
Va presa sul serio l'attribuzione, da parte della tradizione ebraica, del libro di Qoèlet al re Salomone. Eppure, a prima vista nulla sembra più lontano dal messaggio del Qoèlet "Vanità delle vanità, tutto è vanità" del re di Israele più grande di sempre, sapiente oltre ogni misura, fortunato in amore e straordinariamente dotato di ricchezze. Cosa si nasconde, dunque, dietro tale misteriosa assegnazione? Quale enigma si cela fra le ruvide riflessioni di un saggio ebreo che non cita la Torah, non fa menzione di Gerusalemme e sembra ben poco attratto dalla prospettiva di un aldilà? Seguendo il filone della teologia narrativa, il libro reinventa, sulla scorta del midrash ebraico primo livello di lettura, la storia di re Salomone a partire dagli anni belli della giovinezza e della costruzione del tempio a Gerusalemme; lo seguiamo, poi, nella sua progressiva crisi e maturazione quale futuro autore del Qoèlet. Nel secondo livello di lettura il libro biblico è situato nel contesto della nostra cultura post-moderna, in cui sta riemergendo dal passato, in maniera sotterranea ma evidente, un'istanza sapienziale che può rispecchiare i propri dubbi, le proprie faticose speranze e le proprie perplessità in personaggi biblici sui generis come lo stesso Qoèlet.
Il discorso biblico sulla paternità evidenzia la complessità del tema e gli interrogativi che solleva. Partendo dalle grandi figure bibliche e dalle loro vicende umane, questo testo ne mette a fuoco i tratti essenziali e percorre le principali tappe della vita di un padre: dare un nome, circoncidere i maschi, educare, lasciar andare. Allo stesso tempo, esplora le insidie in cui egli può cadere: assenza, violenza, comportamenti che rendono difficili i rapporti fra generazioni. I figli fanno parte di una discendenza e da questa appartenenza alla famiglia ricavano un'eredità, che insieme è peso e grazia. Per questa ragione, ubbidire al precetto che richiama ad onorare il padre può apparire a volte un'impresa delicata.
«Questo libro non è una grammatica (descrittiva o normativa) dell’ebraico biblico». Con queste parole inizia il percorso di studio e di ricerca delle strutture linguistiche dell’ebraico biblico proposto nella Lingua del Santuario. Il primo volume contiene ventidue lezioni, corrispondenti alle lettere dell’alfabeto ebraico, concepite come un dialogo graduale e progressivo tra maestro e discepolo per camminare insieme, spalla a spalla, in cerca di ciò che è più rilevante nello studio e nella comprensione della lingua della Bibbia ebraica. Il percorso proposto dedica otto lezioni su ventidue all’analisi sintattica e alla linguistica testuale (testo narrativo, testo poetico) per fare emergere le strutture specifiche dell’ebraico biblico, il cui studio non può e non deve essere ridotto, come spesso avviene nelle grammatiche normative, a una analisi del sistema di scrittura, della fonetica e della morfologia nominale e verbale.
Note sull'autore
Gianpaolo Anderlini si occupa da oltre quarant’anni di poesia e di studi sull’ebraismo. Segue e coordina, inoltre, le attività di alcune scuole di lingua e cultura ebraica. Ha pubblicato, tra gli altri, Tu mi hai rapito il cuore. Eros, amore e sessualità nella Bibbia ebraica (2014), Qabbalàt Shabbat. Meditazione sui salmi del sabato (2017) e Io sono tuo, salvami! Commento al Salmo 119 (2022). Per EDB ha recentemente pubblicato I quindici gradini (2024).
Il secondo volume della Lingua del Santuario propone al lettore alcuni strumenti didattici particolarmente utili per uno studio più approfondito e per una migliore conoscenza dell’ebraico biblico. In primo luogo, si propone il lessico frequenziale di base che contiene 800 parole, attestate più di 40 volte nella Bibbia ebraica, elencate in ordine alfabetico e in ordine di frequenza. A questo strumento si accompagnano i paradigmi dei nomi irregolari, delle sei classi di declinazione dei nomi e le tavole di coniugazione dei verbi irregolari. Chiudono il volume cinque schede relative ad alcuni campi lessicali che, per la loro importanza, permettono di familiarizzare con il lessico di una lingua semitica che non ha nessun rapporto diretto con l’italiano e, più in generale, con le lingue indoeuropee: il corpo e le sue parti, l’anima, la guerra, la casa, i colori.
Note sull'autore
Gianpaolo Anderlini si occupa da oltre quarant’anni di poesia e di studi sull’ebraismo. Segue e coordina, inoltre, le attività di alcune scuole di lingua e cultura ebraica. Ha pubblicato, tra gli altri, Tu mi hai rapito il cuore. Eros, amore e sessualità nella Bibbia ebraica (2014), Qabbalàt Shabbat. Meditazione sui salmi del sabato (2017) e Io sono tuo, salvami! Commento al Salmo 119 (2022). Per EDB ha recentemente pubblicato I quindici gradini (2024).
