
DESCRIZIONE: La teologia cristiana delle religioni è diventata negli ultimi decenni il crocevia di molte questioni teologiche. Tra queste, sebbene nella letteratura recente sia lasciata al margine, quella della funzione salvifica della Chiesa occupa un posto di prim’ordine. Ciò nonostante, secondo l’opinione vulgata riaffermare la mediazione salvifica universale della Chiesa significherebbe tornare a una forma di imperialismo, incapace di riconoscere che tutte le tradizioni religiose sono per i loro aderenti luogo e strumento di salvezza. In molte riflessioni teologiche, stimolate e pure "arginate" dal Magistero della Chiesa cattolica, sul rapporto tra il cristianesimo/la Chiesa e le religioni ci si è richiamati al concilio Vaticano II (1962-1965), vedendo in esso una svolta. Il "fantasma" si aggirava anche nell’aula conciliare e continua a suscitare interrogativi in molte coscienze: si può sostenere che tutte le tradizioni religiose si equivalgono? Se così è, che ne è della "pretesa" cristiana di aver ricevuto in custodia per tutto il genere umano la rivelazione di Dio compiutasi in Gesù Cristo? Che ne è dell’affermazione, lungo i secoli più volte ripresa e reinterpretata, della necessità della Chiesa per la salvezza? Il dialogo richiede che si rinunci alla coscienza di verità? Siccome il Vaticano ii resta l’intervento più autorevole del Magistero cattolico nell’ultimo secolo, a esso e alle interpretazioni cui è stato sottoposto si presta qui singolare attenzione per verificare se esso permetta le "aperture" che gli si attribuiscono. La consapevolezza che il Concilio non ha voluto rispondere a tutti gli interrogativi posti dall’attuale congiuntura teologica spinge a tentare un’ipotesi di soluzione che tenga conto delle proposte avanzate negli ultimi due decenni e, nello stesso tempo, mantenga il senso della tradizione precedente.
COMMENTO: Una riflessione teologica sul rapporto tra Chiesa cattolica e le altre religioni dopo il Concilio Vaticano II, in particolare sul concetto di salvezza universale.
GIACOMO CANOBBIO, già presidente dell’Associazione Teologica Italiana, è docente di Teologia sistematica presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e lo Studio teologico Paolo VI di Brescia. Tra i curatori dei «Quaderni teologici», presso la Morcelliana ha pubblicato: Laici o cristiani? Elementi storico-sistematici per una descrizione del cristiano laico (1997); Dio può soffrire? (20062). Tra le sue opere ricordiamo: Chiesa perché. Salvezza dell’umanità e mediazione ecclesiale (San Paolo 1994); I documenti dottrinali del Magistero (Queriniana 1996).
DESCRIZIONE: Obbedendo al mandato di Gesù, la Chiesa si è sempre preoccupata di trasmettere il Vangelo a ogni creatura, mediante l’annuncio, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della vita. Sono proprio questa stessa missione e le sue modalità di attuazione a dover essere ripensate nell’attuale congiuntura storica. Di più, seguendo la tradizione teologica, occorre formulare una domanda, posto che la fede, intesa come atto di risposta alla rivelazione, è già esperienza salvifica e non semplicemente condizione per la salvezza, talché la Chiesa, annunciando la parola della fede di cui essa vive, è solo lo strumento o l’"occasione" per la fede come lo è per la salvezza: non come si possa trasmettere, ma se la fede stessa possa essere trasmessa.
