
L'idea ispiratrice di questo volume è quella di assegnare ad autori diversi il commento di una singola riga del Magnificat. Il risultato di questo lavoro, che non voleva certo costruire un'opera di esegesi, bensì trasmettere l'idea di "una donna che dice Dio", è un insieme di testi di differente struttura, forma e argomento - saggi di riflessione, piccole opere letterarie, ritratti di personaggi o considerazioni autobiografiche, commenti o racconti di pura fantasia - che ripropongono l'armonia del cuore di Maria nel grido di giubilo del Magnificat.
Nella ricca bibliografia dedicata alla Vergine Maria, il volume di Mons. Giovanni Antonazzi risalta per l'originale accostamento ai temi, ai luoghi e alle testimonianze che l'autore, con devozione e profonda competenza, ha raccolto nel corso di moltissimi anni. La pietà mariana si arricchisce così di un saggio storico-letterario che offre al lettore una traccia per ritrovare Dio attraverso Colei che la cristianità considera il volto umano di Dio stesso, sottolineando come il culto di Maria si unisca al senso vigile della verità cristiana.
GLI AUTORI
Mons. Giovanni Antonazzi ha ricoperto alte cariche nella gerarchia ecclasiastica, in particolare nella Propaganda Fide.
Fondatore dell’Istituto di Ricerche Storiche dell’Alto Lazio, ha sempre associato la sua attività culturale di storico ad un gusto per l’osservazione e l’analisi che ha saputo trasferire sulla pagina con misura, fermezza e arguzia, come nel volume pubblicato da Marietti nel 1997 Dietro il sipario. Sprazzi di vita ecclesiastica romana. A lui si deve l’edizione critica dell’enciclica Rerum Novarum; ha lavorato alle “Edizioni di Storia e Letteratura” con don Giuseppe De Luca, al quale ha dedicato la monografia Don Giuseppe De Luca. Uomo cristiano e prete (Brescia 1992).
Nel 75° anniversario delle apparizioni viene proposta, in una nuova edizione, la ricostruzione di un avvenimento, che ha avuto vastissima eco nell'Italia degli anni Quaranta e Cinquanta: le apparizioni mariane di Casanova Staffora (Pv) a una bambina (Angela Volpini), avvenute ogni anno all'inizio del mese di giugno dal 1947 al 1956. L'autore, don Ferdinando Sudati, ripercorre la storia di quella straordinaria esperienza vissuta da Angela Volpini.
Maria, attorniata da angeli e con l'aiuto dell'arcangelo Gabriele, ripercorre la vita di suo figlio Gesù. Gli episodi narrati dai Vangeli vengono rivisitati dal suo sguardo. Vengono alla ribalta pensieri, sentimenti, preoccupazioni di una 'mamma'... che ci invitano a uno sguardo nuovo.
Lo scopo degli autori non è tanto trovare le ragioni della fede in Maria, ma quello di mettere in evidenza quanto quest’umile donna di Nazareth abbia inciso nella storia della cultura universale.
Si tratta, quindi, di un viaggio nel tempo, attraverso i testi della letteratura, non solo italiana, dedicata a Maria, e le opere iconografiche, siano quadri, affreschi, opere marmoree e in bronzo, che hanno come protagonista la Vergine di Nazareth. Gli autori muovono rigorosamente dai vangeli, dal momento pregnante dell’annuncio di Gabriele al devastante e tormentoso culmine ai piedi della croce, creando delle monografie monotematiche d’interesse notevole.
La prima è dedicata alla Commedia e del resto non si poteva non cominciare l’excursus se non a partire da Dante, colui che fu tra i primi, se non il primo, a modellare la figura di Maria, che è presente, come in filigrana, nella sua celebre opera. Pretto, esperto di poetica dantesca, apre quindi il volume con una scansione dei brani che riguardano la Vergine nella Divina Commedia: dal primo e unico velato accenno a Maria nell’Inferno, guidandoci attraverso i brani preveggenti del Purgatorio, mietendo, a piene mani, dalla poesia del Paradiso. Accompagnato dalle tele di Giotto, Giusto dei Menabuoi e del Guarento, l’autore decifra il lungo cammino di Dante dalle tenebre, l’ascesa faticosa della redenzione e del pentimento, e la salita al Paradiso, come “uno svolgimento del dono di grazia, ottenuto al vate dalla Madonna”.
