
Nella convinzione della possibilità feconda di elaborare e applicare una "scienza del personaggio" per la lettura critica dei testi narrativi, il presente studio (giunto alla sua seconda edizione rinnovata e ampliata dopo tre precedenti ristampe) ne abbozza in un primo momento i termini teorici e metodologici, per applicarli successivamente ad alcune figure del Quarto Vangelo.Tommaso (e con lui Natanaele e il funzionario regale), Nicodemo, la Samaritana, Giovanni Battista insieme al Discepolo Amato, e infine Giuda Iscariota, vengono così indagati secondo un indirizzo di tipo narratologico. I personaggi del IV Vangelo emergono in tal modo come rappresentativi della fede cristologica su cui i contemporanei di Gesù e il lettore del Vangelo (Gv 19,35; 20,30-31) sono chiamati a misurarsi - in vista dell'unica grande "opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato" (Gv 6,29).
Il volume vuol contribuire a una comprensione ragionevolmente sintetica del Nuovo Testamento, inteso come "scrittura di compimento cristologico". Pur tradizionale, l'idea ha bisogno di una messa a punto, per dissipare restrizioni e pregiudizi (p. es. il sospetto che si tratti solo di un'artificiale combinazione tra la vita di Gesù da una parte e qualche citazione biblica dall'altra, addirittura mortificante il pluralismo di Antico e Nuovo Testamento). Collegando i libri neotestamentari -carichi del loro vissuto ecclesiale-, con l'evento Cristo e la tradizione d'Israele sinteticamente inquadrata da espressioni peculiari (quali "legge e profeti", ecc.), la diversa figura di compimento viene esplorata da E. Manicardi (Mc/Mt); P. Tremolada (Lc/At); G. Ghiberti (Gv); S. Romanello (Pl); F. Manzi (Eb); C. Doglio (Ap).
All'origine del tema sta per un primo lato un'impressione di questo genere: la predicazione della chiesa pare non riesca fino ad oggi a proporre un'immagine del Signore proporzionalmente univoca; in tal senso essa manca di disporre l'antidoto necessario agli usi proiettivi, allegorici e in ogni modo arbitrari che della sua figura, sono fatti ad opera della religione soggettiva della stagione tardo moderna. Per altro lato, sta la persuasione che le acquisizioni della ricerca specialistica sui Vangeli abbiano ormai prodotto acquisizioni tali, da rendere virtualmente possibile un racconto della vicenda di Gesù abbastanza preciso, il quale potrebbe e dovrebbe costituire il referente indispensabile per la stessa confessione della fede in Lui. Che cosa manca perché questa possibilità sia di fatto realizzata? Quali sono le responsabilità proprie della teologia a tale riguardo? A questi interrogativi intendono rispondere i saggi qui raccolti.
Un nodo biblico-teologico cruciale, all'incrocio di una preziosa sensibilità attuale, è il tema di questo volume che edita gli Atti di un Seminario sulla teologia della Bibbia svoltosi nel 2006 presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale di Milano, dedicato a mons. G. Segalla per il suo emeritato. Esso trae spunto sinergico dal plesso tra memoria-identità-scrittura, attualmente oggetto di multidisciplinare interesse, per dare alla memoria biblica modelli di maggior respiro rispetto a quello storicistico più corrivo. Ecco allora il contributo filosofico di S. Petrosino (Memoria, esperienza e scrittura. Rivisitando Platone e J. Derrida), seguito da quelli biblico-teologici di G. Borgonovo (A partire da Deuteronomio. Il canone scritturistico come medium tra evento originario e progettazione di identità) e di G. Segalla (Il Quarto vangelo: memoria scrittura testimoniale, fondata e fondante), che qualificano la scrittura di questi due libri canonicamente tanto affini nei termini di una "memoria simbolica" (Dt), e di una "memoria semeiotica" (Gv).
La grammatica di J. Weingreen (A Practical Grammar for Classical Hebrew, Oxford University Press, 19592), semplice e chiara, ha iniziato alla conoscenza dell'ebraico biblico generazioni di studenti di lingua inglese e francese. Insieme alle lezioni, un particolare valore è rappresentato dal gran numero di esercizi: mutuati dal testo biblico, ma appositamente adattati al livello dei principianti, permettono la pratica della lingua e il progressivo avvicinamento alla Bibbia, che lo studente troverà familiare al termine del percorso. Ecco quanto ha scritto il Journal of Semitic Studies in occasione della pubblicazione della seconda edizione: "I metodi e meriti della Grammatica di Weingreen sono ben noti: la sua libertà da una lunga serie di sezioni introduttive dedicate agli elementi della lingua che mantengono lo studente troppo a lungo lontano dai racconti biblici; il suo generoso uso di esempi in ausilio all'esposizione dei contenuti di ogni sezione, il suo ampio dizionario". Finalmente la traduzione italiana mette a disposizione dei docenti e dei loro studenti il testo che molti professori di ebraico biblico adottavano in lingua originale o riprendevano in parafrasi nelle loro dispense.
