
Introdursi nella dottrina sociale della Chiesa significa introdursi a uno studio semplice e complesso. Semplice, perché l'oggetto di cui essa tratta è la vita sociale dell'uomo e ogni uomo ne fa esperienza e la vive, e dunque può riconoscere che si tratta di lui e dei suoi rapporti con il mondo in cui vive. Complesso, perché la vita sociale è in se stessa strutturata in forma complessa, secondo un intreccio di sistemi che hanno ciascuno interessi e obiettivi diversi, a seconda che abbiano a che fare con la politica, con l'economia, con lo Stato, con il lavoro o con la famiglia, e anche perché - in quanto disciplina scientifica - la Dottrina sociale della Chiesa patisce ancora obiezioni e critiche, specialmente di natura epistemologica. Lo scopo del nostro lavoro - offrire un primo approccio alla dottrina sociale della Chiesa - ne fissa anche i limiti: non risponderemo direttamente a tutte quelle obiezioni in modo specialistico, ma ugualmente - dalla posizione che esprimeremo - sarà possibile ricostruire una via di uscita dalle secche nelle quali la dottrina sociale della Chiesa rischia di impantanarsi. (Prefazione di Ettore Gotti Tedeschi)
«L'imprenditore cristiano è figlio della Chiesa. Della Chiesa è la via attraverso la quale essa costruisce sulla terra, in mezzo alla società degli uomini, il bene comune. Egli è prima di tutto un testimone della carità della Chiesa, un servitore dell'amore di Cristo Gesù. Come testimonia e come serve quest'amore nell'oggi della storia, nelle particolari contingenze della quotidianità? Ponendo l'uomo al centro, facendone il fine del lavoro e non il mezzo. Spostando l'asse della questione: riducendo cioè il lavoro a semplice mezzo. Così operando, si priva il lavoro della sua mostruosità di fine. Se è l'uomo il fine del lavoro, allora tutto deve ruotare intorno all'uomo. L'uomo riacquista la sua signoria, la sua dignità, la sua gloria». (Dalla prefazione di Mons. Antonio Ciliberti).
I testi raccolti in questo volume testimoniano che le sfide del nostro tempo, la crisi di una società secolarizzata, le opportunità che si aprono alla comunicazione del Vangelo, i problemi della società e della povertà, impegnano in maniera molto concreta ogni cristiano a sentire con passione e grande partecipazione i problemi, le gioie, e i dolori dell'umanità e invitano ad allargare i propri orizzonti di relazioni e di responsabilità nella convinzione che la Chiesa è sempre portatrice, attraverso la comunicazione del Vangelo, del grande disegno dell'evangelizzazione che si irradia sulla vita della società nelle sue varie componenti e comporta l'assunzione di chiare e decise posizioni anche nei confronti della politica, dell'economia e dello sviluppo.
«Vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che […] avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico»: così il presidente della Cei, tanti vescovi, e per primo Benedetto XVI. La forza di queste parole sfuma se si leggono solo come un richiamo sempre attuale. Assumono invece ben altra forza se si collocano nel grave momento che la società italiana attraversa, momento reso ancor più difficile da una crisi profonda delle istituzioni e degli attori della politica. Servono grandi riforme ma mancano i riformatori. Tutto questo chiama in causa i cattolici per responsabilità precise, per quello che chiedono alla politica e per quello che danno – o non danno – all’elaborazione politica e all’azione politica. Le pagine che seguono sono un contributo all’analisi delle opportunità che la crisi politica apre e delle sfide che impone. Sono pagine che cercano di non dimenticare che una risposta individuale non è mai all’altezza di una sfida politica. E sono state scritte nella convinzione che l’eredità di don Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi sia ancora capace di orientamento.
Il tema della "recezione" del Concilio Vaticano II, materia così discussa e controversa nel dibattito teologico attuale è la scelta fatta dall'autore del presente volume come un contributo ed un apporto di un dossier, che si aggiunge ai tanti già pubblicati per testimoniare i passi di una chiesa locale viva, conciliare e missionaria. Come ben afferma, infatti, il Pastore L. Negri Vescovo di San Marino-Montefeltro: "La recezione del Magistero del Concilio Vaticano il nella tua Chiesa particolare. Il tema è arduo, sia a livello teologico come a livello culturale e pastorale; tu ti sei impegnato in una ricerca molto accurata e puntuale del Magistero, soprattutto del grande mons. Vairo, e poi hai seguito le scansioni del Magistero e della pastorale del grande vescovo Mano Padello, di cui sei stato e sei uno dei collaboratori principali. Uno studio attento dei documenti, un tentativo di leggere l'attesa che il popolo cristiano aveva di questi documenti, un'attenzione anche alla fatica di cercare di attuare nella vita pastorale le indicazioni che venivano dal Concilio. Mi sembra che tu ci abbia messo di fronte a un lavoro storico e teologico che attualizza, in modo pieno, la grande direttiva esegetica sul Concilio che Benedetto XVI ha formulato in questi ul timi anni e che riprende con molta precisione Tu utilizzi una ermeneutica della continuità fra ciò che precede il Concilio e ciò che segue il Concilio, rifiutando una rottura che è stata ed è di carattere ideologico.
