
I grandi leader religiosi come Gesù sono profondamente radicati nella società in cui vivono e per comprenderne la personalità è necessario prestare attenzione alla situazione politica, economica e sociale, ma anche culturale e religiosa dell'epoca in cui sono vissuti. L'anacronismo è infatti il peggior nemico della comprensione delle origini del cristianesimo. Compito dello storico è non farsi influenzare dalle concezioni e dalla cultura di oggi e riscoprire invece il modo di vivere e di pensare di Gesù, dei suoi primi seguaci e degli scritti che essi produssero nei primi due secoli. Per questo le ricerche qui contenute prendono le mosse da due convinzioni: l'ebraicità di Gesù e dei suoi discepoli, divisi in una molteplicità di gruppi locali che possedevano informazioni parziali e differenti, e la conseguente presenza di affermazioni contrastanti nei vangeli, pur nella loro verità storica. A riprova che sociologia e antropologia sono parte essenziale e creativa degli studi biblici e, accanto ad altre correnti esegetiche e sensibilità storiografiche, possono dare il proprio, sempre parziale, contributo.
Maestro di editoria e studi biblici, Paolo De Benedetti è stato traduttore - a partire dalla giovanile versione del "Cantico dei cantici", revisore di traduzioni altrui e teorico dell'arte del tradurre. Entriamo qui nella sua officina, a contatto con una metodologia critica che non si limita a segnalare i problemi dei testi, ma sa andare in profondità alla ricerca di soluzioni alternative. Emblematiche in tal senso sono le pagine sulla preghiera di Gesù, il "Padre nostro". Tradurre, per De Benedetti, è mettersi al servizio del testo e dei lettori, in un andirivieni tra competenza filologica, sapienza ermeneutica e resa linguistica. Ogni buona traduzione ha un «settantunesimo senso»: tiene conto delle tradizioni «che non sono meno di settanta», ma sa introdurre, se così si può dire, un altro inatteso significato.
“L’Antico e il Nuovo Testamento sono il Grande Codice dell’Occidente”: muovendo da tale considerazione nasce l’idea di questo libro: dieci passi biblici - cinque dell’Antico, cinque del Nuovo Testamento - sui quali alcuni grandi filosofi hanno elaborato pensieri tanto audaci, quanto fecondi. - Tommaso d’Aquino, Kant, Hegel, Schelling, Rosmini, Kierkegaard, Levinas, Mancini, Pareyson, Cacciari: come celebri passi biblici (Abramo e Isacco, la lotta di Giacobbe con l'Angelo, Gesù sulla Croce...) sono stati letti da questi pensatori. - Il libro, con il contrappunto di passi biblici e commenti filosofici, mostra come la Bibbia possa essere considerata l’ispiratrice di alcune delle idee più feconde della filosofia.
"Un suggestivo parallelo tra Giobbe e Kafka e la loro interpretazione del male. - Il rapporto tra Dio e il male nel libro di Giobbe confrontato con la sofferenza dei personaggi di Kafka. Da una parte il grido di Giobbe a Dio “Tu dov’eri?”; dall’altra l’uomo di Kafka che interpella Dio sul destino ultimo della creazione. - Un testo che mostra un Kafka inedito e di bruciante attualità."
La parabola del profetismo al femminile a partire dalla fine del Quattrocento fino al diciannovesimo secolo: rivelazioni, visioni, doni spirituali e taumaturgici sono stati per secoli strumenti finalizzati al raggiungimento dell'autonomia delle donne. Una storia che subisce una battuta d'arresto durante il secolo dei Lumi, quando l'esperienza mistica viene confinata tra le mura dei conventi o processata e condannata, per poi rifiorire in quel fenomeno che fu definito "la femminilizzazione del cattolicesimo". Si ricostruisce in queste pagine il controverso rapporto tra genere, religione e potere restituendo al lettore un modello di santità che abbandona la veste libera e trasgressiva delle origini e assume il senso di missione al femminile per la rigenerazione della Chiesa.
Appellarsi ai valori cristiani come motivi ispiratori per operare nelle società alimenta opzioni contrapposte, specie quando il tema in questione è l'accoglienza dell'"altro": inoltrandosi che nelle pagine bibliche meno note, si trovano testimonianze in direzioni contrarie. La società giudaica si forma chiudendosi ai "diversi", ma nel corso della storia che dai patriarchi giunge alla generazione dell'esodo, l'esperienza di essere minoranza, a volte anche vessata e perseguitata, diventa tratto comune dell'intro popolo di Israele. Fino ai più celebri passi evangelici sull'ospitalità, l'estraneità nella Bibbia si intende n termini relativi: ognuno può essere "straniero" rispetto a qualcun altro.
Un monaco del nostro tempo dinnanzi agli enigmi più profondi della Sacra Scrittura. Frère John di Taizé si interroga sul messaggio biblico, dove ancora la visione di un Dio irascibile urta la sensibilità di molte persone di buona volontà, desiderose di spiritualità, alla ricerca di un senso alla loro vita. A loro sono rivolte queste pagine che hanno l'intento di scandagliare il mistero del male e la misericordia divina. Un libro che aiuta davvero a leggere la Bibbia, una storia di liberazione sulla quale ha a lungo influito una teologia dell'ira nella sua relazione con la collera dell'uomo.
