
Una riflessione sui temi della creazione e dell’evoluzione. Un “mondo in evoluzione”, dipendente da Dio, o un “mondo autosufficiente”?
Si riscontra oggi un nuovo interesse per il dibattito tra la dottrina teologica della creazione e la teoria scientifica dell’evoluzione. In tale confronto la vera alternativa non è tra evoluzione e creazione, ma tra la visione di un mondo in evoluzione, dipendente da Dio, e la visione di un mondo autosufficiente. Si tratta di una riflessione che potrebbe rappresentare un’opportunità per una comprensione teologica più adeguata del rapporto tra Dio e il mondo, e per narrare in forme nuove e più efficaci la fede nel Dio presente in modo dinamico nella sua creazione. Nel saggio Rubini affronta la questione individuando nel cattolico Rahner e nel protestante Moltmann due tipi rappresentativi di coloro che si sono misurati con i temi della creazione e dell’evoluzione.
Silenzio e contemplazione nel pensiero cristiano della tradizione greco-bizantina.
La letteratura, la poesia, la pittura, la musica… i luoghi per parlare di Dio all’uomo contemporaneo.
La teologia è animata da sempre dalla continua tensione tra il “dire Dio” e la sua “indicibilità”. Da tale presupposto scaturisce l’interrogativo che è all’origine del presente studio: dove attingere nuovi argomenti, fatti, esperienze umane, nei quali maturare la viva esperienza del divino? Belardinelli individua in particolari forme espressive, come la letteratura, la poesia, la pittura o la musica, il luogo di originali stimoli di riflessione, cogliendo in ciò opportune occasioni di “rilancio” della teologia, occasioni per parlare di Dio all’uomo contemporaneo, senza tradire il nucleo fondamentale della Verità. «…la Parola viene così calata nel cuore della contemporaneità attraverso parole e concetti che le sono propri, in una nuova forma linguistica di prossimità evangelica: un “dire Dio” capace di scrutare tra le pieghe della vita e scorgervi – non importa quanto tenui – bagliori di quella Parola, affievolita tra i rumori di un mondo frammentato in molteplici luoghi» (dall’Introduzione)
Dalla filosofia alla teologia alla mistica, un'indagine sull'intrinseca dimensione dell'amore smisurato di Dio. Il volume approfondisce il tema del non dell'amore di Dio, inteso come Agápe che sulla croce trova la sua più alta manifestazione e si offre alla libera accoglienza dell'uomo. Nella prima parte dopo una panoramica storica si approfondiscono il pensiero filosofico di Parmenide, Platone e Aristotele e dell'idealismo tedesco (Fichte, Hegel, Schelling). Segue la storia della spiritualità e della mistica cristiana con Francesco d'Assisi, Angela da Foligno e Giovanni della Croce da una parte segno dell'irrompere del Crocifisso nella forma del nada dell'anima -, e Teresa di Lisieux, Edith Stein e Chiara Lubich dall'altra - apertura a una nuova comprensione del non dell'amore in chiave intersoggettiva. Per finire con la teologia di Agostino d'Ippona, Tommaso d'Aquino e Lutero. Nella Seconda parte della ricerca, si apre la riflessione su alcune prospettive sistematiche che la teologia può percorrere con frutto offrendo nuovi, stimolanti spunti di riflessione.
La genesi e gli sviluppi del dibattito teologico, sul tema, nella teologia del XX secolo. Il termine kenosi - svuotamento - viene generalmente associato in teologia alla Seconda Persona della Trinità, il Figlio, che nell'incarnazione ha "svuotato se stesso" (Fil 2,7) della sua natura divina. Bulgakov è stato il primo ad aver applicato tale categoria allo Spirito Santo dando così inizio ad un riflessione originale e feconda per la comprensione dei rapporti intra-trinitari che attraversa tutta la teologia del XX secolo. Bua ripercorre la genesi e gli sviluppi di tale dibattito, cominciando dalla Russia ortodossa di Bulgakov per approdare all'America metodista di Dabney, attraverso la Francia della diaspora russa, dove dagli anni Venti ripara proprio Bulgakov, seguito da Lossky, la Svizzera tedesca di Balthasar, la Germania cattolica di Mühlen e quella riformata di Moltmann, cioè quella Mitteleuropa che e stata soprattutto nel "secolo breve" il fecondo "laboratorio" di una teologia "nuova".
Si è se stessi o si diventa se stessi? Quando si è se stessi e quando ci si riduce a maschera o, addirittura, ci si perde? La Rivelazione trinitaria getta una luce sull’individualità umana, aiuta a coglierne i dinamismi e indica orizzonti di senso che rispondono all’attuale «urgenza di un vigoroso e comune sforzo di comprensione e di una rinnovata autocoscienza della soggettività umana nel suo schiudersi costitutivo nella e alla relazione» (dalla prefazione di Vincenzo Di Pilato). In dialogo con la filosofa Maria Zambrano e i teologi Giuseppe Maria Zanghí e Joseph Ratzinger, in queste pagine si cerca di articolare la ritmica di un’antropologia radicata nell’evento pasquale quale fulcro rivelatore del Dio Uni-Trino. Emerge così l’essere differente di ciascuna persona come individuo, ma allo stesso tempo si coglie che l’identità scaturisce da una reciprocità che ha la sua sorgente nell’amore reciprocante del Dio Uni-Trino il quale, nel ritmo del dono, fa ciascuno più se stesso. «Si tratta di un esercizio di pensiero che riesce brillantemente a comunicare l’evento che fenomenologicamente descrive e – direi – kerigmaticamente in forma dialogica e argomentata attesta. Stile di una teologia che è pensante e testimoniale a un tempo, essa stessa, dunque, per sé e in sé capace di coniugare con efficacia la dimensione teor-etica, quella esperienziale e quella evangelizzatrice» (dalla postfazione di Piero Coda).
