
Questo libro percorre l'Antico e il Nuovo Testamento evidenziando la presenza e l'opera degli angeli, il loro intervento a favore degli uomini secondo le missioni che Dio di volta in volta affida loro.
Come di consueto, era andata al pozzo con una brocca ad attingere acqua: un gesto quotidiano, per soddisfare un bisogno che sempre ritorna. Proprio lì, nella ferialità dei suoi giorni, quella donna di Samaria incontra Gesù che, stanco e accaldato, le chiede da bere. Una circostanza in apparenza casuale, da cui tuttavia si sviluppa un illuminante dialogo. La Samaritana, sconcertata dalla libertà accogliente di Gesù, tenta di ricomprenderne e ridurne la novità all’interno dei propri schemi, anche religiosi. Ma insieme, affascinata dall’autorevolezza del Maestro, si lascia condurre dalla sua sapiente pedagogia, fino a riconoscerlo come il Messia. Nell’ansia di comunicare ad altri la straordinaria scoperta, dimentica la brocca al pozzo, annota sapidamente il vangelo di Giovanni: il suo desiderio ormai va oltre l’immediatezza del bisogno da soddisfare, è come appagato dalla affidabile promessa di Gesù.
Il colloquio tra Gesù e la Samaritana illustra le dinamiche profonde della ricerca umana e del suo felice esito, quando l’incontro con Dio è reso possibile da una disponibilità radicale, senza pregiudizi, a percorrere la strada da Lui tracciata, sempre segnata dall’inatteso (perché questo comporta l’aprirsi alla libertà di una persona). Ma non tutte le ricerche vanno a buon fine. I dialoghi di cui il vangelo di Giovanni è intessuto lo attestano con incisività. Molti personaggi che popolano il quarto vangelo presumono infatti di sapere già tutto, in particolare a proposito di Dio, sono rinchiusi in un progetto irreformabile e, alla fine, sono refrattari a farsi coinvolgere nel cammino in cui la verità si disvela. Le strade da essi percorse non approdano all’incontro con l’Altro, ma desolatamente riportano a se stessi, essendo in fondo solo ricerca di sé. Il vangelo di Giovanni, riletto secondo questa feconda angolatura, ha il singolare pregio di illustrare l’alternativa di fronte alla quale è posta la responsabilità dell’uomo: l’incredulità di chi confida soltanto in se stesso e si difende con cura da ogni domanda e avventura; oppure l’esporsi – pur tra crisi, resistenze e contraddizioni – alla rischiosa e felice ricerca del Dio di Gesù, ripagata oltre ogni misura.
Bruno Maggioni è nato nel 1932 a Rovellasca (Como) e dal 1955 è sacerdote della diocesi di Como. Ha studiato teologia e scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: “Il vangelo di Giovanni” (Assisi 1985); “Il racconto di Marco” (Assisi 1985); “Il racconto di Matteo” (Assisi 1986); “Uomo e società nella Bibbia” (Milano 1991); “La vita nelle prime comunità cristiane” (Roma 1991); “Le parabole evangeliche” (Vita e Pensiero, Milano 1992); “I racconti evangelici della Passione” (Assisi 1994); “Padre nostro” (Vita e Pensiero, Milano 1995); “La pazienza del contadino” (Vita e Pensiero, Milano 1996); “Davanti a Dio. I salmi 1-75” (Vita e Pensiero, Milano 2001); “Davanti a Dio. I salmi 76-150” (Vita e Pensiero, Milano 2002).
Talvolta si coltiva un’immagine della preghiera come astrazione dal mondo che consente di entrare nei cieli rarefatti della mistica e incontrarvi l’insondabile mistero divino. Le cose, almeno per la preghiera cristiana, non stanno così: i salmi, che ne sono il modello, lo dimostrano con suggestiva sovrabbondanza. Questi centocinquanta componimenti poetici ci parlano di uno stare ‘davanti a Dio’ fatto dei molteplici toni e colori dell’esperienza umana, di quella terra con cui sono impastati i figli di Adamo. I registri che risuonano nei salmi sono infatti quelli della lode, del ringraziamento, della benedizione, ma insieme anche quelli della domanda smarrita, dell’invocazione e perfino dell’invettiva. Essi ci insegnano a superare il mutismo dei nostri sentimenti nel colloquio con Dio, offrendoci una sorta di lessico e di grammatica della preghiera. La verità dell’esperienza umana, con tutte le sue durezze e i suoi interrogativi senza risposta, non viene mai dissimulata attraverso quella prospettiva spiritualizzante o edificante che sempre fa tornare i conti della vita. Nello stesso tempo, i salmi attestano che questi molti modi di stare davanti a Dio sono accomunati da una radicale, e talvolta nuda, fiducia in Lui. La tensione così disegnata è all’origine del fascino che queste preghiere tutt’oggi continuano a esercitare. Bruno Maggioni nei suoi rapidi commenti alla prima parte del libro dei salmi (è in programma un secondo volume a completamento per il 2002) mostra di essere in piena sintonia con lo spirito che li anima. Questi sobri suggerimenti di lettura conducono fino alla soglia del salmo. Tocca al lettore varcarla.