Il culto cristiano non è un atto privato, ma possiede un carattere pubblico che impegna le relazioni sociali, tra gli altri così la pensava Max Weber. L'analisi sociale può mettere in luce alcuni elementi di questa pretesa. Essa si manifesta in un atteggiamento non passivo dei credenti nei confronti delle istituzioni sociali. Ogni pretesa di neutralità viene smascherata e combattuta, al paradigma della laicità viene opposto quello della libertà religiosa. Il cristianesimo resta Chiesa, ovvero qualcosa la cui misura di riferimento è l'intera città e non una sua dimensione o una sua componente, siano essa la religione, la famiglia, il piccolo gruppo, la vita emotiva dell'individuo o altro. È il vangelo che irrompe nel tempo della storia e lo trasforma in saeculum. Alla pretesa laica si oppone una pretesa secolare. E il cristiano, anticipato dal vangelo, interpreta un ruolo dinamico all'interno della vita pubblica e dunque anche politica che lo "smarca" da una visione clericale che ridurrebbe il suo agire ai confini della pastorale.
La Chiesa oggi nel suo affiancare e accompagnare la società riproduce ancora quell’opera di carità che riecheggia più volte nelle Sacre Scritture? In queste pagine ci sono tanti esempi concreti e tante cifre che, con linguaggio oggettivo, evidenziano quella trama di fratellanza che il mondo cattolico riesce ancora a tessere, con grandi sacrifici, dentro una società per molti versi smarrita. L’indagine non pretende di essere esaustiva, ma di offrire a tutti la possibilità di prendere coscienza della realtà di un’opera, quella della Chiesa in campo sociale, che integra in misura non irrilevante quella dello Stato. La Chiesa è vicina più di ogni altra istituzione a persone e situazioni: riesce dunque a intravedere prima degli altri l’approssimarsi della tempesta. Non a caso la grave crisi economica in cui siamo immersi è stata preannunciata dalle «antenne» della Caritas prima che dalle previsioni ragionate degli economisti. È un gran lavoro quello fatto con amore dal mondo cattolico, che spesso agisce con molta discrezione nell’accompagnare l’uomo, centro del suo interesse, nelle sue fragilità. Tamponando le emergenze, ma anche stimolando la solidarietà, sa affrontare i problemi in modo strutturale. La Chiesa incontra e dà una mano. Lo può fare, perché pure essa è sostenuta da Qualcun altro. Specie quando, realtà umanissima e quindi imperfetta, cade.
La fede è un dono di Dio. È la risposta a una Parola che interpella personalmente, a un Tu che chiama per nome. Così Papa Francesco nell'Enciclica "Lumen fidei". E qui torna in mente Blaise Pascal: "La fede è un dono di Dio. Non crediate che diciamo che è un dono del ragionamento. La fede è differente dalla dimostrazione: questa è umana, quella è un dono di Dio". Tra "credere" e "cercare" non c'è un aut-aut, c'è piuttosto un et-et. La scienza non risponde, per principio, alle domande più importanti per l'uomo; la filosofia non salva; e il "senso" è sempre religioso. "Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada" - di una strada liberata, innanzitutto, da "assoluti terrestri", a cominciare dall'idolatria dello Stato: Kaysar non è Kyrios. È l'intera esistenza umana che Papa Francesco vede illuminata dal faro della luce della fede: l'origine e la fine della vita; l'inviolabile dignità di ogni singolo essere umano; il valore della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la ricerca di "modelli di sviluppo che non si basino solo sull'utilità e sul profitto"; il rispetto della natura quale "dimora a noi affidata perchè sia coltivata e curata"; un concreto e mai distratto impegno per la giustizia, per il diritto e per la pace; il senso della sofferenza quale "tappa di crescita della fede e dell'amore". Una fede "non intransigente", ma che "cresce nella convivenza che rispetta l'altro"; non può essere "un rifugio per gente senza coraggio".
