
Questo volume, il n. 75 delle opere complete di Heidegger, ha un doppio titolo: "Hölderlin"-"Viaggi in Grecia", legato ai suoi due temi fondamentali. Si tratta di testi di varia lunghezza, quasi tutti alla loro prima pubblicazione, in cui trovano spazio riflessioni sui versi del grande poeta conterraneo e sul suo ruolo di interlocutore privilegiato (insieme a tre autori "autoctoni": Eraclito, Eschilo, Pindaro) nel momento in cui l'esperienza heideggeriana della grecità indugiava nell'abbeverarsi presso luoghi concreti, con l'intima convinzione di rinvenirvi le lontane sorgenti della moderna società scientifico-industriale. Non mancano neppure annotazioni in forma diaristica di pensieri, visite e incontri, il che conferisce ad alcuni testi un delicato tratto personalissimo.
Tanto citato nelle bibliografie quanto poco conosciuto, "Conservatorismo: sogno e realtà" di Robert Nisbet viene presentato per la prima volta al pubblico italiano.
Che cos'è il conservatorismo? Che cosa significa essere conservatore? Chi sono i conservatori più rappresentativi nella storia del pensiero politico occidentale? A queste domande Nisbet risponde attraverso una ricerca sul campo, straordinaria per completezza e ricchezza informativa, che illustra le indagini, la dogmatica e le prospettive del del movimento politico e culturale conservatore.
Incontro con il grande filosofo tedesco Robert Spaemann che riflette con lucidità sul significato della storia della filosofia, sulla letteratura dell'antichità (Omero, Sofocle, Virgilio), sulla storiatedesca (la questione dell'olocausto), su temi di etica di grande attualità (aborto, eutanasia), ma anche su questioni teologiche e relative alla vita della Chiesa: la liturgia, il ruolo delle donne nella Chiesa, la pedofilia, il modernismo di alcune posizioni reazionarie nella Chiesa.
«Non è questa guerra di sterminio contro il sangue ebraico un oltraggio della santissima umanità del nostro Salvatore, della Beatissima Vergine e degli apostoli? Non è tutto ciò in contrasto con il comportamento del nostro Signore e redentore, che anche sulla croce pregò per i suoi persecutori?»
Il volume presenta la traduzione latina del De anima di Aristotele condotta e commentata da san Tommaso d’Aquino, con testo a fronte in italiano. La cura e la traduzione di questo libro è stata condotta da un gruppo di studiosi provenienti dalle Facoltà di Filosofia italiane, statali ed ecclesiastiche, riuniti nel Progetto Tommaso e impegnati da anni nella lettura e nell’esame puntuale delle opere tommasiane, in lingua originale.
Opera della maturità dell’Aquinate (scritta tra il 1268 e il 1270), la Sentencia de anima mostra un Tommaso che sviluppa le teorie metafisiche e antropologiche dell’aristotelismo in modo personale ed originale. La traduzione critica qui pubblicata è dotata di ricchi apparati di introduzioni, lessico e indici, ed è destinata a segnare una tappa importante nella bibliografia tomistica.
L'Autore
Tommaso D’Aquino, profondo indagatore della psiche umana, autore di una originale sintesi di fede e ragione, a confronto con Aristotele, e unanimemente considerato uno dei più grandi pensatori dell’antichità.
Hilary Putnam interviene con questo libro su due temi centrali nel dibattito culturale del nostro tempo: il rapporto tra filosofia e scienza e la questione del realismo. Guardando alla scienza naturale, alla matematica e alle scienze cognitive, ma anche all'etica e alla teoria dell'educazione, Putnam si muove per ricomporre la nostra frammentata cultura in un quadro coerente, in cui trovano il giusto spazio sia le istanze conoscitive della scienza sia le domande di emancipazione umana provenienti oggi dalla filosofia, dalle arti e dalla società nel suo complesso. Quanto al realismo, dopo un'esperienza anti realistica che oggi considera inadeguata, l'autore torna qui ad abbracciare una raffinata forma di realismo pluralistico, che rappresenterà certamente un decisivo punto di svolta nel grande confronto sul New Realism oggi in corso anche nel nostro paese.
L'autore ripercorre la storia millenaria del concetto di "Uguaglianza", una storia che si svolge tra luminose speranze e contraddizioni cocenti. Nel mondo antico l'uguaglianza è limitata dalla differenza gerarchica, fino al paradosso di Atene, culla della democrazia europea e, insieme, luogo di schiavitù. Più tardi, proprio dall'uguaglianza la cultura cristiano-medievale muove nei termini di una fratellanza universale, salvo ricavarne la necessità della subordinazione dell'uomo nella vita terrena. E ancora la filosofia politica moderna costruisce lo Stato partendo dall'assioma di un'uguaglianza naturale tra gli individui, che però nella realtà si trova a fare i conti con coppie dialettiche quali cittadino straniero, proprietario-proletario, padrone-schiavo, uomo-donna. Infine, l'oggi: un tempo incerto, caratterizzato dai fenomeni globali che sfidano l'uguaglianza sul terreno della sua contraddittoria universalità.