Bruno Maggioni è nato nel 1932 a Rovellasca (Como) e dal 1955 è sacerdote della diocesi di Como. Ha studiato teologia e scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. è docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica. è autore di numerose pubblicazioni, tra cui: Il vangelo di Giovanni (Assisi 1985); Il racconto di Marco (Assisi 1985); Il racconto di Matteo (Assisi 1986); Uomo e società nella Bibbia (Milano 1991); La vita nelle prime comunità cristiane (Roma 1991); Le parabole evangeliche (Vita e Pensiero, Milano 1992); I racconti evangelici della Passione (Assisi 1994); Padre nostro (Vita e Pensiero, Milano 1995); La pazienza del contadino (Vita e Pensiero, Milano 1996); La brocca dimenticata (Vita e Pensiero, Milano 1999); Davanti a Dio. I salmi 76-150 (Vita e Pensiero, Milano 2002).
«Come si fa a pregare?». Questo interrogativo parla di noi, e dice la verità: noi non riusciamo a pregare, dobbiamo impararlo. E nessuno è in grado di insegnarcelo, se non il Signore. I discepoli stessi riconobbero la propria incapacità chiedendo a Gesù: «Insegnaci a pregare». Coltivare questa domanda già di per sé conduce alla soglia dell’incontro con Dio: la richiesta, infatti, presuppone il riconoscersi poveri, e confessare la propria impotenza permette al dono di Dio di essere accolto. Dio dona la preghiera a chi gliela chiede: semplicemente e infallibilmente. Gratis. Con questa idea di fondo, il libro pone l’accento di volta in volta su aspetti diversi dell’esperienza orante: sulla fatica estenuante che un autentico apprendimento della preghiera comporta, ma, soprattutto, sulla dimensione di gratuità che abita la preghiera, e sola le consente di esprimersi in pienezza. Particolare attenzione è dedicata alla preghiera vocale, il canale per eccellenza dell’orazione nella tradizione ebraico-cristiana, nella quale si prega anzitutto per mezzo delle parole: i Salmi, il Padre Nostro, le preghiere mariane, quelle che si recitano a tavola, per strada o al capezzale dei malati sono altrettante formule con cui le parole pongono alla presenza di Dio e consentono di vivere nella sua alleanza. Ma nel dialogo con Dio le parole si accompagnano sempre al silenzio. C’è un silenzio che sta al di qua dell’espressione verbale, quando la parola ancora non ha preso forma: è la «preghiera originaria» con cui si apre il libro; e c’è un silenzio più forte e più ricco, esperienza che si compie al di là di tutte le parole: è la «preghiera perfetta» che conclude il prezioso itinerario tracciato da p. Standaert. In essa lo Spirito, secondo l’insegnamento di Paolo, «viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede per noi con gemiti inesprimibili».
