
Quando diciamo Tu a Dio non decliniamo un pronome che implica il riferimento a soggettività diverse soltanto per grado. Dio è Abyssus insondabile perché infinita perfezione nell'attualità del suo essere Verità necessaria. L'uomo è Abyssus in senso contrario, poiché raggiunge tanto meglio la sua autenticità quanto più sperimenta il suo essere contingente. Ma ciò non è ragione di disperazione malinconica né ribelle: la distanza dell'uomo nei confronti di Dio non é anche la distanza di Dio nei confronti dell'uomo.
Gödel fornisce, in questo piccolo scritto, una dimostrazione logica dell'esistenza di Dio: impresa che oggi potrà anche sembrare anacronistica, ma che si situa nella scia di una tradizione millenaria. La dimostrazione fu concepita nel 1941, rimaneggiata nel 1954, e perfezionata nel 1970. Nel febbraio dello stesso anno Gödel mostrò la versione definitiva al logico Dana Scott, e nell'agosto dichiarò all'economista Oskar Morgenstern di esserne soddisfatto, ma di non volerla pubblicare: non intendeva rivelare i suoi interessi teologici; la dimostrazione gli interessava solo da un punto di vista logico.
La storia ha un andamento tortuoso, a volte incomprensibile. Eppure alcuni intravedono in quel groviglio di eventi una sensatezza, addirittura un vettore unificante. Ritengono che nella storia agisca una razionalità potente e che il pensiero sia chiamato a comprenderla attraverso una tessitura concettuale priva di smagliature. Della storia sarebbe dunque possibile una scienza. Tra coloro che lo sostengono c'è chi individua nello svolgersi degli eventi un principio immanente, e chi invece lo riferisce alla trascendenza di Dio. Prospettiva filosofica la prima, teologica la seconda. Spesso però sono meno distanti di quanto ci si immagini, anzi attingono l'una all'altra. Lo dimostra il filosofo e teologo Gianluigi Pasquale, in un saggio stringente che si apre con un quesito radicale: esiste nella storia la ragione che io mi possa salvare? La sua argomentazione fa perno sull'accostamento di due figure centrali, Hegel, il teorico dell'assoluto inteso come processo dialettico e storico, e un suo grande lettore di oggi, il teologo protestante Wolfhart Pannenberg. Sia per la dialettica hegeliana sia per il pensiero cristologico di Pannenberg la storia non si dispiega dal passato verso il futuro, piuttosto dal futuro corre incontro al passato, così che la verità nella storia è ricostruibile solo retrospettivamente, nella totalità dell'accadere. Ed è proprio il primato del futuro, secondo Pasquale, a costituire il fondamento su cui poggiano insieme la logica interna alla storia è la speranza di salvezza.
Il fine della politica è quello di governare gli affari umani o è un compito a termine, da svolgere in un tempo intermedio, nell'attesa del mondo a venire, quando giustizia e pace regneranno per sempre? Questa domanda - la matrice stessa della «teologia politica» - è divenuta possibile quando, nella storia è apparsa la categoria giudaica di «éschaton»: l'attesa di un «mondo a venire», il pieno realizzarsi di quanto, fin dall'inizio, era stato promesso. A partire da qui, l'idea di éschaton ha segnato l'intera storia dell'Occidente e la sua filosofia politica: dal giudaismo, tramite il cristianesimo, è giunta al moderno e qui si è secolarizzata nella forma delle filosofie del progresso e delle apocalittiche rivoluzionare. Oggi l'éschaton pare giunto al tramonto: nell'odierno tempo senza fine, la storia non deve raggiungere più alcun culmine e non ci resta che governare la contingenza del mondo, portarsi all'altezza della sua improbabilità. Natoli, in questo breve e denso libro, insegue nei segni della storia i mutamenti che questo concetto centrale ha avuto nei secoli. In origine un termine spaziale, denotante i limiti remoti, i luoghi lontani che si trovano oltre il confine identitario di un territorio, l'éschaton ha assunto nel cristianesimo il suo marcato significato temporale, divenendo il punto cui tendere, il ritorno messianico, il momento nel quale il Giudizio riunirà in una sola cosa giustizia e governo. Intanto, però, nella loro attesa sulla terra, gli uomini vivono una dilatata «epoca del frattanto». È in questo limbo temporale che il governo delle cose umane deve destreggiarsi, darsi un ordinamento, prepararsi al compimento della storia. Fino a quando, nella contemporaneità, l'éschaton perde progressivamente di significato, il tempo si dilata, infinito, e il fine della politica resta la politica stessa.
