
«Il vantaggio che risulta dall’accurata ricognizione di Sala, in vista di un’elaborazione teologico-fondamentale all’altezza della nuova costellazione storico-culturale, è cercato nell’impegno di rinvenire all’interno di queste elaborazioni critiche – a-sistematiche ma non disorganiche – le costanti di un pensiero antropologico dell’eccedenza, nella costituzione e nella destinazione dei legami che sono decisivi per “ciò che sta a cuore” all’umano. L’interesse teorico dell’inventario predisposto da Rossano Sala è già nella messa in opera della sua mirata ricognizione. Il suo obiettivo, infatti, non è la semplice esplorazione di “ciò che interessa” all’uomo contemporaneo (per “adattarvi” eventualmente, l’orizzonte e la scelta della fede). Si tratta piuttosto di riconoscere, e formalizzare adeguatamente, i termini della corrispondenza fra la genesi fiduciale del singolo-persona (che non si estingue, anzi si alimenta, nell’esperienza sociale dell’individuo) e l’offrirsi effettivo, dal grembo della comunità testimoniale, di una fede generativa e rigenerativa per il riscatto dell’eccedenza (che in quella genesi è virtualmente prefigurato e promesso). Questa promessa non può essere umanamente mantenuta: può essere umanamente onorata, però, resistendo alla sua pura e semplice decostruzione, come anche alla sua costrizione nell’orizzonte di una banale immanenza autoreferenziale, che non le rende giustizia» (dalla prefazione di mons. Pierangelo Sequeri).
«Come Rossano Sala ha scritto, commentando i miei pensieri, solo l’irruzione amorevole dell’impensato può riattivare la ricerca e la riflessione sulla nostra caducità e sulla speranza messianica di un trascendimento degli orizzonti puramente umani. Una sorta di teologia capovolta, che passa dalla esperienza dolorosa della caducità delle cose mondane, può spingere ad un incontro oltre gli argomenti razionali e storici con la persona di Gesù Messia. Una teologia cioè che faccia perno sull’incontro con Gesù Messia come Evento che scardina ogni pregiudizio e ogni disperazione esistenziale. Certo, si può ben capire come questo approccio possa apparire eterodosso rispetto ad una linea della teologia che ha fondato la propria autorità sull’esegesi della Sacre Scritture e sulla ricostruzione storico-critica della vicenda terrena di Gesù Cristo. Tutti gli studi che si sono sviluppati attorno a queste coordinate hanno certo dato un contributo di elaborazione concettuale al tema del rapporto tra fede e storia, ma non ho dubbi che oggi nella temperie culturale in cui lo stesso soggetto umano sembra travolto nella oggettivazione assoluta dei saperi scientifici e delle “scoperte” delle neuroscienze, la via della salvezza dello stesso statuto antropologico dell’essere umano come mortale e finito passi attraverso l’evento straordinario dell’incontro con la parola e la vita di Gesù Messia» (dalla postfazione del prof. Pietro Barcellona).
L'Introduzione alla sapienza è una piccola opera, presentata qui per la prima
volta in versione italiana e cinese con l’originale latino, rappresenta una sorta di compendio del pensiero vivesiano. Pubblicata nel 1524, essa conobbe un enorme successo. In essa traspare l’afflato pedagogico e cristiano di Vives. Tra gli argomenti eterogenei, il filo conduttore è la sapienza come discernimento, ossia retto giudizio
di valore. Il sapiente attribuisce ad ogni realtà il suo peso specifico, in relazione con la vera giustizia. Il tradizionale primato dell’anima sul corpo non snatura in un disprezzo dualistico verso le realtà materiali, ma orienta piuttosto, in chiave
“personalistica”, la ricerca del sano giudizio verso le virtù e la religione. Ed è per questo che la figura di Gesù Cristo assurge a centro o chiave di volta di tutto l’edificio. Le realtà, anche le più concrete e familiari, ricevono dagli insegnamenti dell’unico Maestro la loro determinazione ultima e la carità cristiana illumina tutto il convivere umano, dal modo di parlare al contegno verso gli altri e verso se stessi.