Benoît Standaert è monaco benedettino e uno tra i più innovativi e pensosi esperti di spiritualità biblica. In traduzione italiana ha pubblicato: "Il Vangelo secondo Marco", Roma 1984; (con O. Clément), "Pregare il padre nostro", Magnano Vercellese 1988; "Le tre colonne del mondo. Vademecum per il pellegrino del XXI secolo", Magnano Vercellese 1999; (con C.M. Martini e G. Danneels), "Lo spirito dell’apostolo. Quando il ministero ha un’anima", Milano 2002
Talvolta si coltiva un’immagine della preghiera come astrazione dal mondo che consente di entrare nei cieli rarefatti della mistica e incontrarvi l’insondabile mistero divino. Le cose, almeno per la preghiera cristiana, non stanno così: i salmi, che ne sono il modello, lo dimostrano con suggestiva sovrabbondanza. Questi centocinquanta componimenti poetici ci parlano di uno stare ‘davanti a Dio’ fatto dei molteplici toni e colori dell’esperienza umana, di quella terra con cui sono impastati i figli di Adamo. I registri che risuonano nei salmi sono infatti quelli della lode, del ringraziamento, della benedizione, ma insieme anche quelli della domanda smarrita, dell’invocazione e perfino dell’invettiva. Essi ci insegnano a superare il mutismo dei nostri sentimenti nel colloquio con Dio, offrendoci una sorta di lessico e di grammatica della preghiera. La verità dell’esperienza umana, con tutte le sue durezze e i suoi interrogativi senza risposta, non viene mai dissimulata attraverso quella prospettiva spiritualizzante o edificante che sempre fa tornare i conti della vita. Nello stesso tempo, i salmi attestano che questi molti modi di stare davanti a Dio sono accomunati da una radicale, e talvolta nuda, fiducia in lui. La tensione così disegnata è all’origine del fascino che queste preghiere tutt’oggi continuano a esercitare. Bruno Maggioni nei suoi rapidi commenti al libro dei salmi mostra di essere in piena sintonia con lo spirito che li anima. Questi sobri suggerimenti di lettura conducono fino alla soglia del salmo. Tocca al lettore varcarla.
Bruno Maggioni è nato nel 1932 a Rovellasca (Como) e dal 1955 è sacerdote della diocesi di Como. Ha studiato teologia e scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: "Il vangelo di Giovanni" (Assisi 1985); "Il racconto di Marco" (Assisi 1985); "Il racconto di Matteo" (Assisi 1986); "Uomo e società nella Bibbia" (Milano 1991); "La vita nelle prime comunità cristiane" (Roma 1991); "Le parabole evangeliche" (Vita e Pensiero, Milano 1992); "I racconti evangelici della Passione" (Assisi 1994); "Padre nostro" (Vita e Pensiero, Milano 1995); "La pazienza del contadino" (Vita e Pensiero, Milano 1996); "La brocca dimenticata" (Vita e Pensiero, Milano 1999); "Davanti a Dio. I salmi 1-75" (Vita e Pensiero, Milano 2001).
In questo tempo, la fede cristiana sembra particolarmente propensa a sottolineare, nelle parole e nei fatti, il valore della spiritualità. Molti immaginano che, nei territori dell’anima, il cristianesimo possa trovare quella rilevanza che stenta a conseguire nelle forme quotidiane di vita, nei rapporti sociali, nella politica. È reale il rischio di uno spiritualismo astratto, quando la religiosità viene vissuta nell’intimo della preghiera, della liturgia, dell’ascolto della Parola, ma la vita ‘di fuori’, con i suoi impegni concreti e complessi – nella famiglia, nella professione, nella società – scorre a latere, secondo implacabili leggi. Bisogna allora arrendersi a questa contraddizione (alla quale, peraltro, la tradizione cristiana è da sempre esposta), in nome di un sano realismo? La proposta evangelica, e biblica in genere, è di segno contrario: essa è destinata all’uomo nel mondo, così com’è oggi, ed è praticabile da subito nella sua radicalità. Il vangelo è come un seme. Ne ha la piccolezza e insieme la vitalità e la promessa di futuro. Perché possa portare frutto, questo seme va piantato nella terra, non nei cieli rarefatti (e spesso ingannevoli) della pura mistica. È questa una grande sfida che i cristiani devono saper raccogliere con coraggio, creatività e senso di responsabilità. Soprattutto nel nostro tempo. Perché il Dio evangelico non si esprime nella distanza, ma nel suo farsi a noi vicino.
Bruno Maggioni è nato nel 1932 a Rovellasca (Como) e dal 1955 è sacerdote della diocesi di Como. Ha studiato teologia e scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: Il vangelo di Giovanni (Assisi 1985); Il racconto di Marco (Assisi 1985); Il racconto di Matteo (Assisi 1986); Uomo e società nella Bibbia (Milano 1991); La vita nelle prime comunità cristiane (Roma 1991); Le parabole evangeliche (Vita e Pensiero, Milano 1992); I racconti evangelici della Passione (Assisi 1994); Padre nostro (Vita e Pensiero, Milano 1995); La pazienza del contadino (Vita e Pensiero, Milano 1996); La brocca dimenticata (Vita e Pensiero, Milano 1999); Davanti a Dio. I salmi 1-75 (Vita e Pensiero, Milano 2001); Davanti a Dio. I salmi 76-150 (Vita e Pensiero, Milano 2002); Come la pioggia e la neve. Potenza del vangelo e generazione della fede (Vita e Pensiero, Milano 2006).
