
Dalla definizione aristotelica della metafisica, intesa come scienza che studia "l'essere in quanto essere", all'elaborazione compiuta degli arabi e che passa in Occidente per la via di Tommaso d'Aquino, sino al principio moderno del "cogito" e al significato dell'Essere e della soggettività elaborati da Heidegger e Hegel, la tensione costante dell'uomo verso una verità metafisica dell'Essere conosce una strutturazione sempre più complessa, confrontandosi con tutti i campi del sapere e differenti modalità di comprensione.
Nella Bagdad del X secolo dell'era cristiana, IV dell'Egira, al-Farabi commenta le opere di Platone e di Aristotele e scrive trattati di filosofia, nella convinzione che l'eredità greca trasmessa "da Alessandria a Bagdad" rappresenti il perno di una società umana virtuosa e lo strumento indispensabile per la comprensione del senso del Corano. I nemici della filosofia accuseranno questo sapere antico ed estraneo alla fede islamica di essere empio, inutile, contraddittorio: l'armonia, qui presentata con testo arabo rivisto, traduzione italiana e ampio commento, dimostrerà che essi si sbagliano. Non soltanto l'insegnamento di Platone e quello di Aristotele sono in pieno accordo, ma le apparenti divergenze sono il risultato di esegesi superficiali o faziose. Affinché i nemici della filosofia siano confutati, coloro che se ne considerano gli eredi nella città musulmana devono conoscere intimamente il pensiero di Platone e di Aristotele, che è in profonda sintonia. Nel solco della tarda antichità greca, che nelle scuole neoplatoniche proclamava l'unità delle dottrine di Platone e Aristotele, l'armonia si presenta come una raccolta di argomenti di controversia. La sua attribuzione ad al-Farabi è stata contestata da alcuni; altri hanno pensato che si trattasse di uno scritto divulgativo, in cui egli avrebbe addirittura sostenuto tesi di comodo.
"Con simili strategie, infatti, si pensa ancora che ci sia qualcosa da fare, che il pensiero debba aprirsi strenuamente un cammino, che vi sia magari qualcosa contro cui esso urta e che perciò dia a pensare. Si dà forza al pensiero rendendo ardua la sua meta, perché - si dice - «come potrebbe accadere che la salvezza fosse trascurata quasi da tutti se fosse a portata di mano e la si potesse trovare senza grande fatica»? Se ciò non può accadere, tuttavia, è forse perché questo è veramente il più difficile da dire e pensare: che la salvezza stia qui, semplicemente accanto: a portata di mano."
L'autore espone nella prima parte ("Come la verità viene al soggetto") quelle che egli ritiene le vere leggi del pensiero, mentre nella seconda parte ("Come le leggi del pensiero determinano l'agire comunicativo") espone la possibilità e i limiti della comunicazione del pensiero tra soggetti diversi. Il trattato dimostra che il nucleo fondamentale della logica come prassi naturale è la logica "aletica", quella per cui ogni soggetto necessariamente: a) privilegia il "valore-verità" su tutti gli altri valori che tramite la riflessione può rilevare nel proprio pensiero e che può poi confrontare criticamente nel pensiero altrui tramite la comunicazione linguistica; e per questo b) assume come determinazione ultima del "valore-verità" il corretto e adeguato rapporto di ogni ipotesi di giudizio con tutti i suoi presupposti. Anche se l'Autore non fa uso di neologismi, nemmeno per esporre nozioni originali sue, deve comunque ricorrere a molti termini tecnici della logica classica e di quella moderna, e per questo aggiunge alla fine un "Glossario dei termini logico-epistemici" sul cui preciso significato non si è potuto soffermare nel corso dell'esposizione, in quanto si tratta di termini propri di altre discipline, come la filosofia della conoscenza, l'epistemologia, la logica formale e la filosofia del linguaggio. Sempre allo scopo di mantenere il volume nei limiti di un'opera propedeutica, viene aggiunta alla fine del volume anche una "Bibliografia complementare", nella quale i lettori troveranno testi in varie lingue che l'Autore ritiene utili all'approfondimento delle questioni, sempre ovviamente nell'ottica da lui proposta nel presente trattato.
Il dialogo (e se possibile anche la collaborazione) tra fede e scienza non è mai stato scontato: i due mondi si sono spesso pensati come alternativi, se non come irriducibili avversari. Questo saggio ripercorre la storia e i modelli del loro rapporto, ma lo fa soprattutto per portarci a riflettere sul presente: nell'epoca delle fake news, anche sulle certezze scientifiche più evidenti, le posizioni della Chiesa e dei credenti devono risultare di aperto sostegno alla ricerca scientifica rivolta al benessere dell'umanità. Probabilmente, spiega l'autore, abbiamo finalmente imboccato la giusta rotta e possiamo trattare in modo costruttivo di scienza ed etica, di libertà e responsabilità della ricerca, di una Chiesa schierata addirittura a difesa della scienza. Si annuncia l'era del comune impegno a favore dell'integralità umana: possiamo avere fiducia, se vogliamo (e abbiamo molte ragioni per farlo), sul fatto che fede e scienza si pongono come due forme complementari del progresso umano.