«[...] accostandoci al Cantico dei cantici, oggi abbiamo veramente da riflettere, da interrogarci, da pensare: non si può leggere questo testo come si leggerebbe una qualsiasi altra poesia d’amore. Il Cantico dei cantici è un libro che Dio ci fa leggere senza un immediato scopo didattico, ma perché “ci servirà”! Tale affermazione vale per il credente, ebreo o cristiano, e anche per il non credente che, ascoltandolo, potrà apprendere il punto di vista del credente. Ciò significa che qualunque interpretazione finalizzata del Cantico dei cantici va accolta con estrema cautela, e vorrei dirlo con un’immagine ripresa dalla Lettera agli Ebrei: “La parola di Dio è una spada a doppio taglio” (4,12), perciò, se non la si legge con cautela, finisce per infilzare il lettore, anziché il destinatario».
Traduzione dall’ebraico con testo a fronte e commenti.
PAOLO DE BENEDETTI (1927-2016), biblista e teologo, ha insegnato presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e negli Istituti Superiori di Scienze religiose di Trento e Urbino. Le sue opere sono pubblicate dall’Editrice Morcelliana.
È il Natale del 1927, quando Alcide De Gasperi, dalle carceri romane di Regina Coeli, lega immagini delle terre della Palestina del primo Novecento ritagliate dalla rivista americana «The National Geographic Magazine» alle parole dei profeti, per raccontare la storia di Gesù alla primogenita Maria Romana, di soli quattro anni, cercando di consegnare l'atmosfera di luoghi e tempi dove visse il Salvatore del mondo. «Così nelle fotografie di questo album sono i pastori della Palestina del 1900 che ci propongono la figura del Nazareno e ci aiutano a credere che fosse passato duemila anni fa per le loro strade. Mio caro padre, attraverso le immagini di questa terra mi raccontavi la storia della tua fede, quella che ti aveva sostenuto nella lotta per la libertà del tuo popolo. Mi insegnavi cosa è la lealtà, il coraggio di sostenere le proprie idee, la fiducia nella giustizia e nella carità che avevano sempre illuminato la tua strada». (Maria Romana De Gasperi)
«Il numero degli anziani è cresciuto. La loro età media si è innalzata. È la realizzazione di un sogno antico dell'umanità: vivere a lungo, allontanare le frontiere della morte il più in avanti possibile, una vera "benedizione". Ma non possiamo nasconderci un paradosso: tale benedizione è divenuta una "maledizione" in parecchi casi. Un dramma per tanti. È un problema sociale complessivo. La lettura della Bibbia aiuta a comprendere meglio il valore degli anziani: come facciano parte, in maniera rilevante, della storia umana e religiosa. Ecco il senso di questo libro, una riflessione sulle figure "anziane" della Bibbia - Noè, Abramo, Giobbe, Zaccaria, Simeone e Anna, Nicodemo... - nel loro rapporto con la vita e con i giovani, frutto di un'esperienza di amicizia pluridecennale con gli anziani da parte della Comunità di Sant'Egidio. Gli "anziani biblici", in modi diversi, hanno avuto un rilievo nella storia per la loro fede e la loro umanità. Forse abbiamo perso, in parte, il senso della "benedizione", ma la Bibbia ci aiuta a recuperarlo. Ed è un senso della vita che s'irradia e si allarga a tutte le stagioni dell'esistenza. Porre gli anziani nel cuore della famiglia, della comunità o della società, è l'inizio di un cambiamento umano radicale, che abbiamo chiamato "rivoluzione comunitaria". Gli anziani sono la "pietra d'angolo" da cui ricominciare la ricostruzione della società». Dalla Prefazione di Andrea Riccardi.
Un antico maestro della Misbnà, Ben Bag Bag, diceva: «Volgila e rivolgila, tutto vi è in essa [nella Torà]» (Avot 5,22). Tutto è nella Torà, ma bisogna voltarla e rivoltarla: Dio ha parlato, ma l'uomo deve metterci il commento. Intorno a questi due pilastri dell'ebraismo si «aggirano» le pagine che seguono: si aggirano perché non hanno una meta, un punto di arrivo, ma vogliono solo essere momenti di una frequentazione infinita (una ruminati°, direbbero i Padri) della Torà scritta e orale. Ci sono tanti modi di introdurre al giudaismo: infatti il giudaismo è plurale, e questa pluralità - nelle idee, nei tempi, nei luoghi, nelle identità - è la sua forza. Perciò molte sono le porte per entrarvi e viverci, o anche solo per conoscerlo. Una porta è quella che anche il Nuovo Testamento indica nel farsi carne, cioè realtà variamente terrena e sensibile, della parola (per Israele la Torà, per i cristiani Gesù). Fuori di questa concreta «vocalità» divina - se così si può dire -, di Dio non sapremmo mai nulla, se non, appunto, chiamarlo Ain, «Nulla», o Mi?, «Chi?», secondo i maestri della qabbalà. Ma Ain è divenuto Anì, «Io», e perciò abbiamo un Tu e non siamo più soli.
Si è spesso osservato che la distinzione paolina tra «spirito» e «lettera», articolata per la prima volta all'interno di un celebre, enigmatico passaggio della Seconda lettera ai Corinzi, starebbe alla base di tutta la riflessione europea sull'idea di traduzione. Ma che cosa intendeva dire l'apostolo, quando affermava che «la lettera uccide, mentre lo spirito dà vita»? Per capirlo, questo libro propone di avviare una doppia indagine archeologica: da una parte, rileggendo Paolo alla luce dei dibattiti moderni sul concetto di traduzione, e dall'altra mostrando come la storia di questi stessi dibattiti non si possa comprendere senza un richiamo alla figura paradigmatica dell'apostolo. Scopriremo allora che religione e traduzione, come argomentava già Benjamin, sono così intimamente legate da non potersi quasi concepire l'una senza l'altra, e che è l'intera parabola di ebraismo e cristianesimo ad apparire segnata, fin dalle origini, da un complesso e interminabile intreccio di esperimenti di traduzione.