
Il sacrificio (o "legatura") di Isacco in Genesi 22 è un racconto intenso nella sua violenta solennità, che nel tempo, anche per neutralizzarne i picchi tragici, è stata compreso e spiegato come prova di obbedienza e/o di fede da parte dell'uomo e di autorità da parte di Dio. Diversamente da altri sacrifici umani testimoniati da storia, mito, letteratura, l'azione richiesta ad Abramo è un unicum. Non solo non "serve" a un obiettivo politico, sociale o religioso, ma sembra contraddire la garanzia divina della discendenza promessa al patriarca. Attraverso l'analisi di fonti testuali e iconografiche, il libro ricostruisce la storia della ricezione di Genesi 22, esplorando le radici del racconto e quindi la sua esegesi fra giudaismo del Secondo Tempio, giudaismo rabbinico e cristianesimo antico. Si ripercorrono altresì le fasi della identificazione dell'altare del sacrificio come luogo di culto e di pellegrinaggio, nonché il senso del suo radicamento nello spazio sacro di Gerusalemme.
È possibile ricostruire nei tratti essenziali una storia di Gesù? È possibile, affidandosi alla testimonianza dei Vangeli, ricostruire non la vita, ma uno schizzo della sua vicenda pubblica? Sfidando uno scetticismo diffuso, Giorgio Jossa ha, negli ultimi anni, orientato la sua ricerca in questa direzione, offrendo una convincente ricostruzione dei momenti e delle svolte centrali della vita del Nazareno. Questo libro costituisce la base esegetica su cui l'autore è andato maturando le sue convinzioni e si sviluppa seguendo il percorso della vita di Gesù. Viene così offerto uno straordinario spaccato del lavoro dello storico che permette di cogliere - fatto assai raro - la figura di Gesù nella sua dinamicità e nella sua evoluzione, restituendo così del Galileo un'immagine realmente storica.
Il testo propone un discernimento teologico, almeno tendenzialmente transdisciplinare, dell’originale esperienza mistico-spirituale di don Guido Bortoluzzi (1907-1991) consegnata nei testi della sua Genesi biblica. Esso mostra come, superato un iniziale e comprensibile sconcerto, questa esperienza sia sorprendentemente in grado di illuminare complesse tematiche attinenti alla teologia della creazione dell’essere umano sessuato divenute oggi cruciali, visto l’affermarsi di una biopolitica transessuale dai tratti sempre più fortemente anticristici.
In questo breve ma denso lavoro, l'Autore mette in parallelo due racconti, due scelte di fondo, due tipi di religione e di società: quello di Babilonia (Genesi 11) a cui si contrappone quello di Gerusalemme a Pentecoste (Atti 2). Gli uomini e le donne che rinascono ad opera dello Spirito santo - al di là di ogni formale appartenenza socio-politica o religiosa - propongono un modo di vivere veramente umano e divino in cui l'unità nella diversità è promossa e valorizzata. Nell'epoca della globalizzazione selvaggia e del Covid-19 si impone un ripensamento di fondo a partire dall'esperienza, dalla riflessione e dalla preghiera di intere generazioni che si sono raccontate nei due celebri testi biblici.
Ripensando ai secoli passati si può pensare alla storia della Chiesa come a una storia, nonostante tutto, di ascensione. Ci viene ancora troppo spontaneo di pensarla così. Ma è mai possibile che la Chiesa non abbia a subire la stessa crisi e la stessa peripezia che ha subito il Signore della gloria?
Per secoli la "spiritualità" è stata inglobata dalle religioni. Questo storico monopolio religioso dello spirito, o dell'interiorità, è stato talmente invasivo da sottrarre alla "spiritualità" ogni sua autonomia, rendendo quasi impossibile ridefinirla fuori da tale cornice. Ma se si volesse recuperare una valenza laica, critica e attiva della spiritualità, su quali assi potrebbe imperniarsi? L'autore propone e sviluppa quattro parole-chiave: tenerezza, responsabilità, iniziativa e semplicità.
Perché il privilegio di Legazia Apostolica, dopo la morte del pontefice che l'ha concesso è stato sempre oggetto di aspri rapporti e polemiche tra papato e regno di Sicilia? Il rapporto dei Normanni con il papato ha influito sul modo d'intendere la Chiesa in Sicilia? Cosa muoveva i siciliani alla difesa per quasi otto secoli di questo antico istituto giuridico? Come mai il governo italiano ha cercato, nonostante un vivace dibattito parlamentare, di rinunciare alla Legazia Apostolica in Sicilia? Quali nuovi principi ispiratori muovevano i parlamentari a favore di un cambio di rotta che segnò uno spartiacque di portata storica nei rapporti tra Stato e Chiesa? A tutte queste domande Giovanni Mazzeppi ha cercato di rispondere con il desiderio di mettere in evidenza la storia della Legazia Apostolica in Sicilia, con un particolare riferimento al dibattito parlamentare che ha permesso la promulgazione della Legge n. 214 del 1871 del Regno d'Italia, meglio conosciuta come "Legge delle Guarentigie" che di fatto ha sancito la rinuncia al Governo italiano alla Legazia Apostolica in Sicilia.