Ciò sta a significare la presenza della figura della Vergine già nel pensiero strutturale di Dante: gli accenni, soprattutto nelle prime due cantiche, sono a volte appena abbozzati, ma è chiaro fin dal secondo canto dell’inferno chi sia “la donna gentile in cielo” e a chi siano rivolte le invocazioni alla salvezza delle anime del Purgatorio. Ma è nel Paradiso che si dispiega la presenza salvifica di Maria, che come leitmotiv permea tutta la terza cantica di perle mirabili e che esplode alla fine nei versi inarrivabili: “Vergine madre, figlia del tuo figlio”. Con un balzo avanti di secoli, il secondo capitolo ad opera di Pretto, è dedicato alla poesia più vicina a noi, quella del Novecento. Impreziosito da opere dell’Ottocento e del Novecento, il capitolo presenta una scelta di poeti cristiani e non: molti degli autori non si mostrano molto sensibili alla religiosità, anzi ostentano un rifiuto dello spirituale, tanto che il Pretto parla di “miscredenza che capisce”. Ma emerge nelle poesie una nostalgia della purezza primigenia, mescolata a un desiderio di essere soccorsi, di non essere abbandonati a se stessi, soli artefici del proprio destino. Maria è presentata come icona della maternità, sacello misterioso, in cui si è annidata la vita che ha spaccato in due tronconi il tempo e le sorti dell’umanità: punto di partenza è l’incarnazione, come “fatto che cambia la storia e condiziona il modo si pensare anche della realtà quotidiana”. Ma le figure delle madri che emergono da Ungaretti, Quasimodo ed il greco Elitis sembrano imparentate molto alla lontana con la figura di Maria: sono madri di fronte allo strazio della violenza, della guerra, dell’abominio della tortura, che non cessano di proteggere il figlio ormai adulto o che rifiutano fino all’ultimo di accettare la morte del figlio. Benché sembrino ignorarla, queste voci del Novecento vanno alla ricerca, più o meno consapevolmente, di una speranza che s’incarna alla fine nella figura materna, in attesa di un figlio che non tornerà più. Se l’Autore ci ricorda i luoghi di contemplazione mariani, le cattedrali gotiche, Chartres cantata nella solare poesia di Peguy e di Gheon, il piccolo santuario di Spoleto, cantato da Blok, è il Natale che affascina anche i non credenti, come per Brecht o Böll, per poeti tormentati come Eliot, o nella toccante pagina di Sartre. L’autore racconta una sua esperienza vissuta durante la guerra: una rappresentazione del Natale per i prigionieri scatena nel pensatore un sentimento insospettabile di tenerezza per questa fanciulla, che ha avuto in dono, per lei sola, un figlio che è anche il suo dio.