«Portiamo questo tesoro in vasi di coccio, affinché appaia che la straordinaria sua forza proviene da Dio e non da noi». Questa affermazione di san Paolo, nella seconda lettera ai Corinti, non allude solo a una condizione personale, ma parla di tutti: vaso di coccio è ogni cristiano e l’intera comunità dei credenti. Il vaso di terracotta è casalingo, umile, fragile, di utilizzo quotidiano. Non è un oggetto prezioso da esibire all’ammirazione di tutti. Fuori di metafora: Dio non si serve solo dei santi, ma anche (e soprattutto) di uomini comuni, fragili, di poca fede, com’erano i discepoli, e come siamo noi. Questa meraviglia di Dio non cessa di stupire. Se il vaso fosse prezioso, attirerebbe l’attenzione su di sé; nella sua umiltà, invece, rimanda altrove. La sua debolezza è la sua trasparenza. La potenza del Vangelo si fa presente nell’inadeguatezza per rendere chiaro a tutti che la sua efficacia viene da Dio, non dagli uomini, né dai loro strumenti. È alla luce di questa metafora che Bruno Maggioni rilegge la concezione della Chiesa nel Nuovo Testamento. Certo, non con la pretesa di un ritorno alla comunità delle origini: sarebbe un’illusione, e neppure coerente con il Vangelo. La Chiesa, infatti, cammina nella storia. E proprio per questo motivo deve continuamente confrontarsi con la sua origine, vigilando perché le sue scelte siano sempre attualizzazione del Vangelo. Nella consapevolezza che il suo compito non è attrarre su di sé lo sguardo degli uomini, ma rinviarlo sempre al Dio di Gesù.
Bruno Maggioni è nato nel 1932 a Rovellasca (Como) e dal 1955 è sacerdote della diocesi di Como. Ha studiato teologia e scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È docente di Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: Il vangelo di Giovanni (Assisi 1985); Il racconto di Marco (Assisi 1985); Il racconto di Matteo (Assisi 1986); Uomo e società nella Bibbia (Milano 1991); La vita nelle prime comunità cristiane (Roma 1991); Le parabole evangeliche (Vita e Pensiero, Milano 1992); I racconti evangelici della Passione (Assisi 1994); Padre nostro (Vita e Pensiero, Milano 1995); La pazienza del contadino (Vita e Pensiero, Milano 1996); La brocca dimenticata (Vita e Pensiero, Milano 1999); Davanti a Dio. I salmi 1-75 (Vita e Pensiero, Milano 2001); Davanti a Dio. I salmi 76-150 (Vita e Pensiero, Milano 2002); Il seme e la terra (Vita e Pensiero, Milano 2003).
La Bibbia conosce, dalla prima all’ultima pagina, un apprezzamento radicale per il mondo e la vita. Dio stesso, nel racconto della Genesi, manifesta compiacimento per la creazione, in particolare davanti ad Adamo («e vide che era cosa molto buona»). È quanto accade anche agli inizi di ogni vita umana, quando essa appare gravida di un futuro promettente. Ma è esperienza di ogni uomo che questa promessa prima o poi venga smentita: la vita è continuamente esposta alla precarietà ed è comunque destinata al declino e alla fine. La contraddizione è espressa con forza dall’immagine del Salmo 90, che dà il titolo al libro: «L’uomo è come l’erba: al mattino fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e dissecca». Se questa è la condizione umana, sorge un interrogativo a proposito di Dio, che la Scrittura mette in bocca a Giobbe, simbolo universale del dolore innocente: «Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte: vorresti ora distruggermi?». La Bibbia non è affatto imbarazzata nel dare eco a questo dubbio che spesso il cuore umano nutre a proposito di Dio. E tuttavia mostra, più forte del dubbio, la fiducia in Dio, nella sua cura di quella fragilissima creatura che è l’uomo e del suo insopprimibile desiderio di vita. È dentro questa tensione tra precarietà umana e fedeltà di Dio che si muove Bruno Maggioni, in aderenza alla logica originale della Bibbia: le sue oneste pagine sono attente a non attenuare né l’una né l’altra in nome di un qualche schema teologico intenzionato a far quadrare i conti. La domanda ostinata sulla caducità dell’uomo imprime alla ricerca dell’uomo biblico un dinamismo nel quale si è fatta strada l’attesa di qualcosa di più, di una soluzione che tocca a Dio svelare oltre la barriera della morte. Nella storia di Nazareth avviene l’inimmaginabile: al Figlio, che fiduciosamente consegna la propria vita nelle mani del Padre, Dio risponde con la Risurrezione. Anche a noi, nel Figlio, diventa possibile abbandonarci al ‘Dio affidabile’. Non soltanto nell’ultimo passaggio, che cessa di apparire un salto nel buio, ma in ogni momento della vita, circondato da un mistero che sostiene e custodisce, come promesso dalla Parola delle origini.