Alla luce di questi interrogativi di fondo, il Quaderno tenta di rispondere analiticamente toccando i nodi teologici della questione: dalla metafora della Chiesa madre, che fin dai primi secoli è servita a richiamare la mediazione della Chiesa nella generazione dei figli di Dio, si considera poi il problema specifico della possibilità di trasmissione della fede. D’altra parte, si rilevano forme diverse di trasmissione della fede, che variano col mutare delle circostanze e si possono osservare già nella tradizione ebraica, col passaggio dalla famiglia ai sacerdoti nel compito di trasmettere la Torah, e nell’importanza attribuita al "raccontare" quanto Dio ha compiuto per i Padri. Trasmettere la fede tocca temi quali il rapporto con l’ethos e la Tradizione, considerata da tre prospettive: quella del rapporto tra verità e apertura alle nuove situazioni (prendendo spunto dalla vicenda modernista e dalla proposta di M. Blondel); quella della autocapacità della Chiesa di autogenerarsi (spiegata da J.S. Drey); infine quella del teologo, ora Papa, J. Ratzinger nelle sue varie fasi di sviluppo. Accanto a ciò, posto di primo piano occupano nella trasmissione della fede la celebrazione liturgica e il magistero ecclesiale.
COMMENTO: Una riflessione a più voci sul senso della fede attraverso l'Antico e il Nuovo Testamento, con riferimento al dibattito teologico contemporaneo.
Per elaborare una "teologia" che non abbia più al proprio centro soltanto l'uomo, ma, assieme a lui, l'animale, e ogni essere vivente, ci voleva un teologo come Paolo De Benedetti. Il cui pensiero si articola non intorno ad assiomi, evidenze, certezze. Ma intorno al "forse". Al dubbio. Alla logica dei "doppi pensieri". Solo chi, come lui, ha un senso così forte della precarietà dei giudizi umani e della imperscrutabilità di quelli divini, può arrivare a elaborare una teologia che metta continuamente in discussione se stessa: fino a spostare il centro della propria attenzione dalla creatura umana, che lo ha da sempre altezzosamente occupato, alle creature "minori", che sempre sono state ai margini. (Gabriella Caramore)
DESCRIZIONE: Cresciuto alla scuola di Karl Rahner, del quale rielaborò anche alcune opere, di fronte alla insignificanza "politica" del cristianesimo, Johann Baptist Metz avverte la necessità di superare la teologia trascendentale del maestro per far valere la dimensione pratica della teologia. Diventa così il fondatore di una "nuova teologia politica", nella quale si consideri il mondo come luogo del mostrarsi di Dio e quindi come luogo nel quale la fede cristiana si presenti con la sua valenza politica. Ciò comporta che si esca dalla "religione borghese" e si dia vita a una Chiesa capace di attuarsi come comunità dell’esodo, cioè comunità critica grazie alla memoria sovversiva di Gesù che essa è chiamata a tenere desta, in particolare nei confronti delle vittime. Tra queste in particolare quelle prodotte dalla Shoà, l’evento che segna il secolo XX e impone la necessità di una nuova teodicea: non si può, infatti, non ascoltare l’interrogativo che sgorga da quella tragedia: "Come parlare di Dio dopo Auschwitz?". Teologia in processo quella di Metz, che si è precisata gradualmente, ma che è servita a far uscire la riflessione dalle questioni astratte, relative alle condizioni di possibilità dell’evento cristiano, per farla approdare alla domanda che sale dal male del mondo.
Giacomo Canobbio
COMMENTO: Il ritratto di uno dei più importanti teologi cattolici (nato nel 1928, allievo di Karl Rahner), padre della nuova teologia politica.
In questo numero: Søren Kierkegaard. Filosofia ed esistenza, a cura di Michele Nicoletti e Silvano Zucal. Introduzione (M. Nicoletti - S. Zucal) Penzo G., Kierkegaard tra nichilismo e secolarizzazione - Farina M., La critica a Hegel nelle pagine del Diario di Kierkegaard - Zucal S., "Si soffre una volta sola, ma il trionfo è eterno". Kierkegaard e il problema del dolore - Nicoletti M., Kierkegaard e il moderno - Pirillo N., Kierkegaard - Sartre. Il Novecento, la filosofia e le radici cristiane - Martini M.L., Gadamer e Kierkegaard - Brentari C., La riflessione su Kierkegaard e il superamento dell'idealismo nello sviluppo della filosofia di Arnold Gehlen - Giuliani M., Kierkegaard nella teologia ebraica del Novecento - Alessiato E., Søren Kierkegaard critico della modernità. Una recensione letteraria.
