
Il ventunesimo secolo si caratterizza in particolar modo per qualcosa che nella storia dell'umanità non era mai stato in dubbio: l'origine dell'uomo. E il venir meno di questa certezza investe, per la sua enorme portata, sia la sfera più intima sia lo spazio politico, producendo ricadute che impongono scelte pubbliche e che, per questo, hanno la forza di condizionare l'agenda delle priorità politiche, generando inedite conflittualità e linee di frattura non scontate.
Fulcro e incipit di una serie di riflessioni socratiche concepite nell'arco del decennio 1940-50, il presente saggio è incentrato sulla tesi - prettamente socratica - ma comune al modo di pensare di tutti gli antichi greci, secondo la quale l'etica sarebbe in ultima analisi fondata sulla conoscenza e, per questo motivo, scevra da ogni volontarismo. Con eruditi esempi si dimostra come sin dall'epoca omerica il greco non "vuole" ma "conosce" il bene etico, contemplandolo alla luce delle fattezze delle divinità che a lui si rivelano. Per Socrate ogni vera virtù è conoscenza e conoscere la virtù equivale ad essere virtuosi. Secondo Otto, l'etica socratica sarebbe quindi un' "etica del sapere", in cui agire dipende unicamente dalla conoscenza del "bene" morale.
"La liberté cartésienne" di Jean-Paul Sartre è uno scritto emblematico nella storia della filosofia del Novecento. Pubblicato nel 1946, subito dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, ripropone il problema del libero arbitrio a ridosso di un momento storico in cui la libertà era stata soffocata in gran parte d'Europa. Il saggio apparve nella collana "I classici della libertà", fondata da un importante studioso dello "spirito borghese", Bernard Groethuysen. Secondo il modello editoriale, cui partecipò anche lo storico Lucien Febvre, il saggio introduceva a un autore che documentava con i suoi scritti la continuità e la trasformazione dell'ideale "classico" di libertà nella storia della coscienza europea. La nozione di libertà che Sartre delinea trae origine dal recupero del concetto di libertà, così come pensata da Cartesio, caratterizzata dalla possibilità e dall'autonomia della scelta. Al di là dei confini confessionali, il libero arbitrio è proposto come un valore "transtorico", "secolarizzato", oggi si direbbe dell'uomo multiculturale. Sartre considera Cartesio come il filosofo che in un'epoca "autoritaria" pensa la libertà dei moderni. A lui fa risalire con la dottrina del cogito, la dottrina della democrazia. Questo testo sartriano, inedito in Italia, viene qui presentato insieme con i brani di Cartesio ai quali Sartre fa riferimento. L'edizione offre così una lettura comparata e quasi un dialogo tra due maestri del pensiero occidentale.
Questo importante studio chiarisce sia il significato di quella disciplina che va sotto il nome di ermeneutica filosofica sia il suo sviluppo storico, dall'antichita ad oggi. Il titolo suggerisce che l'impostazione e lo scopo di questo studio e quello di offrire a studenti e studiosi gli elementi indispensabili per comprendere come l'ermeneutica costituisca ormai un fondamentale luogo" in cui puo essere di nuovo accolta e compresa la questiove della "verita" e il compito della "metafisica". "
Introduzione a quella importante corrente filosofica contempranea denominata "filosofia analitica", alle sue tematiche e ai suoi principali rappresentanti. Al contrario di tante altre introduzioni all'analitica, la presente non richiede una conoscenza previa della sua terminologia specialistica o del simbolismo logico. Per queste sue caratteristiche, l'opera potrà essre utile agli studenti che nei loro studi filosofici non hano ricevuto una formazione analitica ma sono interessati a cooscere meglio questa forma di pensiero.