Il De Civitate Dei, scritto dopo un evento catastrofico come il sacco di Roma, è di grandissimo aiuto nelle innumerevoli e devastanti crisi del presente, soprattutto per comprendere le dicotomie che il sociale ci presenta e che papa Francesco considera decisive per iniziare i processi necessari alla nuova umanità. Inoltre, il capolavoro di Agostino, arrivato a Bergoglio soprattutto tramite il pensiero di E. Przywara, contribuisce a delineare percorsi di discernimento sul ruolo della Chiesa nel XXI secolo, in anni in cui la religione è tornata a contare nella gestione del potere negli Stati e nella geopolitica internazionale. Questo volume presenta un lavoro sui testi di Agostino e contribuisce a rispondere all'appello della Veritatis gaudium per elaborare una teologia volta a individuare un nuovo sviluppo e un nuovo progresso per l'umanità. La postfazione di Fabrizio Mandreoli rilancia lo scritto nell'attuale dibattito teologico e multidisciplinare.
Un filo rosso attraversa, e unifica, i "pezzi" di questo volume (che, comunque, il lettore potrà consultare uno ad uno): la Parola di Dio è eterna, ma il nostro modo di interpretarla muta col tempo. Nella storia della Chiesa molte interpretazioni sono diventate filologicamente insostenibili così che il messaggio originario si è appesantito di incrostazioni storiche che lo rendono inaccettabile. Troppa gente oggi esce dalle chiese sbattendo la porta. Da qui il compito perenne di liberare la Parola da molte parole umane, troppo umane, soprattutto clericali. Anche se alcuni non se ne sono accorti, il medioevo è finito e con esso anche certe grottesche carnevalate.
Il discernimento è per ogni cosa e per tutti i tempi della vita: per chi diventare e come attuarlo. Per chi essere e per come rimanere. Per come educare. Per verificare se si sta facendo bene come genitore. Lo è anche nella vita della Chiesa, per il ministero presbiterale, per i diversi organismi di partecipazione alla vita ecclesiale, per i singoli credenti, per la vita spirituale delle parrocchie, per come utilizzare i soldi, per la gestione della vita affettiva e sessuale. Per le scelte che un gruppo deve fare. Ma la differenza la fa proprio il sequel. Scelgo seguendo chi? "Al seguito di chi" posso dire se sto scegliendo correttamente? Noi rispondiamo: in relazione con il Cristo! Al suo seguito, appunto! Il discepolo è tale proprio perché è al seguito di Gesù.
Un’opera di sintesi, che raccoglie contributi di diversi studiosi qualificati italiani, cresciuti alla scuola di padre Bruno Secondin (1940-2019), che quest’opera ha fortemente voluto. Opera che si propone come riferimento essenziale per chi volesse avvicinarsi allo studio della spiritualità come “sapienza orientatrice” per l’avventura della fede in un mondo in rapido e profondo cambiamento. Dopo una prima parte fondativa, tesa a mostrare i tratti costitutivi della vita secondo lo Spirito di Cristo, nella seconda parte il volume ne mette in luce le tensioni dinamiche fondamentali: corpo-interiorità, persona-comunità, storia-eschaton. La terza parte passa in rassegna alcuni temi particolari: l’istanza mistagogica (Mistagogia, Itinerario, Discernimento), i sacramenti della Presenza (Parola, Liturgia, Poveri) e la rivisitazione di frontiere nuove e antiche (Comunicazione digitale, Martirio, Virtù, Sensi spirituali). Il volume si conclude con una bibliografia ragionata di p. Bruno Secondin.
La cultura e il pensiero di Internet come insegnamento teologico: prospettiva esperienziale. Rispetto alle consolidate discipline strutturanti il ciclo di studi teologici, il digitale ha una storia molto recente, ma i suoi effetti incisivi sono visibili a tutti e ciascuno ne avverte effetti e difetti. Le conseguenze che derivano dalla pervasività del digitale nella persona non solo sono evidenti, ma richiedono di essere prese in carico non tanto come una problematica da risolvere, ma come una inedita teologia che si sta strutturando nell’abitare la Rete di Internet 7/24 e nelle relazioni che in essa maturano. La teologia è il luogo per abitare il digitale come possibilità necessaria per evitare che la stessa teologia finisca per parlare solo a se stessa. Una teologia digitale che accompagni le mutazioni e le sappia valorizzare.