
La tradizione della fede, una fede che «prevale sulle dottrine che la rappresentano», è una tradizione vivente. Per questo l’esperienza religiosa e la stessa indagine teologica non sono mai fini a se stesse, perché raggiungendo Dio raggiungiamo anche l’uomo e la sua storia. Lungo questa direttrice, Raniero La Valle si interroga sull’enigma della libertà, nella quale, più che nella ragione, trova lo specifico umano e la radice divina dell’uomo, e lo fa assumendo le sfide del mondo, il dramma della crisi spirituale e politica italiana, e dedicando alcune pagine bellissime all’amore e al matrimonio, al mistero del male e del peccato.
Su tutto emerge la modernità del messaggio, ormai irrinunciabile, del Concilio Vaticano II, emblema del rinnovamento della Chiesa del nostro tempo e dell’umanità stessa: l’uomo non è sfigurato, nella sua stessa natura, dalle conseguenze del peccato originale, ma dispone dei doni necessari per affrontare le prove e prendere in mano la storia. Alla domanda più drammatica tramandataci dal Novecento, la risposta è: «Sì, ce la possiamo fare». Nella visione conciliare Dio non si è pentito dell’uomo, vi rimane come immagine e sposa le cause della sua recente liberazione: nel lavoro e nelle lotte sociali, nella riconquistata dignità della donna, nei rapporti fra le nazioni, nel riscatto dei popoli dal dominio e dalla guerra. Nelle parole semplici ma rivoluzionarie di Giovanni XXIII, Pacem in terris, la pace è per la terra: il paradiso, non l’apocalisse.
A partire dalle parole e dal pontificato di Francesco, nasce questo libro di una filosofa e teologa, che si avventura con coraggio in quello che potrebbe rivelarsi un campo minato: parlare di un sentimento che tutti identifichiamo subito con colori pastello, pelouche, infantilismi, baci perugina e stucchevoli pubblicità per San Valentino. La tenerezza va ripulita dalla spessa crosta di zucchero e va mostrata in tutta la sua essenzialità e potenza: è la percezione elementare della fragilità della vita, di ogni vita; è la disposizione umana fondamentale dei legami che tengono insieme il mondo; è vicinanza; riconoscimento del volto dell'altro, della sua fisicità, del suo essere al mondo.
L'astrofisico vietnamita Trinh Xuan Thuan ricostruisce in questo libro divulgativo la grande odissea del Vuoto. Parte dall'invenzione dello zero, ci fa vivere la nascita della scienza sperimentale con Galileo e Pascal, quindi ci conduce fino alla fisica contemporanea Che cos'è il vuoto? Di che cosa è fatto? Perché ci fa paura? Non è facile per l'uomo, soprattutto quello occidentale, pensare e accettare il nulla. Eppure interrogarsi sulla sua natura pare inevitabile. Lo hanno fatto, e continuano a farlo, filosofi e matematici, scienziati e teologi, poeti e premi Nobel, cercando di tessere intorno horror vacui una storia plausibile. In queste pagine l'astrofisico Trinh Xuan Thuan ci conduce in una lunga cavalcata dalle origini ai giorni nostri attraverso la Bibbia e l'I Ching, Aristotele e al-Khwarizmi, la rivoluzione di Newton e le teorie di Einstein, la nascita della meccanica quantistica e la scoperta del Big Bang. La conclusione cui giunge è sorprendente: la fisica e la cosmologia contemporanee propongono una visione del mondo molto simile a quella delle maggiori tradizioni spirituali orientali che, invece di temere il vuoto, lo vivono come possibilità di mutamento, e dunque di vita. È nel dialogo armonico tra gli opposti -Yin e Yang, energia e materia, attrazione e repulsione - che si nasconde il mistero, insieme vuoto e pieno, dell'universo. Un mistero che ha a che fare con la scienza, ma anche con l'etica e con la politica. Perché se è vero che, come le particelle e gli atomi, siamo interconnessi nella grande rete del cosmo, la nostra felicità dipende da quella degli altri.
Atti dei Congressi mariologici-mariani internazionali celebrati a Lourdes nel 2008.
Teologia del fallimento vuol essere un richiamo, in un periodo di ideologie e di teologie utopistiche, al fatto che la nostra fede non ci promette l'esenzione dall'insuccesso, ma ci offre il modo di superarlo vantaggiosamente. La moderna teologia della speranza, ponendo l'accento sul futuro, ha bisogno di venire controbilanciata da una teologia del fallimento. Invero, tra le esperienze umane, il fallimento è assai più comune della speranza. La storia di Dio con l'uomo è una storia di fallimento. Dal punto di vista dei più, Gesù è stato un fallito. Fallisce inevitabilmente la vita umana. Fallisce la società. Persino la memoria non riesce a ricordare senza amarezza e odio, avvelenando cosi il nostro presente. Eppure queste stesse esperienze ci offrono ragioni per sperare. Il fallimento costringe a trovare scampo fuori da noi stessi. Il sacrificio porta alla guarigione; la guarigione, alla integrità e alla libertà. Ecco, in sintesi, una moderna "teologia della croce" qual è il presente volume, denso come trattato e fresco come saggio d'attualità.