
Friedrich A. von Hayek è stato nel Novecento il maggiore esponente della cultura liberale. Egli offre qui un suggestivo e agile affresco delle idee che si trovano alla base del liberalismo e delle vicende storiche prodotte dal movimento liberale. Il liberalismo è libertà individuale di scelta, che si rende possibile solo tramite la limitazione della sfera d'intervento del potere pubblico. È il "governo della legge", che si sostituisce al "governo degli uomini". E tuttavia lo schieramento liberale ha due anime: quella rigorosamente evoluzionistica, prevalente nella tradizione britannica, e quella razionalistica, prevalente nella tradizione continentale europea. Esse hanno trovato convergenza su alcuni "postulati essenziali", quali la libertà di pensiero, di parola, di stampa. Ma l'accordo ha carattere "meramente verbale": perché il liberalismo di tipo britannico ha assunto come "valore supremo" la libertà individuale, mentre il liberalismo di tipo continentale si è venuto quasi a identificare con il movimento democratico. Il che complica le cose. La democrazia e il liberalismo si occupano infatti di due differenti problemi. La prima si chiede a chi spetti governare; e la sua risposta è che tocca ai cittadini nel loro insieme. Il secondo pone invece la questione relativa all'estensione dell'intervento del potere pubblico; e la sua risposta è che quel potere deve svolgere un compito residuale, in modo da dare spazio alla più libera cooperazione sociale. Prefazione di Lorenzo Infantino.
L'azione umana cosciente e responsabile - e quindi come atto distinto dal comportamento istintivo; l'individualismo ontologico quale difesa della persona umana dalle infondate pretese liberticide delle svariate forme di collettivismo; l'individualismo metodologico proposto come procedura adeguata della ricerca empirica nelle scienze sociali; le ragioni logiche, epistemologiche ed economiche della società aperta; la competizione considerata come la più alta forma di collaborazione (nella scienza, nella vita di una democrazia e in economia); l'indissolubile nesso tra economia di mercato e libertà politiche; Fiedrich A. von Hayek e la difesa dei più deboli; i "valori" del mercato; il contributo della tardo-scolastica spagnola alla genesi del capitalismo; la grande tradizione del cattolicesimo; la grande tradizione del cattolicesimo liberale (da Toqueville a Novak, attraverso Rosmini, Lord Acton, Röpke, Sturzo, Einaudi, Sirico, Tosato, ecc.); il principio della sussidiarietà orizzontale ("lo Stato - o comunque il 'Pubblico' - non faccia quello che i cittadini sanno fare da soli") quale diga contro le tentazioni onnivore dello statalismo; Sturzo: liberale e solidale questi gli argomenti di fondo affrontati nel presente lavoro.
Dal maggio all’agosto del 1829 Hegel tenne sedici Lezioni sulle prove dell’esistenza di Dio. Una decisione che lasciò sconcertati non pochi contemporanei, ad esempio Goethe, ma che portava a compimento la vocazione profonda del pensiero hegeliano. Infatti, fin dagli anni giovanili lo sforzo di Hegel era stato di coniugare la scoperta del mondo moderno, la soggettività nel porsi come fondamento della libertà, e i contenuti propri della religione cristiana. Un problema che in quegli anni aveva avuto soluzioni diverse – in Jacobi, Schelling e Schleiermacher – e che in Hegel diviene l’occasione per mostrare come il movimento di Dio, in quanto estrinsecarsi dello Spirito nella storia, fosse lo stesso del movimento logico del concetto. Di qui il soffermarsi sulla prova ontologica di Anselmo, come se in essa si fosse mostrato nella sua purezza l’essenza del cristianesimo. È religione della libertà perché è manifestazione nel pensiero della potenza di Dio. Dio è pensiero in quanto è l’essere: un’identità che ancor oggi dà a pensare, fosse anche solo per cercare di smentire questa affermazione. Non solo: in queste lezioni il lettore scopre il fascino del filosofare hegeliano – della sua dialettica – nell’unire scientificità e ricchezza dell’argomentazione.
La trascrizione del primo anno dei corsi di Michel Foucault al Collège de France e la loro pubblicazione segna una svolta nella "recezione" del suo pensiero. Non si potrà più leggerlo come prima. Si scopre qui la profonda unità del progetto che va da "Sorvegliare e punire", del 1975, dominato dai temi del potere e della norma, a "L'uso dei piaceri" e "La cura di sé", del 1984, consacrati all'etica della soggettività. Queste lezioni ricordano che il lavoro di Foucault non ha mai avuto che un oggetto: la verità. La verità nasce nei conflitti, nella concorrenza delle pretese che trovano nei rituali del giudizio in tribunale la possibilità di stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Nella Grecia antica si succedono e si confrontano differenti forme giuridiche, differenti maniere di distinguere il vero dal falso, nelle quali si inseriranno ben presto le contese dei sofisti e dei filosofi. Sofocle, nell'Edipo re, mette in scena la potenza propria delle forme del dire il vero, le quali istituiscono il potere come lo destituiscono. Contro Freud, che farà dell'Edipo il dramma dell'inconfessabile desiderio sessuale, Michel Foucault dimostra che la tragedia articola i rapporti tra la verità, il potere e il diritto.
