
Dei 25 libri che, su testimonianza di Eusebio e confenna di Girolamo, Origene avrebbe consacrato all' esegesi del primo Vangelo, soltanto otto di essi, dal decimo al diciassettesimo, sono stati conservati in manoscritti greci. Accanto a ciò la tradizione testuale ci ha consegnato una traduzione latina che si estende dal libro XII, 9 fino a quasi tutto il libro XXV del commentario greco. Per convenzione si definisce Vetus intetpretatio la traduzione per la parte di cui si possiede anche il testo greco, e Commentariorum series quella esclusivamente in traduzione latina. Il presente tomo completa la pubblicazione.
L’epistolario di Cipriano raggruppa tutta la corrispondenza prodotta lungo tutto il periodo del suo episcopato (248-258). Si tratta di una testimonianza importantissima sia per la ricostruzione degli avvenimenti dell’epoca e della storia della Chiesa sia per quel che riguarda l’attività di Cipriano dagli inizi della persecuzione di Decio fino agli ultimi giorni della sua vita. Curato da Carlo Dell’Osso, il presente volume fa parte della serie Scrittori Cristiani dell’Africa Romana, collana prevista in 10 volumi, che pubblica in edizione latino-italiana tutte le opere di Tertulliano, Cipriano, Arnobio, Minucio Felice e gli Atti dei martiri. Insieme all’opera di Agostino, con la pubblicazione di quest’opera si completa la pubblicazione del corpus completo della letteratura cristiana latina d’Africa. La serie è diretta da Claudio Moreschini.
Il volume raccoglie alcuni scritti ciprianei: A Donato, invito rivolto ad un amico battezzato ad abbandonare per sempre i beni terreni. Gli idoli non sono dèi: si tratta di uno scritto sull'esistenza dell'unico Dio. La condotta delle vergini, una dura condanna del lassismo che ha colpito l'ordine delle vergini. A Quirino: una raccolta di passi scritturistici che evidenziano la novità del messaggio cristiano. Gli apostati della fede sul problema dei lapsi.
Le Catechesi di Cirillo e Giovanni di Gerusalemme, definite "uno dei più preziosi monumenti dell'antichità cristiana", offrono un quadro ricco e illuminante della iniziazione cristiana come si svolgeva nel IV secolo. Ci mettono a contatto diretto con la fede delle prime generazioni, quale era fedelmente trasmessa dai pastori, in una comunità anche geograficamente vicina al luogo di origine del cristianesimo. Il cristiano d'oggi vi ritrova la sua stessa fede espressa in uno stile limpido e semplice; il tono cordiali e comunicativo, sempre saldamente ancorato alla Scrittura, rende l'argomentazione persuasiva e convincente.
L'opera raccoglie 104 sermoni tedeschi di Meister Eckhart, fornendone la traduzione dalla grande edizione critica tedesca. I sermoni sono rivolti a fedeli, a monaci e monache e conservano uno stile orale; presentano tuttavia, ardite e complesse speculazioni teologiche e in modo esauriente il pensiero dell'Autore. In essi si incrociano le grandi correnti teologiche del XIV sec. neoplatoniche e tomiste, riprese attraverso la profonda esperienza spirituale del Meister Eckhart. Richiamandosi all'aristotelismo, Eckhart non esita a paragonare l'intrinseco nesso tra Dio e le sue creature a quello che intercorre tra materia e forma, cosicché, per quanto lontane dalla loro fonte, tutte le creature portano in loro il sigillo del "principio" creatore che permette di vivere la vita divina in perfetta unione spirituale con Dio. La figura di Eckhart nel suo contesto storico, percorre le tappe della sua vita e in modo articolato il suo pensiero.
La scala del paradiso, uno dei più grandi classici della tradizione bizantina, delinea un vero e proprio itinerario di perfezione, irto di difficoltà e di ostacoli, di tranelli e di insidie, ma anche di incontri straordinari, di maestri spirituali e discepoli degni di imitazione e di ricordo. Attraverso i trenta gradini (capitoli), che descrivono la difficile ascesi, il monaco impara la necessità della penitenza e del discernimento e, guidato dal padre spirituale, supera le difficoltà percorrendo gradatamente questo itinerario spirituale che conduce alla imitazione del Cristo morto e risorto. Si tratta di un testo straordinario, capace di parlare ancora oggi a monaci e laici. Sintesi di quanto la tradizione monastica ha precedentemente elaborato, è al contempo un'opera originale, nella sua ricchezza di insegnamenti spirituali, che passano ora attraverso argomentazioni teoriche, ora attraverso aneddoti gustosi, ora attraverso veri e propri ritratti di santità.
Per la prima volta nelle librerie italiane un’antologia completa, capace di guidare il lettore alla comprensione di una tra le più appassionanti stagioni della storia cristiana, quella in cui il cristianesimo, nato dal seno di Israele, intraprese i priopri primi passi.
La ricca introduzione di Claudio Gianotto, dopo aver presentato i più recenti sviluppi storiografici sul tema del cosiddetto “giudeocristianesimo”, delinea con chiarezza il percorso che, dai Dodici radunati a Gerusalemme per la Pentecoste, porterà il cristianesimo a separarsi - talora bruscamente - dalle proprie origini giudaiche.
I testi raccolti in questa antologia documentano un dibattito particolarmente intenso all’interno della letteratura cristiana antica: come possono convivere Legge eVangelo? è possibile professare la fede in Gesù Cristo senza abbandonare la Sinagoga? L’esperienza di gruppi di cristiani provenienti dal giudaismo, sempre più marginalizzata, rivive in queste testimonianze che, grazie all’accurato commento del curatore, sottratte dal loro contesto spesso polemico, diventano un supporto fondamentale per conoscere le origini della storia cristiana.