La vita di Maria trova nel poeta praghese, Rainer Maria Rilke, il suo cantore ufficiale: egli ha dedicato alla Vergine un intero ciclo di poesie, oltre ad altre occasionali. Protagonisti sono Maria e l’Angelo, che se nell’Annunciazione ha dimenticato l’annuncio che è venuto a portarle, abbacinato dal lungo viaggio e dalla grandezza del messaggio di Dio, ritorna dalla Vergine per assisterla nella morte ed accompagnarla al trono dell’Eterno, al posto che le compete come corredentrice. Sullo sfondo il Redentore, cui, nello momento della morte, Maria indirizza parole terribili: “I Redentori, Figlio, dovrebbero cavarsi dalle vene di granito delle montagne”, non come corpo vibrante dal grembo di una donna, che nella strazio della pietà, ella non può più partorire. Stefanelli Mantovani riflette invece sull’iconografia mariana nel corso dei secoli, preferendo suddividere le tematiche tra quelle che l’autrice chiama le “quattro parole di Maria”, sbalzate nei Vangeli di Luca e di Giovanni: il primo Fiat, l’incontro con Elisabetta, che sfocia nel canto esaltante e gioioso del Magnificat, la ricerca ansiosa di Gesù adolescente, smarrito e ritrovato nel Tempio, la presenza risoluta ai piedi della croce, icona di ogni dolore materno di fronte alla morte di un figlio. L’Annunciazione, “il momento in cui l’eternità entra nel tempo”, si dipana dai primi pittori cristiani, valga per tutti il nome di Giotto, agli autori del XVII secolo. L’Autrice esamina nei dipinti la posizione dei due protagonisti, l’Angelo e la Vergine, ora congiunti, ora separati da elementi diversi, come il giglio o la scritta prorompente dell’Ave, o da altri elementi architettonici. La stanza segreta di Maria, dove si compie il mistero, è colma di significati simbolici, che i vari artisti hanno visualizzato negli sfondi: la verginità come porta chiusa, la nostalgia del Paradiso chiuso dal peccato come hortus conclusus, l’invisibile, celato e racchiuso nella chiocciola, uscita dal suo guscio, ai piedi di Maria, il fiore, ora rosa ora giglio, il libro aperto, simbolo della capacità di Maria di “leggere la scrittura” e portarla nel cuore.
Il turbamento della fanciulla di Nazareth delle prime annunciazioni medievali esplode, nei pittori più tardi, nella piena regalità della “domina” che accetta consapevolmente il suo destino, con l’Angelo quasi annullato di fronte alla portata del proprio annuncio e dal fiat che sconvolge il mondo. La Visitazione apre un altro capitolo della storia di Maria. Attraverso le opere del Ghirlandaio, del Carpaccio, del Tintoretto, l’incontro tra l’anziana Elisabetta e la fanciulla, è immortalato nell’abbraccio delle due gestanti, ora lieto, ora presago del destino di coloro che portano in grembo. Maria è figura corale nello sposalizio con Giuseppe, ma, come madre, appare da protagonista nella presentazione di Gesù al tempio nello splendido quadro del Bellini. Nel ritrovamento di Gesù nel tempio, la figura di Maria torna quasi nell’anonimato, apparendo trepidante e sollecita in un angolo del dipinto.
L’autrice tace stranamente sull’episodio della nascita. Le nozze di Cana, narrate da Giovanni, vero inizio della vita pubblica del Figlio, sono anch’esse trattate in modo corale dagli artisti: la grande tavola, gli ospiti, i servi, le giare colme d’acqua, Gesù accanto a Maria, che sembra partecipare, nelle opere di Giotto e di Duccio da Buoninsegna, con la mano protesa al miracolo del vino nuovo. Più attualizzate nel tempo, con un tocco di secolarità e di profano, sono le tele del Veronese e del Tintoretto, dove in un festoso e sontuoso banchetto, la figura di Maria si perde nella coralità dell’insieme. È Giovanni che lega Maria alla morte del Figlio, presenza dolorosa e silenziosa ai piedi della croce, ma è Masaccio che per l’Autrice rappresenta la perfetta sintesi dello Stabat: interamente avvolta in un mantello, a mani giunte e con tutto l’essere proteso verso il Figlio, Maria è ritta a fianco della croce, in un’accettazione consapevole della necessità dell’avvenimento. Non ci sono pie donne a sorreggerla, non c’è più la debolezza, tanto comune ad altre opere pittoriche e non, come nella deposizione. Il tema della pietà, vale appena ricordare quella di Michelangelo, ha colpito molti autori nel corso dei secoli, ma, a differenza dal compianto su Cristo morto, la cui coralità è elemento imprescindibile, offre notevoli esempi, diversissimi tra loro, dell’abbraccio tra la vita e la morte, a volte tenero, a volte intenso. A volte tormentoso.