Bruno Maggioni è nato nel 1932 a Rovellasca (Como) e dal 1955 è sacerdote della diocesi di Como. Ha studiato Teologia e Scienze bibliche all’Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È docente di Introduzione alla Teologia presso l’Università Cattolica di Milano. Autore di numerosi libri, con Vita e Pensiero ha pubblicato: Le parabole evangeliche (1992), Padre nostro (1995), La pazienza del contadino (1996), La brocca dimenticata (1999), Davanti a Dio (2 voll., 2001-2002), Il seme e la terra (2003), Un tesoro in vasi di coccio (2005), Come la pioggia e la neve (2006).
Il libro dei Proverbi, la più antica delle raccolte sapienziali, è un canto entusiasta del volto radioso della Sapienza. Perseguirne le tracce significa passare attraverso l’incanto della sua spregiudicata ironia e gli strapiombi del suo indifeso moralismo. Ma il suo amore per le cose di tutti i giorni ne fa una lettura degna del lettore di ogni tempo. Questo libro di Giuliano Zanchi, più che una meditazione teologica, vuole essere una piccola esercitazione letteraria. Attraversa l’intricata vegetazione testuale del libro sapienziale con la libertà di non dover onorare nessun obiettivo di natura critica. La scommessa è che il libro dei Proverbi possa essere letto con intatto senso di seduzione, soprattutto per la perennità dell’atteggiamento che esso consiglia, il quale contiene il sospetto di cui l’uomo postmoderno nutre il proprio disincanto: che ogni grande principio generale vada portato alla misura delle minute scelte quotidiane. Perché, come scrive Paul Beauchamp, «la Sapienza è in primo luogo la vita, tutto ciò a cui non si pensa perché ci si è dentro, tutto ciò che, benché incolore, mediocre e universale, si rivela inestimabile quando perderlo significa morire».
"Dio nessuno lo ha mai visto" è un versetto del vangelo di Giovanni (1,18) che parla di un'esperienza universale. Chi infatti potrebbe affermare di aver visto Dio? Dove quindi se ne può fare esperienza in modo da poter dire: è lì. L'evangelista Giovanni non ha dubbi: "proprio il Figlio, lui lo ha rivelato". Nella vicenda storica concreta di Gesù si può vedere Dio all'opera, così come egli veramente è, oltre ogni immaginazione dell'uomo, oltre ogni suo travisamento. Perché è facile attribuire a Dio quelle cose sono pure proiezioni dei desideri o delle paure o dei pensieri umani. E la caratteristica distintiva della manifestazione di Dio è la carità. Tutta la vita di Gesù, i suoi incontri, le sue parole, i suoi gesti, le sue scelte, sino a quella finale della morte in croce irradiano la carità e dicono: Dio in se stesso è così; non si deve immaginare nient'altro a proposito di lui, nessun'altra intenzione che quella dell'amore. Attraverso questo angolo di interpretazione il noto biblista Bruno Maggioni rilegge il vangelo di Giovanni e le sue lettere, mostrando, con i toni chiari e suggestivi di cui è capace, come Dio possa essere visto in ogni gesto concreto e semplice che l'amore degli uomini esprime. In questo sta l'originalità del cristianesimo e insieme la sua valenza universale: si tratta infatti di un linguaggio a tutti accessibile.