
"Gesù che siede a tavola e che parla del Regno dei Cieli come una mensa imbandita è solo l'inizio, il pretesto per poi passare ad una carrellata di umanità che si pone di fronte alla grande domanda su Dio: chi è Dio veramente? E cosa significa nella sua essenza ultima: 'Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo'? Dio si comunica non solo con le parole, ma con i fatti. E ogni incontro chiede una risposta. Si legge per nutrirsi, dal momento che noi abbiamo non soltanto un corpo biologicamente affamato, ma anche un'anima affamata. E poi, non solo l'uomo ha 'fame' di Dio, ma anche Dio ha 'fame' dell'uomo, dal momento che Dio è amore e il suo desiderio di donarsi è letteralmente infinito. Basterebbe questo per impazzire. È la follia dei santi" (dalla Prefazione di padre Serafino Tognetti).
"Che lettore di Vangelo sia don Fabrizio è subito chiaro. Per lui Gesù è il liberatore, colui che scioglie l'uomo dai vincoli di ogni sovrastruttura superflua, di ogni convenienza e connivenza mondana. Un Gesù povero tra i poveri, la cui incarnazione si compie ancora, ogni giorno, nelle ferite e nelle lacrime di ogni sofferente. A questo Cristo don Fabrizio dà del tu, perché al più umano fra gli uomini non ci si può rivolgere altrimenti. Si impara molto, leggendo questo libro. Più che altro, però, si ritrova una prospettiva che sembrerebbe altrimenti perduta: quella per cui ogni racconto è il racconto di un ritorno, e cioè di una perdita e di una salvezza. A riassumere le storie di tutti, in quella che diventa la storia di ognuno, è la vicenda irripetibile di Gesù di Nazareth. Crediamo di conoscerla, come se fosse una favola. Invece ci sorprende sempre, come se fosse il resoconto di una vita che ancora dobbiamo incontrare". (Dalla Prefazione di Alessandro Zaccuri).
Raccoglie le omelie alla città di Vercelli ogni 1° agosto, nella festa di Sant’Eusebio, patrono della città, dell’arcidiocesi e – per volontà del beato Giovanni XXIII – della Regione conciliare piemontese. L’omelia è caratterizzata dalla riflessione pastorale in duplice modo: da una parte, essa ha come destinataria la città, la comunità dei credenti, fedeli al dies Domini e i cristiani saltuari, e in particolare i rappresentanti delle Istituzioni civili; dall’altra, la proposta, attesa e ascoltata con palese interesse, è attenta ai problemi della città e del contesto culturale odierno, con un evidente sviluppo del rapporto tra fede e storia, Chiesa e mondo.
Il libro offre la possibilità di un intelligente approfondimento dei fenomeni culturali nei quali viviamo la gioiosa fatica della fede. E in particolare richiede attenzione agli uomini e alle donne impegnati sulle frontiere della politica e della vita sociale; propone una lettura dei fenomeni delle giovani generazioni per incoraggiare e motivare un rinnovato impegno educativo. Sottintende la tesi secondo cui la fede di oggi deve ripartire e calarsi nei contesti complessi e problematici che abitano la città; non è più la parrocchia di campagna con il suo rarefatto tessuto omogeneo.
Come uscire dal grigiore della nostra epoca, per far ringiovanire la Chiesa d’oggi e rinnovare anche la società?
