
Capace come pochi di un'interrogazione radicale sul senso della fede cristiana nel tempo della compiuta secolarizzazione, Sergio Quinzio è stato uno degli autori che più hanno inciso negli ultimi anni del dibattito culturale italiano ed europeo. I suoi principali scritti sono tradotti e studiati in più lingue, e tanti dei suoi interlocutori privilegiati si dimostrano ancora debitori nei confronti del suo pensiero e della sua testimonianza. Gli interventi qui raccolti sono di diverso stile, dalla testimonianza personale al saggio, dal ricordo alla riflessione.
"Il prete è uomo tra gli uomini. Allo stesso tempo porta, attraverso la sua umanità, qualcosa che gli è stato affidato, che molti altri non conoscono. Qui sta la particolarità della sua figura e della sua missione, che ha affascinato e interrogato tanti romanzieri e tanti uomini di cinema e di teatro. Per questo abbiamo voluto ascoltare l'esperienza di alcuni sacerdoti. In un modo o nell'altro vivono sulla frontiera dell'umano dove il dolore dell'uomo e l'enigmaticità della sofferenza sono merce di tutti i giorni." (dalla prefazione di Massimo Camisasca)
Una caratteristica delle opere teologiche di Antonio Rosmini è la ricchezza di citazioni e di allusioni alla Sacra Scrittura. Nella sua riflessione Rosmini parte dai testi scritturistici e sviluppa poi la sua concezione, sulla base della vasta e profonda conoscenza che egli ha della grande Tradizione e sullo sfondo della sua visione personale di pensatore originale. Ne risulta una singolare unità organica, in cui la sacra Scrittura costituisce l'anima e l'ispirazione generale della teologia rosminiana, anticipando le indicazioni date a questo proposito dal concilio Vaticano II. Il presente lavoro si divide in due parti, costituite la prima dallo studio dell'opera: "L'introduzione al vangelo secondo Giovanni commentata", la seconda dallo studio della "Antropologia Soprannaturale". Per ognuna di queste opere ricerchiamo dapprima l'esegesi che l'autore dà dei testi pneumatologici neotestamentari, di quelli giovannei, di quelli paolini, dei vangeli sinottici e degli altri scritti sacri. La teologia dello Spirito Santo proposta dal Rosmini appare così nel suo aspetto di profonda radicazione nella grande Tradizione della Chiesa Cattolica e insieme nel contributo originale della visione personale di lui.
Cristianesimo ed emergenze culturali del terzo millennio.
Il compito, le sfide, gli orizzonti
Prefazione di S.E. Mons. Gianni Ambrosio
Ogni vera inculturazione del Vangelo passa attraverso il vissuto culturale di un popolo e in esso si consuma, si compie: entra a permeare profondamente abitudini, usanze, istituzioni, ruoli, leggi, persino sistemi di produzione, perché in fondo raggiunge e cambia l’uomo nella sua realtà di uomo, trasformando i giudizi di valore, il modo di percepire se stesso e la realtà che lo circonda. Per questo motivo, il Vangelo che si incultura esige anche un discernimento valoriale sulle oggettivazioni visibili dello spirito umano, sapendo che però la comunicazione del Vangelo va ben più in profondità. Quella del “coltivatore di sicomori” appare come una metafora interessante che nella lettura del processo di inculturazione permette di riconoscere il “rispetto” per ogni cultura, ma anche il dono fatto dal Vangelo. Il coltivatore è in realtà un intagliatore, perché opera un taglio particolare che permette al frutto di giungere a maturazione. La necessità del “taglio” dice l’importanza che il contenuto eccedente e salvifico del Vangelo incida le/nelle culture; d’altra parte però i frutti sperati sono propri delle culture. Questa prospettiva è indagata nell’opera tenendo conto delle sfide fondamentali dell’odierna congiuntura culturale – il multiculturalismo, la questione ambientale ed ecologica, il riduzionismo antropologico tra bioetica e politica – e di due grandi orizzonti possibili per risolvere le difficoltà: l’allargamento sapienziale de
Se oggi si parla di crisi del modello culturale occidentale, le radici di questa crisi vanno rintracciate nella storia delle idee degli ultimi due secoli. È in particolare nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale che si assiste a una chiara presa di coscienza di questa crisi. Come sosteneva lo storico inglese Arnold Toynbee, una cultura decadente e in crisi può ancora avere un futuro grazie all'opera di minoranze creative e personalità eccezionali. L'autore vede proprio in quei pensatori cristiani tra le due guerre, oggetto del presente studio, quella minoranza creativa e quelle personalità eccezionali che, avendo coscienza della crisi, si adoperarono a trovare possibili soluzioni. Si tratta ovviamente di posizioni e punti di vista assai diversi tra loro, ma tutti con il comune denominatore di individuare il superamento della crisi nell'abbandono del modello antropologico della modernità e nel recupero delle radici cristiane della cultura. Lo sforzo di questi pensatori appare oggi più che mai attuale. Il recupero delle radici cristiane dell'Europa, come ha sostenuto a più riprese anche papa Benedetto XVI, sembra sempre più l'unica via d'uscita dallo stato di apatia e di perdita di identità in cui è caduta la cultura occidentale.