La vicenda spirituale di Charles de Foucauld (1858-1916) continua anche oggi a essere motivo di interesse diffuso tra cristiani e non cristiani, poiché si affida a valori umani sempre più cercati, diventati ormai rari nelle nostre comunità civili: il primato di Dio, le relazioni umane, la cura del prossimo, la qualità della vita ordinaria. Il vangelo rimane la parola più autorevole per introdurre il credente ad una vita autentica. Charles de Foucauld ha sostato a lungo sui testi evangelici, per imparare a vivere in modo fedele un'esistenza degna di essere vissuta: una vita a imitazione di Gesù. Le meditazioni sul vangelo di Giovanni, che egli ha realizzato in Terra santa, possono essere considerate come un insieme di lezioni di vita cristiana, una raccolta di indicazioni pedagogiche per imparare, giorno dopo giorno, a seguire il Signore nella propria condizione di vita, in ascolto delle reali esigenze del mondo d'oggi.
Nell'attualità degli studi biblici rimangono ancora in primo piano le questioni dell'identità e fondazione d'Israele e del rapporto tra storia come scienza moderna e testo biblico. Questo volume attraverso lo studio della pericope dell'alleanza di Moab di Dt 28,69-30,20 cerca di dare una risposta articolata e nello stesso tempo accessibile ad entrambe le problematiche attraverso la categoria di memoria fondatrice. Essa è prodotto del processo storico-teologico che ha visto Israele come protago-nista della comprensione di sé e delle proprie vicende dopo l'evento dell'esilio babilonese. In questo lavoro si dimostra quindi che "quello che da molti è stato considerato, nel corso delle ricerche, come un gesto tardivo e secondario, può in realtà essere ritenuto come il vertice sintetico di un filone di pensiero di Israele, anzi addirittura come un momento fondante della realtà storica del popolo eletto" (dalla presentazione del card. Carlo Maria Martini).
Giona è come "Il Piccolo Principe" biblico, dal linguaggio semplice, da favola sapienziale, dal potenziale di una parola ironica, mite e leggera, capace di illuminare e guarire. La vicenda (parodistica) di un profeta fuggiasco dalla propria missione a Ninive, cupamente adirato e intristito per non condividere la volontà salvifica di Dio verso la capitale assira, responsabile tra le peggiori crudeltà perpetrate nel Medio Oriente Antico, ci dà una lucida diagnosi dei nefasti inconvenienti del risentimento. E insieme ci regala anche il brillante rimedio in due tempi, escogitato da Dio per questo suo "antiprofeta": prima una terapia umida, incalzante e terrificante, di una tempesta e di un pesce di enormi proporzioni -, che poi diventa una più ordinaria e minimale terapia secca - un alberello contro il sole cocente, un vermicello roditore, e infine il vento afoso, che fanno dire a Giona: "per me, meglio morire che vivere!". Chissà che quei sentimenti di Dio - grande e misericordioso per Ninive -, intollerabili agli occhi di Giona, in realtà possano risultargli assai più compatibili di quanto non pensi.
Fin dai primi secoli del cristianesimo, il Cantico dei cantici ha esercitato un enorme fascino, sino a godere di una straordinaria fortuna. Il poema biblico dell'amore infatti, insieme al Salterio, non solo è stato il libro dell'Antico Testamento più letto e commentato, ma ha anche svolto un ruolo oggi difficilmente immaginabile nella liturgia, nella catechesi sacramentale, nella teologia e soprattutto nella spiritualità. Nel VI secolo, con la sua Expositio, Gregorio Magno avrebbe portato a compimento la stagione patristica, preludendo ormai alla grande fioritura dei commenti monastici medievali. Questo volume, che propone una nuova edizione del Commento al Cantico dei cantici di Gregorio Magno, contiene il testo originale latino con traduzione a fronte, corredato da note che ne accompagnano la lettura, e da un'introduzione che ne illustra il contesto e analizza l'esegesi...
Arrestato la Domenica delle Palme del 1498, in una notte di guerriglia urbana, Girolamo Savonarola è in prigione. È terminato da pochi giorni il processo civile contro di lui a cura della Repubblica fiorentina e sono in corso, a sua insaputa, delicate trattative con il papa Alessandro VI Borgia, uno dei bersagli preferiti della sua infuocata predicazione, per un'eventuale inquisizione, o un trasporto del prigioniero a Roma. Tra solitudine nel presente e incertezze circa il futuro, senza libri (né Bibbia, né breviario) e senza l'uditorio di nobili e plebe che riusciva a eccitare i suoi fuochi profetici, egli scrive questo Commento al salmo 50, destinandolo alla stampa. Vi mette effusione lirica, preghiera, ardente richiesta a Dio perché venga a liberarlo da ristrettezze e impedimenti, perdonando i suoi peccati; effettua così il riconoscimento della propria miseria, che eleva fino a renderla figura della più ampia miseria di ogni uomo peccatore e a sciogliere un canto di lode, anche se nell'angustia, al Dio che salva e perdona.