Il pontificato di Paolo VI è stato determinante per la storia della Chiesa contemporanea, in una stagione ponte in cui vengono definiti i "decreti attuativi" delle grandi costituzioni conciliari, frutto dell'aggiornamento voluto dal Vaticano II. Questo volume intende ricostruire una delle dimensioni, spesso rimaste in ombra negli studi sul pontificato: il suo decisivo contributo a quel processo di profondo rinnovamento, tanto sul terreno metodologico, che dei contenuti della Dottrina sociale della Chiesa, espressione di quel nuovo umanesimo integrale, plenario, solidale e aperto al trascendente che è stato la bussola con cui ha cercato, lungo tutta la sua vita, di riconciliare quella scissione tra fede e cultura, stabilendo un dialogo con la modernità. Un contributo originale e innovativo, che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno riconosciuto come vincolante, il punto di riferimento, la pietra miliare del magistero sociale della Chiesa del XX e XXI secolo.
L'uomo si sta lentamente riducendo a consumo, merce, numero, massa. Eppure, gli esseri umani sono straordinari, fantasiosi, creativi, con grande successo nel campo della tecnologia. Sul terreno dell'amore, però, appaiono carenti, delusi e frustrati. Fatti per amare (Nek), proprio l'amore, non riesce. Perché? La risposta si trova nell'ultima canzone di Renato Zero Gesù: "Gesù non ti somigliamo più". Quando l'umanità si allontana dall'umanità di Gesù, "la terra in ginocchio sta, soli più soli di sempre". Nelle attuali condizioni di paura dell'umanità odierna, colpita dalla barbarie del terrorismo internazionale mascherato di religione fondamentalista, è necessario presentare ai giovani "con intelligenza e umiltà" il modello umano di Gesù, la sua umanità ricca di amore e di pace, di tolleranza e di dedizione, di fiducia e di rilancio delle energie positive, belle e buone, di ogni essere umano. La Pop-Theology, in quanto, "teologia popolare" s'incarica di pensare criticamente il "cattolicesimo convenzionale", svecchiando la predicazione cristiana, affinché la fede non rischi di diventare solo una maschera religiosa senza riferimento al Dio di Gesù e alla sua "umanità". È Teologia "pop", "carità intellettuale", sapendo che i giovani di oggi si esprimono con un loro particolare linguaggio, quello della musica. Prefazione di Antonio Spadaro.
Due sono le domande che strutturano il presente studio, caratterizzato da una stesura articolata di rilievo interdisciplinare: quale democrazia in tempo di globalizzazione? Quale riflessione etico-teologica significativa si può proporre da parte della dottrina sociale della Chiesa per favorire la maturazione del carattere "morale" della democrazia nella globalizzazione? Per rispondere a questi interrogativi, la ricerca verifica il modo in cui i processi di globalizzazione in corso si rapportano alla democrazia attuale, mirando a comprendere se sia possibile contribuire a tracciare un quadro ideale-valoriale di democrazia globale, perché questa tenda ad assumere una configurazione politica reale, rilevante sul piano morale. A tal fine, si assumono, in particolare, gli ultimi insegnamenti pontifici rilevanti sulla materia qui a tema, arricchita dalla comprensione che la proposta etica dell'economista e filosofo indiano Amartya Kumar Sen ha offerto e da valorizzare tenendo conto dei suoi aspetti positivi e di quelli critici, perché più limitati e bisognosi di integrazione. Prefazione di Stefano Zamagni.
Dopo ben oltre un secolo, e con tutti i nuovi elementi che sono emersi, si può sicuramente affermare che la dottrina sociale della Chiesa non è nata solo per motivi di ordine sociale ed economico. Questi furono sicuramente importanti, ma, accanto a questi, non vanno trascurati quelli di natura teologica, politica e pedagogica. In un secolo, come l'Ottocento, segnato da quelle che, poi, verranno chiamate ideologie o "religioni terrene e secolarizzate", Leone XIII intendeva ribadire che il cristianesimo è l'unica possibilità di un'autentica salvezza mentre tutte le altre opportunità sono solo contraffazioni. Dopo l'evento epocale della "presa di Roma", che fu vissuto nel mondo intero con profonde riflessioni e interrogativi, anche e soprattutto da parte di intellettuali non cattolici, mons. Gioacchino Pecci, con il nome di Leone, succede a Pio IX al soglio pontificio, dopo essere stato nel 1843 nunzio apostolico a Bruxelles, città per tanti versi in fermento e dove erano confluiti intellettuali e rivoluzionari di varie estrazioni, dai liberali ai socialisti. Da qui prende le mosse l'insegnamento sociale cristiano del nuovo Pontefice. Questo insegnamento consente di affrontare con serenità ed efficacia le problematiche terrene senza generare frustrazioni e degenerazioni già insite nelle ideologie. Il loro fallimento - sembra già preannunciarci Leone XIII - avrebbe comportato le aberrazioni che tutti vediamo: da una parte un individualismo sfrenato ed egoistico tipico di un liberalismo che approda al libertarismo, dall'altra una rassegnazione priva di speranza che approda al nichilismo. È da tutto ciò che la Dottrina sociale della Chiesa intende metterci in guardia.