Le lezioni di Hegel sulla storia della filosofia costituiscono il laboratorio concettuale e terminologico del suo sistema di pensiero e delineano lo svolgimento storico che ad esso ha condotto. Tuttavia Hegel non ha mai dato alle stampe i testi dei suoi corsi, di cui resta traccia solo grazie a manoscritti, quaderni, appunti e annotazioni, autografe o dovute agli uditori. La sola traduzione italiana delle lezioni sulla storia della filosofia fino a oggi disponibile riproduceva l'edizione del 1840-44, curata da Karl Ludwig Michelet dopo la morte di Hegel. In linea con la più recente ricerca, a quel testo si è qui preferita l'edizione del corso berlinese del 1825-1826 pubblicata in Germania tra il 1986 e il 1996, a cura di Pierre Garniron e Walter Jaeschke. Il volume è corredato di un apparato di note e di un'introduzione a firma del curatore Roberto Bordoli. In appendice è data la traduzione dei manoscritti hegeliani relativi alle introduzioni ai corsi del 1820 e del 1823.
Le lezioni di Hegel sulla storia della filosofia costituiscono il laboratorio concettuale e terminologico del suo sistema di pensiero e delineano lo svolgimento storico che ad esso ha condotto. Tuttavia Hegel non ha mai dato alle stampe i testi dei suoi corsi, di cui resta traccia solo grazie a manoscritti, quaderni, appunti e annotazioni, autografe o dovute agli uditori. La sola traduzione italiana delle lezioni sulla storia della filosofia fino a oggi disponibile riproduceva l'edizione del 1840-44, curata da Karl Ludwig Michelet dopo la morte di Hegel. In linea con la più recente ricerca, a quel testo si è qui preferita l'edizione del corso berlinese del 1825-1826 pubblicata in Germania tra il 1986 e il 1996, a cura di Pierre Garniron e Walter Jaeschke. Il volume è corredato di un apparato di note e di un'introduzione a firma del curatore Roberto Bordoli. In appendice è data la traduzione dei manoscritti hegeliani relativi alle introduzioni ai corsi del 1820 e del 1823.
Negli ultimi anni della sua vita Wittgenstein ha indagato a lungo e con grande intensità i cosiddetti "concetti psicologici" - dal concetto di dolore a quello di pensare -, cercando di chiarirne l'uso. Al risultato di queste indagini ha dedicato alcuni corsi a Cambridge, frequentati da studenti destinati, in alcuni casi, a diventare a loro volta filosofi. Di uno di questi, Peter T. Geach, sono gli appunti qui tradotti per la prima volta in Italia. Si tratta di appunti che ci permettono di vedere Wittgenstein all'opera e che testimoniano come per lui fare lezione equivalesse letteralmente a pensare, con le incertezze e le esitazioni, ma anche con le sorprese e le scoperte che il pensare comporta. Muovendosi tra le parole di Wittgenstein e le domande e reazioni dei suoi studenti, il lettore è introdotto nel laboratorio di un grande filosofo ed è aiutato a confrontarsi con molte questioni e interrogativi - dal problema delle altre menti alla questione del rapporto tra vedere, pensare e interpretare - che sono ancora oggi al centro del dibattito filosofico e scientifico.
Cos'è la libertà? È un concetto che appartiene alla sfera privata di ciascun individuo, oppure ha a che fare con le relazioni tra gli individui e le leggi che regolano tali relazioni? I due concetti di realtà si escludono reciprocamente o possono convivere? Proprio al concetto di libertà sono dedicate le pagine delle Lezioni tenute da Guido De Ruggiero pochi mesi dopo la caduta del fascismo. L'opera può essere definita come una completa sintesi del pensiero politico, spesso mal interpretato, del filosofo napoletano. Per De Ruggiero la libertà è una inscindibile saldatura tra vita privata e politica, è la presa di responsabilità di ciascuno nell'ambito della collettività.
"Oggetto di questo corso di lezioni è la storia mondiale come storia filosofica, vale a dire non riflessioni generali sulla storia, ricavate di qui e da illustrare muovendo dal contenuto storico preso solo come esempio, bensì la storia mondiale stessa". Le "Lezioni" di Hegel sono riproposte nell'edizione a cura del figlio Karl, risalente al 1840.