Il cristianesimo non si intende più da sé. Le sue parole centrali, i suoi gesti, la sua morale e la sua teologia suonano estranei al cuore e alla vita degli uomini e delle donne di oggi. È diventato come "una lingua straniera". E credere risulta ogni giorno più difficile. In che modo siamo giunti a tale stato di cose? Quali le cause prossime e quelle remote? Quali le possibilità perché la fede cristiana ritrovi smalto e forza di convinzione? E soprattutto: in quale maniera debbono affrontare i credenti il loro attuale essere "come forestieri" in mezzo a un mondo che ha imparato a cavarsela senza Dio? Questi sono gli interrogativi al centro del saggio, che si propone dunque come una "piccola guida" per comprendere e vivere il nostro tempo.
"Lo scopo del saggio è di fornire delle chiavi di lettura per orientarsi tra i sommovimenti epocali che stiamo vivendo. Esiste una "stella polare" cui riferirsi per interpretare la nostra storia collettiva? Don Lorenzo Rossetti, accogliendo l'espressione di Paolo VI "Civiltà dell'amore", individua proprio in questa "proposta" sociale della Chiesa il criterio normativo che consente un discernimento cristiano sulle vicende storiche. L'autore vede nella fratellanza/fraternità il fondamento ontologico della solidarietà come determinazione personale e sentimento di condivisione, ma sottolinea pure che in chiave teologica bisogna distinguere tra fraternitas naturale e soprannaturale. Tale distinzione ci riporta al linguaggio classico: essa giova a cogliere il punto di continuità e quello di novità tra società umana e comunità ecclesiale: questa è il "fermento" di quella. E proprio in forza dell'esistenza di tale principio soprannaturale può vedersi illuminata e appunto vitalizzata quella realtà creaturale che, ahimè, sembra spesso giacere nelle tenebre. Si capisce allora il motivo per cui la Civiltà dell'amore possa definirsi con l'ossimoro "utopia concreta": una meta, un traguardo possibile, arduo, ma non assurdo o velleitario da perseguire." (dalla presentazione del cardinale Ruini)
Oggi l'opposizione tra il laicismo e la Chiesa cattolica, tra l'esistenza senza Dio, libera dai valori tradizionali, e l'esistenza nella fede cristiana, in Dio e con la libertà legata alle norme morali cristiane, sembra "essersi avviata su un binario morto". Il vero conflitto, invece, ha luogo tra i laicisti da un lato e i tanti laici dall'altro, che vivono con Dio e in libertà sulla base dei valori cristiani affermati dalla Chiesa. Percorrere quest'ultimo binario è lo scopo del libro, che mette a confronto la filosofia laicista di origine illuministica con la filosofia della grande tradizione filosofica cui si richiamano i laici cattolici, nonché la Chiesa stessa. Dopo un'analisi approfondita di questo tema centrale, il volume chiarisce alcuni fraintendimenti su punti talvolta ritenuti "irragionevoli" della fede cristiana, per poi affrontare la discussione dei temi più attuali nel campo dell'etica e in particolare della bioetica.
Con la "Caritas in veritate" Benedetto XVI si rivela un innovatore nel solco della tradizione delle encicliche sociali. È un testo dottrinale da mettere in relazione con il "magistero della verità" del Papa, che pone al centro della sua attenzione il rapporto tra fede e ragione, all'interno del quale considerare l'attuale situazione culturale e sociale. Questo volume risponde ad alcuni interrogativi: qual è la natura della enciclica? Quali i temi, gli obiettivi e le prospettive da essa aperti? In quale tradizione si inserisce? Quali i pronunciamenti di Ratzinger su tematiche sociali? La speranza dei popoli che essa invoca vuole essere un invito per il dialogo tra le culture, per la costruzione della civiltà dell'amore. Serve "un nuovo slancio del pensiero" che può provenire dalla carità intellettuale e dal dialogo tra i saperi, in cui deve essere coinvolta anche la teologia, affinché manifesti il realismo della fede e contribuisca ad una comprensione integrale dell'uomo. Prefazione di Mons. Fernando Filoni.
Un'istituzione quale lo Stato moderno, che fin dai suoi primi passi si è autorappresentata quale sovrana e interprete di un potere assoluto (libero da ogni vincolo), è del tutto incomprensibile se non si coglie il legame che da sempre essa intrattiene con la teologia. Dal momento che pretende obbedienza e rivendica un controllo monopolistico della forza sul territorio, lo Stato intreccia insomma questioni istituzionali e religiose: prima rivendicando una legittimazione di carattere sacrale e utilizzando la religione quale instrumentum regni, poi prospettandosi come alternativa metafisica e fonte autentica di ogni possibile salvezza e, infine, interpretando il venir meno di ogni trascendenza e il trionfo dello strumentalismo. Il presente volume, che evoca un gran numero di questioni e autori senza avere la presunzione di individuare una soluzione definitiva a dibattiti tanto complessi, traccia un percorso volto a chiedersi se si possa davvero aver fede nello Stato, facendone il senso ultimo della nostra esistenza, e prestar fede a quanto affermano gli ideologi schierati a sua difesa. Il tema della teologia politica e quello della dissimulazione - dello Stato quale fonte di occultamento della realtà - sono d'altro canto strettamente legati, dato che l'aperta sfida che il potere moderno ha lanciato alle confessioni religiose propriamente dette lo ha costretto a moltiplicare le falsificazioni e gli inganni.