Alcuni mesi prima del fatidico crollo mentale e fisico del gennaio 1889, Nietzsche inizia a raccontare la storia di Gesù di Nazareth nell'Anticristo, mentre, quasi contemporaneamente, progetta il suo autoritratto narrativo in Ecce Homo. Le trasformazioni in atto in questi ultimi testi così criptici sono sempre state analizzate dalla critica alla luce della pazzia incipiente. In questo libro Heinrich Detering legge invece le ultime opere nietzscheane secondo una via interpretativa di matrice narratologica e non solo filosofica, esplorando nuovi spazi per la discussione di alcuni dei testi più suggestivi e meno esplorati del pensatore tedesco.
L'opera del filosofo e sociologo tedesco Jürgen Habermas (n. 1929) è assai conosciuta: è stata, infatti, tradotta in molte lingue e su di essa è disponibile una vasta letteratura secondaria. Il volume intende offrire al pubblico italiano un'introduzione breve, ma relativamente completa e aggiornata, del suo pensiero. Sono oggetto di attenzione la sua teoria dell'agire comunicativo; la valutazione che Habermas ha fornito di autori classici e contemporanei; la sua tesi della razionalizzazione e colonizzazione del mondo vitale e le conseguenze di questi processi per l'agire comunicativo; la sfera pubblica come fonte di legittimazione; la ricezione, infine, della sua opera. Diversamente da altre introduzioni, si è preferito evidenziare la continuità tematica del suo pensiero, piuttosto che suggerire la presenza di fasi di sviluppo. Si sono inoltre privilegiati gli aspetti sociologici della sua riflessione, piuttosto che quelli filosofici.
Mantenendosi ben lontano dalle esibizioni volgari così caratteristiche della nostra epoca, "L'arte del lusso" è essenzialmente un trattato sul saper vivere. Lo spirito trionfa sulla materia, l'essere conta più dell'avere, e l'apparire è disprezzato come si conviene. L'autore esalta la vita interiore, la contemplazione, l'amore per la natura e per il vero, il senso della tradizione... In questa prospettiva, il lusso, che colma l'uomo di emozioni, di gioia, di pace, e gli permette di sfuggire al peso dell'esistenza, non ha nulla da spartire con il consumo dei prodotti dell'industria che a esso si richiama. Inutile ed essenziale, è un assoluto da desiderare, da ricercare, da raggiungere, sempre legato alla bellezza, alla perfezione ideale, alla luce, alla grazia. Merita un'iniziazione e attenzioni particolari in ogni singolo momento, forse persino un vero e proprio culto: il lusso è un'arte. Sulla linea di Baudelaire e Barbey d'Aurevilly, in questo libro l'autore propone un'etica, un'estetica e una dietetica, nel senso più ampio del termine, per restituire al lusso il suo posto (molto elevato) e il suo valore (inesauribile). Quando, schiacciata dal peso delle sue troppe bassezze e ottusità, la nostra epoca sarà crollata, l'uomo del lusso, come un tempo l'uomo probo o l'uomo di corte, diventerà forse un modello per i tempi che verranno.
Le lezioni sul culto greco raccolte in questo volume, che Nietzsche tenne tra il 1875 e il 1878, furono le ultime della sua carriera di docente di filologia classica a Basilea, e testimoniano il nuovo orientamento che volle imprimere al suo studio dell'antichità greca, lontano dalle tonalità della "Nascita della Tragedia". Mettendo a punto un inedito metodo di ricerca storica e prendendo a bersaglio l'immagine "chimerica" del mondo greco e il donchisciottismo dei filologi - che invita ad andare a scuola dagli etnologi e dagli antropologi -, Nietzsche passa in rassegna le contaminazioni straniere di cui è impregnata la religione greca. Né teme di stilare l'elenco degli "errori" nel "modo di pensare e di dedurre" che sono alla base del servizio divino greco, delineando così una sorta di anatomia del "pensiero impuro" all'origine di ogni forma di culto. E tuttavia non rinuncia a definire l'essenza dello spirito greco: di quel Greco capace di "imparare festosamente come un dilettante" di genio, perché sa appropriarsi e superare ciò che è estraneo - e non si limita, come i romani, a "pavoneggiarsi con ciò che ha preso a prestito".
L'importanza del primo libro della Fisica di Aristotele sta - scrive nell'Introduzione Emanuele Severino - "nel fornire una interpretazione critica della storia del pensiero prearistotelico, che, unitamente a quella, più celebre, contentuta nel libro primo della Metafisica, costituisce il primo esempio di organizzazione sistematica della storia della filosofia". La traduzione e il commento di Severino mostrano non solo la potenza argomentativa dei passi aristotelici, ma ne evidenziano la risonanza nella filosofia occidentale. Una edizione che, fin dal suo primo apparire, ha formato generazioni di studenti e lettori, tanto da farne un classico degli studi aristotelici e dell'apprendimento della filosofia.