Afflitti da una profonda crisi culturale che si declina a livello europeo come ‘perdita di identità’ e a livello sociale e familiare come ‘emergenza educativa’, la lettura di Vives costituisce un valido contributo per attingere con discernimento al patrimonio classico e cristiano. La pubblicazione gioverà anche a far recuperare quei principi educativi che sono stati alla base del vero progresso dell’Occidente. Ragione e fede, sapienza umana e rivelazione divina, lungi dal contrapporsi, sono integrati secondo la migliore tradizione cattolica. Senso comune, dottrina biblica, proverbi grecolatini
e massime dei filosofi sono messi a servizio di un’unica sapienza di vita che esalta la scienza personale, la dignità umana, la vera fraternità e l’armonia tra esistenza terrena e destino nell’Aldilà. Tutto ciò fa di questo scritto un tassello irrinunciabile
di una ideale ‘Biblioteca della civiltà dell’amore’.
Juan Luis Vives (1492-1540) è il maggiore esponente spagnolo dell’umanesimo rinascimentale. Poco conosciuto in Italia, lo scrittore valenziano è un esempio di vero europeo, come i suoi amici Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro. Eredi della triplice fonte della civiltà occidentale (Atene, Roma e Gerusalemme) questi autori esprimono il meglio della cultura europea che sapeva congiungere razionalità critica, senso della giustizia e spiritualità religiosa. Pure la vicenda personale del Vives, che lo portò successivamente a Parigi, Lovanio, Londra, Oxford, Breda e soprattutto
a Bruges, documenta, dal punto di vista geografico, la sua europeità. Tra le sue opere ve ne sono alcune filologiche (lavori su Cicerone, Virgilio e Aristotele) e altre prettamente religiose (il Trionfo di Cristo, la Meditazione sulla Passione e la sua apologia sulla Verità della fede cristiana). Egli si occupò pure di giustizia sociale e di organizzazione della beneficenza (Il soccorso dei poveri) e fu un pioniere della letteratura pacifista in un’Europa dilaniata da guerre fratricide (Concordia et discordia humani generis e De Europae dissidiis). Ai temi dell’esistenza concreta, della morale familiare e sociale l’umanista ispano-fiammingo – noto come pedagogista ed educatore ‑ rivolge la sua attenzione con due trattati sulla vita coniugale (L’educazione della donna cristiana e I doveri del marito) e il suo celebre De disciplinis. In ogni ambito il suo ideale si esprime con queste parole: dignità, spiritualità, temperanza, operosità.
Il tema proposto in questo volume riprende una problematica presente negli ultimi convegni programmati, in ambito italiano, circa l'identità della teologia spirituale oggi. Grandi studiosi di oggi tentano di dare una risposta alla domanda: "Quale teologia spirituale?". Quattro teologi approfondiscono il rapporto tra spiritualità, mistica e santità; ossia tra teologia del vissuto cristiano, teologia della vita mistica e santità come teologia.
Questo è un libro sulla evangelizzazione e sulle condizioni, di contenuto e di metodo, per il suo rinnovamento. Pensato e progettato sull’orizzonte dell’attuale situazione culturale e giovanile, investe la passione apostolica di tutti coloro che condividono, nella comunità ecclesiale, l’impegno e la responsabilità verso “una nuova evangelizzazione”.
Elaborato nel pieno dello svolgimento della XIII Assemblea sinodale sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, non può fare riferimento esplicito ai documenti che si stanno producendo. Ma l’autore ha la motivata convinzione di aver pienamente assunto la preoccupazione di Benedetto XVI, che raccomanda: “Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla ad un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore”.
Come ogni buon progetto di pastorale, il libro si articola in quattro momenti.
Prima di tutto si preoccupa di dare un nome concreto ai problemi e alle difficoltà con cui si scontra quotidianamente chi si impegna sulle frontiere dell’evangelizzazione. Cerca poi di individuare una serie di esigenze, irrinunciabili per ogni autentica evangelizzazione: quei modi di fare che dipendono dall’evento che vogliamo evangelizzare e che, di conseguenza, determinano una specie di riferimento obbligatorio, da rispettare ad ogni costo. Per fare un po’ di ordine nel pluralismo attuale dei modelli concreti, presenti oggi nel vissuto ecclesiale, suggerisce, in terzo luogo, un criterio di fondo, che dovrebbe servire da elemento generale di verifica: il servizio autentico alla vita e alla speranza. Propone infine un modello concreto di evangelizzazione: la narrazione (soprattutto del Vangelo). Attorno a questa proposta viene sviluppato un lungo elenco di suggerimenti metodologici, dai più generali a quelli più specifici e particolari. Uno spazio ampio e originale (rispetto alla letteratura sull’argomento) è dedicato allo studio dei modelli concreti “per narrare il Vangelo”.