In questo saggio Umberto Curi prova a rispondere a interrogativi che intercettano problemi ineludibili, eppure trascurati in nome di una malintesa laicità intellettuale. Può accadere che si discuta delle radici culturali dell'Europa, o delle implicazioni politiche dell'integralismo religioso, senza neppure sfiorare il presupposto che ne è alla base, vale a dire quel nucleo teorico decisivo che è costituito dal modo in cui si parla di Dio. Così, proprio quando l'emergenza climatica e le prospettive di armi di distruzione di massa mettono in discussione la sopravvivenza del genere umano, il dibattito si arresta alle soglie della questione che più di ogni altra coincide con una fondamentale richiesta di senso. Già nella più antica definizione di teologia, risalente a Platone, è possibile individuare una distinzione fra due diverse modalità di intendere il lógos riferito a Dio, e cioè non solo come parola su Dio - inevitabilmente esposta al rischio di una pur involontaria blasfemia - ma come parola di Dio, rispetto alla quale si impone la necessità di un rigoroso, e insieme umile, lavoro di interpretazione. Lontano dall'apologetica confessionale o ideologica, Curi offre qui un serrato confronto con alcuni punti nodali della tradizione giudaico-cristiana e l'approfondimento di concetti particolarmente densi, come il perdono e il dolore, la misericordia e la speranza, la libertà e la verità.
La «Consolatio» è una spietata autoanalisi, che affronta le cause di una crisi storica attraverso un esame spregiudicato degli affetti e della storia personale di un suo protagonista. Boezio scopre di essersi costruito un falso sé, una falsa personalità, senza rendersene conto: lui, il filosofo, si è lasciato sedurre da una società caotica e irrazionale, del tutto estranea ai suoi desideri e alle sue aspettative. Il reale è preda del caso e qualsiasi successo al suo interno è effimero. Il vero scopo dell'uomo è riscoprire la parte migliore di sé, la scintilla divina soffocata dagli affanni quotidiani, immergendosi nell'armonia del cosmo che cancella la disarmonia del mondo.
Al centro del trattato sull’Eucaristia di Giovanni Duns Scoto, nel IV libro del suo «Commento alle Sentenze», si trovano incastonate due questioni dedicate all’essere degli accidenti. Esse vantano un notevole interesse teoretico, non soltanto per un’adeguata comprensione della teologia eucaristica del maestro scozzese, ma soprattutto per definire la relazione da lui istituita tra metafisica e teologia, che rappresenta uno dei temi cardine del suo pensiero. È qui offerta la traduzione di tali questioni in cui il Sottile si interroga sullo statuto ontologico degli accidenti, corredata di introduzione, note e apparati. Il volume è curato da Davide Riserbato, docente a contratto di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e professore regolarmente invitato presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Antonianum e presso la «Cattedra Marco Arosio di Alti Studi Medievali» dell’Ateneo Pontificio «Regina Apostolorum» (Roma), dove tiene corsi di Storia della filosofia medievale.
In un momento di forte crisi, di tramonto delle ideologie, di smarrimenti e insicurezze, anche il Cristianesimo e la sua forma istituzionale, la Chiesa, sembrano in pericolo, ridotte come dice lo stesso autore a un gruppo di affezionati. La frase del Vangelo secondo Luca, titolo del libro, sembra suonare come una profezia infausta. In questo testo, Monsignor Maggiolini si fa portavoce di un "risanamento" della religione cattolica attraverso un ripensamento delle radici stesse che fondano il nostro credo religioso: la Chiesa deve rifarsi guida, e deve ripensare il quotidiano perché il vero senso dell'uomo è nei suoi atti di partecipazione alla creazione.
Teologo e filosofo, Watts rivendica nel Dio visibile l'estrema attualità del Cristianesimo, spoglia la religione della Chiesa dei suoi tanti rivestimenti e travestimenti morali e ne coglie il nucleo nel concretissimo mistero dell'Incarnazione. Per l'autore di questo libro, infatti, il Dio cristiano non è una presenza remota né un obiettivo lontano da raggiungere, desiderare o temere: è "più vicino a noi di noi stessi".
Il libro offre dei commenti e delle chiarificazioni sulla verita' e cerca di trovare quella dimensione di verita' rivelata che ognuno di noi utilizza per vivere.
Si tratta del fedele resoconto di un affascinante viaggio, di un'esperienza durata quattro anni. Il libro nasce dagli incontri avvenuti due o tre volte l'anno, sui colli romani, per discutere della rilevanza del mistero trinitario.
A cura di Marco Vannini
Opera di un anonimo Cavaliere teutonico di Francoforte, che riassume in forma più semplice l’alta lezione spirituale di Eckhart, fu stampata e diffusa da Lutero con il titolo Teologia tedesca, e come tale godette grande fortuna nei secoli XVI e XVII, fornendo alimento essenziale alla mistica, non solo germanica (basti pensare a San Giovanni della Croce). Definita “opera immortale” da Schopenhauer, che paragonò il suo autore a Platone e a Buddha, essa indica la via per giungere alla beatitudine in questa vita, sì che il mondo divenga per noi un paradiso. La vita è il distacco, la rinuncia alla volontà propria, in modo che il nostro occhio divenga l’occhio stesso di Dio.
Marco Vannini ha curato l’edizione italiana di molti importanti mistici: Eckhart, Taulero, Franck, Silesius, Czepko, Margherita Porete, Gerson, Fénelon. Tra i lavori più recenti: Storia della mistica occidentale (Mondadori 1999), La mistica delle grandi religioni (Mondadori 2004), La morte dell’anima. Dalla mistica alla psicologia (Le Lettere 2004), Mistica e filosofia (Le lettere 2007), La religione della ragione (Bruno Mondadori 2007).