Il libro s'inoltra con rigore e passione nella sfida ardua di un nuovo pensare esplorando teoreticamente l'esperienza umana e intellettuale di due autori d'eccezione: il filosofo ebreo Franz Rosenzweig e il teologo e filosofo cattolico Klaus Hemmerle. Il primo, autore de "La stella della redenzione" (1921) è testimone di un "nuovo pensiero" capace di prendere sul serio il tempo e la prossimità dell'altro alla luce dell'esperienza dell'unità della comunità ebraica orientata dalla Stella di Davide. Il secondo, autore di numerosi scritti, conosciuto in particolare per le programmatiche "Tesi di ontologia trinitaria" (1976), propone un'ontologia trinitaria dal "pro-prium" cristiano alla luce dell'evento Gesù Cristo dischiuso nel mistero del suo abbandono sulla Croce. Il saggio, oltre a evidenziare le implicazioni inedite del pensiero dei due Autori per il dialogo interreligioso e per quello tra teologia e filosofia, esplora le vie maestre di un pensare ritmato dal movimento reciproco e indefinitamente aperto dell'amore che fa uno: "l'agape". Un contributo originale che mette in rilievo, in particolare, lo stimolo permanente che l'opera di Rosenzweig ha offerto al pensiero di Hemmerle e la promettente novità esibita da quella seconda fase della recezione dell'ontologia trinitaria che qualifica la ricerca e il dialogo esercitati presso l'Istituto Universitario Sophia.
Per offrire una riflessione ecclesiologica attraverso un procedimento concettuale logico e rigoroso è necessario ricorrere ad alcuni sistemi linguistici ed ermeneutici che offrano dei criteri in grado di esprimere la complessità dell'oggetto-Chiesa, a un tempo mistero di comunione da Dio e in Dio e soggetto storico che è il Popolo di Dio quale lievito di fraternità tra tutti i popoli. L'Ontologia trinitaria è qui rinvenuta come il luogo in cui è possibile assumere un ritmo del pensare e una forma del comunicare capaci di esprimere la Chiesa come una realitas complexa. (Lumen Gentium 8)
Come liberare il dialogo da una comprensione tanto irenistica quanto indeterminata? Come dar corpo a un termine tanto invocato quanto equivocato? Il testo percorre il sentiero panoramico del pensare dialogico, specialmente novecentesco, per approfondire la matrice paradossalmente generativa in ambito trinitario e giungere così, non sinteticamente ma prospetticamente, alle sfide attuali in campo tanto pastorale-ecclesiale quanto etico-civile. Il metodo che ne deriva non si dà come prontuario, ma come proposta per generare luoghi, relazioni e soggetti dialogici.
Filosofia e teologia non si possono dire l’una senza l’altra, ricevendosi ciascuna dalle viscere dell’altra. Si tratta di un motivo trasversale alla riflessione hemmerliana, volta a interrogarsi e dialogare sul reciproco riceversi e donarsi dei due ambiti, in vista di un contributo rispondente alle domande più profonde dell’essere umano del nostro tempo. Ritrovare il senso e il valore di un autentico rapporto tra le due discipline può non solo rivitalizzare i singoli ambiti di ricerca, ma anche proporsi come orizzonte comprensivo e interrogante per il mondo in cui viviamo.
In un periodo storico come il nostro, in cui le affermazioni della riflessione cristiana vengono delegittimate da correnti figlie dell’illuminismo e del soggettivismo, mentre la società si distacca dalla dimensione religiosa della vita, la riflessione rosminiana diviene attuale, soprattutto in servizio di una Chiesa che si trova ad affrontare, oggi più che mai, una sfida decisiva. L’educazione del clero secolare, già carente ai tempi di Rosmini, rischia oggi di favorire anche nei fedeli ignoranza o deviazione del fervore religioso. Un pensiero debole e indebolito rischia di penetrare anche nell’ambito educativo di matrice cristiana. Per questa ragione la proposta rosminiana si configura come una risposta puntuale al problema formativo, costituita da una profonda maturazione spirituale e da una valida riflessione intellettuale.
È ancora possibile oggi "un discorso su Dio"? E se sì, secondo quale metodo? Molti teologi sostengono che oggi non sono in discussione soltanto dogmi o singole riforme, quanto i fondamenti stessi della fede e soprattutto la possibilità di parlare ancora di Dio. La teologia è chiamata ad affrontare questa situazione mediante una riflessione di fondo: se e in che modo essa può e deve ancora realizzarsi nell'oggi come discorso su Dio? Per rispondere a questo interrogativo cruciale, la teologia deve riflettere sul suo metodo. È questo lo scopo di questo saggio che cercherà di rispondere alla questione dopo oltre cinquant'anni dal Vaticano II.