creata e crea, cioè le cause primordiali - gli argomenti che emergono nel corso della trattazione sono molti e affascinanti: il ritorno di tutte le cose alla loro origine divina, l'ascensione di Cristo come viaggio che supera la separazione fra terra e cielo, la processione dello Spirito dal Padre e non dal Figlio, le triadi divine e umane, il compimento della divisione di tutte le sostanze nella natura umana. Scritto in un latino straordinario da uno dei pochissimi filosofi del Medioevo che conoscessero il greco, e profondamente influenzato dal pensiero di Padri greci quali Basilio, Massimo il Confessore, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo, e qui, nel Libro II, ispirato non soltanto alla speculazione neoplatonica, ma anche a un mito cosmogonico più antico, "Sulle nature dell'universo" è vibrante testimonianza personale che si presenta come "racconto immaginario di un'immagine".