
Sono rari i filosofi che si sono interessati alla chiesa in quanto idea. In queste pagine inedite, risultanti da un incontro teologico di più giorni, Paul Ricoeur sviluppa una riflessione del tutto originale che si può considerare, a un tempo, come militante testimonianza di un periodo di passaggio e come banco di prova, come laboratorio di temi filosofici sviluppati, altrove o in seguito, in modo indipendente. Viene alla luce un aspetto del pensiero di Ricoeur troppo spesso trascurato, in cui i lettori potranno cogliere un approccio filosofico nuovo, radicale, la cui ampiezza annuncia alcune delle sue opere ulteriori, la prova di uno sforzo intellettuale innovativo, anche per lui stesso, e dell'importante ruolo che il filosofo ricoprì nella vita intellettuale della Chiesa riformata di Francia». (Dalla prefazione di Olivier Abel)
I sei colloqui qui presentati tra Paul Ricoeur e Gabriel Marcel datano al 1968, qualche anno prima della morte di Marcel. L'oggetto di queste riflessioni è duplice. In primo luogo viene fatta luce sugli snodi fondamentali della filosofia di Marcel: la riflessione sul corpo e l'esistenza, la questione dell'interpersonalità, il problema della tecnica, la sua collocazione nel quadro filosofico del primo Novecento. In secondo luogo, la filosofia di Paul Ricoeur e il suo rapporto vivo con il pensiero del maestro e con il fenomeno europeo della filosofia esistenzialista.
Partendo da studi su varie tematiche di ermeneutica, su fondamento veritativo, il testo in una seconda parte presenta alcuni saggi sugli interessi e la ricerca di Gaspare Mura: il personalismo, l'etica dell'alterità e della solidarietà, il problema dell'ateismo, la questione della modernità, i problemi relativi al multiculturalismo ed al dialogo tra le religioni; e su autori, classici e moderni: Boezio, Tommaso, Newman, Gilson, Heidegger, Gadamer, Ricoeur, Edith Stein, Weil. Un omaggio al pensiero e all'opera di Gaspare Mura in occasione del conferimento del titolo di Emerito presso la Pontificia Università Urbaniana.
Il concetto di "persona" è tra i più influenti e antichi della nostra cultura, nella quale sembra avere un posto centrale. Allo stesso tempo, però, il continuo processo di ampliamento della cosiddetta immagine scientifica del mondo sembra comportare un profondo mutamento del nostro modo di guardare a noi stessi, e indurci a un ripensamento circa la nostra stessa identità. Ripensamento al termine del quale non è chiaro che cosa potrà ancora rimanere del nostro essere "persona". Questa ricerca analizza il dibattito in filosofia analitica su due aspetti salienti connessi a tale tematica. Da un lato si affronta la discussione attorno alla possibilità (che si intende negare) che il discorso scientifico e oggettivo possa risultare completo nel descrivere e spiegare i fenomeni della nostra esperienza personale. Dall'altro si esamina la riflessione concernente l'identità delle persone nel tempo. A partire da un'analisi approfondita di queste due questioni il libro suggerisce una soluzione teorica originale: sia difendendo la necessità di mantenere il concetto di "persona" come irriducibile a una caratterizzazione di tipo scientifico, sia proponendo una teoria circa la persistenza personale.
Considerato uno dei massimi filosofi della scienza viventi, sempre in linea e in dialogo sia con un gigante della filosofia come Husserl sia con la semiotica e con Umberto Eco, Jean Petitot ci offre una riflessione approfondita su alcuni dei temi emergenti, i più importanti, delle scienze contemporanee. Attraverso il ripensamento di alcune assunzioni della filosofia trascendentale di Kant, Petitot arriva a un ripensamento radicale del trascendentalismo attraverso una decisa storicizzazione delle scienze. In questo preciso contesto la tradizione italiana del razionalismo critico, variamente sviluppato da pensatori come Antonio Banfi, Giulio Preti e Ludovico Geymonat, costituisce una preziosa fonte di ispirazione e un momento di confronto irrinunciabile.
Pier Cesare Bori, insegna alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna. Ha pubblicato fra l’altro Il vitello d'oro (Boringhieri, 1983); Gandhi-Tolstoj (Il Mulino, 1985), con G. Sofri; L'interpretazione infinita (Il Mulino, 1987), L'altro Tolstoj (Il Mulino, 1995). Si occupa del rapporto tra culture: Per un consenso etico tra culture, 2a ediz., Genova, Marietti, 1995, Per un percorso etico tra culture , 2a ediz., Carocci 2003, e , in relazione a questo, ha studiato anche l’umanesimo religioso: Pluralità delle vie, Milano 2000, dedicato a Pico della Mirandola.