DESCRIZIONE: È possibile un amore che non sia egoista? E se è possibile, quale rapporto si instaura tra il puro amore per l’altro e l’amore di sé, fondamento delle inclinazioni naturali? Il problema dell’amore, come quello della conoscenza, si focalizza sul reciproco rapporto tra "sé" e "altro da sé". Se dunque la conciliazione dell’amore di sé e dell’amore per l’altro è possibile, essa si trova nell’amore di Dio.
A partire da questa considerazione, nel Medioevo sono stati proposti due modelli interpretativi del problema dell’amore. La concezione fisica, di ispirazione greco-tomista e fatta propria da Ugo di San Vittore e da san Bernardo, che cerca di stabilire un’armonica continuità tra l’amore-bramosia e l’amore amicale. E la concezione estatica, maturata nella scuola di Abelardo e penetrata nella scolastica francescana, che al contrario considera l’amore tanto più perfetto quanto più pone il soggetto "fuori da sé" e pienamente realizzato nell’assorbimento di chi ama nell’oggetto d’amore.
Grazie a testi particolarmente significativi, questo saggio analizza i lineamenti di queste due teorie medievali dell’amore e le speculazioni sistematiche che ne sono derivate in ambito filosofico e teologico.
COMMENTO: Un classico della storiografia filosofica, che illumina sui molti volti dell'amore (spirituale, terreno, umano).
PIERRE ROUSSELOT (1878-1915), teologo gesuita, ha insegnato all’Institut Catholique di Parigi e ha consacrato le proprie ricerche all’intellettualismo tomista e alla filosofia d’amore. È considerato uno degli iniziatori della teologia fondamentale contemporanea. Dell’autore sono stati tradotti Gli occhi della fede (Jaca Book, Milano 1977) e L’intellettualismo di san Tommaso (Vita e Pensiero, Milano 2000).
DESCRIZIONE: Rudolf Schnackenburg, il Nestore dell’esegesi cattolica del Nuovo testamento, nella controindagine critica sulla figura storica di Gesù ha già elaborato risultati fondamentali. In questo libro ora dà la sua risposta molto personale alla questione dell’attualità del Figlio di Dio: Gesù, vale a dire un amico, un amico per me, per altri, per tutti gli uomini. Sviluppa questo motivo dell’amicizia proponendo alcune modalità attuali di visione della persona di Gesù, ed esaminandole criticamente. Gesù è solo rivoluzionario sociale e pertanto ispiratore della lotta politica oggi? È unicamente un moralista fondamentale e critico dei devoti esemplari e perciò avvocato dei lontani dalla Chiesa? È veramente un esseno di Qumran o, per l’essenziale, prodotto di un mito? Prendendo sul serio questi interrogativi, ma anche facendone risaltare l’inadeguatezza, l’esegeta nella seconda parte del libro può dispiegare la sua visione e la sua esperienza del tutto personale della figura e della significatività permanenti di Gesù.
Sulla base di riferimenti biblici, l’autore mostra Gesù, vale a dire la realizzazione assoluta dell’amicizia in una persona. In lui si avvera tutta la simpatia, l’affezione possibile. Cercare l’amicizia con Gesù è più che la semplice sequela. È l’essere attratti in modo mistico entro la comunione con Dio.
COMMENTO: Una introduzione spirituale alla figura di Gesù, nella sua attualità per noi uomini d'oggi.
RODOLF SCHNACKENBURG (1914-2002) ha insegnato Teologia ed Esegesi neotestamentaria all’Università di Würzburg. Oltre alle numerose pubblicazioni presso l’editrice Herder, è stato curatore delle collane «Quaestiones Disputatae» (tr. it. Morcelliana) e «Herders theologischer Kommentar zum Neuen Testament» (tr. it. Paideia).