La dimostrazione e il ragionamento formale possono avere validità in sé, senza riferimento a un destinatario. L'efficacia della persuasione non può invece essere studiata nella sua completezza senza sapere cosa rappresenti il parlante per l'interlocutore, senza tener conto delle circostanze in cui l'argomentazione si svolge. La verità è debole almeno in due aspetti molto evidenti: a) è possibile possedere la verità senza poterlo dimostrare (quante volte abbiamo vissuto l'esperienza di avere ragione senza che gli altri lo abbiano riconosciuto?); b) con la verità (con proposizioni vere) si può ingannare, corrompere, diseducare: la disinformazione più efficace è di solito quella che non dice altro che verità. Si dice che alla fine la verità vinca sempre: sono convinto che sia così, e Aristotele assicura che "la verità e la giustizia sono per natura più forti dei loro contrari". Tuttavia, se non vogliamo aspettare fino al giudizio universale, dobbiamo dotare la verità di maggior vigore. I due aspetti della sua debolezza ci riportano alla nozione aristotelica di retorica, "la facoltà di scoprire il possibile mezzo di persuasione riguardo a ciascun soggetto", che a me piace ridefinire "l'arte di far sì che la verità sembri vera". Non è poco! Che cosa non darebbe un genitore per essere in grado di presentare ai figli le cose in modo tale che essi le vedano nella maniera adeguata? Che cosa non darebbe un maestro? Che cosa non darebbe uno che si accinge a dichiarare il suo amore?
La filosofia del '900 non presenta grandi scuole di pensiero che ci offrano sistemi filosofici organici, tali da darci una visione e una interpretazione complessiva della realtà in tutti i suoi aspetti. Ciò è dovuto generalmente all'eclissi di una filosofia dell'essere, nella quale, dopo i monismi dell'Idealismo e della sinistra hegeliana e la reazione dell'irrazionalismo e dello scientismo positivistico, è venuto meno lo studio dell'identità metafisica degli enti e delle caratteristiche del Fondamento unitario che permetteva di illuminare e interpretare tutti gli aspetti del reale.
II libro offre, pertanto, una carrellata di "voci", molte delle quali esprimono una ricerca intensa e spesso disperata del senso dell'essere e della vita, ricerca spesso destinata a concludersi in un pessimismo nichilistico.
Non mancano, tuttavia, alcuni filosofi, come Maritain e Gilson, che, riagganciandosi alla tradizione della metafisica del pensiero antico e medioevale, tracciano linee guida e aprono orizzonti per la ripresa di una ricerca che ci permetta di riscoprire la bellezza e la positività del nostro essere nel mondo
Sergio d'Ippolito è stato docente di Filosofia e Storia nel Liceo Classico, ha collaborato con il Ministero della Pubblica Istruzione e con l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Dal 2009 insegna presso ['Istituto Superiore di Scienze Religiose all'Apollinare della Pontificia Università della Santa Croce. Ha pubblicato Fondamenti metafisici dell'etica (Napoli 2006), Introduzione alla filosofia della realtà (Roma 2017), Elementi di filosofia moderna. Alle radici della cultura contemporanea (II ed. Roma 2019).
Nella società della comunicazione e dell'informazione può la saggezza degli antichi costituire ancora un progetto per l'educabilità per il mondo di oggi? Di questi e di altri problemi l'Autore di questo testo documenta in modo essenziale la genesi e le curvature formative dell'homo digitalis , invitando il lettore ad una riflessione personale su come costruire e gestire un rapporto educativo che non si ponfa in maniera dogmatica, ma come una risposta corretta a stimoli imposti dalla società virtuale.
Nel dialogo tra le scienze della natura e il pensiero filosofico si presenta in modo ricorrente il problema di Dio. I lavori che formano questo libro, vogliono stabilire un quadro epistemologico nel quale il rapporto tra scienza sperimentale, discorso metafisico su Dio e teologia sia affrontabile con legittimità razionale, per evitare confusioni, mescolanze di piani o false incompatibilità.
In un mondo di copie e di cloni dove tutto può essere creato all'istante dalla tecnologia, tempo e spazio sembrano annullati e l'umanità proiettata in un futuro virtuale dove l'uomo non lascerà traccia di sé. Immortalità, omologazione e clonazione: questi sono, secondo Baudrillard, i valori fondanti del terzo millennio, il cui passaggio ha rappresentato un'occasione mancata, gettandoci verso un regresso storico, spirituale e culturale. Reso vivace dalle intuizioni, dalle visioni profetiche e dal sarcasmo che contraddistinguono lo stile di Baudrillard, L'illusione dell'immortalità esprime le contraddizioni che guidano la cultura contemporanea e regolano le nostre vite.