L’argomento del libro ha una lunga storia alle spalle… tanto lunga da ancorare la narrazione persino nella prassi di Gesù, dei suoi discepoli e, prima ancora, del popolo che l’ha generato. Nell’ultima parte del secolo appena trascorso, la proposta di modelli narrativi nella comunicazione educativa, culturale ed ecclesiale ha suscitato interesse frequente. L’autore ha studiato da anni il tema e l’ha sperimentato in moltissimi incontri con giovani e con educatori, suscitando consenso e interesse inatteso.
L’autore consegna il testo agli operatori della pastorale giovanile, con la passione che ha sostenuto, in questi anni, il suo impegno di riflessione, di studio e di servizio ministeriale.
Questo libro offre una lettura del primo vangelo, poiché tale è considerato il vangelo di Marco dagli studiosi, come vademecum per l’educazione alla fede, mettendo in evidenza il motivo, le mete e la metodologia pedagogica usate da Gesù nell’educazione dei suoi discepoli.
L’autore considera Marco un autentico manuale di formazione per i seguaci di Gesù. Tale è stato per i primi lettori del vangelo, la comunità dell’evangelista, e tale deve continuare ad essere per coloro che vogliono essere discepoli di Gesù e vogliono sapere come riuscirvi.
Dopo una introduzione che giustifica questa impostazione, si ripercorre, seguendo il filo del racconto evangelico, l’itinerario formativo che Gesù ha seguito con i suoi discepoli. Il percorso viene diversificato in tre grandi tappe di addestramento (Galilea, cammino verso Gerusalemme, Gerusalemme) chiaramente differenziate dal luogo, nei contenuti, nel metodo e nelle mete dell’istruzione che Gesù imparte ai suoi. Alla fine, e come conclusione, in un epilogo si abbozzano i tratti fondamentali della pedagogia di Gesù.
Il lettore accorto avvertirà che sono state trattate le scene – e non tutte – che si incentrano sul rapporto di Gesù con i suoi discepoli, di modo che possa emergere con maggiore chiarezza l’iter pedagogico che Gesù educatore impone a chi lo segue. Presentare il discepolato di Gesù come un processo evolutivo restituisce al rapporto personale con Gesù il suo carattere dinamico e progressivo. Chi è deciso a seguire Cristo oggi, potrà leggere come anticipato nei cammini percorsi dai primi discepoli il proprio cammino di fede. Ed una volta ripercorsi tali cammini, la loro compagnia diverrà imprescindibile per chi è impegnato nel seguire le orme del Signore Gesù. Perché oggi riescono ad essere credibili solo coloro che non parlano per sentito dire.
Il volume raccoglie una serie di saggi di teologia sacramentaria, accomunati dall’interesse per il profilo fondamentale della riflessione, alla ricerca delle categorie e degli approcci che meglio consentono di elaborarla. Il titolo del volume, Il rito di Gesù, ne segnala l’orientamento. Esso attesta l’assunzione delle provocazioni emerse nel dibattito liturgico contemporaneo, che ha sollecitato la teologia a ripensare la nozione di sacramento, attribuendo più chiaro risalto alla sua identità di azione rituale. Esso sottolinea però anche l’esigenza di far emergere la “singolarità” del sacramento cristiano, evitando il rischio che il riferimento cristologico appaia come un semplice incremento di significato rispetto ad una nozione di rito già precostituita.
L’idea di fondo è che nelle forme simboliche dell’agire liturgico si sintetizza l’appello che la rivelazione divina indirizza all’uomo e il dono di grazia che gli offre. L’efficace comunicazione della grazia, però, non si attua se non sollecitando la coscienza a compiere quel “lavoro” che costituisce la sua vita: il lavoro di credere. Proprio a rendere possibile, nelle diverse situazioni della vita, tale dono laborioso è indirizzato il rito di Gesù che è il sacramento.
Andrea Bozzolo, Salesiano sacerdote, ha conseguito nel 1992 la Laurea in Lettere Classiche presso l’Università di Torino e nel 2002 il Dottorato in Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. Insegna Teologia sacramentaria presso la Sezione di Torino della Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana, di cui dal 2008 è anche Preside. È membro della redazione di Rivista Liturgica e docente incaricato di Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. Ha pubblicato: La teologia sacramentaria dopo Rahner. Il dibattito e i problemi, LAS, Roma 1999; Mistero, simbolo e rito in Odo Casel. L’effettività sacramentale della fede, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003.