Per la prima volta Padre François Brune, riconosciuto esperto di transcomunicazione e di fenomeni paranonormali, rende note le confidenze che Padre Pellegrino Ernetti gli fece riguardo al progetto del «cronovisore» al quale lavorarono per anni una dozzina di scienziati, ricercatori e premi Nobel del calibro di Enrico Fermi.«Un'idea molto semplice, un po' come l'uovo di Colombo» - rivelò a Brune il monaco benedettino che viveva presso l'abbazia di San Giorgio Maggiore a Venezia - uno strumento, simile ad un televisore, capace di produrre visioni straordinarie. Per questo e per altri oscuri motivi la sconvolgente scoperta dell'equipe di scienziati fu messa a tacere dal Vaticano e l'apparecchio venne smontato.
“Il filo conduttore di questa storia è una piccola statua di legno attribuita a Luca l’evangelista. La statuetta, però, rappresenta solo un pretesto, una strada da seguire. Durante il viaggio, ogni tanto ci si ferma, si dà un’occhiata in giro, come in un’area di servizio di un’autostrada moderna oppure, meglio ancora, in una stazione della Via Crucis. Si entra, si guarda l’avvenimento proposto e ci si accorge che, a ogni sosta, è sempre presente uno stesso personaggio, come se facesse anche lui il nostro viaggio e avesse deciso di concedersi ogni tanto, come noi, delle soste: è la madre di Gesù.
Il personaggio principale di questa storia è proprio Lei. Come se non si fosse mai allontanata dagli avvenimenti degli uomini, Ella è costantemente presente accanto a coloro che più soffrono e che più hanno bisogno di conforto. Ma forse questo personaggio è sempre esistito: tutti gli attributi delle antiche dee, madri di dei e di uomini, sono, in fondo, attribuibili a Maria. Io, però, non sono un teologo. Agli esperti di teologia sta il compito di capire quale rapporto ci sia tra la Theotokos, la Madre di Dio, e le antiche madri venerate prima della nascita di Cristo. A me è dato di vestire i panni del divulgatore e di raccontare ciò che ho appreso”.
Pochi anni prima di Lourdes, un'altra apparizione aveva suscitato discussioni e attese: nel settembre del 1846, a La Salette, nelle Alpi in alta Savoia, due poveri pastorelli, Mélanie di 14 anni e Maximin di 11, affermano di aver visto la Vergine. Sono anni di miseria e di carestie, per la Francia come per gran parte dell'Europa. La "bella Signora" di La Salette appare immersa in un globo di luce e in lacrime: dice che suo Figlio è adirato verso il popolo francese a cui promette carestie e malattie se non torna alla fede. La personalità dei due ragazzi lascia perplesse le autorità religiose che, sulla spinta dell'entusiasmo popolare, finiscono per dichiarare miracolosa l'apparizione. Leon Bloy avvertì una sorta di segno divino nella prossimità fra la sua nascita nel 1846 e la data dell'apparizione di La Salette, dove giunse pellegrino per la prima volta nel '79, per tornarvi ancora in seguito. La sua meditazione sulle rivelazioni della Vergine è affidata a tre scritti qui per la prima volta tradotti. Ben diversa dalla Vergine sorridente di Lourdes che non profetizza catastrofi, essa non può attrarre l'uomo comune che fugge la tristezza. Ma proprio questo invece attrae Bloy: la sua ansia di assoluto, la sua scelta di un'esistenza di miseria, da "disperato", il suo spirito polemico verso un mondo che la ricchezza conduce alla rovina e all'indifferenza verso il Cristo sanguinante, lo rendono prossimo alla Vergine di La Salette e al suo messaggio di espiazione attraverso la sofferenza.
Una raccolta di preghiere, fatta per chiunque voglia intessere con Dio un serio dialogo di amore che abbraccia tutte le dimensioni della vita. Vita capace di alzare lo sguardo e contemplare il Cielo. Prefazione di fra Jazo Zovko