«Questo volume, che scandisce i venticinque anni di episcopato, vuole disegnare proprio l’itinerario comune che vescovo e fedeli hanno insieme percorso a partire da quel giorno, un itinerario emblematico che può essere un programma di indole generale per altre Chiese e altre esperienze pastorali». (Gianfranco Ravasi)
Autore
Enrico Masseroni, nato a Borgomanero (NO) nel 1939, ordinato sacerdote nel 1963, è licenziato in teologia e laureato in filosofia. Già vescovo di Mondovì dal 1987 al 1995, è attualmente nella sede arcivescovile di Vercelli. È stato presidente della Commissione esecutiva del Congresso europeo sulle vocazioni (1997) e presidente della Commissione episcopale per il clero. Collabora a riviste di carattere pastorale. Fra le sue opere, con Paoline ha pubblicato: Insegnaci a pregare. Un cammino alla scuola del vangelo (1988, 19903); Agape. Un cammino sulla carità alla scuola del Nuovo Testamento (1991); Le frontiere della profezia (1994); Laici cristiani. Tra identità e nuove sfide (2004); Vi ho dato l’esempio. Lectio divina sulla «giornata del prete» (2006, 2007); Capire e vivere la Messa. Un percorso biblico-liturgico (2009); Ti benedico, Signore. Preghiere alla scuola della Parola (20102); Osare la missione. Spiritualità e profezia in padre Francesco Pianzola (2011).
"Non so come, stiamo parlando di deserto e comincio a raccontare la storia di Lawrence d'Arabia e del suo bellissimo turbante azzurro e scivolo discretamente nel discorso, buttando lì che probabilmente dovrò sottopormi a una cura che mi farà perdere i capelli. Ricordo come una lama affilata il commento di mio figlio: 'Allora, mamma, vuol dire che hai avuto un tumore; anche un bambino a scuola è senza capelli perché ha avuto un tumore quelli che perdono tutti i capelli hanno un tumore'". Un duetto sul tempo della malattia dove la scrittura diventa indagine, scavo, consolazione. E dove "stare" è un verbo attivo. Nota di lettura di Silvano Petrosino.
Il tuono del silenzio, come da titolo, è una trama intessuta con due fili: il tuono, che è suono e frastuono, e il silenzio, la parola taciuta, misteriosa, da decifrare. Costruito intorno a un ossimoro, che ingloba cielo e terra, è specchio della nostra umanità, con tutte le sue ferite e contraddizioni (i personaggi fittizi ne sono un fedele riflesso), o di chi ci plasma e ci lavora (la Vita, la Natura, Dio). In una nota preliminare al testo, l'autore avverte: "In ebraico, il sostantivo 'voce' può essere tradotto anche con 'suono' e con 'tuono', soprattutto in contesti teofanici".
La fede dipende dall'immagine che ci siamo costruiti di Dio: severo, vendicativo, capriccioso o bonaccione, assente... oppure tenero e misericordioso come è evocato dalla foto della copertina, ispirata dal famoso Salmo 130: «Come un bambino in braccio a sua madre...». L'autore, con la passione del vero educatore, in questo libretto mini-pocket da portare nello zainetto o in borsa guida i suoi giovani lettori alla "costruzione" del vero volto di Dio, prendendo spunto dal "padre ricco di misericordia", protagonista di una delle parabole più belle raccontate da Gesù. Con spunti per la riflessione e la meditazione.
Si tratta di riflessioni su alcuni passi della Scrittura, fatti da una persona colta, che riteneva i credenti quasi dei creduloni e dei sempliciotti, che si lasciavano ingannare da favole. Ha cominciato a leggere i Vangeli "per dovere di studioso di letteratura" e gli sembrò che il libro gli parlasse del suo quotidiano, di ciò che accadeva durante la giornata. Quindici capitoli, di diversa lunghezza, prendono spunto da episodi o frasi dei Vangeli e riflettono sulla luce che essi gettano sulla realtà della vita, con creatività e arguzia da letterato consumato (basta vedere i titoletti dei capitoli: Il diritto di fare sciocchezze; I cagnolini di Dio; La cattiveria delle "brave persone"), che facilita nel lettore l'appropriarsi delle intuizioni profonde nella radicalità a cui il Vangelo chiama.
Queste poesie sono lampi nella notte che squarciano le nebbie della nostra superficialità e fanno palpitare il cuore di meraviglia, di gioia, di stupore. Poesie che diventano preghiera o la fanno sgorgare con forza dal profondo.