Al suo inizio e fino alla sua "esplosione", il mondo di internet ha promesso di dare un volto nuovo all'intera umanità: al suo modo di comunicare, di presentarsi al mondo, di informarsi e farsi conoscere, ma anche al suo modo di decidere, di investire, di governare. Oggi assistiamo a una fase di profonda crisi di tutto questo: la moderna "torre di Babele" un mondo unito in cui tutti parlano la stessa lingua e si sentono allo stesso titolo cittadini sta per crollare, per generare una probabile nuova dispersione dei linguaggi e delle esperienze. Gli scricchiolii del grande edificio sono diversi: non riusciamo più a stare in rete con i nostri corpi e le nostre voci, non sappiamo più chi siamo e cosa pensiamo, non possiamo fidarci di nulla, né compiere un passo verso un nuovo progresso, di cui abbiamo smarrito ogni mappa. Il crollo è inevitabile. Cosa ci attende all'indomani del clamoroso evento? Un mondo connesso, ma forse non più così dipendente, che non conosciamo ancora.
"I testi che compongono questo volume sono variazioni su un unico tema, il tema di una filosofia che si esercita con il mettere alla prova prospettive, seguendo le occasioni. Il tipo stesso di filosofia che io coltivo - posso dire 'il mio pensiero' - è piuttosto retto da una logica della conversazione che da una logica argomentativa serrata. Non si 'arriva' da nessuna parte, ci si aggira sempre nei dintorni, si permane dentro un orizzonte. E questo del resto il nostro rapporto con l'essere stesso, esso è l'apertura entro cui stiamo, niente come una struttura sistematica con inizio, mezzo, fine." Gianni Vattimo torna a percorrere i sentieri di Heidegger in un libro che è il manifesto di una nuova filosofia della prassi. Contro ogni tentazione metafisica, e contro il nuovo realismo molto di moda, Vattimo invita a un'ermeneutica della prassi e richiama la filosofia al suo ruolo primario: interrogare il presente, prendere parte all'oggi, perché l'unico accesso che abbiamo all'essere è nel suo accadimento. La filosofia ha dunque il dovere dell'impegno attivo, politico nel senso più etico del termine, di capire e partecipare alla realtà che viviamo. L'impegno è certamente un pensiero divisivo - alimentato da movimenti "indignati" e populismi, forme di democrazia dal basso e predicatori televisivi - ma è una responsabilità ineludibile a cui non possiamo più sottrarci.
Le città possono essere costruite sulla roccia. Niente può essere costruito sulle bugie che oggi ci diciamo. Ma viviamo rintanati nella Città Irreale, e questo libro è una critica alle sue mura che non reggono, alle sue torri che si inclinano e scricchiolano, alle sue porte che né si aprono, né si chiudono.
Quasi tutto il nostro parlare su questioni sociali è insensato. Approcciamo queste discussioni con la mentalità dell’inserzionista, del venditore ambulante, del politico. «Sarete come Dio», disse il serpente (Gen 3,5). Perciò la battaglia dei nostri giorni è teologica, che lo si voglia ammettere o meno.
Un tour tra le macerie di una cultura che ha smarrito il senso della realtà, da una sessualità liquida alla cancel culture, le pagine di Esolen sono la fotografia della città irreale. Ma il suo è anche un percorso di ricostruzione e un rilancio della Città di Dio.
Una lettura obbligatoria per tutti coloro che cercano il sentiero della verità in un mondo impazzito.
Una raccolta di saggi scritti lungo il corso di tutta la vita di uno dei più grandi filosofo dello scorso secolo che si interroga sui fatti che la storia impone.
In occasione della nuova edizione della Storia dell’educazione nell’ antichità delle Edizioni Studium, il grande testo del 1948, in una versione arricchita da una densa prefazione di Giuseppe Tognon, nell’ottobre del 2006 si è svolta all’Università degli studi di Bergamo, presso il Dipartimento di scienze umane e sociali, una giornata di studi dedicata ad Henri-Irénée Marrou. Il volume che proponiamo ne raccoglie gli atti, che ora vengono accompagnati da un saggio introduttivo del curatore, Adolfo Scotto di Luzio. Questo volume si propone di portare un contributo alla comprensione di alcuni dei temi cruciali e degli snodi attorno ai quali si organizza la sua biografia di studioso e di uomo di cultura.