In queste riflessioni spirituali sui racconti di passione l'arcivescovo di Firenze scandisce le varie tappe dei racconti di passione inserendo in filigrana al testo evangelico il contributo dell'esegesi storico-critica. In questa trama appaiono spunti essenziali di taglio teologico e spirituale, perché quelle pagine sono destinate a proporre significati che coinvolgono il lettore provocando una sua scelta esistenziale. Gli scritti evangelici sono un «grande codice» della nostra cultura occidentale. Senza di essi sarebbe indecifrabile un'immensa porzione delle opere artistiche letterarie, musicali. Per questo conoscere quelle pagine è necessario anche a chi ha lasciato alle spalle la sua matrice cristiana.
Dal Salmo 120 al 134 viene richiamato all'attenzione dell'orante un costante movimento di salita: si sale al santuario di Gerusalemme in occasione di feste liturgiche, in particolari momenti della propria vita, al ritorno dall'esilio. Si sale dal basso della condizione che nasce dal peccato per elevarsi al bene, al cielo e a Dio; si sale in questo mondo e nel mondo a venire. Si sale da ciò che ha meno valore a ciò che ha un valore maggiore e salire è sempre una elevazione: fisica, sociale, morale, mistica. I salmi dei gradini, che qui vengono presentati e commentati, dovevano essere recitati idealmente all'ingresso del tempio di Gerusalemme, al termine del pellegrinaggio annuale, pellegrinaggio che diventa simbolo di ogni cammino. Il microcosmo svelato da questi cantici ci mostra la verità della condizione umana: in questo mondo, sottoposto alle leggi del tempo, della morte e del libero arbitrio, all'uomo che intende seguire la via tracciata da Dio è consentito salire solo, qualora ne sia capace, fino al quindicesimo gradino. Solo la via della visione mistica permette un viaggio in un altrove infinito, indefinito e non ancora conosciuto.
Con l'invasione assira e la deportazione a Babilonia cominciò a diffondersi nelle comunità ebraiche l'uso dell'aramaico. Col tempo, soprattutto per motivi di studio, di insegnamento e di preghiera, crebbe la necessità di tradurre i testi ebraici che andavano formando il corpus delle Scritture d'Israele. Tali traduzioni (targumim) cominciarono a essere messe per iscritto in epoca ellenistica. Nell'ebraismo rabbinico, ossia nei primi secoli dopo Cristo, cominciò un nuovo corso: vennero scritti progressivamente i targumim di tutti i libri della Bibbia ebraica e, nel corso dei secoli, quelli dei libri profetici acquisirono una certa autorità. Si offre qui al lettore italiano la possibilità di scoprire la ricchezza del Targum di Zaccaria. Il modo in cui il targumista parla di Dio e della sua azione nella storia si manifesta tramite diversi piani che si intersecano, dal lessico alla teologia. La traduzione aramaica è attenta a rispettare l'alterità divina, fino a porre un'asimmetria nella sua relazione con l'essere umano. I termini usati per parlare di Dio hanno precisamente una duplice valenza: segnalare il suo essere totalmente altro, in termini biblici la sua santità, e, nel contempo, la sua cura nei confronti del mondo.
Nella sua prima lettera pastorale dopo la nomina e l'insediamento a vicario apostolico dell'Arabia del Sud, Paolo Martinelli riflette sul tema della nostra vita come vocazione. Il vescovo ci ricorda che «il cristianesimo inizia con un incontro, con un invito a stare con Gesù» e ci sprona a vivere «con gioia la nostra vita come un dono, come risposta all'amore di Dio, che ci chiama a fare grandi cose», evitando la mediocrità.
Lo studio propone un'esplorazione all'interno della letteratura profetica, della quale si prendono in esame brani tratti dai profeti anteriori, o libri storici, e pericopi che provengono dai profeti posteriori; vengono inoltre offerti tre saggi di natura teologica. Non si tratta né di un testo di pura esegesi, né esclusivamente di teologia biblica, ma di un'elaborazione di entrambi i generi che risponde anche a un obiettivo di natura didattica: offrire agli studenti delle Facoltà Teologiche, dei Seminari, degli Istituti Superiori di Scienze Religiose, ma anche a chiunque fosse interessato ad approfondire la conoscenza della Bibbia, uno strumento di riflessione e di studio.
Il rapporto tra le varie tradizioni neotestamentarie aiuta a comprendere meglio il cristianesimo dei primi secoli. Il volume si propone, in maniera originale per il panorama italiano, di studiare il rapporto tra i testi paolini e quelli giovannei. Questo non significa semplicemente rilevare il dato proveniente dalla struttura canonica del Nuovo Testamento, ma piuttosto mostrare gli elementi che le due tradizioni hanno in comune rispetto a tutti gli altri libri neotestamentari e che possono far pensare a una relazione particolare tra i due corpora. Dal punto di vista storico, tali legami sono motivati dal fatto che molto probabilmente ad Efeso, nell'ultima parte del I secolo, il cristianesimo paolino e quello giovanneo sono entrati in contatto.