Mentre ai nostri giorni si susseguono con eccezionale frequenza annunci di sciagure, profezie e previsioni inquietanti, mentre è già in atto e ben visibile una trama che sembrerebbe affermare il trionfo del male nella persona di satana, l'autore Felice Poli, in questo saggio, offre al lettore la possibilità di "leggere" i segni dei tempi con sapienza e motivato ottimismo alla luce della sana teologia e della storia della salvezza. Egli invita a ripercorrere con Maria in modo sapiente l'opera della redenzione: la nostra pasqua è ormai la meta di ognuno e dell'umanità intera e la vergine Maria ne è indissolubilmente e attivamente partecipe. Lei ci chiede di deporre le assurde umane alterigie, nell'umiltà tornare bambini per essere da Lei rigenerati sull'impronta del Figlio suo. In questa rinascita è già in atto il suo e nostro trionfo.
Noi non saremo tutti chiamati a testimoniare con il sacrificio del sangue, ma la nostra missione ci obbliga a donare tutta la nostra vita senza riserve. L’essenziale è che decidiamo veramente di seguire Cristo e di testimoniarlo senza posa di fronte agli uomini, anche se non ci è possibile conoscere in anticipo i sacrifici che questa imitazione di Gesù Cristo esigerà certamente da noi.
Così disse Giovanni Paolo II: “I santi sono i testimoni visibili della santità della Chiesa. Sono i santi che la Chiesa beatifica e canonizza, ma anche tutti i santi nascosti, anonimi: essi salvano la Chiesa dalla mediocrità, la riformano dal di dentro, direi per contagio, e la trascinano vero quel che essa dev’essere”.
Il tesoro nascosto. Per un’arte della ricerca interiore
di José tolentino Mendonça
Le riflessioni presentate in queste pagine ci invitano a prendere coscienza delle tentazioni di cinismo e di indifferenza nei confronti della vita spirituale che possono esistere dentro di noi e a metterci in un atteggiamento di ricerca interiore. Il tesoro nascosto cui allude il titolo è appunto il risultato di tale ricerca, cioè il regno dei cieli (cfr. Mt 13,44).
Ogni capitolo – tredici in totale – prende in considerazione un brano biblico (per esempio, l’episodio del roveto ardente, la parabola della dracma perduta, la chiamata di Abramo), intorno al quale l’Autore articola il suo commento, spesso sostenuto da citazioni di autori come Simone Weil, Thomas Stearns Eliot, Paul Claudel, Etty Hillesum, Benedetto XVI, Søren Kierkegaard, Dietrich Bonhoeffer, in un dialogo costante tra ricerca interiore e apertura alla cultura contemporanea.
Il volume permette di affrontare in modo semplice ma rigoroso le questioni fondamentali della vita spirituale.
Punti forti
L’Autore è una delle voci più accreditate del Portogallo contemporaneo, che con uno stile efficace e comunicativo riesce a veicolati contenuti essenziali, mai banali.
destinatari
Adatto al grande pubblico, sia per la meditazione personale sia per quella di gruppo.
Autore
José Tolentino Mendonça, teologo e poeta, è una delle voci più autorevoli del Portogallo contemporaneo. Specializzatosi presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, è docente di scienze bibliche all’Università Cattolica di Lisbona. Uno degli aspetti più importanti della sua attività di scrittore è la riflessione sull’interrelazione tra cristianesimo e cultura. La sua produzione poetica, al pari di quella saggistica, è molto apprezzata sia dal pubblico sia dalla critica.Ai lettori italiani è noto per aver pubblicato la raccolta di poesie La notte apre i miei occhi (Ets, Pisa 2006).
A Manoppello, in Abruzzo, da quattro secoli si custodisce un velo di bisso marino che la tradizione della Chiesa identifica con il telo appoggiato nel sepolcro sul viso di Gesù e su cui è impressa, in modo inspiegabile, l'immagine del Volto vivo, perciò risorto, del Salvatore. Il libro ne narra la storia e lo sviluppo dell'attuale venerazione.