E Trifone chiese ancora: «Se uno... oltre a riconoscere – è chiaro – che costui è il Cristo e a credere in lui e a obbedirgli, vuole anche osservare queste prescrizioni, si salverà?». E io: «A mio parere, Trifone, dico che uno così si salverà... ». E lui: «Perché hai detto: “A mio parere, uno così si salverà”, se non vi sono di quelli che affermano che simili persone non si salveranno?». «Ce ne sono, Trifone – risposi – e arrivano al punto di non voler condividere né la conversazione né il focolare domestico con quelle persone. Io, però, non sono d’accordo con loro; ma se... oltre a sperare in questo Cristo e ad osservare le norme eterne e naturali della giustizia e della pietà, vogliono anche osservare le norme mosaiche..., io dichiaro che si deve accoglierli ed essere con loro in comunione in tutto, come con chi è nato dalle stesse viscere e con i fratelli» (dal Dialogo con Trifone di san Giustino martire).
Destinatari
Studenti e studiosi di storia delle origini cristiane, docenti e studenti di esegesi biblica, docenti e studiosi di letteratura e storia ebraica.
Curatore
Claudio Gianotto, professore oridinario di Storia del Cristianesimo e delle Chiese presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino. I suoi principali ambiti di ricerca sono: gnosi e gnosticismo antichi; giudaismo del II tempio; rapporti giudaismo-cristianesimo in età antica; letteratura cristiana apocrifa. Tra le sue numerose pubblicazioni, meritano di essere ricordate: Tipi di esegesi gnostica alla luce di alcuni testi di Nag Hammadi: l’episodio del diluvio (Gn 6,5-9,19), Bologna 1985; Verus Israel: nuove prospettive sul giudeocristianesimo. Atti del Colloquio di Torino (4-5 novembre 1999), a cura di Giovanni Filoramo e Claudio Gianotto; Brescia 2001; I Vangeli gnostici, Bologna 2009.
Si tratta di uno scritto latino della metà del XIII secolo.
L’opera nasce come trattato didattico-catechetico indirizzato
ai novizi dell’ordine francescano, a cui apparteneva Davide; quello che emerge come elemento di particolare attenzione
- e modernità! - dalla penna dell’autore non è soprattutto la dicotomia tra esteriore e interiore (il tema aveva allora una
lunga tradizione alle spalle) ma quello della possibilità di una composizione, quindi un’armonizzazione dell’interiorità con l’esteriorità, che cessa di essere estromessa o demonizzata ma deve essere riordinata all’interno di un equilibrato progetto
di vita. Ne consegue l’analisi di vizi e virtù e la ricerca di una regola di vita (i destinatari sono appunto i novizi!) fondata sull’interiorizzazione della Parola e al tempo stesso su una capacità di introspezione di sé priva di barriere e lontana da modelli assolutizzati. Diversi sono a questo proposito i consigli “pratici”, basati su sensatezza e capacità di ascolto prima che su un asettico rigore, che costellano le pagine del testo, rendendole spesso molto colorite e gravide di vitalità. Da ultimo, si osserva, in una fase di assestamento e codi ca del “proprium” dell’ordine francescano, il tentativo da parte di Davide di tenere insieme aspetti della regola benedettina (soprattutto il silenzio, l’umiltà
e l’ascolto del superiore) con la novità degli ordini mendicanti e di quello minore in particolare: la considerazione “buona” del mondo, l’uscita verso gli altri, la valorizzazione del creato.
Un'indagine in grado di offrire un volto complessivo di Origene riducendo la ricchezza di spunti sulla preghiera dispersi nel suo vasto corpus in una prospettiva storiografica capace di vedere gli influssi esegetico-teologici del pensiero di questo maestro sul primo cristianesimo.
Qual è la concezione che la chiesa degli inizi ha avuto del Cristo? Come si è evoluta, e secondo quali percorsi, la professione di fede dei cristiani? Tanto nei padri del primo millennio quanto tra gli autori moderni, il formularsi della dottrina cristologica ha dato luogo a sorprendenti espressioni, comprensioni e interpretazioni. Brian Daley concentra anzitutto l'attenzione sulla dichiarazione del concilio di Calcedonia: quello del 451 d.C., come del resto gli altri concili ecumenici dell'antichità, è stato di un'importanza fondamentale. Daley sostiene però che la formula secondo cui Cristo è «una sola persona in due nature» può rivelarsi fuorviante se interpretata come «soluzione definitiva e soddisfacente» e non come tappa - per quanto rilevante - di un cammino teologico-spirituale più ampio. Nel presente studio siamo invitati ad andare oltre la sola formula di Calcedonia, per ripensare criticamente le riflessioni condotte da alcuni grandi padri della chiesa - da Ireneo a Giovanni Damasceno - sulla persona di Gesù, costantemente alimentate dalla fonte evangelica.
Abate cistercense e riformatore monastico, Gioacchino da Fiore è l'apocalittico che più ha influito su tendenze e movimenti profetici e millenaristici dell'Occidente medievale e moderno. In questa biografia, le posizioni teologico-politiche di Gioacchino sono decifrate sullo sfondo del prolungato conflitto che oppose il Papato all'Impero al tempo di Federico Barbarossa e di Enrico VI, di Costanza d'Altavilla e di Innocenzo III. Un periodo drammatico per la Chiesa romana che, nella fase convulsa della caduta di Gerusalemme (1187) e del tramonto del Regno normanno di Sicilia, appare incerta e divisa sulla linea da tenere nei confronti dell'Islam, dell'Impero e degli eretici catari e valdesi.