
Tra le visioni raccolte nei quaderni della grande mistica Maria Valtorta si trova anche la profezia sulla fine del mondo, che coincide con la crisi spirituale della Chiesa e fornisce spunti di riflessioni sui tempi presenti e quello che stiamo vivendo. Questo libro conduce un'analisi escatologica dei testi valtortiani alla luce della scienza, del Magistero, dell'esegesi biblica e dei messaggi di Fatima. L'autore ci conduce quindi attraverso le varie tappe che ci avvicinano al compimento dell'Apocalisse: la venuta dell'Anticristo, l'era di pace che seguirà la sua caduta e la contemporanea apostasia globale, la persecuzione satanica, la seconda venuta di Cristo, la resurrezione dei morti e il giudizio finale.
Oltre 300 lettere, molte delle quali pubblicate per la prima volta in questo libro, compongono il copioso epistolario tra don Primo Mazzolari e i vescovi della sua diocesi di Cremona: Geremia Bonomelli, Giovanni Cazzani e Danio Bolognini. Si tratta di un vero e proprio patrimonio di spiritualità, che permette di approfondire le diverse stagioni del ministero sacerdotale del parroco di Bozzolo e di mostrare il suo rapporto filiale con l'autorità ecclesiastica, senza nascondere incomprensioni e crisi. Anche i vescovi fanno emergere i loro diversi temperamenti e il loro differente approccio nei confronti di Mazzolari. L'epistolario è un utile tassello per approfondire la figura del parroco, ma anche per sondare la spiritualità cristiana come luogo di incarnazione e di decisioni, soprattutto in merito al tema tanto discusso dell'obbedienza. Le lettere mostrano la fatica della fedeltà al vangelo e rivelano schiettezza, apertura di cuore, fiducia, sostegno, dubbi, incoraggiamenti, condivisione, ragionevolezza. Un quadro di fede e di amore alla Chiesa tutt'altro che scontato.
Ciò che ha soprattutto caratterizzato p. F. Varillon è stato lo sforzo costante di tradurre il vangelo in un linguaggio comprensibile all'uomo di oggi. Persuaso che "è indispensabile per un cristiano essere intelligente", non ha risparmiato gli sforzi per allargare la visione cristiana, mettendone in evidenza la profonda coerenza e l'attualità. Vero e proprio "maestro spirituale", insieme tradizionale e audace, p. Varillon ha posseduto più di chiunque altro l'arte di liberare il cristianesimo da ogni sovrastruttura, rivelandone l'anima profonda e autentica, quello che egli chiama "l'essenziale dell'essenziale": la vita di Dio - un Dio che è "amore, nient'altro che amore" - come realizzazione piena dell'uomo. Dotato di una straordinaria capacità di mettersi in ascolto degli altri, di camminare con loro, egli ha saputo creare un genere letterario e "omiletico" nuovo, in cui il riferimento al dato biblico, la riflessione penetrante, il senso dell'essenziale e di dialogo con il pensiero contemporaneo si compongono di armoniosa unità. È un libro denso e chiaro, che rivela tutta la capacità di p. Varillon di "spiegare" i contenuti della fede, di toccare e risvegliare le corde più intime del cuore e della mente, in un cammino che è il cammino stesso dell'ascoltatore, soprattutto di colui che vuol capire, al di là di ogni stereotipo, le ragioni della propria fede.
Viaggiando nelle province dell'Impero bizantino poteva capitare di imbattersi in un monaco arrampicato sulla sommità di una colonna: un asceta che passava la sua vita sospeso tra terra e cielo, dedicandosi alla preghiera e agli esercizi spirituali. Era uno spettacolo strano, che attraeva fiumi di pellegrini. Nonostante la bizzarria di un'ascesi tanto estrema e sorprendente, l'incontro con uno stilita era un evento meno eccezionale di quanto si potrebbe pensare. Gli abitatori delle colonne non erano poi così pochi, soprattutto nei deserti della Siria. Sempre esposti alle intemperie, sottoponevano il corpo a prove durissime. Ma sapevano anche compiere miracoli, guarire i malati, formulare profezie, esorcizzare gli indemoniati. Grazie a queste doti straordinarie si guadagnavano la devozione di fedeli di ogni strato sociale che accorrevano in massa ai piedi delle loro colonne: contadini, soldati, funzionari di corte, e persino imperatori. Per il loro prestigio, gli stiliti erano spesso chiamati a dirimere controversie, sostituendosi alle autorità civili e assumendo così anche un ruolo politico. Di molti di loro conosciamo non solo i nomi ma anche le vicende esistenziali che li hanno portati a una scelta così radicale. Questo volume, indagando testi biografici bizantini quasi mai tradotti in italiano, ricostruisce la storia, la vita e le opere dei santi stiliti. Ma ne narra anche la leggenda: un mito spirituale che ha attraversato i secoli e, tramite la poesia di Kavafis e di Rilke, è arrivato fino al cinema di Buñuel e Monicelli.
Le oltre trecento lettere raccolte in questo libro aiutano ad approfondire la profonda amicizia tra don Primo Mazzolari e don Guido Astori. Compagni di ordinazione, i due preti lombardi condividono l'esperienza di cappellani militari nella prima guerra mondiale, prima di occuparsi di alcune parrocchie della diocesi: Mazzolari a Cicognara e Bozzolo, nel mantovano, Astori a Bordolano, Casalbuttano e Cremona nella parrocchia di Sant'Agata. Il volume mette a tema l'amicizia presbiterale, uno degli aspetti più interessanti ma anche poco sondati della spiritualità sacerdotale. È un tassello in più per approfondire la figura di don Primo, soprattutto nella ferialità delle sue amicizie e del suo impegno pastorale in parrocchia. I testi d'archivio riportati in appendice consentono di rileggere le parole con le quali don Mazzolari parla dell'amico, presentandolo, nel 1934, alla parrocchia di Casalbuttano e, nel 1940, alla parrocchia cittadina di Sant'Agata, nonché di riscoprire il discorso pronunciato da don Astori al funerale di don Mazzolari, nell'aprile 1959. Postfazione di monsignor Gualtiero Sigismondi.
Il XVI secolo, che segna l'emancipazione della cultura dalla tutela del clero, offre nel campo della spiritualità un'impressionante abbondanza di materiale scritto, favorita anche dall'invenzione della stampa. Accanto alla frattura protestante e alla reazione cattolica, la Chiesa assiste in questo periodo anche a una riforma dall'interno suscitata da un gran numero di "santi" impegnati a fare rifiorire una religiosità più autentica. Senza uscire dall'istituzione che talvolta li avversa o li frena e che costituisce il bersaglio della loro contestazione implicita, i grandi spiriti religiosi ritengono possibile un vero rinnovamento e un'autentica pratica cristiana nella Chiesa vivendo in prima persona le esigenze del vangelo. Tre di queste grandi figure segnano il "secolo d'oro" della spiritualità spagnola: Ignazio di Lojola (1491-1556), Teresa d'Avila (1515-1582) e Giovanni della Croce (1542-1591), protagonisti, assieme alle loro scuole, del volume.