«Torniamo a pensare!
Domande e risposte, per smettere di essere passivi.
Il sonno della ragione, oltre a generare mostri, produce il suicidio, morale e culturale, mentre ci si illude di essere vivi.
Poiché la finzione è uno dei mali maggiori del nostro tempo, Per ragionare si propone come un antidoto.
Vademecum per resistere e andare avanti.
Sapendo che solo la vista dell'orizzonte mostra la dimensione reale di ogni cosa.
E di ogni speranza.»
Viviamo assordati da contrapposizioni politiche di facciata, urlate quanto vuote: impigliati in una melassa di pettegolezzi, personalismi, scandali di ogni genere, false paure. Tutto questo ci fa rimuovere i nostri veri interessi, le sfide del presente e la costruzione di un futuro migliore. Mentre le decisioni vengono prese da altri, senza che ne siamo consapevoli.
Con semplicità ed efficacia, Mario Capanna ci dice che dobbiamo tornare a essere protagonisti delle nostre esistenze, e non solo consumatori passivi di merci, di notizie, di intrattenimenti. Che dobbiamo interrogarci sul mondo che ci circonda, sulle sue storture, le sue ingiustizie, le sue assurdità – a volte ridicole, a volte crudeli.
Possiamo e dobbiamo individuare gli imbecilli, i prepotenti, i banditi. Dobbiamo essere soggetti attivi, sulla scena di una politica rigenerata, non fatta di leader e di partiti più o meno geneticamente modificati, ma di persone e collettività, di cibo e ambiente, di affetti, di lavoro. Di prospettive.
Su tutto questo, scrive Mario Capanna, dobbiamo ricominciare a ragionare. Per camminare eretti.
Il volume mette a fuoco, da diverse angolature, la qualità e lo spessore dell'estetica di Maritain quale parte fondativa del suo pensiero filosofico sia in specifici approfondimenti, sia nella dimensione trasversale di sintesi e di relazione con la contemporaneità, evidenziandone l'riginalità. Se da una parte, infatti, si ha modo di ripercorrere la costruzione estetica che Maritain muove sulle poderose tracce di san Tommaso, dall'altra ci si rende subito conto quanto, in tale costruzione, sia a tema non una pura teoria ma piuttosto la vitalità di quel pensiero e il modo per raggiungerlo, in un continuo confronto con il contemporaneo, con il presente, ma soprattutto con l'esperienza degli artisti.
In buona parte della filosofia contemporanea e nel discorso comune, la verità è stata indebitamente drammatizzata: è stata concepita come cosa più che umana, che instancabilmente si persegue senza mai raggiungerla. Questo libro sostiene invece che la verità è cosa banale e quotidiana: tutti conoscono innumerevoli verità. Sostiene inoltre che il relativismo, che molti danno quasi per scontato come se fosse la naturale conseguenza della varietà delle forme di vita e delle visioni del mondo, è in realtà una posizione molto variegata, controversa e non facile da difendere seriamente, e che gli avversari del relativismo non sono necessariamente fondamentalisti che negano la libertà di opinione. Sostiene infine che in particolare il relativismo morale - la posizione di chi sostiene che le forme di vita diverse non sono valutabili moralmente e devono solo essere accettate - ha implicazioni che pochi apprezzerebbero ed è in ultima analisi indifendibile e proprio sul piano morale.
Il contributo di Trendelenburg alla revisione del sistema hegeliano passa attraverso lo studio critico della storia della filosofia, coniugando analisi filologica dei classici ed elaborazione di una filosofia propria. Il testo "Per la storia del termine persona", un manoscritto del 1870 pubblicato solo nel 1908, è un esemplare scavo storico-filosofico sul formarsi del concetto di persona che rientra nella sua concezione organica dell'etica, di cui fanno parte non solo i diritti del singolo, ma anche lo stato, la società. La doppia matrice del termine - filosofica e teologica - è rintracciabile già nella filosofia antica greco-romana e si riflette, pur con diversi percorsi, nel pensiero giuridico sino ad oggi. Per comprendere questo intreccio l'autore chiave è Kant, nel quale si trovano nodi tematici - come dignità, dialettica mezzo-fine - in cui ha origine, e può avere nuovo sviluppo, il concetto moderno di persona come soggetto etico-giuridico.