Nel mondo globalizzato della postmodernità, la religione è una delle materie più studiate e discusse, e la gente spesso fa domande come: Che cos’è la religione? Può essere definita? Come ha avuto origine? In che modo la religione influenza i diversi aspetti della vita umana? Come si possono spiegare i fenomeni delle esperienze religiose, e perché esse hanno un’influenza così eccezionale sulla vita umana? Perché alcune religioni fanno emergere gli orientamenti violenti del fondamentalismo? Questo studio è un tentativo di esplorare tali temi così importanti e tratta della religione in cinque capitoli.
Jose Kuruvachira è dottore in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Dal 2010 è docente di Filosofia della Religione e Storia delle Religioni presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma. Precedentemente ha insegnato, per circa 15 anni, Filosofia della Religione, Filosofia Indiana, Induismo, Buddhismo e Islam in India. Le sue opere principali sono: Religious Experience: Buddhist, Christian, Hindu (2004); Roots of Hindutva (2005); Hindu Nationalists of Modern India (2006); Politicisation of Hindu Religion in Postmodern India (2008). Inoltre, ha pubblicato circa 90 articoli e saggi.
Don Bosco è educatore, pastore, prete, padre, maestro, amico o santo? È tutto questo e qualcosa di più! C’è una dimensione trasversale che ci sfugge, cioè una dimensione teologica, e, più specificamente, la dimensione teologico-pratica. Perciò qualificare don Bosco come teologo pratico non implica negare le altre qualifiche, ma aggiungerne una che le potenzia, un paradigma nuovo per comprendere la personalità poliedrica di don Bosco.
Il contributo di M. Midali intende affrontare due interrogativi: come si colloca don Bosco nella teologia pastorale cattolica del suo tempo? e, don Bosco meriterebbe la qualifica di teologo pratico nel senso inteso dalla teologia pratica alla quale attualmente va la sua preferenza?
Secondo B. Bordignon, per giungere ad approfondire il rapporto tra pensiero ed azione in don Bosco è importante la scelta del punto di vista interpretativo: è la visione del processo conoscitivo umano competente, con particolare riferimento all’intervento sulla realtà.
Il saggio di F.V. Anthony mira a far emergere la visione teologico-pratica di don Bosco analizzando le prospettive sottostanti la formula «buoni cristiani e onesti cittadini» in una prospettiva attualizzante.
Nel suo esposto M. Wirth cerca di documentare l’amore di don Bosco per la Bibbia, durante il periodo dei suoi studi, nei suoi scritti, nella stima e venerazione che provava verso le sacre Scritture, e prosegue a tracciare l’uso pratico, pastorale che ne fa.
All’interrogativo se sia necessario oggi aprire una questione «catechetica» su don Bosco, A. Romano risponde in prospettiva metodologico-catechetica. L’Autore parte da una precisa ipotesi di ricerca: don Bosco può essere annoverato tra i «catecheti pratici dell’Ottocento»?
Il contributo di R. Tonelli evince il filo rosso che collega i contributi degli altri relatori: cercare il cuore dell’agire di don Bosco, il meta-pensiero presente nella sua prassi.
Il volume raccoglie alcuni articoli e conferenze che riflettono il cammino vissuto negli ultimi anni dal Consigliere Generale per la Pastorale giovanile della Congregazione Salesiana.
I primi due capitoli riportano due interviste su come è stato proposto e vissuto il processo di ripensamento della pastorale nelle sue varie fasi. Ci si è interrogati su come stiamo affrontando la sfida del dialogo con la cultura e la storia dei giovani oggi, e fino a che punto la nostra azione sia evangelizzatrice, se essa stia favorendo un’esperienza integrale di educazione; infine, sulla capacità di proporre processi coordinati e sistematici, con obiettivi chiari, evitando una pastorale frammentata, fatta da eventi sporadici senza una visione d’insieme.
I capitoli che seguono trattano l’urgenza di leggere, con gli occhi della fede e il filtro del vangelo, le sfide che la pastorale giovanile oggi deve affrontare: come riusciamo a dare un nome a queste sfide, e il bisogno di offrire delle proposte profetiche.
Gli ultimi articoli trattano della famiglia e dell’università. Quello della famiglia sta diventando un ministero al quale dare un’attenzione sempre più privilegiata. In una cultura in cui la distanza esistenziale tra genitori e figli sta sempre più aumentando, è importante notare che, nello stesso tempo, persiste da parte dei giovani la ricerca di incontrare adulti significativi: educatori che li ascoltino, li accompagnino e offrano loro spazio intelligente e affettivamente sano. In questa linea si pone anche l’impegno di una pastorale universitaria che si proponga con slancio profetico nel settore terziario: una presenza che sappia coniugare la ragione con la verità, e la verità con la bellezza.