I Detti e i Fatti raccontano la storia di un'amicizia tra un medico e un cappuccino, tra un uomo di scienza e un frate della cerca, tra un chiaro ingegno e un semplice che rivela le realtà nascoste. Tommaso Acerbis, noto come Tommaso da Olera, prima di essere ricevuto tra i frati della riforma (i Cappuccini) era un analfabeta, un pastore di pecore lungo i pendii del Canto Alto, la sua montagna. Quando una voce interiore lo trasse fuori dal borgo natio e lo portò sulle strade della Serenissima, della Valle dell'Adige e della Valle dell'Inn, fu per umili e potenti una benedizione quotidiana. Ippolito Guarinoni, nato a Trento e medico di Hall, discendeva da una famiglia di medici di Milano. Fu educato alla scuola dei Gesuiti in vari rami del sapere; infine a Padova si laureò in medicina. Uomo pieno di temperamento, fu benemerito per aver combattuto la peste nel Tirolo, curato i minatori nella miniera di Schwaz e, cattolico convinto, per aver diffuso e difeso la Riforma di Trento. Alla fine il volume documenta come, in nome della reciproca stima e di comuni ideali, sia nato e portato a termine un arduo progetto: la chiesa al Ponte di Volders (Tirolo), dedicata all'Immacolata.
DESCRIZIONE: L’esperienza religiosa è anche un viaggio: allontanarsi da ciò che è noto verso qualcosa che da un lato attrae, «chiama», dall’altro persiste nella sua lontananza, nel suo enigma. Ma un viaggio è innanzitutto un lavoro su di sé, uno «straniarsi» per esporsi ad altro. Appunto, una «fatica» come quella che fa la «luce» – che dà il titolo a questo libro – per illuminare il mondo. Un percorso lungo i confini, incerti, tra credenti e non credenti, investigando luoghi della Bibbia, eventi della vita, del nascere, del morire, e figure del linguaggio e dell’arte. Un libro di domande sul religioso – chi è il Dio sconfitto?, cosa significa sperare?, come essere liberi? – poiché, osserva l’autrice, solo nell’ostinazione di questo insonne interrogare si conserva l’umano. Un libro di formazione: un compito sempre da ricominciare, mai concluso.
COMMENTO: Cosa significa credere? Cos'è la fede per il credente e il non credente? Un libro molto atteso, scritto dalla celebre conduttrice del programma di Rai Radio3 "Uomini e Profeti".
I filosofi, nell'età moderna, hanno abbozzato le loro teorie eucaristiche sullo sfondo delle controversie teologiche e delle eresie: da Descartes a Pascal, da Leibniz all'idealismo tedesco, fino a Blondel, Simone Weil, Teilhard de Chardin e altri protagonisti del XX secolo. La sorte filosofica del Cristo eucaristico è identica a quella del Cristo tout-court: in gioco è l'attitudine di un pensiero o di un sistema a innalzarsi alla comprensione del mistero rivelato. Nelle diatribe sul "pane eucaristico" - sulla presenza reale o simbolica di Cristo - si è disegnato un capitolo importante della filosofia per lo più non indagato, e che queste pagine riportano alla luce. Un capitolo che completa l'indagine di cristologia ed ecclesiologia filosofica di Xavier Tilliette, confermando come in lui l'originalità storiografica faccia tutt'uno con l'acutezza speculativa.
La nuova edizione dell'opera di Karl Rahner, Sulla teologia della morte, uscita in prima edizione tedesca nel 1958, ripropone quello che rimane un classico della teologia e della filosofia contemporanea. Le tematiche in esso affrontate, a partire dai due postulati fondamentali del pensiero teologico di Rahner - l'orientamento antropologico e il metodo trascendentale -, sono di straordinaria ricchezza e intensità teoretiche. Rahner, rileggendo la morte nella sua realtà dialettica e nella sua natura "velata", pone radicalmente in discussione la definizione usuale della morte come "separazione dell'anima dal corpo" e, per superarne l'inaccettabile dualismo, propone la tesi della "pancosmicità dell'anima". Originali sono le sue considerazioni sull'aspetto personale della morte come fine dello "status viatoris", come unità dialettica di azione e passione, come realtà che pone in relazione tempo ed eternità. Per finire con riflessioni di sorprendente finezza sul rapporto tra morte e peccato e sulla possibilità del "con-morire con Cristo".